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La poliangioite microscopica  (PAM)

dott. Laura Pavone , dott. Roberto Giacosa , dott. Paolo Manganelli* , prof. Carlo Buzio

Clinica Medica e Nefrologia Università di Parma, *II Divisione Medica e Reumatologia Ospedali di Parma

 
1) Introduzione
La poliangite microscopica (PAM) è una vasculite sistemica necrotizzante.
Inizialmente considerata una variante della Panarterite Nodosa (PAN), la PAM è attualmente considerata un'entità nosologica autonoma, con aspetti clinici e istopatologici caratteristici.
Nel 1866, Kussmaul e Meier [1] fornirono la prima descrizione di una flogosi necrotizzante delle arterie di medio calibro, che conduceva alla formazione di aneurismi e trombosi, con conseguenti infarti d'organo. Tale affezione fu denominata dagli stessi autori Poliarterite Nodosa (indicata anche come 'panarterite nodosa' - PAN).
Davson e collaboratori [2] nel 1948 introdussero la denominazione di Poliarterite Nodosa Microscopica, per descrivere un sottogruppo di pazienti presentanti alcune caratteristiche proprie della PAN, ma che si distinguevano da questa per l'interessamento delle arterie di calibro microscopico (arteriole precapillari) che poteva condurre a quadri clinici caratterizzati a livello polmonare da alveolite emorragica e a livello renale da glomerulonefrite necrotizzante extracapillare.
Mentre i criteri formulati nel 1990 dall'American College of Rheumatology [3] per l'inquadramento nosologico della PAN non consideravano ancora la PAM come un'entità autonoma, nel 1993, la Chapel Hill Consensus Conference (CHCC) [4], in base a criteri clinici e istopatologici, distinse definitivamente le due affezioni e coniò il termine di Poliangite Microscopica attualmente in uso. Durante questa Conferenza fu richiamata l'attenzione sul coinvolgimento elettivo e globale del microcircolo in corso di PAM: essa in effetti non colpisce solo le arteriole precapillari, bensì anche i capillari stessi e le venule postcapillari, presentandosi come un'affezione prevalentemente a carico dei vasi microscopici; tali caratteristiche istopatologiche rappresentano il tratto distintivo della PAM rispetto alla PAN classica (cPAN) e ne permettono la collocazione nosologica nel gruppo delle "Small Vessel Vasculitides" (SVV).
La CHCC definì la PAM come " una vasculite necrotizzante sistemica non granulomatosa, con scarsi depositi di immunoglobuline (pauci-immune) ad interessamento elettivo dei vasi di calibro microscopico (arteriole, capillari, venule), ma con possibile coinvolgimento anche delle arterie di piccolo calibro (corrispondenti alle piccole arterie che si connetttono direttamente alle arteriole) e medio calibro".

2) Dati epidemiologici
Secondo i dati raccolti nel Regno Unito tra il 1988 ed il 1994 dalla Norwich Health Autority su un'ampia popolazione di Caucasici, l'incidenza annuale di PAM (valutata secondo la definizione della CHCC), è stata di 2,4 casi per milione (intervalli di confidenza 0,9-5,3); tale incidenza è nettamente superiore a quella riscontrata per la cPAN, la quale secondo i criteri stabiliti dal CHCC appare sempre più rara, se non eccezionale. Secondo i dati forniti dallo stesso Ente, tra le micropoliarteriti, l'incidenza della PAM è del tutto simile a quella della Sindrome di Churg-Strauss (SCS) (2,4/milione/anno), mentre entrambe sono inferiori a quella della Granulomatosi di Wegener (GW) (8,5/milione/anno)[5].
In un recente studio retrospettivo su 85 pazienti, il rapporto maschi/femmine affetti da PAM risultava lievemente a favore dei primi (1,24) e l'età media di insorgenza era di 57 anni [6].

