1 (Tav 1).

Necropoli del Duomo.

La presenza, nel sito del Duomo, di una vasta zona necropolare usata già in epoca romana ed utilizzata poi successivamente anche in epoca cristiana, è nota fin dal XVI secolo. Nel 1570 infatti 1, durante gli scavi effettuati per la costruzione del nuovo coro della chiesa,vennero alla luce alcune tombe in grado di attestare la loro appartenenza ad un'area necropolare avente un ampio arco temporale di utilizzo. Lo storico vercellese G. B. Modena 2, presente ai lavori, riferisce come [...] fabbricandosi il nuovo coro [...] tre solicati vi erano, e tre ordini di sepolture, il primo e più profondo [...] nella soda terra solamente con limbici fatte [...] con sopra una iscrizione di marmore che diceva DIIS MANIBUS, al secondo vi erano sepolture di marmore e pietra di Sarizzo come casse grandi e come se ne vedono ancora con iscrizione DIIS MANIBUS, il terzo erano fatte di mattoni con calcina dentro bianche con le croci rosse dipinte nelle quattro parti ed alcune tavole resegate di marmore o altra pietra [...]. Un altro storico vercellese G. F. Ranzo 3, anche lui presente all' avvenimento, conferma le notizie date dal Modena al riguardo del ritrovamento di vari strati di tombe 4. In quell'occasione, tra i numerosi che sicuramente si videro, venne ritrovato e recuperato il sarcofago in granito databile al II secolo d.C. (Roda 1985, p. 34) e recante l'iscrizione Q. Octavius Heraclides sexvir iun(ior) et Aug(ustalis), che attesta l'appartenenza del defunto al culto degli Augustali e la sua carica pubblica sevirale. Altre sette iscrizioni sono citate dal Ranzo tra i ritrovamenti ma sono oggi reperibili solo quella sul sarcofago ed un'altra appartenente ad una lapide commissionata dai coniugi Menandro e Vestina in ricordo dei loro giovani schiavi di nome Filomeno ed Eutichia, iscrizione della quale peraltro ci è pervenuta la sola parte inferiore conservata al Museo Leone. Durante i lavori veri e propri di ricostruzione del Duomo, eseguiti tra il 1703 ed il 1717 5, nuovamente si mise in luce il sepolcreto, e data l'estensione e la profondità degli scavi numerosi furono i ritrovamenti avvenuti anche in quell'occasione. A darne notizia è G. M. De Rossi 6, che , testimone oculare, con grande acume per l'epoca descrisse minuziosamente anche se con semplicità settecentesca, una parte degli oggetti in quello che si potrebbe quasi certamente definire un vero e proprio"diario di scavo". Dal resoconto si apprende così come numerose furono le tombe che vennero alla luce, appartenenti sempre a diverse tipologie ed epoche, sia pagane che cristiane. Molti furono i sarcofagi ritrovati, ed il De Rossi stesso ricorda come alcuni vennero riutilizzati come materiale nella ricostruzione del Duomo, mentre altri vennero dispersi in città e nelle campagne ad uso di abbeveratoi 7. Di sicura provenienza dal Duomo è quello in marmo bianco, databile al I secolo d.C. (Roda 1985, p. 52), e recante l'iscrizione D(is) M(anibus) Didiae Cratiae matris piisimae Didius felix filius et Ulattius Callimorphus entro una tabella incorniciata ai lati della quale sono due genialati, mentre sulle pareti laterali del sarcofago sono riportati in bassorilievo due uccelli (forse due pavoni). Il materiale e la lavorazione lo fanno sicuramente appartenere ad una sepoltura di pregio rispetto alla quasi totalità degli altri sarcofagi rinvenuti ed appartenenti ad una tipologia più semplice 8. Quasi sicuramente contemporaneo all'arca in marmo è un corredo funerario probabilmente