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"...I fondi necessari per salvare il mondo dalla tragedia ci sono. Si metta veramente fine alla corsa agli armamenti e al commercio di armi che genereranno solamente desolazione e morte . Si applichi allo sviluppo una buona parte del milione di milioni di dollari che ogni anno viene destinato alla pubblicità commerciale, forgiatrice di illusioni e di abitudini al consumo impossibili da raggiungere, insieme al veleno che distrugge le identità e le culture nazionali. Si rispetti l'impegno assunto del modesto 0.7 % del Prodotto Nazionale Lordo come aiuto allo sviluppo. Si stabilisca in modo ragionevole ed effettivo l'imposta suggerita dal Premio Nóbel James Tobin alle operazioni speculative che oggi raggiungono milioni di milioni di dollari ogni 24 ore, e le Nazioni Unite, che non possono continuare a dipendere da misere, insufficienti e tardive donazioni ed elemosine, disporrebbero ogni anno di un milione di milioni di dollari per salvare e sviluppare il mondo. Ascoltate bene, un milione di milioni di dollari ogni anno! Non siamo pochi quelli che ora nel mondo sappiamo sommare, sottrarre, moltiplicare e dividere. Non esagero. Data la gravità e l'urgenza dei problemi attuali, che minacciano perfino l'esistenza della vita della nostra specie nel pianeta, è quello che realmente sarebbe necessario prima che sia troppo tardi..."
Fidel Castro alla Conferenza Mondiale contro il razzismo, Durban, Sudafrica, 1° settembre 2001

www.tassatobin.it

www.attac.it

Iniziative: Perché la Tassa Tobin è possibile ed attuabile, adesso

Articolo comparso su Liberazione di domenica 10 Febbraio 2002

10 domande e 10 risposte

Perché si parla tanto della tassa Tobin in questi ultimi anni?
La libertà di circolazione dei capitali ha comportato uno spiegamento della speculazione a livello planetario. Gli speculatori non esitano a provocare la caduta di una moneta, anche se questo può finire per impoverire milioni di persone. La tassa Tobin è un semplice strumento per lottare contro una delle forme della speculazione finanziaria, quella riguardante le monete.

In che modo funziona e si suppone possa dimostrarsi efficace?
La speculazione normale sulle monete consiste nel vendere una moneta e poi ricomprarla ad un prezzo inferiore in modo da intascare un profitto. Moltiplicando acquisti e vendite nell'arco dello stesso giorno, lo speculatore cerca di realizzare il maggior profitto possibile. Ma se, ad ogni compravendita di una divisa, dovesse pagare una tassa equivalente al profitto che immagina di ottenere, il gioco non varrebbe più la candela. Lo speculatore sarà tanto più dissuaso in quanto, realizzando un gran numero di acquisti e vendite, dovrà di conseguenza passare spesso in cassa. Un'impresa che commercia con l'estero o che investe all'estero fa solo pochi acquisti e vendite di monete, ragion per cui non sarà panalizzata dalla tassa Tobin. Ne consegue che la tassa Tobin risponde bene all'obbiettivo che si è proposta: penalizzare la speculazione ma non l'economia produttiva.

Perché farne una misura tanto significativa?
L'adozione della tassa Tobin avrebbe un impatto politico estremamente positivo. I liberisti la combattono con tanto accanimento proprio perché hanno capito il pericolo che rappresenta: applicare la tassa significa ammettere che la speculazione è nociva, che i mercati sbagliano ed hanno bisogno di essere tenuti sotto controllo dal potere pubblico. Ancor peggio, una possibile applicazione della tassa a seguito di una vittoria dei suoi sostenitori rappresenterebbe un formidabile incoraggiamento, su scala mondiale, per le lotte sociali e per tutti quelli che pensano che un altro mondo è possibile.

Questa tassa è sufficiente per opporsi all'iperspeculazione?
Di fatto è necessario distinguere più casi. Quando una manciata di speculatori influenti mettono alla prova la solidità di una moneta ed eseguono delle buone operazioni, possono trascinare nella loro scia un numero crescente di speculatori. L'utilità della tassa Tobin è quella di agire preventivamente rendendo non remunerative le prime operazioni speculative. Agendo a monte, riduce la possibilità che una piccola speculazione si trasformi in un'iperspeculazione. Ma possiamo anche pensare a casi in cui un numero più rilevante di speculatori concertino preventivamente la caduta del 20-30% di una moneta in poche settimane. Essi sono in grado di muovere somme molto più ingenti di quante non ne disponga per difendersi la Banca centrale del paese in questione. A titolo d'esempio si può citare l'attacco concertato dalle grandi banche della piazza londinese contro la sterlina nel 1993. La risposta consiste pertanto nell'applicare una tassa variabile: quanto più infuria la speculazione, tanto maggiore sarà la tassa, e viceversa. Si può persino arrivare ad immaginare che la Banca centrale, non appena il tasso di cambio della moneta di cui è responsabile subisce un apprezzamento o un deprezzamento di una certa percentuale (-5% e +5% ad esempio), dichiari in anticipo che il livello della tassa subirà un aumento molto maggiore, con esenzioni possibili per le transazioni di cambio legate al commercio e all'investimento produttivo.

