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No alla guerra e al terrorismo!!

Voci contro terrorismo e guerra.

Stò raccogliendo alcune lettere che quotidianamente vengono pubblicate su Liberazione, il giornale comunista diretto da Alessandro Curzi. Ho cercato di riportare le più significative ed ovviamente le sole che si oppongono senza mezzi termini alla guerra e al terrorismo. Se vorrete aggiungere le vostre opinioni scrivetemi: venceremos@lombardiacom.it

Lettera al "NewYork Times"
«Nostro figlio Greg è tra i tanti dispersi dell'attentato al World Trade Center. Da quando abbiamo avuto notizia, abbiamo condiviso momenti di dolore, di conforto, di speranza, di disperazione, e i bei ricordi, con sua moglie, con le nostre famiglie di origine, con i nostri amici, con i vicini, con i suoi affettuosi colleghi del Cantor Fitzgerald/Espeed, e con tutte le famiglie in lutto che giornalmente si incontrano al Pierre Hotel. Vediamo la nostra ferita e la nostra rabbia riflesse in tutte le persone che incontriamo. Non riusciamo a prestare attenzione al quotidiano fiume di notizie su questo disastro, ma ne leggiamo abbastanza per renderci conto che il nostro governo va nella direzione della vendetta violenta, e la prospettiva è che altri figli, figlie, genitori, amici,andranno in terre lontane a morire, soffrire e finiranno per portare rancore contro di noi. Non è questo che si deve fare. Questo non vendicherà la morte di nostro figlio. Riflettiamo e preghiamo. Pensiamo ad una risposta razionale che porti vera pace e giustizia nel nostro mondo. Ma non contribuiamo, come nazione, alla disumanità dei nostri tempi..
Phyllis e Orlando Rodriguez

Lettera alla Casa Bianca
«Egregio presidente Bush,nostro figlio è una delle vittime dell'attacco di martedì scorso al World Trade Center. Abbiamo letto della sua reazione negli scorsi giorni e della risoluzione, sottoscritta da entrambe le Camere, che le conferisce poteri illimitati per rispondere agli attentati terroristici. La sua reazione a questo attacco,però, non ci fa sentire meglio davanti alla morte di nostro figlio. Anzi, ci fa sentire peggio.Ci fa sentire come se il Governo stesse usando la memoria di nostro figlio come giustificazione per arrecare sofferenze ad altri figli e genitori in altri paesi. Non è la prima volta che una persona, nelle sue condizioni, ha ricevuto poteri illimitati e poi se ne è pentita. Non è il momento per gesti vuoti di significato per farci sentire meglio. Non è il momento di agire da prepotenti. La invitiamo a pensare a come potrebbe il nostro Governo trovare soluzioni pacifiche e razionali al terrorismo, soluzioni che non ci facciamo sprofondare allo stesso disumano livello di terroristi.
Con osservanza
Phyllis e Orlando Rodnguez

La voce di don Tonino
Egregio direttore, di fronte ai venti di guerra annunciati dal presidente Bush, oggi guerrafondaio e ieri, nelle vesti di governatore, forcaiolo, mi ritorna alla mente solo quella esortazione agli uomini di don Tonino Bello -vescovo di Molfetta che si riconosceva servo di una "Chiesa con il grembiule", che si sporca le mani fuori dal tempio e dalle sagrestie -di rinunciare alle ritorsioni violente per non infliggere l'ennesima mozione di sfiducia alla politica e alle sue istituzioni. Se oggi fosse vivo il povero don Tonino di sicuro farebbe sentire la sua voce sull'uso immorale delle armi e sulle irresponsabilità del presidente degli Stati Uniti e delle Cancellerie europee (compresa quella italiana).. intenzionate a seguirlo nei suoi (e inutili) atti di forza.
Mimmo Mastrangelo,Moliterno (Pz)

