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No alla guerra e al terrorismo!!

Emergency contro terrorismo e guerra.

GIUSTIZIA

Non abbiamo ancora finito di piangere, né di seppellire, le vittime di Washington, della Pennsylvania e di New York, per molti di noi è persino difficile credere che tutto ciò sia davvero accaduto, e già si stanno preparando nuovi massacri.
Le vittime, tutte le vittime, chiedono giustizia: è l'unico risarcimento possibile, è l'unica forma di rispetto.
Non crediamo nella vendetta, nell'esercizio della violenza, nella rappresaglia, perché crediamo nell'uomo e nei diritti umani.
Il dolore e il panico che abbiamo letto sul volto dei cittadini di New York è tragicamente uguale a quello visto nelle donne e nei bambini di Bagdad, di Sarajevo e di Belgrado, di Gerusalemme e di Tel Aviv.
Persone di diverse culture, ideologie e religioni.
Vittime.
Gli stessi volti stanno sotto i turbanti, persino sotto i burqa dei cittadini dell'Afganistan, dove ogni famiglia è stata già decimata dalla follia della guerra.
La barbarie non potrà essere sconfitta se non ci fermiamo tutti a riflettere sulle nostre responsabilità e non solo sui crimini altrui.
Il nostro piccolo villaggio globale non potrà vivere in pace finché ci sarà discriminazione, razzismo, sfruttamento, finché non ci sarà giustizia.
Nessuno di noi ha interamente ragione. Il mondo non può reggersi sul diritto del più forte né sul terrore.
Dobbiamo riprendere il dialogo, aprire percorsi di solidarietà, di fratellanza, per ricercare una pace basata sul rispetto reciproco.
Questa, crediamo, è la giustizia che ci chiedono da sotto le macerie le vittime dell'11 settembre e tutte quelle che le hanno precedute.
Smettiamo di massacrarci.
Se non avremo, da subito, il coraggio di incominciare, ci troveremo quasi senza accorgercene sull'orlo del baratro.
Allora saremo condannati a piangere altri morti innocenti, e saranno, in tutti i sensi, i nostri morti.

In ordine cronologico trovate i seguenti articoli:

DALLA PARTE DELLE VITTIME

Mercoledi 19 Settembre 2001 argomento: Afganistan

Giornale di Emergency - http://www.emergency.it

Ciao a tutti,
nell'ultima news vi abbiamo comunicato, in fretta e furia e senza spenderci troppe parole, la nostra imminente partenza per l'Afganistan (quella di Gino Strada, per la precisione, insieme con Kate Rowlands, la responsabile del nostro programma in Afganistan).
A qualche giorno di distanza possiamo confessarvi quanto questa decisione ci sia pesata e ci abbia preoccupato, perchè siamo tutti consapevoli di quanto possa essere più pericoloso che mai, in questo momento, trovarsi in Afganistan.
Sono stati giorni tremendi, quelli, ed eravamo tutti sconvolti per quanto era appena accaduto a New York e Washington. In molti hanno detto parole importanti per descrivere emozioni e sentimenti che anche noi provavamo, e non vogliamo aggiungerne altre, di parole. Vi raccontiamo fatti che ribadiscono e riconfermano i valori che fondano le attività di Emergency.
Non abbiamo potuto impedire a Gino e a Kate di "andare a dare man forte" ai 4 membri internazionali dello staff medico e agli oltre 100 dipendenti afgani che lavorano nel nostro ospedale di Anabah. Quindi sono partiti per Islamabad, in Pakistan (dove sono stati raggiunti da Yussuf, l'infermiere che era nel nostro ospedale di Kabul tuttora chiuso), determinati a raggiungere il nostro ospedale nel nord. La chiusura dei voli delle Nazioni Unite e delle frontiere afgane glielo stanno impedendo, ma siamo sicuri che troveranno una strada alternativa, probabilmente quella delle montagne.
Abbiamo detto che "non abbiamo potuto" impedirlo, ma forse non abbiamo neanche voluto.
I volti sconvolti nel centro di Manhattan sono uguali a quelli che abbiamo conosciuto nei paesi in cui i bombardamenti e le mine antiuomo interrompono improvvisamente o sospendono per lunghi anni l'illusione di poter vivere il quotidiano. Vittime civili della barbarie, appunto. Tutte. Dovunque.
La decisione di sostenere ancora di piu' le donne, gli uomini e i bambini dell'Afganistan deriva dalla pura constatazione di una condizione che li rende ancor piu' tragicamente vittime: sono soli, non hanno attestazioni di solidarietà, pagano il costo di una scorretta identificazione con chi ha occupato con la forza il loro paese, non si possono permettere il lusso di manifestazioni pacifiste (in altri paesi abbiamo visto fugaci espressioni di tripudio per la tragedia americana: ne siamo rimasti sconvolti e insieme abbiamo provato un'enorme pena).
Ma la prossima mossa dev'essere solo per la pace. I "nostri" che sono partiti non si sentivano certo eroi. Vanno a fare il loro lavoro. Hanno chiesto che noi, a nostra volta, intensifichiamo l'impegno perchè si allarghi a macchia d'olio la consapevolezza che alla barbarie non si puo' rispondere con altrettanta barbarie; che non debbano mai essere i civili a pagare le colpe di pochi potenti; che alla pace non si puo' arrivare attraverso la guerra e l'uso indiscriminato della forza e delle armi; che quello in cui vogliamo vivere è un mondo in pace e non un mondo in guerra.