La tassa non è condannata a fallire dalle nuove tecnologie di comunicazione?
E' proprio l'opposto: le nuove tecnologie offrono alle autorità pubbliche dei mezzi aggiuntivi per rendere obbligatorio il pagamento della tassa Tobin. Il mercato dei cambi è innanzi tutto un mercato all'ingrosso nel quale le banche realizzano circa il 90% delle transazioni. Il mercato al dettaglio, che riguarda i privati, non rappresenta granché. Sicché è tecnicamente possibile identificare un'operazione di cambio e prelevare la tassa, apportando le necessarie modifiche ai programmi informatici affinché ciò si realizzi automaticamente. La raccolta del denaro avrebbe così un costo molto esiguo.

E' possibile applicarla in un solo paese?
Perché la tassa abbia un minimo di resa è necessario che non venga adottata unilateralmente da un solo paese. Il ché non significa che l'unico mezzo per applicarla sia che essa venga adottata simultaneamente su tutto il pianeta. Vista la grande concentrazione dei mercati dei cambi, basterebbe che venisse applicata dai maggiori Stati. Sulla piazza di Londra, la più importante col 33% del totale, le transazioni effettuate dalle prime dieci banche sono il 50% del totale, contro l'80% di Parigi. Attac propone che l'Unione Europea (Ue) prenda l'iniziativa di creare ciò che potremmo chiamare una "zona Tobin". L'Ue ha un peso economico pari a quello del Nord America e rappresenta circa la metà del mercato mondiale dei cambi. Dispone pertanto di una dimensione economica e politica sufficiente per cominciare ad applicare la tassa tra l'euro e tutte le altre monete. Un'iniziativa dell'Ue ha senso nella misura in cui mette in moto delle dinamiche che tentino di convincere altri paesi d'Europa e di altri continenti a raggiungere questa "zona Tobin". Si può anche immaginare un meccanismo di stimolazione: mantenere più basso il livello della tassa per tutte le transazioni di cambio tra monete della "zona Tobin" - tra cui l'euro -, di quello applicato a tutte le monete esterne a quest'area.

Questo non rischia di generare frode e di arricchire i paradisi fiscali?

In generale, qualsiasi misura impositiva sugli operatori economici privati si trova ad essere vittima di tentativi di aggiramento. La legislazione del lavoro, ad esempio, è violata in continuazione. Se ne deve concludere che bisogna lasciar decidere su tutto unilateralmente le imprese? Nel caso specifico della tassa Tobin sussistono parecchie possibilità di frode. La principale è insita nella possibilità, per imprese e banche multinazionali, di utilizzare Internet per creare i loro propri sistemi di pagamento privati allo scopo di non pagare la tassa. Tuttavia non è così facile metterla in opera perché vi sono da risolvere seri problemi di sicurezza e di costi. Inoltre, il diritto internazionale e le nuove tecnologie autorizzano a sperare in una lotta efficace contro questo tipo di frode. Dal 1990 sono stati firmati accordi internazionali tra le banche centrali dei dieci principali paesi chiamati "standard minimi Lamfalussy", dal nome del presidente della commissione della Banca dei pagamenti internazionali (BPI, la "banca centrale delle banche centrali ", con sede a Basilea in Svizzera). Questi accordi, confermati nel 1998, offrono alle banche centrali di ogni paese la possibilità di rifiutare l'accesso al sistema nazionale di pagamento, sul quale mantengono il controllo, a tutti gli operatori finanziari privati - nazionali o stranieri - che non accettassero di sottoporsi alla regolamentazione nazionale, per esempio la tassa Tobin. Questi accordi autorizzano, persino, una banca centrale a sanzionare i privati che si trovano sul suo territorio. La seconda grande possibilità di frode proviene dall'"innovazione" finanziaria. Ogni anno vengono inventate decine di nuovi prodotti finanziari, alcuni dei quali in grado di evitare di realizzare delle transazioni di cambio classiche. Ora, se un prodotto derivato permette di aggirare il mercato dei cambi, la tassa non verrà raccolta, ma nemmeno i tassi di cambio saranno modificati, il ché è esattamente uno degli scopi che si prefigge la tassa Tobin. Il terzo problema riguarda il pericolo di delocalizzazione all'estero, in particolare nei paradisi fiscali. Questo aspetto viene troppo spesso esagerato. Altrimenti perché i mercati dei cambi non sono già tutti piazzati nei paradisi fiscali visto che il fisco vi è quasi inesistente ed è assoluto il segreto bancario? Proprio perché esistono altre ragioni che spingono una banca a stabilirsi in un paese preciso, in particolare nei paesi maggiori dell'economia mondiale. Per altro non è che gli Stati siano privi di strumenti: sono state avanzate diverse soluzioni pratiche per la lotta contro i paradisi fiscali. Anche in questo campo ciò che conta veramente è la volontà politica.

