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Carlo Munari
Guido Sgaravatti è un artista che sfugge alle classificazioni
consuete, a quegli etichettamenti di comodo entro i quali
si sogliono collocare i seguaci di definite correnti. Direi
anzi che, nel quadro dell'odierna pittura, Sgaravatti occupa
una posizione isolata nel senso che, sempre, ha portato avanti
le proprie esperienze attraverso un percorso solitario, consapevole
del pericolo insito nel ricevimento passivo delle altrui lezioni,
nella supina acquiescenza ai modelli in auge.
Con ciò, ovviamente non si vuole di certo accreditare
l'idea di uno Sgaravatti estraneo al proprio tempo: alle pressioni
obbliganti del proprio tempo. Tutt'altro: da uomo vigile egli
è partecipe della cultura, ma tale cultura ha saputo
saggiare lucidamente, accostandone i territori che riconosceva
congeniali, affini ai suoi credi e ai suoi intendimenti.
Con la cultura - e specificatamente con la cultura di tipo
europeo nella quale penetrano, con l'eco lontana di esperienze
informali e post-formali, gli apporti vitali di una rinomata
investigazione del reale
- Sgaravatti ha istituzionalizzato piuttosto una relazione
dialettica capace di garantirgli, in pari tempo, arricchimento
e autonomia.
A convalidare questo rilevamento è la crescita stessa
del suo linguaggio: la quale si dipana su un metro di coerenza
tanto precisa che ciascun momento trova col successivo un
palese nesso linguistico. In ragione di siffatta cadenza di
sviluppo il linguaggio di Sgaravatti si propone in indipendente
fisionomia, siglato cioè da una individualità
creativa, soprattutto in queste stagioni che assistono ormai
alla piena maturità dell'artista.
Il tratto caratterizzante l'opera attuale consiste nello inscrivere
in uno spazio fluido e indeterminato i segni emblematici di
una presenza: ma quella presenza - ch'era involucro di fisica
grevità - viene catturata nella sua essenzialità
e, una volta ricondotta sulla superficie, si trasforma nell'esatto
riflesso dell'emozione che l'ha promossa. L'iter operativo
è semplice, alieno da mediazioni intellettualistiche.
E sarà giusto in forza di questa semplicità
- la conquista più difficile per un artista - che la
facoltà di comunicazione dell'immagine risulterà
accentuata.
Ciò significa che l'assetto stesso dell'immagine si
è inverato mediante l'assunzione di componenti ormai
decantate, rese terse e vibranti, attraverso la lunga, paziente
applicazione cui Sgaravatti si è sottoposto, in silenzio,
nel periodo formativo. Significa cioè che ciascuna
componente assolve all'ufficio che le è stato demandato.
Così l'intonazione cromatica dello spazio è
intesa a fissare un'atmosfera interiore, i dispieghi cromatici
e suscitare il "sentimento" di una sembianza, gli
interventi segnici - che divengono peraltro parte integrante
del sistema cromatico - a tratteggiare una trama di sottili
allusioni. Significa infine che tali componenti si giustappongono
nell'unitario respiro che governa l'immagine.
Sgaravatti trascorre in tal modo attraverso i volti e le cose,
attraverso le offerte della natura, attraverso le mille "occasioni"
che si accampano nello scenario della realtà, resuscitandole
con lo stupore della scoperta, quasi riproponesse a sè
stesso e all'osservatore un cosmo di memorie perdute che all'improvviso
riemerge con tutto l'incanto che possedeva, con tutta la pregnanza
poetica che tratteneva nelle sue fibre.
Poiché molteplici sono le corde ch'egli arpeggia in
queste immagini, al punto da muovere dalla levità di
un lirico intimismo per trapassare all'incupimento velato
della malinconia, anche al presentimento di un dramma.
Sgaravatti, insomma, è artista che agisce su misura
umana: misura autentica ed ineliminabile perché ritrovata
al fondo di sè stesso.
Un artista moderno dal cuore antico.
Guido Sgaravatti o "Nella misura umana", mostra
personale, A/barella 1977
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