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No alla guerra e al terrorismo!!

Rifondazione Comunista contro terrorismo e guerra.

In ordine cronologico trovate i seguenti articoli:
UNA VIOLENZA CONTRO LA POLITICA

Mercoledi 12 Settembre 2001, fonte: Liberazione

Abbiamo assistito in diretta Tv, mentre svolgevamo la nostra riunione di direzione, a un evento sconvolgente, a una gigantesca tragedia. Ciò che ieri è accaduto a New Yorke a Washington, anche se mancanc a tutt'ora le informazioni e gli elementi necessari per una compiuta valutazione politica, ha certo pochi paragoni storici.Di fronte a questo trauma, che certo inciderà in profondità sugli equilibri intenazionali, sulla politica e sulla nostra stessa iniziativa politica, ci sentiamo di dire, prima di tutto,che siamo sconvolti dalla distruzione di vite umane che è stata così freddamente e barbaramente perpetrata. Non siamo in grado di definire ne le responsabilità ne la dinamica effettiva degli eventi. Non esiste ancora un bilancio ufficiale del numero delle vittime. Ma sembra certo che esse siano molte migliaia di persone, donne e uomini incolpevoli. La violenza distruttiva della guerra investe ora l'ordinaria quotidianità. Qui è tutto improvviso,imprevisto, privo di comprensibilità. E' stato colpito anche il simbolo di una civiltà, di un Paese, di un impero. Una sequenza di attentati che sembrano denotare un livello molto elevato di potenza organizzativa, ma che definiscono soprattutto una cieca disumanità distruttiva: rispetto ad essa la nostra condanna è irriducibile-assoluta. Non c'è nulla che giustifichi l'uso di una tale violenza. Non ci sono ragioni in nome delle quali sia lecito pagare un prezzo così alto in termini di vite umane. L'altro elemento traumatico è l'estrema vulnerabilità di tutti i simboli della civiltà occidentale. Anche quelli dei vertici e dei poteri più alti, che sembrerebbero corazzati contro ogni pericolo, si sono rivelati vulnerabili, come qualsiasi altro luogo della nostra quotidianità. Anche questo ci propone una riflessione di fondo su questa fase e su quella che abbiamo definito come crisi dei processi di globalizzazione. Intanto, dobbiamo batterci perché a questa tragedia non seguano ritorsioni tali da mettere in moto soltanto ulteriori spirali distruttive. Diciamo no alle politiche di ritorsione, così come diciamo no a ogni tipo di fondamentalismo, politico, religioso, imperiale. Dobbiamo sapere che la nostra stessa azione politica, adesso, diventa molto più difficile, proprio nel momento in cui il movimento tende a crescere e a radicarsi su scala nazionale e internazionale: il pericolo è grande per la politica in quanto tale e per gli stessi spazi di agibilità democratica. Quando fenomeni così grandi, enormi, di distruttività e di guerra prendono il sopravvento, la prospettiva che si affaccia è sempre quella della «notte della politica». Noi continuiamo a ritenere, all'opposto,che l'unico antidoto efficace alla violenza è la partecipazione politica, è il protagonismo di massa.