3) Eziologia e Patogenesi
L'eziologia non è nota.
Si ipotizza, nella patogenesi, la compartecipazione di vari meccanismi nell'ambito dei quali gli Anticorpi contro gli Antigeni Citoplasmatici dei Neutrofili (ANCA) sembrano assumere un ruolo centrale [7]:
     1) la pre-attivazione di neutrofili (PMN) e monociti (M) in seguito alla liberazione di citochine infiammatorie (TNFa, IL-1, IL-8) provoca la traslocazione sulla membrana di antigeni citoplasmatici: mieloperossidasi (MPO) e proteinasi-3 (PR-3);
     2) l'attivazione dei PMN e M, indotta dal legame degli ANCA specifici per MPO o PR-3, comporta la liberazione di radicali liberi e proteasi dannose per l'endotelio, oltre che un ulteriore richiamo di leucociti con infiltrazione attraverso le pareti vasali;
     3) l'attivazione delle cellule endoteliali, in presenza di TNFa, IL-6 e ANCA , incrementa l'espressione sulla loro superficie di:
- molecole di adesione (E-selectina, VCAM-1 e ICAM-1) per i leucociti circolanti
i quali possono così aderire all'endotelio e migrare attraverso la parete vasale
- PR-3 (e/o MPO), alle quali si legano gli ANCA corrispondenti, con una conseguente lisi anticorpo-mediata delle cellule endoteliali;
     4) la deposizione, a livello dello strato endoteliale, di immunocomplessi formatisi in situ o circolanti (per esempio ANCA anti-PR3/PR-3), di per sé stessa o tramite l'attivazione della cascata del complemento, rappresenta un'ulteriore richiamo per cellule polimorfonucleate, principali fautrici del danno flogistico vascolare (ipersensibilità di III tipo). Al momento sembra che questi immunocomplessi non siano ritrovabili all'esame istologico perché possono essere rapidamente degradati delle proteasi rilasciate in grandi quantità in queste sedi.

4) Quadro clinico
La fase conclamata della malattia può essere preceduta di mesi o anni (fino a 2 anni) dall'insorgenza di sintomi sistemici (artralgie, malessere, febbre, calo ponderale), associati ad incremento degli indici aspecifici di flogosi ed anemizzazione [8].
Il quadro clinico classico è quello di una sindrome renale-polmonare.
Talvolta la malattia può presentarsi con l'interessamento di un singolo organo, in particolare del rene (vasculite limitata al rene: RLV); in queste forme l'eventuale positività per gli ANCA depone per una malattia sistemica sottostante, che col tempo evolverà verso un quadro conclamato di GW, o più spesso di PAM.

Coinvolgimento renale
Il coinvolgimento renale è pressoché costante (79-100%) [9].
All'esordio i pazienti sono asintomatici o hanno macro- o microematuria e/o ipertensione isolate; tuttavia, in breve tempo si manifesta una insufficienza renale rapidamente progressiva, con evoluzione nella maggior parte dei casi verso l'insufficienza renale terminale nel giro di alcune settimane o mesi; questo quadro si presenta con proteinuria (spesso superiore a 3 grammi nelle 24 ore), sedimento urinario attivo (presenza di cilindri eritrocitari e leucocitari) e, in alcuni casi, oliguria [9].
Nei casi con glomerulonefrite rapidamente progressiva in assenza di trattamento specifico l'evoluzione verso l'insufficienza renale cronica terminale è inesorabile. La terapia è tanto più efficace nel frenare la progressione del danno renale quanto più rapidamente viene iniziata; nei pazienti in cui è stato necessario intraprendere la dialisi, la terapia, se precocemente instaurata, può consentire un recupero della funzione tale da poter sospendere il trattamento sostitutivo.

Coinvolgimento polmonare
Nelle diverse casistiche è riportato che un'emorragia polmonare possa verificarsi nel 12-29% dei pazienti [9]; essa è da ricondurre nella maggior parte dei casi ad una capillarite alveolare, per quanto possa essere dovuta anche a rottura delle arterie bronchiali [10].
L'emorragia polmonare rappresenta una delle condizioni principali di morbidità e mortalità in corso di PAM; quest'ultima rappresenta la seconda causa di alveolite emorragica tra le vasculiti dopo la GW. Si manifesta con emottisi che varia da escreato con striature ematiche ad espettorazione di sangue puro, dispnea per la severa ipossiemia ed anemia; sono anche molto frequenti emorragie alveolari clinicamente silenti, che possono essere sospettate solo per la progressiva, ingente anemizzazione, in assenza di altre perdite ematiche dimostrabili; in questo caso l'emorragia alveolare può essere documentata solo con il lavaggio bronco-alveolare.
Il coinvolgimento polmonare scompare rapidamente dopo l'inizio della terapia anche se si possono avere recidive durante le prime due settimane; in alcuni casi si può anche ottenere una risoluzione completa spontanea [9].
In alcuni pazienti il coinvolgimento polmonare sembra mimare radiologicamente una fibrosi interstiziale polmonare idiopatica, ma questa forma è da considerarsi la complicanza di un'emorragia alveolare diffusa.