Una nostra amica ci ha riproposto una considerazione di Herman Hesse datata 1927 ma tragicamente attuale

«...ma nessuno vuole riflettere, nessuno vuole evitare la prossima guerra, nessuno vuol risparmiare a se' e ai propri figli il prossimo macello di milioni di individui.
Rifletterci un'ora, chiedersi un momento fino a qual punto ognuno è partecipe e colpevole del disordine e della cattiveria del mondo: vedi, nessuno vuol farlo.
E così si andrà avanti e la prossima guerra è preparata giorno per giorno con ardore da molte migliaia di uomini.[....]
Non ha scopo pensare pensieri umani e dirli e scriverli, non ha scopo rimuginare in testa pensieri di bontà: per due o tre persone che lo fanno ci sono in compenso ogni giorno migliaia di giornali e di riviste e discorsi e sedute pubbliche e segrete che vogliono il contrario e lo ottengono.»
H. Hesse, Il Lupo della steppa, 1927

Ma, nonostante il pessimismo della ragione, vogliamo credere che abbia scopo pensare pensieri umani e dirli e scriverli. Vogliamo continuare a credere che le voci che chiedono la pace siano tante e ottengano di essere ascoltate.

VARCATI I CONFINI

Martedi 25 Settembre 2001 fonte: ketty agnesani gruppo: Sede argomento: Afganistan

Giornale di Emergency - http://www.emergency.it

Ieri pomeriggio (lunedì) Gino, Kate e Yussuf hanno varcato la frontiera e sono entrati in Afganistan, nella parte a nord del paese. Questa prima parte del viaggio verso Abanah e la valle del Panshir è stata molto difficoltosa, ma nonostante il passo di 4.800 metri, i numerosi check point e i mezzi di trasporti (cavalli e jeep), i nostri tre, accompagnati da una guida e da alcuni membri del nostro staff locale, ce l'hanno fatta. Resta ancora molta strada da percorrere e molti fiumi da guadare (di ponti neanche a parlarne), ma in un paio di giorni dovrebbero giungere a destinazione. Abbiamo ricevuto moltissime telefonate ed e-mail che ci chiedevano notizie e aggiornamenti, e vi ringraziamo per la solidarietà e l'appoggio che ci dimostrate. Continueremo a tenervi aggiornati attraverso il sito internet e, quando possibile, la mailing list. A presto.