Fausto Bertinotti

L'INTERVENTO DI BERTINOTTI:RISPOSTE NON DAL G8 MA DALL'ONU

Giovedì 13 Settembre 2001, fonte: Liberazione

Signori Presidenti, onorevoli colleghe e colleghi, il primo sentimento, la prima emozione è quella che ci investe tutti come persone, sconvolti da un elemento di dolore, di spaesamento e,persino, di disagio. E' stato detto che è difficile trovare le parole, è difficile organizzare persino i pensieri. Forse, tutti sentiamo un deficit di capacità di capire e di intendere. Certo, siamo colpiti dal livello enorme della carica distruttiva di questa azione terroristica.
Sono stati colpiti i simboli più clamorosi della modernità, del potere militare e per compiere questa strage di vite umane incolpevoli, la vita umana è ridotta a pura occasione di una lotta politica senza confine: la pietà e la vicinanza per le vittime riguarda anche il carattere della perdita delle loro vite. Poteva capitare a ognuno e a ognuna nel mondo, e la solidarietà al popolo americano va a un popolo colpito non solo nei suoi componenti ma anche nella sua identità: si tratta di un'aggressione alla civiltà contemporanea senza precedenti.
Non si può non essere colpiti dalla vulnerabilità della società moderna, sofisticata, innovata, tecnologica e contemporaneamente, come in un'interfaccia drammatica, dalla invisibilità dei suoi aggressori, come a dire che tutti possono essere colpiti e ognuno può diventare aggressore. Anche l'antico interrogativo "a chi giova?", è un'interrogativo muto, non ha nulla da dire.
Sembra che solo un moto fondamentalistico fanatico, che schiaccia l'altro sulla dimensione del nemico e lo priva di una umanità riconoscibile, possa motivare un atto di questo genere. E' un evento che cambia il mondo, che rende terribile il presente e che crea un'inquietudine forte sul futuro: la violenza può cancellare la politica, la democrazia e la libertà.
C'é il rischio concreto che da questa violenza si possa sprofondare in una guerra imminente, anche se difficilmente descrivibile; c'é il rischio della chiusura nel recinto di una civiltà bloccata che non considera così le altre, diverse da sé; c'é il rischio di sollevare un ponte levatoio; c'é il rischio di chiudere questa nostra società al conflitto, al contrasto di interessi e di valori, che sono il sale della politica: noi dobbiamo opporci a questa propensione alla chiusura.
Ho sentito autorevoli esponenti statunitensi ed europei, da cui pure mi sento politicamente molto lontano, invitare gli stati uniti d'america a non praticare una politica di ritorsione: mi sembrano appelli improntati alla saggezza.
Tuttavia, Signori Presidenti, credo che l'Occidente debba trovare una nuova autorità etico-morale. Capisco che il terrorismo debba essere combattuto sul suo terreno, comprendo che debba essere prevenuto e combattuto, ma la vulnerabilità di questa società dice che la potenza militare non lo può sconfiggere.
Non c'é alcuna causa, seppur la più drammatica, che possa giustificare il terrorismo, ma rimuovere le cause che possono determinare una sorta di acqua in cui può nuotare il pesce del terrorismo è il compito principale per poterlo debellare. Se si conosce il carattere inadeguato della risposta militare in questa sorta di guerra civile che può attraversare l'intera umanità, allora bisogna espungere dalla modernità la guerra - che fa sempre più vittime tra i civili piuttosto che negli eserciti -, risolvere i punti di crisi presenti anche nel Mar Meditteraneo -fornendo ad ogni popolo la possibilità di avere un suolo ed uno stato - e, signori del governo e signori parlamentari, accogliere ciò che, invece, prevalentemente tende ad essere respinto in questa nostra società.
Quel movimento di critica alla globalizzazione, se non volete ascoltarlo per le risposte, ascoltatelo per le domande, perché quest'ultime sono fondamentali per vincere questa battaglia di civiltà. Signor Presidente del Consiglio, non è il G8 che deve trovare le risposte giuste, è l'ONU, è il consenso generale di tutti i paesi del mondo e l'Europa, in questo, ha per sé un grande ruolo.