Altri organi coinvolti
- apparato muscolo-scheletrico (50-72 %): artralgie, artriti, mialgie
- cute (44-62 %): porpora, livedo, orticaria, noduli sottocutanei
- apparato gastrointestinale: - addominalgie (30-58 %)
- sanguinamenti (29 %): ematemesi, melena
- diarrea (21 %)
- epatomegalia (9-21 %)
perforazione intestinale
- sistema nervoso :
bilaterali e con localizzazione più frequente ai nervi peronei superficiale e profondo
- faringodinia, ulcere della bocca, epistassi, sinusiti (complessivamente 20-30%)
- occhio: episcleriti (2-28%)
- cardiaco (9-15%): pericardite, insufficienza cardiaca, infarto miocardico
- altre manifestazioni rare: orchite

5) Diagnostica

- Clinica: attualmente non è ritenuto possibile porre una diagnosi di certezza di PAM sulla base
dei soli parametri clinici, comunque il riscontro di una sindrome renale-polmonare, in presenza di sintomi costituzionali e rialzo degli indici aspecifici di flogosi deve far porre il sospetto di PAM; inoltre è comune l'affermazione che, in pazienti in cui si sospetti una neoplasia, non evidenziabile con indagini strumentali, si debba pensare ad una vasculite sistemica.

- Laboratoristica: gli indici aspecifici di flogosi, tra cui i più importanti sono la VES e la PCR, risultano incrementati; l'eosinofilia è presente nel 14% dei casi, il fattore reumatoide nel 39-50% e gli anticorpi anti-nucleo nel 21- 33%; le frazioni complementari C3 e C4 sono per lo più normali o elevate; l'HBsAg è negativo in quasi tutti i pazienti [9].
Il coinvolgimento renale per lo meno in termini di ematuria e/o proteinuria, spesso nel range nefrosico, è presente in più del 90% dei casi; il livello medio di creatininemia all'esordio è stata riscontrata di 2.6 mg/dl [6].
Caratteristico della malattia è il riscontro di ANCA: a seconda delle varie casistiche questi risultano positivi con un titolo di almeno 1/10 nel 51-75% dei casi [6,11, 12]; per lo più sono p-ANCA (a fluorescenza perinucleare) con specificità anti-MPO (45-65 %) [13,14,11,6]; tuttavia la positività dei c-ANCA (a fluorescenza citoplasmatica), con specificità anti-PR3, non permette di escludere la diagnosi di MPA e può essere presente nel 10-15% dei casi [6,11] o 27-45 % secondo altre casistiche [13,14].
Il livello degli ANCA è correlato alle fasi di attività della malattia per cui un incremento del loro titolo in un paziente in remissione dovrebbe indurre il sospetto di recidiva di malattia a breve termine; al momento non è comunque consigliabile modificare l'atteggiamento terapeutico solo in base a questo marker di laboratorio [15].
Anche la PCR, grazie alla sua più rapida variabilità in rapporto allo stato di attività della malattia, può essere molto utile per monitorarne l'andamento ed è comunemente utilizzata, insieme alla VES e alla clinica, come criterio per la definizione di remissione; è importante, però, sottolineare che un'infezione può essere causa di innalzamento della PCR, per cui è sempre necessario distinguere questa situazione da una recidiva di PAM.
- Strumentale
Rx e TAC ad alta risoluzione del torace: riscontro di opacità polmonari da coinvolgimento alveolare e infiltrazione polmonare diffusa; in alcuni casi si può avere versamento pleurico

-Lavaggio Bronco-alveolare (BAL): questa metodica può essere molto utile per confermare l'alveolite emorragica o escludere altre entità in diagnostica differenziale, come infezioni o altre fonti di sanguinamento endobronchiali; nelle forme acute e gravi il quadro è quello di sangue rosso vivo proveniente da sedi multiple, appartenenti a più bronchi. Dal punto di vista microscopico è caratteristico il riscontro di siderofagi (macrofagi ripieni di emosiderina) [16].