Sono arrivati ad Anabah, in Afganistan

Giovedì 27 Settembre 2001

Giornale di Emergency - http://www.emergency.it

Dopo parecchi giorni di viaggio, spesso difficoltoso, ieri nel tardo pomeriggio Gino, Kate e Yussuf sono giunti nel nostro ospedale di Anabah, nel Panshir. Sono stanchi ma stanno bene. Già stamattina Kate si è recata al fronte a sud, verso Kabul, dove si combatte, per vedere la situazione e soprattutto per verificare la presenza di profughi e allestire eventualmente dei posti di accoglienza. Siamo in contatto quotidiano con loro, quindi vi terremo informati in caso di novità, sempre tramite le news del sito. Ancora grazie per tutte le mail di stima, sostegno e solidarietà che ci mandate, scusate se non sempre possiamo rispondervi.A presto.

Chiarimento al Presidente Berlusconi

Venerdì 28 Settembre 2001

Giornale di Emergency - http://www.emergency.it

Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in Senato ha parlato di «un medico integerrimo ma di confuse idee, che non saprebbe scegliere tra gli Stati Uniti e l'Afghanistan. Noi ha aggiunto tra la grande democrazia americana ed una teocrazia violenta che costringe le donne al silenzio e alla segregazione, noi abbiamo già scelto e definitivamente».Secondo agenzie di stampa il Presidente del Consiglio si riferirebbe a Gino Strada che ha dichiarato «io non mi sento più americano di quanto non mi senta afgano».Emergency, di cui Gino Strada fa parte, sta con gli indifesi, con le vittime civili delle guerre; non ha mai preso posizione in favore o contro qualche Governo o Paese. Una vita persa americana ha lo stesso valore assoluto della vita di un cambogiano, di un iracheno, di un italiano.Con la «teocrazia violenta» della quale parla il Presidente del Consiglio Emergency ha avuto molte difficoltà per il rispetto che nell'ospedale di Kabul abbiamo voluto fosse portato alla dignità e al lavoro delle donne.Il rispetto integrale dei diritti dell'uomo proclamati nel 1948 (non votati dai paesi arabi musulmani) è stato e costituisce un criterio fondamentale del comportamento di Emergency.Chiediamo che questa precisazione sia intesa esclusivamente per quel chiarimento che vuol essere: siamo assolutamente estranei e contrari a qualsiasi guerra, anche di parole.
Emergency

Intervista a Gino Strada, il chirurgo di Emergency che sta con i disperati nell'ospedale di Anabah: l'assurdità della guerra genera vittime civili

Venerdì 5 Ottobre 2001, Fonte: Liberazione
 
«In Afghanistan c'é chi ha giocato sporco».
 
«Agli Stati Uniti è sfuggito il controllo del mostro che loro stessi hanno creato. Qui si muore di fame, un bambino su tre non arriva a 5 anni. Anziché bombardare, domandiamoci perche è potuto avvenire tutto
questo». «La frase di Berlusconi? Ognuno si esprime come vuole e come sa. Ma oggi chi non è confuso? »