Fausto Bertinotti

LA PARTECIPAZIONE E' L'ANTITODO ALLA VIOLENZA

Giovedì 13 Settembre 2001, fonte: Liberazione

La segreteria nazionale ribadisce la più ferma condanna al terribile attentato che ha sconvolto le Città di New York e Washington.
La nostra avversione al terrorismo è irriducibile e assoluta. Il nostro cordoglio per le vittime innocenti e la nostra solidarietà ai loro familiari e al popolo statunitense così colpito da questa tragedia sono convinti e sentiti. Questa tragedia peserà profondamente sugli equilibri internazionali, sulla politica mondiale, sulla nostra stessa iniziativa. Si pongono, in modo drammaticamente inatteso, riflessioni di fondo su quelli che sono gli scenari futuri e la crisi dei processi di globalizzazione. Per l'immediato, affermiamo la necessità che venga arrestato il possibile avvitarsi di una spirale distruttiva di ulteriori violenze e devastazioni. In prospettiva, pensiamo che la risposta non possa essere quella di una ulteriore chiusura della fortezza dell'Occidente contro il resto del Pianeta, avvertito come nemico da cui difendersi. Una risposta questa non solo sbagliata ma inefficace ad impedire l'esplodere della violenza cieca e distruttrice, come questa tragedia dimostra.
Pensiamo che debbano essere, al contrario, rilanciate le ragioni di fondo di un dIalogo e una comprensione tra le diverse culture. Dobbiamo, quindi, dire no ad azioni di ritorsione e, al tempo stesso, a ogni tipo di fondamentalismo sia esso religioso, politico, ideologico,"impeliale". Pensiamo che la risposta non possa essere quella di un ulteliore restringimento degli spazi dell'agibilità politica democratica. Al contrario, rilanciamo l'idea che l'unico antidoto alla violenza è la partecipazione democratica di massa. Occorre espugnere la guerra dalla storia, trovare risposte nuove alle contraddizioni lancinanti del mondo contemporaneo. Pensiamo che il movimento contro la globalizzazione capitalistica ponga le questioni cruciali da affrontare,rappresenti una possibilità per avviare un processo di critica dell'esistente e di trasformazione della politica e dell'economia che può dare una speranza di uscire dalla logica impazzita della guerra e della distruzione. In queste ore e in questi giorni, tutte le nostre organizzazioni tenitoliali, le nostre rappresentanze istituzionali, in raccordo con il movimento e le forze politiche e sociali democratiche,sono impegnate a partecipare alle iniziative di mobilitazione e di discussione che si svolgono in tantissime città e luoghi di lavoro. Al tempo stesso, le feste di Liberazione che si stanno svolgendo rappresentano un presidio democratico in cui incontrarsi e intrecciare relazioni e avviare iniziative nella medesima direzione.

La segreteria nazionale di Rfc

LETTERA AL PARLAMENTO

Mercoledi 26 Settembre 2001, fonte: Liberazione

In queste ore drammatiche, di fronte al silenzio della politica e delle istituzioni, pubblichiamo l'intervento che il segretario del Prc, Fausto Bertinotti, avrebbe pronunciato in aula, se il Parlamento fosse stato convocato per discutere della guerra e della pace.