Misurazione della capacità di diffusione del polmone per il Monossido di Carbonio (DLCO): un incremento del 30% rispetto ai valori basali è altamente suggestivo di alveolite emorragica; tale fenomeno è dovuto alla capacità del sangue, che si spande negli alveoli, di legare il CO con elevata affinità; alterazioni della DLCO possono precedere riscontri radiologici ma questo test ha lo svantaggio di non potersi eseguire nei pazienti con insufficienza respiratoria.

- Istologica
La classificazione di CHCC pone l'accento sull'esame istologico per quanto riguarda la possibilità di distinguere, nell'ambito di un quadro accertato di vasculite sistemica, la PAM dalle altre forme di vasculite.
Le sedi più accessibili per l'esame bioptico sono:
- rene: la biopsia renale è la più usata e rappresenta lo strumento diagnostico più importante; caratteristicamente nella PAM le lesioni flogistiche interessano i vasi glomerulari, meno frequentemente la vasculite colpisce le arteriole e le arterie interlobulari (19-34 %) [9]. Il quadro istopatologico è caratterizzato da trombosi segmentarie [9]e da glomerulonefrite extra-capillare (con semilune nelle diverse fasi evolutive: cellulari e sclerotiche), necrotizzante (necrosi fibrinoide). La scarsità di depositi di immunoglobuline e di componenti del sistema del complemento in sede glomerulare ha indotto a definire come 'paucimmune' tale quadro istopatologico; i granulomi sono di norma assenti. Il suddetto quadro bioptico, in corso di insufficienza renale rapidamente progressiva, è molto indicativo di PAM o GW in presenza di malattia sistemica e di RLV in assenza di coinvolgimento di altri organi.
Il grado ed il tipo di lesioni renali permettono una valutazione prognostica e danno
indicazioni sull'eventuale necessità di un trattamento immediato e aggressivo.
considerati come delle forme di sovrapposizione con la PAN.
- cute: il prelievo cutaneo è poco invasivo, tuttavia di scarsa utilità diagnostica; l'esame istologico può orientare verso un processo vasculitico, ma le lesioni non sono indicative di coinvolgimento sistemico e sono poco specifiche per PAM.
- nervo surale 

Diagnostica differenziale
Nell'ambito delle vasculiti la diagnosi differenziale deve essere posta con la PAN, mentre nell'ambito più ristretto delle SVV, la PAM deve essere distinta soprattutto dalle altre forme ANCA-associate come la GW e la SCS, con le quali è accomunata dalle seguenti caratteristiche:
· coinvolgimento elettivo dei vasi microscopici, con possibile interessamento anche delle arterie di piccolo e medio calibro
· elevata incidenza di glomerulonefrite rapidamente progressiva
· frequente interessamento polmonare
· frequente associazione con gli ANCA
· scarsi o assenti depositi di immunoglobuline nei vasi interessati ("pauci immune")
· non ipocomplementemia
· buona risposta al trattamento immunosoppressivo con ciclofosfamide
Le suddette situazioni permettono di escludere con una certa facilità le SVV ANCA-negative (vasculiti crioglobulinemiche, porpora di Schoenlein-Henoch ed altre vasculiti leucocitoclastiche).
Nelle tabelle 1 e 2 sono riassunti gli elementi diagnostici differenziali fra la PAM e la PAN, la GW e la SCS:
- PAN (vedi Tab. 1): la CHCC ha individuato nel coinvolgimento di arteriole precapillari, capillari e venule il tratto distintivo della PAM rispetto alla PAN. Questo si rende evidente soprattutto a livello renale: in corso di PAN le lesioni glomerulari sono essenzialmente su base ischemica (atrofia e sclerosi progressiva) per il coinvolgimento elettivo delle arterie interlobari ed arcuate; nella PAM la flogosi è primitivamente glomerulare e conduce alla proliferazione extracapillare con semilune e ad aree di necrosi fibrinoide.
L'interessamento delle arterie di calibro maggiore è pur sempre possibile nella PAM,
mentre nella PAN il coinvolgimento dei vasi microscopici deve considerarsi virtualmente
assente.
La classificazione proposta dalla CHCC ha dato molto risalto ai criteri istologici, determinando una notevole riduzione del numero di casi diagnosticati come PAN a favore della PAM. C'è chi non concorda con questa distinzione puramente anatomo-patologica e preferisce giungere alla diagnosi di PAM utilizzando anche criteri clinici, laboratoristici e strumentali, nessuno dei quali è diagnostico [17,18]. Come riportato nella Tab. 2, anche la presenza o meno di positività per gli ANCA o per l'HBsAg, la presenza o meno di microaneurismi, il tipo di coinvolgimento renale ed le sedi extrarenali colpite assumono importanza.
Gli ANCA, con specificità anti-MPO, sono utili nella diagnosi differenziale tra la PAM e la cPAN; la maggior parte dei pazienti con lesioni caratteristiche della PAN, microaneurismi e/o stenosi multiple, ha gli ANCA negativi, mentre vi è una certa correlazione tra la positività degli ANCA e la presenza di danno renale da glomerulonefrite [19].
Gli anti-MPO hanno però una specificità per PAM minore di quella degli anti-PR3 per la GW, in quanto possono ritrovarsi in altre vasculiti così come in altre malattie infiammatorie.
La positività per HBsAg è a favore della PAN perché quasi sempre le vasculiti associate all'HBV hanno le caratteristiche della PAN [9].