Mentirei spudoratamente se non ammettessi che un sovradosaggio di emozione mi ha accompagnato e catturato per alcune interminabili ore, quelle che ieri mattina sono trascorse tra il mio arrivo in redazione ed il momento in cui sono riuscito dall'altra parte del telefono a parlare con Gino Strada. Sì, proprio lui, il chirurgo di Emergency, quello che sta ad Ariabah, nella valle del Panshir, in Afghanistan, ad un'ottantina di chilometri da Kabul; quello che ha deciso di fare il medico a tempo pieno, a fianco dei disperati, per salvare vite umane, sotto le bombe, tra mine antiuomo e guerriglia armata. Quello che il presidente del Consiglio, Silvio Berluscolli, senza pudore alcuno ha avuto il coraggio di apostrofare quale «medico integerrimo, ma dalle idee un po' confuse, che non saprebbe scegliere tra l' Afghanistan e l' America». Gino Strada è medico di frontiera, come oggi ce ne sono pochi, e nell' ospedale di Emergency di Ariabah lavora insieme ad altre 230 persone, mentre in 80 prestano sevizio nei sei posti di pronto soccorso sparsi per l'Afghanistan.L'appuntamento al telefono con questo signore di 53 anni che il 15 settembre, subito dopo gli attentati negli Usa, ha lasciato l'Italia per raggiungere tra mille difficoltà il dramma afghano, è fissato per le 10,30 del mattino, ora italiana. Gli impegni, però, travolgono Gino, che non riesce ad allontanarsi neppure un momento dai "suoi" 80 e passa ricoverati e così la chiacchierata slitta di oltre un'ora. Giusto il tempo, per me, di mettere in ordine le domande e magari far salire l' ansia per l' attesa. La sua voce, finalmente, mi giunge limpida e lui si rende disponibile al di là di ogni previsione.Conveniamo di darci del "tu", e non potrebbe essere diversamente con un personaggio tanto schietto.