Signori presidenti, signore e signori deputati, il Parlamento italiano è oggi convocato per restituire dignità alle istituzioni che, se rimanessero in silenzio, manifesterebbero in pieno la crisi e la messa in mora della democrazia. Se un Parlamento non parla della scelta drammatica fra la pace e la guerra è condannato a tacere per sempre.Quest'aula deve interpretare oggi la storia del paese, di quell'Italia che è uscita dalla Resistenza approvando una Costituzione che "ripudia la guerra". Ma deve interpretare anche la storia migliore dell'Europa, di un continente che può unirsi in nome della pace recuperando il meglio delle sue antiche e moderne culture, dal cristianesimo all'illuminismo, ai marxismi.Un'Europa in cui persino ogni grande guerra è stata vissuta come "ultima" e in cui l'aspirazione alla pace è stata la sostanza della sua civiltà cancellata invece proprio dalla guerra.Ma noi, donne e uomini che rappresentiamo questo paese abbiamo il compito di interpretare anche le aspettative e le speranze di tutta una umanità che oggi ha di fronte a se un futuro terribile, tanto terribile da non escludere l'atrocità delle armi atomiche. Come il ministro della Difesa americana ci ha detto qualche giorno fa.La guerra che oggi si prospetta non è una guerra fra gli Stati e gli eserciti;ma una guerra contro i popoli. Il Parlamento deve dire di no a questa guerra, una guerra in cui chiunque può morire, in ogni luogo, in qualsiasi momento. L'Italia deve mettere in discussione l'articolo 5 del Patto atlantico secondo cui gli atti di guerra contro uno dei paesi alleati sono considerati un attacco a tutti i paesi facenti parte della Nato. Deve farlo tanto più dopo che è diventato possibile l'uso delle armi atomiche. L'alternativa è ormai netta: è fra la guerra e la pace. La posizione intermedia. quella di chi dice no alla guerra, sì all'intervento militare dimostra ogni giorno di più la sua impotenza. I sostenitori di questa tesi si consegnano di fatto nelle mani di chi prenderà la decisione, di chi scegliera che cosa fare. Appunto: chi prenderà la decisione? Chi potrà alla fine pronunciarsi per i bombardamenti o per la bomba atomica? Oggi è sconosciuto. I parlamenti sono ridotti al silenzio con la motivazione che per decidere ci vogliono informazioni precise. Ma queste informazioni non le ha nessuno. Neppure il Congresso americano è al corrente di quello che sta davvero succedendo. Alla fine le scelte saranno fatte dai tecnici della guerra. E la democrazia verrà -è già -colpita al cuore. Perché tutti -Stati, parlamenti, popoli - saranno costretti a fare e a subire una guerra che non hanno deciso. Invece va fermata subito,senza esitazioni. Subito si deve assegnare all'Onu e al Consiglio di sicurezza il compito di lottare contro il terrorismo. Sono loro i soli organismi mondiali che hanno il compito di farlo, che possono farlo col consenso di tutti i paesi del mondo. Non c'è nessuna causa che possa giustificare le azioni terroristiche. Il terrorismo -questo dovrebbe essere chiaro -è amico della guerra e nemico dei poveri. Per questo tutti i popoli dovrebbero essere chiamati a combattere insieme contro il terrorismo e contro la guerra. Due torti -ce lo ricordano gli studenti di Berkeley che in questi giorni manifestano per la pace e occupano le loro università -non fanno una ragione. Viviamo giorni drammatici. Il terrorismo ha già mietuto migliaia di vittime. Il solo rischio che la guerra sia la risposta ad esso sta restringendo in tutto il mondo e anche nel nostro paese gli spazi di democrazia, di libertà e di critica. Sta cancellando la questione e il conflitto sociale. Chi si ricorda oggi della lotta dei metalmeccanici per il contratto di lavoro? Dove è finita la grande questione salariale, la cui urgenza fino a qualche settimana fa veniva proposta? Prima di quel terribile 11 settembre in cui il terrorismo ha colpito così tragicamente l'umanità tutta c'era già la recessione economica, oggi gli esperti si interrogano su una crisi che potrebbe diventare depressione. La globalizzazione, e le sue magnifiche sorti e progressive, secondo autorevoli economisti e autorevoli giornali è oramai roba d'altri tempi. Oggi anche sul Wall Street ]oumal si parla di fallimento del primato del mercato. Oggi si chiede quell'intervento pubblico fino a qualche settima fa disprezzato. Ma la politica tace. Spiazzata dal terrorismo e dalla guerra. Sconfiggere il terrorismo, impedire la guerra, riportare nella politica le grandi questioni sociali: questo è oggi il compito di questo Parlamento. Perciò oggi è un giorno importante per la Repubblica.

Fausto Bertinotti

LA DICHIARAZIONE DI VOTO ALLA CAMERA DEL SEGRETARIO DI RIFONDAZIONE FAUSTO BERTINOTTI: IL NOSTRO NO ALLA GUERRA E AL TERRORISMO

Mercoledi 10 Ottobre 2001, fonte: Liberazione

I1 mondo è ancora sconvolto dall'attentato terroristico dell'll settembre. Il terrorismo ha raggiunto in quell' occasione una scala sconosciuta, ha realizzato un crimine contro l'umanità, ha realizzato non una sfida a una determinata civiltà ma una sfida all'intera civiltà umana. L'avversione al terrorismo non è solo avversione a un mezzo, quello che disprezza la vita umana, è anche l'opposizione radicale irriducibile a un fine: quello di una società che se vedesse per disgrazia vincitore in qualche parte del mondo il terrorismo sarebbe più oppressivo che si possa immaginare. Di fronte a questa sfida ci sarebbe voluta una capacità inedita,la capacità di colpire e isolare il terrorismo e riflettere su una crisi di civiltà che il terrorismo ha drammaticamente messo in evidenza e aggravato. C'è l'esclusione di tanta parte nel mondo della ricchezza, ma non è vero che tutti al mondo vogliono entrare nella globalizzione e nella cosiddetta civiltà occidentale; c'è la modernizzazione, ma non è vero che la globalizzazione porti modernità e sicurezza. C'è la crescita economica, ma non è vero che la globalizzazione abbia debellato la crisi economica,la recessione infatti bussa alle porte.Queste cose insieme determinano una vera e propria crisi di civiltà. Per questo bisogna sapere combattere il terrorismo in nome di un altro mondo, quello che il movimento, che è stato chiamato anti-globalizzazione, ha chiamato "un altro mondo è possibile".