- GW (vedi Tab. 2) : entrambe le vasculiti si possono presentare con una sindrome renale-polmonare in cui si ha un coinvolgimento dei piccoli vasi con glomerulonefrite necrotizzante extracapillare.
La presenza di granulomi all'istologia, in particolare nelle vie aeree superiori ed inferiori e a livello renale, è caratteristica della GW e dovrebbe escludere la diagnosi di PAM.
I c-ANCA hanno un'alta sensibilità (80%) e specificità (97%) per la GW in cui i p-ANCA sono positivi molto raramente (1%); comunque i c-ANCA si possono riscontrare anche in un certo numero di casi di PAM (10 %).
Nella pratica clinica la positività per i p-ANCA consente di escludere una GW, mentre la presenza di c-ANCA non esclude con la stessa certezza la PAM.
Le lesioni polmonari del GW sono rappresentate per lo più da noduli che tendono ad escavarsi a differenza della PAM dove si ha un coinvolgimento polmonare alveolo-interstiziale diffuso.
- SCS (vedi Tab. 2) [Link con Sindrome di Churg-Strauss]: questa terza forma di vasculite necrotizzante dei piccoli vasi ANCA-associata, è facilmente distinguibile dalla PAM e dalla GW per la caratteristica sintomatologia asmatica associata ad altre manifestazioni atopiche, insorgenti in età adulta, l'alta frequenza di eosinofilia e di infiltrati eosinofili a livello delle lesioni tessutali e per la presenza di processi flogistici granulomatosi; i coinvolgimenti neurologico, gastrointestinale e soprattutto cardiaco (causa principale di morte per questi pazienti) sono più frequente nella SCS che nella PAM, mentre il rene è colpito nel 16-49 % dei casi di SCS e molto raramente assume le caratteristiche di una insufficienza renale rapidamente progressiva.
La positività e la caratterizzazione degli ANCA non aiuta a distinguere le due forme.

6) Prognosi
La percentuale di sopravvivenza di pazienti trattati è del 74 % a 5 anni [6]; il Five Factor Score (FFS) che comprende come fattori prognostici negativi l'insufficienza renale, la proteinuria > 1g/24 h, il coinvolgimento cardiaco e del sistema nervoso centrale e le affezioni gastrointestinali, è in grado di predire un rischio aumentato di mortalità [20].
La mortalità complessiva è sovrapponibile a quella osservata per la PAN, la GW e la SCS a parità di indici prognostici 
iniziali [6].
Le recidive sono più frequenti che nel caso di PAN o SCS e possono essere multiple; non è possibile prevedere la loro gravità, nonostante alcuni autori ritengano che siano sempre di severità sovrapponibile o inferiore a quella del primo episodio; il numero di recidive non si correla alla mortalità [6].