Una volta ammesso il principio, come raccoglierla e a cosa destinarla?
Dal punto di vista legale, ogni banca privata deve aprire un conto presso la banca centrale del paese in cui opera. Siccome la banca centrale ricopre un ruolo di primo piano nel funzionamento dei sistemi di pagamento elettronici descritti precedentemente, una soluzione semplice e pratica sarebbe che ogni banca privata versi l'ammontare della tassa su un conto speciale alla banca centrale del paese in cui la moneta straniera è destinata. Pertanto, la critica secondo la quale la tassa Tobin farebbe nascere una nuova burocrazia tentacolare è semplicemente falsa. Dopo essere stata raccolta a livello nazionale, sotto la responsabilità amministrativa della banca centrale, i proventi sarebbero trasferiti ad un'istituzione internazionale incaricata di centralizzare tali introiti primi di redistribuirli. Riguardo alla destinazione dei proventi, esiste purtroppo una pletora di bisogni. I paesi del Sud hanno necessità di enormi finanziamenti in tutti i settori. E' a loro che dovrebbero essere destinati i proventi della tassa Tobin.

Non andrà a sovvenzionare la corruzione dei governi del Sud?
Come mostrano gli scandali che da anni continuano a scuotere tutto il mondo occidentale, la corruzione non è certo monopolio del terzo mondo. E' il sistema nel suo insieme che trasuda corruzione. Generalmente parlando, più un sistema è corrotto e meno è democratico. All'inverso, più il popolo è coinvolto nelle questioni importanti, dispone di contro-poteri, di diritti e di libertà reali, meno la corruzione ha spazio per proliferare. Da questo punto di vista la lotta per lo sviluppo è inscindibile da quella per l'instaurarsi di una reale democrazia.

Quindi la tassa Tobin non rappresenta una panacea?
Si tratta solo di un mezzo tra altri. Per fare un esempio, non servirebbe molto raccogliere i proventi della tassa Tobin se fossero utilizzati per rimborsare gli interessi del debito estero. Allo stesso modo, la rivendicazione di questa tassa è inseparabile dalla proibizione dei paradisi fiscali. Deve collegarsi alla lotta per la regolazione del commercio internazionale ed alla necessaria rifondazione delle istituzioni finanziarie internazionali.

Dal sito www. tassatobin. it


Bertinotti risponde:
Equità e giustizia


Caro Fausto, leggo che viene proposta una nostra partecipazione alla raccolta di firme per una legge sulla Tobin Tax. Ho sempre avuto molte perplessità su questo argomento. Mi pare, infatti, che ci siano delle obiezioni non superate, ad esempio quella che questa tassa è inutile o addirrttura nociva se non viene adottata a livello internazionale. In ogni caso chi ci garantisce che quei soldi che si vogliono recuperare vadano proprio a favore dei poveri? Cosa può cambiare gli orientamenti degli organismi internazionali?
Insomma, da un lato questa proposta mi pare poco praticabile, dall'altro troppo debole. Infatti pensare di combattere il capitalismo partendo da qui mi pare troppo semplicistico perché non viene messo in discussione il sistema generale, i profitti, la proprietà. Perché il nostro partito non fa chiarezza su questi punti invece di limitarsi a partecipare alla campagna?
Carmelo via e-mail