femminile, e del quale nulla ci è stato conservato, comprendente, oltre e quello che forse è il manico di uno specchio, due coppe costolate in vetro, una lucerna figurata, un olla in vetro con coperchio e due balsamari sempre in vetro 9. Accanto a questo genere di sepoltura in sarcofago, vennero anche alla luce alcune tipologie tombali pagane più modeste, come testimoniato dal ritrovamento di olle ceramiche che attestano anche la presenza di sepolture ad incinerazione. Assai cospicuo anche il numero delle lapidi, sia pagane che cristiane, nessuna delle quali ci è pervenuta, rinvenute durante quei lavori e tra le quali sono da ricordare quella appartenente alla sepoltura di una certa Victoria e che, databile al 434 d.C., è una delle più antiche testimonianze cristiane a Vercelli e quella, sola con testo greco conosciuta a Vercelli, appartenente ad un fanciullo vissuto per poco più di sedici mesi e di nome Matiliniano e probabilmente databile al V secolo d.C. (Bruzza 1874, p. 266)10. Ancora nel 1856-57, durante alcuni lavori, si rinvennero alcune tombe probabilmente pertinenti all'epoca dell'antica basilica e anteriori al VII secolo d.C. Ne dà notizia S. Caccianotti in una lettera a L. Bruzza (Sommo 1994, p. 93), che riporta anche il ritrovamento di un sarcofago, probabilmente in marmo bianco, riutilizzato in epoca più tarda. A confermare il riutilizzo dei materiali ricordato dal De Rossi negli scavi del 1707-14, viene il ritrovamento, probabilmente durante alcuni lavori nel 1870, di un frammento di sarcofago utilizzato come base per una colonna e recante ben conservata l'iscrizione Q. Lusius Perennis et Maternus p ( ) a( ) d( ). Nel 1970, durante alcuni lavori lungo la cortina nord venne alla luce un sarcofago in granito, probabilmente anepigrafe (Viale 1971, p. 41)11. Gli ultimi scavi condotti in epoca recente dalla Soprintendenza, in occasione della costruzione della cripta riservata ai Vescovi, hanno messo in luce altri frammenti epigrafici funerari sia di epoca pagana che di epoca cristiana, unitamente a rivestimenti architettonici tardo antichi e medievali, resti di edifici e a materiali che hanno permesso di acquisire nuove conoscenze delle quali si è in attesa di pubblicazione. L'importanza che questa parte della città ebbe in epoca antica, è quindi senza dubbio evidente. Già nel I secolo d.C., in età primo imperiale ed augustea, è in uso come zona adibita alle sepolture, contemporaneamente alle altre aree necropolari poste, secondo l'uso romano, lungo gli assi viari in uscita dalla città.12. A questo proposito desta attenzione come a Vercelli unicamente nella necropoli del Duomo si siano rinvenuti sarcofagi, nonostante le altre citate zone cimiteriali fossero ben più estese e frequentate nella stessa epoca. L'area divenne poi, con il Cristianesimo e con la costruzione della chiesa dedicata prima, secondo la tradizione, a S. Teonesto e poi ad Eusebio, uno dei nuovi poli della città cristiana e medievale. Se si escludono i recentissimi scavi scientificamente condotti dalla Soprintendenza, le notizie sulla necropoli del Duomo ci pervengono esclusivamente da lacunose fonti dei secoli XVI- XIX, che meriterebbero di essere reinterpretate alla luce delle nuove conoscenze. Resta infatti da chiarire l'utilizzo di una parte di città dove frequenti erano le esondazioni del torrente Cervo ed estrema la contiguità di strutture abitative contemporanee all'area cimiteriale e all'asse stradale diretto a Nord, verso l'imbocco della Valsesia (Sommo 1991, p. 4 sgg.).