Io cattolica vi dico
Signor direttore, tutte le sere guardo i telegiornali e le altre trasmissioni che parlano della guerra. Sono anziana, (per non scrivere vecchia) e ricordo ancora le bombe che all'ora di pranzo distrussero gran parte del mio quartiere: San Lorenzo. Vespa dice che la guerra sarà intelligente e che saranno colpiti solo i terroristi. Ma io non ci credo e per questo ho tanta paura. ho conosciuto solo in questi giorni il suo giornale "Liberazione" (c'era un ragazzo che lo vendeva davanti all'università). Le sono grata per quello che scrive. Io sono cattolica, ma, oggi, solo voi di Bertinotti parlate come dovrebbero parlare tutti i cristiani. Grazie
Antonietta Marinoni, Roma

Non contro un popolo
Caro direttore, sono un cittadino iraniano e,come milioni di iraniani che fanno parte della famiglia mondiale, siamo in lutto per il genere umano. Di fronte a una strage così disumana il mondo deve reagire con fermezza, ma questa azione non deve essere una guerra contro un popolo o una nazione. In paesi come Afghanistan, Iran, Iraq, i cittadini sono schiavi e prigionieri di una minoranza al potere che con terrore e crimini ha soggiogato questi popoli. Bin Laden, Taliban, Saddam, Khameneei...devono essere si giudicati, ma da un vero tribunale internazionale.
Lettera firmata

Un sogno di pace
Questa notte ho fatto un sogno.Ero nel 2050. La III guerra mondiale era scoppiata. L'Europa, dopo una prima ubriacatura, era rinvasita e aveva deciso dì defilarsi. I due contendenti se le erano date di santa ragione poi, esauriti,si erano messi calmì, anche perché nessuno se li filava più:i taleban erano praticamente scomparsi, i terroristi erano tornati a servire il loro paese come dentisti o ingegneri. Gli americani avevano moderato i loro appetiti e adesso ci si poteva ragionare. L'Europa umanitaria e illuminata aveva ritoccato il suo modo di vivere e di pensare (le era costato fatica ma ce l'aveva fatta) ed era diventata un po' il centro spirituale della nuova era, fraternamente abbracciata a tutti i popoli della terra, che vivevano e prosperavano felici , liberi dall'incubo delle guerre. Poi mi sono svegliata. Che peccato!
Laura Cambi,Roma

Ma Dio da che parte sta?
Egregio direttore è un fatto incontrovertibile che le peggiori nefandezze della Storia sono state compiute nel nome Santo di Dio che ogni contendente tira dalla sua parte. Dio lo vuole! fu il comandamento che accompagnò l'ordine dell'orrendo massacro degli ugonotti (tremila morti ammazzati nella sola Parigi, oltre diecimila in tutta la Francia). Gott Mitt Uns, "Dio è con noi" era il motto che i soldati dell'esercito nazista portavano scolpito sulla cinghia dei pantaloni mentre mettevano a ferro e fuoco l'Europa e accendevano i forni crematori per le loro vittime sterminate a milioni! I fascisti, dal canto loro, distribuivano coccarde da portare all'occhiello ove era scritto: Dio stramaledica gli inglesi! Nell'ultima guerra mondiale i cappellani militari ci assicuravano che Dio era dalla nostra parte (così recitava la preghiera del soldato). A loro volta i cappellani degli eserciti alleati erano certi che il Padreterno stesse con loro! I kamikaze giapponesi, invocavano il Mikado certi di essere accolti nell'empireo degli eroi e come tali ricordati. Bush, nell'annunciare la sua guerra, invoca l'aiuto di Dio. Bin Laden, per non essere da meno, invoca quello di Allah. Ma Dio da che parte sta?
Angelo La Bella, Viterbo