Caro Carmelo, la tua tempestiva e-mail offre l'occasione per tornare su un tema di grande rilevanza soprattutto sul terreno dell'iniziativa concreta. Innanzitutto sbarazziamo il campo da alcune obiezioni davvero ipocrite, che del resto sono state avanzate in primo luogo dal governo in un dibattito sul tema che facemmo prima del vertice del G8 di Genova e che non a caso sono state riprese e amplificate dal giornale della Confindustria, "Il Sole 24 ore". Faccio questi rifetimenti non per demonizzare il quesito, ne tantomeno chi lo avanza, ma perché l'insistenza su certi argomenti, che lo si voglia o no, ha ormai una ben chiara matrice materiale e intellettuale.
La discussione sulla finalità dell'introduzione dl una tassazione sulle transazioni intemazionali dei capitali, sull'indirizzo, sulla modalità e sulle forme dell'utilizzo del ricavato, sulle responsabilità e sul funzionamento degli organi a questo preposti -discussione che peraltro affrontiamo -non può precedere ne tantomeno evitare la risposta a un'altra domanda: è giusto che una cifra quasi inesprimibile di miliardi di dollari ogni giomo varchino frontiere senza pagare tasse? E' giusto che la speculazione finanziatia venga posta al riparo di ogni forma seppure modesta di tassazione ( la proposta di legge popolare prevede solo lo 0,02%) mentre i redditi da lavoro e, seppure in misura molto minore, i profitti derivanti da attività produttive reggono le entrate fiscali dello Stato? Alla domanda non si può obiettivamente dare risposta affermativa ne in punto di diritto, ne in punto di fatto visto che l'attuale sistema è uno dei modi di quell'azione di drenaggio di ricchezza che ogni anno vengono trasferite dai paesi poveri ai paesi ricchi.
Quindi la Tobin Tax si impone in primo luogo come una misura di equità e di giustizia almeno sul terreno fiscale.
D'altro canto il tema della finalità è in questo caso fuorviante in se, poi che siamo di fronte ad un caso clamoroso di rovesciamento dei fini. Infatti James Tobin propose questa tassa per fare funzionare meglio il sistema capitalistico, oggi essa viene invece invocata da milioni di persone per porre almeno un granello di sabbia negli ingranaggi della globalizzazione capitalista insofferente anche ai minimi controlli.
L'altro argomento, quello del necessario carattere sovranazionale della proposta è certamente più serio. Infatti non ci siamo limitati a rispondere che se qualcuno non inizia una cosa non si farà mai, ma appoggiamo una proposta di legge, appunto quella presentata a Roma, che risolve questo problema stabilendo entro un tempo determinato l'impegno del governo a stabilire in concerto con gli altri nel contesto europeo questa misura e, se questo tempo fosse passato invano, a definire in ogni caso misure analoghe per i capitali che varcano le sue frontiere.
La proposta, per questi ed altri motivi, è dunque praticabile e resiste a tutte le obiezioni fin qui mosse anche sul piano tecnico. Non è un caso se il govemo non si limita a dire no, ma propone la "detassa" di Tremonti, nel demagogico tentativo di contrapporre una presunta misura caritatevole ad una di giustizia.
Come vedi tanto l'argomentazione che la tassa sia impraticabile, quanto quella che essa abbia finalità troppo poco anticapitaliste sono inconsistenti, la prima perché è falsa, la seconda perché la forza di questa proposta sta proprio nell'aver rovesciato i fini pensati dal suo originario ideatore.
Questo è potuto accadere perché essa è diventata un punto programmatico di un vastissimo movimento, socialmente composito, ma unito da una comune volontà di riscatto e di libertà, che va dai contadini brasiliani agli intellettuali europei. Attac, l'organizzazione che si propone questo scopo, è presente ormai in molti paesi, è una componente essenziale del movimento antiglobalizzazione, ha partecipato massicciamente a tutte le sue manifestazioni, compreso quella di Genova. La dimensione internazionale della proposta è dunque garantita proprio da quella stessa del movimento che la sostiene e la articola, come apparirà ancora più chiaro dopo l'imminente incontro di Porto Alegre.
Nello stesso tempo il valore di questa proposta la trascende, perché essa allude a una diversa politica economica generale. Ed ecco aprirsi una grande occasione: quella di accompagnare la raccolta di firme sulla Tobin Tax con quella per un referendum che estenda l'articolo 18 anche alle imprese con meno di 15 dipendenti e per una proposta di legge per la tutela dei lavoratori precari e per reali norme di democrazia sindacale. Si tratta quindi di fare l'esatto contrario di ciò che ha già fatto e vuole fare il governo: con la Tobin Tax ci opponiamo allo scudo fiscale per il rientro dei capitali illegittimamente trasferiti all' estero e contro la "detassa" di Tremonti; con il referendum estensivo dell'articolo 18 ci battiamo contro la legge delega al ministro Maroni sul mercato del lavoro, contro la quale opporremo ogni possibile arma parlamentare.
Un formidabile sostegno a queste iniziative viene proprio in queste ore dalle conclusioni del congresso della Fiom che ha deciso di battersi per la tutela reale dai licenziamenti anche nelle piccole imprese. Non è poco, anzi l'insieme di queste proposte possono, a livello parlamentare e nel paese, approfondire, allargare e qualificare in senso sociale l'opposizione al governo Berlusconi.

da Liberazione del 27 gennaio 2002