NOTE

1 Lavori effettuati tra il 1570 ed il 1578 per volontà del Cardinale G. Ferrero, e proseguiti poi da Mons. Bonomi. Rappresentano la prima parte di opere eseguite per la ricostruzione totale della antica Basilica di S. Eusebio, il cui progetto sarà completato tra il 1703 ed il 1717.

2 G. B. Modena, Dell'antichità e nobiltà della città di Vercelli, ms, Sec. XVII.

3 G. F. Ranzo, Memorie che possono servire alla storia di Vercelli, ms, Sec. XVII.

4 Nonostante la scarsa aderenza alla realtà storica nelle opere del Modena e del Ranzo, notevoli ed esatti appaiono invece i riferimenti ai ritrovamenti archeologici. Sull'attendibilità al riguardo nei manoscritti degli storici vercellesi cfr. M. Boccalini, L'antiquaria vercellese tra '500 e '600.

5 Vedi nota 1.

6 G. M. De Rossi, Memorie prese dell' antico Duomo di S. Eusebio in Vercelli, per quale caggione si sii fabbricato, in qual tempo, e di quello che si è trovato fabbricando, ms, sec. XVIII.

7 Solo nell '800 il padre barnabita Luigi Bruzza, eminente figura dell'archeologia vercellese, studiò molti dei sarcofagi dispersi nelle campagne, poi radunati nel Museo Lapidario a lui intitolato, e nonostante non si abbia la certezza che tutti provengano dalla necropoli del Duomo, la loro probabile origine da questo sito è comunemente accettata dagli studiosi che se ne occuparono dopo il Bruzza.

8 La quasi totalità dei sarcofagi presenti a Vercelli appartiene alla tipologia cisalpina "a cassapanca" o a "cassa rettangolare", la cui produzione è forse locale data l'ampia diffusione di questo tipo di manufatto a Vercelli e a Novara (Pantò-Mennella 1994, p. 349).

9 Le coppe in vetro sono vorosimilmente riconducibili alle forme Isings 3 o 17, tipiche del I secolo d. C., la lucerna figurata è del tipo "a volute" inquadrabile cronologicamente tra la fine del I e buona parte del II sec. d.C. L'olla in vetro è presumibilmente da ricondurre alla forma Isings 64 o 66, in uso anch' essa durante il I secolo d. C. Infine due monete di età augustea, l'una con la legenda DIVUS AUGUSTUS PATER e l'altra con quella DIVUS AUGUSTUS FILIUS, erano presenti nel corredo funerario, avvalorandone l'inquadramento cronologico.

10 Il Bruzza compie, per questa datazione, un' operazione di rilettura delle fonti manoscritte confrontando la contemporaneità stratigrafica della lapide con quella, di datazione certa, appartenuta alla sepoltura di Victoria.

11 Attualmente è conservato nel magazzino del Museo Leone.

12 Le notizie ed i ritrovamenti, soprattutto del secolo scorso, confermano la presenza di almeno altre tre zone necropolari poste lungo le strade in uscita dalla città: una lungo la strada per Casale, una in regione S. Bartolomeo, dove si sono riconosciuti anche resti di recinti funerari, ed una lungo l'odierna strada per Gattinara.

Fonti

Scavi del Duomo in generale:

Bruzza 1874, pp. XV-XXX-XLVIII; Ferrero 1891, p. 23, nota 1;Viale 1971, pp. 41-68; Guala 1938, p. 149; Sommo 1982, p. 267 sgg.

Sarcofagi e iscrizioni:

Bruzza 1874. Sarcofagi: pp. XXXIV, 73,75, 86, 88, 99, 103, 104, 105, 116, 117, 133, 134, 136, 141, 146, 147, 388, 389. Iscrizioni: pp. 78, 94, 102, 109, 126, 133, 135, 143, 149, 262, 266, 282, 284, 292, 309, 314, 328, 336, 340, 355.

Roda 1985, pp. 31, 34, 41, 48, 51, 52, 58, 62, 64, 67, 68, 70, 74, 75, 76, 110, 112

 
 
ILLUSTRAZIONI

1.

Urna con coperchio. Disegno dal manoscritto del De Rossi.

 

2.

Il frammento del sarcofago di Octavius.

ml cortile d

3.

Lapide funeraria di Philomenus ed Eutychia.Venne ritrovata nel 1570 nel coro di S. Eusebio.

ml sala h

4.

Il sarcofago di Didia Cratia. ml sala g 8

5.

Il Duomo. Particolare dal Theatrum Sabaudiae.

 

6.

Iscrizione greca, la sola che si conosca di Vercelli, ritrovata nel 1714 negli scavi per la fabbrica del Duomo. Qui giace il felice Matiliniano avendo vissuto mesi sedici, giorni dieci; morì nel mese d'Artemisio addì ventidue nella indizione decima. Ora perduta (Bruzza 1874, p. 262).

7.

Iscrizione di S. Flaviano. Duomo. Fronte di sarcofago inserita nella mensa dell'altare della cappella di S. Ambrogio, a destra dell'altare maggiore. Datata al VI sec. d. C. da alcuni, ritenuta posteriore da altri.(Roda 1985, p. 122)

ml sala i calco

8.

Iscrizione del sarcofago di Lousius Perennis.

ml cortile d

 

9.

Iscrizione acrostica elogistica di S. Eusebio. Duomo. La lapide fu rinvenuta nel febbraio del 1581. Si trova sulla parete sinistra della cappella di S. Ambrogio. Metà del VI sec. d. C. (Roda 1985, p. 116)

ml sala i calco