Una guerra contro dei miserabili
Caro Curzi, a quanti in questi giorni mi chiedevano se fossi addolorato per i tragici avvenimenti americani ho sempre risposto: certo, come si fa a non essere addolorati, angosciati, di fronte a una tragedia di tali dimensioni, ad una moderna apocalisse che rischia di arrestare brutalmente quanto di buono e di utile ha saputo mettere in piedi il sapere umano nella sua lunghissima storia; e come non piangere di fronte a tante vite umane annientate in un'istante, comprese quelle dei kamikaze, vittime anch'essi del "sonno della ragione". Ma aggiungevo, anche, che per me non si tratta di una novità assoluta: io, purtroppo, mi addoloro tutti i giorni, e da un tempo non breve (ero già un ragazzo consapevole di quanto avveniva durante la seconda guerra mondiale!). Per la mia attività di medico che collabora con le organizzazioni umanitarie internazionali mi capita da sempre di assistere o sapere di "stragi degli innocenti": dai bambini irakeni che muoiono a migliaia per mancanza di cibo e medicinali, ai tanti ragazzi palestinesi uccisi mentre tentano di affermare una loro dignità, ai milioni di uomini e donne che soffrono stenti inauditi in vaste regioni dell'Africa, dell'Asia, dell'America Latina, o, rimandando a ricordi più lontani, le centinaia di migliaia di vite di poveri contadini stroncate dal napalm e dalle bombe a frammentazione durante la decennale guerra nel Vietnam, o le più recenti ignominie delle guerre etniche nei Balcani. Viene allora da chiedersi se c'è, o si cerca, un'assuefazione al dolore, allo sgomento, una sorta di rassegnazione che porti a conclusioni negative e pessimistiche sulla condizione umana. No, non può e non deve esserci assuefazione o rassegnazione. La ragione, il bene supremo del quale la natura ci ha dotato, non può metabolizzare il dolore, lo sgomento, e farci assistere con presunzione d'impotenza a quanto avviene intorno a noi. E' obbligatorio per tutti reagire, prendere posizione, operare perché s'imbocchino strade nuove, non fosse altro che per istinto di sopravvivenza. Le risposte a quanto di barbaro avviene nel mondo devono essere, però razionali per essere utili ed efficaci; lasciarsi trascinare dall'emotività dei singoli accadimenti, alimentando odio e spirito di vendetta, non può portare che altre sciagure. Si ripete spesso che il terrorismo trova il suo terreno di cultura nell'ingiustizia, nelle ineguaglianze, nei processi di sviluppo e accumulazione che fanno in modo che i pochi ricchi divengano sempre più ricchi e i tanti poveri sempre più poveri; e questo è certamente vero. Ma può il terrorismo, in quanto tale e in specie nelle forme estreme che abbiamo conosciuto in questi giorni, essere una risposta utile ed efficace per avviare cambiamenti radicali? Certamente non lo è; al contrario alimenta reazioni, anche irrazionali ed isteriche, che trovano giustificazione in una comprensibile emotività, fomentata ossessivamente da chi ha mezzi e strumenti per farlo, ottenendo, quindi, effetti opposti e dannosi. Mi viene di ricordare quanto ho visto in quelle terre desolate, nel corso di una missione umanitaria ai confini tra Usbekistan e Afghanistan: montagne brulle e incombenti, un deserto di pietre dove il silenzio può essere assordante e destare paura; ai margini di piste sterrate che hanno funzione di strade tanti villaggi dove si affastellano casupole misere tirate su con tanto fango e pochi mattoni e dove uomini, donne, bambini vivono la loro vita di stenti con poco cibo e acqua, cercando di strappare alla terra arida qualcosa di cui nutrirsi, e dove l'analfabetismo è la regola e le condizioni igieniche e di salute immaginabili. Eppure si tratta di popolazioni ospitali e fiere, quasi orgogliose della loro condizione; posseggono soltanto, e non ne fanno mistero, una sconfinata e incrollabile fede in Dio. Forse aveva ragione Robespierre quando nel suo ultimo discorso alla Convenzione disse che «l'ateismo è aristocratico»; quando si è così miseri non si può fare a meno anche di un Dio! Ed ecco allora che l'integralismo religioso, il fondamentalismo orientano e dominano in modo rude, opprimente, la vita sociale, di questo che è uno dei paesi più poveri del mondo, dove non è arrivato quasi nessuno dei segni di quella che noi chiamiamo civiltà (in vaste zone è ignota anche l'esistenza dell'energia elettrica!). Guardando sulle nostre televisioni le scene della popolazione di Kabul che abbandona la città per paura della guerra e delle bombe, tirandosi dietro le poche misere cose che possiede, viene da pensare che le migrazioni "bibliche" non sono finite: si tratta di uomini e donne che non sanno dove andranno, come faranno a sopravvivere, senza grande rammarico per quello che lasciano perché nulla, o quasi, possiedono. Quale differenza con quanto avverrebbe, in simili evenienze, in quella parte di mondo dove abbiamo la fortuna di vivere noi! E contro questi "miserabili",in nome dei quali pochi forsennati pensano, in modo errato ed orribile, di cambiare le cose del mondo, si vorrebbe scatenare una guerra?
Prof. Camino Martino di Medecins sans frontières et Infants du monde

