CRITICA
 
A.d.P. | Antonino Bambara | Antonio Tarantino | Carlo Munari | Franco Solmi | Guy Weirlen | Paolo Rizzi
Salvatore Maugeri | Sandro Marini | Silvana Weiller Romanin Jacur | Vittorio Benvenuti

Silvana Weiller Romanin Jacur

L'incontro con Guido Sgaravatti, che ha esposto per la prima volta alla galleria Liocorno, è per noi tanto più sorprendente in quanto ci si presenta una personalità artisticamente già formata e nettamente determinata, ricca di elementi, varia, poetica. Sgaravatti educato alla scuola di Cesetti per la pittura e di Crocetti e Greco per la scultura, presenta ora soltanto la parte pittorica della sua espressione, dove si ritrovano piuttosto i segni di un attento studio delle soluzioni tonali e compositive di Saetti, che pure non è stato direttamente suo maestro: gli accostamenti, vivaci sono sempre mantenuti in gamme pacate di colore, che raggiungono talora, come nella grande natura morta bruna, raffinatezze ardite, forti e inattese. La composizione si dispone secondo i ritmi serrati di un espressionismo più marcato di quello dei maestri, lungo schemi geometrici che accentrano la macchia, pur senza irrigidire il flusso del dialogo delicato, fra tono e tono, fino a trascolorazioni fantastiche e sottili; che vibrano dal fondo per culminare nella forma sintetica ed essenziale: pensiamo al grande paesaggio di pioppi e al casto nudo madreperlaceo, giocato sulle trasparenze bianche; pensiamo anche alla grande maternità, risolta in contrasti e in accordi di colore pieno, sul contrappunto di un piano digradare tonale dello sfondo.

La prima personale di Guido Sgaravatti,
in Il Gazzettino, Padova 1967.



Alla Rizzoli un'ampia rassegna dell'opera di Guido Sgaravatti, presenta il periodo più recente della sua evoluzione coerentissima. Le qualità già evidenti qualche anno addietro sembrano essersi consolidate in un sicuro equilibrio della struttura del colore e della forma, che ambedue, ma quest'ultima in particolare, risentono vivamente dell'influenza espressionista.
Tale influenza cui si aggiungono elementi cubisti, si manifesta nella confluenza spesso tormentata di due tendenze reciprocamente lontane, ma contenute entro l'arco del movimento: da un lato l'analisi psicologica dell'oggetto trova un lessico adatto nella deformazione violenta di certi tratti riassuntivi, vigorosi, dall'altro il bisogno istintivo di astrazione e di fiaba porta a rapporti fantastici, vicini all'insegnamento di Klee. Si direbbe che proprio qui stia l'originalità di Sgaravatti, sviluppata nel tessuto d'impasti sottili, che suggeriscono, per una propria costruzione autonoma, altre soluzioni, di spazio diverso, di dimensione misteriosa, dove i bianchi acquistano importanza predominante in rapporto al tono raffinato del colore vanno narrando una storia segreta. Quando l'artista ascolta questo suo più recondito impulso, arriva ad espressioni interamente poetiche e concluse dove ogni contrasto di linguaggio scompare.
Ottimi ed essenziali i disegni a tratto pulito e pregnante, più vicini all'insegnamento della scuola francese di quanto non lo sia la pittura.

Guido Sgaravatti alla Rizzoli in Il Gazzettino, Padova 6/3/1970



Alla "Girasole" di Camposampiero una bella rassegna di dipinti di Guido Sgaravatti ripropone a breve distanza dalle mostre precedenti il problema complesso di un artista intelligente e cosciente. Allievo dell'Accademia di Venezia, di Cesetti per la pittura, di Crocetti e Greco per la scultura, Sgaravatti conduce un'indagine serrata della figurazione, ricollegandosi alla scuola post- cubista per una scansione rigorosa dello spazio, che soltanto pochi anni or sono assumeva carattere quasi costrittivo di tessuto continuo, nel quale la figura appariva e scompariva a tratti, ritmata dal ripetersi della macchia bianca e del segno curvo interrotto.
Queste caratteristiche subiscono successivamente una evoluzione sensibile: il tessuto si dirada, e compaiono invece elementi spaziali di colore-luce, laddove la scansione assume una linearità definita da ampi spazi ritmici. La figura si disegna meglio, musicalmente sostenuta da trasparenze aeree; il colore acquista significato simbolico: compare una più ampia macchia atmosferica, estesa in profondità, sulla quale il segno, talvolta semplicemente graffito, indica l'immagine, colta sul nascere e determina tensioni alterne curve e rette in equilibrio chiuso di reciprocità. L'impasto passa dalla matericità gessosa ad una grana sottile, vibrante, che varia gli spessori e modula la luminosità tonale. Sembra tuttavia che questo traguardo cospicuo non sia che una preparazione attenta, sensibilissima, a passi ulteriori, determinanti, in rapporto a fatti espressivi essenzialmente interiori, che urgono già da tempo nel contesto della pittura di Sgaravatti, trattenuti solo da un'etica volontà di chiarezza dialettica, alla soglia del dominio del sogno. La chiarificazione graduale, cosciente, di conquista in conquista, alla lettura risulta percorso prezioso e ricco di insegnamento, che definisce l'impostazione lineare e nobilissima di questa ricerca.

Guido Sgaravatti alla Girasole, in Il Gazzettino, Padova 11/1971



Alle "Padovanelle" e al "Girasole" di Camposam piero, a distanza d~i un anno dalla precedente rassegna di dipinti, una mostra di tempere e d'incisioni di Guido Sgaravatti segna un passo importante nell'evoluzione dell'autore. Da un lato la produzione grafica puntualizza anche meglio della pittura ad olio la maturazione di un lessico già presente da lunghi anni, portando al massimo l'essenzialità di un segno prezioso ed incisivo, pregnante e interamente cosciente della forma plastica, nonché di uno spazio rarefatto, mobile, evocato dalla forma stessa e dal colore sottile, deposto in macchie vibranti; d'altro lato da questo discorso di evidente derivazione cubista ne emerge un secondo, più segreto e certamente non ancora realizzato in pieno, che si allarga in un modo di simboli e di irrealtà, dove la fantasia tenta combinazioni imprevedibili, misteriosi ritratti dell'anima, palesata attraverso immagini reali: un discorso che sembra assai più vicino allo spirito di chi lo formula per le possibilità di una più ampia libertà fantastica e lirica e di uno spazio non più soltanto geometrico, ma psicologico e simbologico, nel quale appunto i valori strutturali possano essere sovvertiti per abbracciare insieme tempi e momenti diversi. E ovvio che soltanto il perfetto possesso tecnico e una profonda coscienza del proprio io possono cimentarsi in una simile ricerca, ma è altrettanto evidente che qui l'invenzione può spaziar assai meglio, creando il proprio linguaggio ex-novo, ciò che già appare chiaramente in alcune incisioni, che mettono in luce una delicatezza nuova del segno arabescato e musicale, perfettamente consono alla vibrazione del tono rarefatto.

Guido Sgaravaui alle Padovanelle, in Il Gazzettino, Padova 18/10/19 72



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