Una scelta avventurista

Invece le classi dirigenti di questo mondo si sono prodotti in una coazione a ripetere, la guerra era purtroppo un esito prevedibile eppure non riesce che essere sconcertante anche per la sua povertà. L'avversario dichiarato dalla guerra,bin Laden aspettava questa risposta. Ha usato cinicamente i mezzi di comunicazione, ha depositato la memoria, l'ha usata non casualmente appena la guerra è scattata. In questo mondo fanno la guerra perché non sanno fare altro e affidano alla guerra la costruzione di un nuovo ordine mondiale, ma è una scelta avventurista. E voi stessi non sapete dire sulla guerra parole convincenti, neanche di previsione. Da un lato ne enfatizzate l'assoluta necessità e dall'altro l'accompagnate con un linguaggio teso a fare metabolizzare dalle popolazioni l'evento drammatico della guerra come fosse quotidiana ordinarietà. Non sapete dire per quanto tempo questa guerra dovrà colpire. Bush annuncia un allargamento ad altri paesi ma non sappiamo quali, non sapete dire per quanto tempo dovrà durare questa guerra, il ministro della difesa americano parla di un tempo lungo quanto quello della guerra fredda. Non sapete parlare delle conseguenze drammatiche di questa guerra, in nessuna parte del mondo neanche qui nei nostri territori. Il destino dell'umanità è revocato nel dubbio. La coppia terrorismo-guerra apre un rischio di barbarie drammatico. Questa guerra è ìngiusta e inefficace. Dove spinge. Guardiamo le prime conseguenze in questi giorni. Avete usato,con qualche tardiva generosità, delle parole giuste nei confronti del popolo palestinese, ma come si fa a non vedere l'ipocrisia di queste parole, quando la prima conseguenza della guerra è stata l'apertura di un conflitto drammatico nel popolo palestinese, una spinta ad Arafat a dover usare le armi della repressione contro l'insorgenza di un fondamentalismo che in larga parte è anche una reazione alla guerra. Come fate a non vedere che quello che si affaccia oggi nel Pakistan, poi domani può invadere il mondo arabo. Voi usate delle parole per osare ad accompagnare la guerra, ma la guerra non è solo nelle parole con cui la si dichiara, è anche nelle parole concui è annunciata. E sono state parole drammatiche.

Una guerra evitabile

E' non solo sono quelle che abbiamo contestato al presidente Berlusconi, ma anche al presidente Bush. E in ogni caso conta anche il vissuto di chi la guerra la subisce, una guerra che era possibile evitare con un'alternativa: quello del diritto internazionale, quello di intervento di polizia internazionale guidata, organizzata, progettata da parte delle Nazioni Unite con il coinvolgimento dei paesi arabi per accompagnare queste misure. Anche perché voi con quello che rimarrà della guida di quei paesi arabi dovrete immaginare una qualche Yalta. Perché non farla adesso prima guerra? Avreste potuto cosi accompagnare davvero una nuova giustizia mondiale, che intervenisse contro o a favore dei popoli del terzo mondo. Sopprimendo il debito e intervenendo qui, nell'economia contro il rischio di licenziamenti che si producono in una crisi economica che rischia di diventare pesante. Invece fate la guerra. L'accompagnate a volte con parole di sviluppo, ma in realtà voi sapete che la moneta cattiva scaccia la moneta buona. C'è un detto famoso che diceva: "la guerra è una cosa importante che non la possono fare i generali".. Noto un qualche rovesciamento: sono adesso i generali autorevoli che spiegano la filosofia delle guerre; uno di questi generali, il generale ]ean, ha detto che per combattere i barbari noi stessi dobbiamo diventare un po' più barbari. Noi non siamo d'accordo, consideriamo questa scelta ingiusta, quella della guerra inefficace; per questo voteremo contro la risoluzione del governo e per questo invece saremo con il popolo della pace alla Perugia-Assisi a dire che c'è un'alternativa alla guerra.. quella della pace e della lotta contro il terrorismo ma solo contro i terroristi.

Fausto Bertinotti