Io sto con Gino Strada
Cara "Liberazione", ho partecipato anche quest'anno alla marcia Perugia-Assisi, ci vado dai tempi dei missili a Comiso, nei primi anni '80. E anche quest'anno ho letto e sentito le solite critiche al pacifismo, spesso fatte da chi "partecipa" alle vicende del mondo senza mai muoversi dal salotto di casa, davanti alla tv. Una questione mi ha colpito. C'è chi ci chiede: Ma se non state ne con Bush ne con bin Laden, ne con la vittima ne con l'aggressore, con chi state allora? Rispondo con le parole che ho letto su un cartello portato da una ragazza, che forse si era sentita fare la stessa domanda: "Io sto con Gino Strada". Sto con i tanti ginostrada, con chi porta aiuto, sostegno e solidarietà alle vittime delle guerre, dei terrorismi e delle violenze, senza chiedersi a quale fazione appartengano, denunciando le atrocità e le inutilità di tutte le guerre, di tutti i terrorismi, di tutte le violenze. Sto con Phillys e Orlando Rodriguez, genitori di un ragazzo morto nella strage delle Twin Towers a New York, che hanno scritto a Bush pronunciandosi contro la guerra e invitandolo a trovare soluzioni pacifiche e razionali al terrorismo, soluzioni che non ci facciano cadere al livello disumano dei terroristi. Sto con Avia Atai, soldatessa israeliana obiettrice di coscienza, che sta scontando con il carcere la scelta di non prestare servizio miritare nei territori palestinesi occupati perché, scrive, «non credo nella brutalità e nell'uso della forza". Sto con le Donne in Nero americane che a New York hanno manifestato contro il terrorismo e contro la guerra, chiedendo «giustizia e non vendetta", e per questo sono ora indagate dall'Fbi per "attività antiamericane". Sto con le donne palestinesi e israeliane i cui figli e figlie sono stati uccisi/e dalla violenza dell'esercito israeliano o da quella dei terroristi kamikaze, e che sono capaci di incontrarsi,e lottare insieme per una pace giusta, rifiutando logiche di vendetta e rappresaglia. Sto con le donne afghane che scrivono a Bush: «Portiamo il lutto per i morti del suo popolo. Il lutto per il nostro popolo non trova tregua. La preghiamo, non permetta che le bombe cadano sull'Afghanistan. I terroristi sanno dove nascondersi, anche i talebani sanno come scampare al pericolo. Solo "le donne e i bambini, i mutilati, i vecchi, non possono sfuggire. Le bombe sono cieche. Cieche come i terroristi". Sto con Muyesser Gunes, donna curda a cui l'esercito turco ha ucciso due figli, che ci scrive: «Vorrei condividere con voi la mia speranza di futuro. Ora so che non vedrò mai più Mehmet e Fuat, ma so anche che da tutto questo carico di dolore dovrà scaturire pace, fratellanza e convivenza". Sto con Gandhi che scriveva: "Non c'è nessuna strada per la pace, la pace è la strada" .
Valda Busani delle Donne in Nero, via e-mail