Cominciamo con una domanda forse scontata, ma d'obbligo: come stai?
Bene, bene, figurati, sto in uno dei posti più sicuri al mondo (lo dice ridendo, ndr) , ad 80 chilometri a nord-est di Kabul, dove, mi sembra, in questo periodo sia tutto così tranquillo!
Lo sai che nei giorni scorsi Silvio Berlusconi ti ha definito «medico integerrimo, ma dalle idee confuse»?
Deve essere dura per chi ha scelto di vivere sotto le bombe.
Sì, ho saputo della frase di Berlusconi, ma onestamente non mi ha fatto alcun effetto, ciascuno è libero di esprimersi come vuole e come sa. Forse è vero che sono confuso, ma chi non lo è di questi tempi? Abbiamo costruito un mondo dalla fragilità insospettata fino a ieri e questo genera insicurezza. Da qui,con un sistema di parabole, si riesce a vedere la tv italiana, la Bbc, la Cnn e quando ho sentito Berlusconi pronunciare quelle parole, davvero mi sono sentito confuso, sconvolto e felicemente isterico nello stesso tempo. Questo, però, mi capita ogni volta che mi collego con qualche tv occidentale.
Sei più colpito dalla cattiva informazione o dallo schieramento palesemente guerrafondaio?
Le due cose vanno a braccetto. Si parla dell'Afghanistan con una incompetenza che mi sorprende, vedo filmati che descrivono una inesistente valle del Pamir, paracadutisti che si lanciano contro il Male, marines che penetrano nella giungla e riaffermano il valore della civiltà occidentale. E ci si allontana dal cuore del problema. Quando leggo di attacco alla civiltà, mi chiedo: ma quale civiltà? Non certo quella Usa, la civiltà è altra cosa. Di sicuro, nella top ten dei Paesi civili non inserisco gli Usa.
Ecco, noi invece cerchiamo di andarci al cuore del problema.
Il primo fatto evidente di questa crisi internazionale, è che qualsiasi guerra genera almeno un 90% di vittime civili ed innesta una spirale di povertà- miseria -fame- malattie che ci conduce al baratro. Dobbiamo capire, e lo capiscano anche i signori della guerra, che lo strumento bellico non riuscirà mai a dare ordine al mondo. Dovremmo avere il coraggio di percorrere altre strade, quelle della pace e della solidarietà. Stiamo vivendo un momento critico, angosciante e non se ne uscirà a chiacchiere. Quei poveracci morti negli Stati Uniti sono vittime civili di una guerra non dichiarata. Hanno stessi diritti e stesso valore dei morti in Irak, a Belgrado, a Gerusalemme. Non è ammissibile continuare a pensare a vittime di prima, seconda e terza categoria. I problemi che sono sullo scacchiere possono trovare una soluzione soltanto se facciamo uno sforzo per capire anche le altre persone, chi è diverso da noi. Per capire, soprattutto, perchè è potuto succedere tutto questo.
In occidente si parla di Bene contro il Male e di civiltà contro inciviltà e sono in corso le operazioni militari per fare giustizia: come è stato possibile arrivare alle estreme conseguenze?
Nessuno al mondo ha ragione al 100%, o lo capiamo o sarà la fine. In questo scenario, ognuno ha le proprie responsabilità e ognuno i suoi morti da piangere. Allora dico: calmiamoci e ragioniamo. Se scegliamo di entrare nel ping pong dell' orrore, iniziamo anche a pensare al funerale del pianeta. In questo momento, io non vedo proprio il libro del dialogo nella biblioteca universale. Qui, in Afghanista, Usa e Urss, hanno giocato un braccio di ferro a spese delle donne, dei bambini e di milioni di disperati. Gli Usa hanno foraggiato il fondamentalismo, consentendo che migliaia di dollari venissero gestiti dal servizio segreto pachistano. Qualcuno si è domandato, come mai oggi a Kabul parliamo di regime dei talebani e perché a combattere in questo territorio è gente di almeno 22 naziollalità? Chi gli ha dato i visti? Chi li ha organizzati? Naturalmente Osama, per conto della Cia e del governo saudita. E' una verità che sta su tutti i libri di storia. Con questa politica, che non conosce etica, si è voluto prima creare il mostro, poi ci si è accorti di non saperlo controllare.Oggi questo mostro è un boomerang e non è un caso che dal confine pachistano siano circolate più armi che non sui fronti della Seconda Guerra Mondiale.
Veniamo un attimo alle condizioni di vita della popolazione afghana. Arrivano notizie spaventose: le confermi?
Confermo che un bambino su tre non riesce ad arrivare ai 5 anni, che la mortalità da parto è altissima, che basta una cataratta per rimanere ciechi. E noi non possiamo ristrutturare alcuni edifici vicini all' ospedale di Anabah per paura che la guerra ci distrugga tutto. I generi di prima necessità in pochi giorni sono aumentati anche del 30%, la gente si guarda negli occhi incredula, capisce il pericolo, ma non riesce più a mettere nulla da parte, neanche un pezzo di pane. Un litro di benzina costa un dollaro e mezzo. Eppure, c' è chi con la guerra si arricchisce. Noi, nel nostro piccolo, siamo orgogliosi di essere l'unica organizzazione internazionale rimasta a fianco di questa gente e speriamo presto di poter riaprire anche l' ospedale di Kabul.
In tutto questo, che ruolo gioca la globalizzazione?
Ricordo mia madre che mi diceva: «Quel prodotto costa tanto perché si paga la marca». Io ho 53 anni,la globalizzazione non è nata ieri. Identificare il dio denaro quale unico principio che dà senso alla vita,sposare la regola dei rampantini di turno, che vogliono accaparrarsi di tutto e di più, introduce una logica
di guerra. Che cosa accadrà quando due realtà si troveranno con le mani sullo stesso bene? Dall'ltalia svegliatevi, fate sentire la vostra voce contro la guerra, ricordatevi anche dei dimenticati del pianeta.
Visto che segui i tg italiani, saprai certamente che l'Inter, la tua squadra del cuore, è capoclassifica e che il presidente Moratti ti ha dedicato vittoria e primo posto. Un'iniezione di piacere in mezzo a mille preoccupazioni.
Sì, sono al corrente di tutto. La dedica di Moratti mi ha riempito di gioia. Il presidente ha sempre sostenuto le campagne di Emergency, io sono uno sfegatato interista.
Vedrai che quest' anno faremo un bel campionato, nonostante dicano che non giochiamo bene. Nel calcio, però, vale la regola che è meglio giocare male e vincere piuttosto che prendere tre pappine.
di Fabio Rosati da Liberazione del 5/10/2001.
 

 
Per maggiori informazioni:
www.emergency.it