7) Terapia
La cattiva prognosi di questa malattia e l'alta frequenza di recidive giustifica un trattamento aggressivo e prolungato.
Quale che sia la scelta terapeutica, un'esperienza specifica è richiesta per il trattamento di questi pazienti, per gli effetti tossici della terapia e per le differenti reattività individuali ad essa.
· Trattamento convenzionale (simile a quello della PAN e della GW) [21]:
- steroidi ad alte dosi: boli e.v. di metilprednisolone (15 mg/kg) in 60 min per 3 giorni consecutivi seguiti da prednisone per os (1 mg/kg/die) in unica somministrazione giornaliera.
Appena raggiunta la remissione, definita in base ai dati clinici presi complessivamente si devono iniziare a scalare gli steroidi, per poi sospenderli, in assenza di recidive, in 9-12 mesi.
- ciclofosfamide: deve essere associata agli steroidi nelle forme con almeno un fattore prognostico negativo secondo il Five Factor score; inizialmente può essere somministrata per boli e.v. (0.6 gr/m2 da effettuarsi ogni mese per 1 anno) oppure per os (1.5-2 mg/kg/die); sarà inoltre necessario regolare il dosaggio in base al grado di insufficienza renale (ridurre il dosaggio del 25% se il filtrato glomerulare è 10-50 ml/min, del 50% se il filtrato è inferiore a 10 ml/min), al profilo ematologico (i leucociti devono rimanere superiori a 3.000/mm3) ed alle condizioni generali del paziente. Attualmente si preferiscono i boli e.v. perchè sembra abbiano un'efficacia sovrapponibile a quella della terapia per os e nello stesso tempo permettono di somministrare una dose cumulativa minore, con conseguente minore frequenza di effetti collaterali. In alcuni dei casi in cui la terapia a boli non funziona, si è comunque ottenuta una buona risposta somministrando la ciclofosfamide per os, mentre di solito la somministrazioni e.v. è meno efficace se tentata dopo quella per os [21].
Alcuni autori consigliano in corso di terapia boli una intensa idratazione e l'utilizzo di mesna (sali di mercaptoetanosulfonato di sodio) al fine di prevenire la tossicità vescicale[22].
- methotrexate (MTX) [23]: come nella GW si può usare insieme agli steroidi per indurre le remissioni delle forme meno gravi; negli altri casi, in cui è indicato il trattamento convenzionale, è possibile utilizzare il MTX come terapia di mantenimento in associazione ai corticosteroidi (in alternativa alla ciclofosfamide); il suo utilizzo clinico nelle vasculiti sistemiche necrotizzanti è ancora in fase di studio, il razionale della terapia consisterebbe nella minor tossicità a lungo termine del MTX.
Nel nostro protocollo di studio(POWERCIME)  il MTX viene
somministrato per os in singola somministrazione al mattino a digiuno; le dosi non
superano i 15 mg complessivi per la prima settimana; se il trattamento è ben tollerato, il
dosaggio viene aumentato di 2,5 mg alla settimana, fino al raggiungimento della dose
stabilita di 0,3 mg/kg una volta alla settimana. Il dosaggio del MTX deve essere ridotto nei
pazienti con insufficienza renale (se il filtrato è 10-50 ml/min la dose dovrà essere ridotta
del 50%, se il filtrato è inferiore ai 10 ml/min il farmaco non dovrebbe essere
somministrato);in corso di leucopenia (globuli bianchi <3000/mm3) il MTX va sospeso.
Il MTX è epatotossico: le alterazioni della funzionalità epatica sono solitamente reversibili,
tuttavia se in due controlli successivi i valori delle transaminasi e/o della g-GT risultassero
raddoppiati rispetto a normali, i dosaggi del farmaco dovranno essere ridotti del 50%.
Gli altri effetti collaterali più frequenti sono a carico del midollo emopoietico e nelle somministrazioni orali dell'apparato gastrointestinale.
· L'azatioprina è meno efficace della ciclofosfamide nell'indurre la remissione, ma essendo meno tossica può rappresentare un farmaco da utilizzarsi, insieme agli steroidi, nelle fasi di mantenimento di solito dopo 4-6 mesi dall'inizio della terapia convenzionale [21].
· La plasmaferesi può essere indicata nei casi con grave insufficienza renale, e nei casi di emorragia polmonare [24].
· Le Immunoglobuline e.v. sono risultate efficaci nel 60-100% dei casi per le forme resistenti alla terapia convenzionale ed hanno il vantaggio di scarsi effetti collaterali [25,26]
· Gli Anticorpi monoclonali anti-linfociti T non sono ancora stati valutati sufficientemente

Nella fase di induzione della remissione può essere utile effettuare una profilassi contro Pneumocistis carinii mediante cotrimoxazolo, in particolare nel caso in cui i linfociti CD4+ siano inferiori a 300/mm3 [6].

Bibliografia
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