George e Osama, i due gemelli
Caro direttore, voglio segnalare ai nostri lettori l'articolo della scrittrice indiana Arundhati Roy(autrice del bellissimo libro "Il Dio delle piccole cose") apparso oggi sulla "Stampa", almeno che tu non faccia pubblicare l'intero articolo. Se sei d'accordo ne trascrivo alcuni brani di particolare interesse, tralasciando ovviamente la parte che riguarda l'orrore per la strage delle Twin Tower e la solidarietà espressa dalla Roy al popolo americano.«...intervistata da Leslie Sthal,nel 1996, sulle sue reazioni alla notizia che 500mila bambini iracheni erano morti in conseguenza delle sanzioni economiche americane, Madeleine Albright, allora ambasciatore degli Stati Uniti all'Onu, ha risposto alla Cbs che "sì, era stata una scelta difficile, ma che, a conti fatti, noi pensiamo ne sia valsa la pena". E' stata costretta a lasciare il suo posto per aver fatto un'affermazione del genere? No,per niente. [".] E, peggio ancora,le sanzioni all'lraq non sono state tolte e i bambini continuano a morire. Un distinguo poco sottile divide la civiltà dalla barbarie, la "strage degli innocenti" e i "danni della guerra". Sofistica allo stato puro,fragile algebra della "giustizia infinita". Quanti morti iracheni ci vorranno per migliorare il mondo? Quanti morti afghani per un solo morto americano? Quanti bambini morti per un solo uomo? Quanti cadaveri di Mujaheddin in cambio del cadavere di un solo banchiere? [...] La coalizione delle superpotenze mondiali stringe la morsa sull'Afghanistan, uno dei paesi più poveri del mondo, uno dei più disastrati, tra i più straziati dopo anni di guerra. In quel paese i talebani danno rifugio a Osama bin Laden, accusato di essere il responsabile degli attentati dell'11 settembre.Bisogna decimare la popolazione afghana per ottenere riparazione? [...] E chi è davvero Osama bin Laden? O meglio: che cosa è Osama bin Laden? E' il segreto di famiglia dell'America. E' la faccia nascosta del suo presidente. Il gemello selvaggio di tutto ciò che si vanta di essere bellezza e civiltà. Il prodotto di un mondo distrutto dalla politica estera degli Stati Uniti: dalla sua diplomazia dei cannoni, dal suo arsenale nucleare, dalla sua volontà di, come si dice volgarmente, arrogarsi un "dominio incontrastato", dal suo spaventoso disprezzo per le "vie" che non sono americane, dai suoi interventi militari barbari, dal suo sostegno ai regimi dispotici e dittatoriali, dal suo spietato sistema economico, pronto a farsi un boccone dei paesi poveri e spazzarli come una nuvola di cavallette. Senza tener conto delle multinazionali in razzia che governano l'aria che respiriamo, l'acqua che beviamo, i pensieri che ci attraversano la mente. Adesso che il segreto di famiglia è svelato, i gemelli si fondono l'uno nell'altro e diventano a poco a poco intercambiabili: i loro cannoni, le loro bombe, il loro denaro, le loro droghe sono disvelati e si tengono insieme. I missili Stinger che aspettano di colpire gli elicotteri americani sono stati dati dalla Cia; l'eroina consumata dai drogati americani viene dall'Afghanistan; l'amministrazione Bush aveva da poco regalato a Kabul 43 milioni di dollari per finanziare la "lotta antidroga". [...] Ormai Bush e bin Laden usano le stesse parole. Ciascuno rappresenta per l'altro la "testa del serpente". Tutti e due invocano Dio usando un lessico millenaristico dove ricorrono le nozioni del bene e del male. Tutti e due sono implicati in crimini politici, tutti e due armati fino ai denti -uno con l'arsenale nucleare dei potenti che non temono oscenità, l'altro con irradiazione distruttiva della disperazione. La palla di fuoco contro un punteruolo rompighiaccio. Il manganello contro l'ascia. Non dimentichiamo: nessuno dei due rappresenta una soluzione accettabile a confronto dell'altro. [...]".
Giovanni Chabod Aosta