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Domus nell'area detta del "Brüt Fond".
 
Tra l'aprile ed il dicembre 1987, a causa della prevista costruzione di alcuni edifici e di autorimesse interrarte nella zona situata tra il fossato del castello (ora Tribunale) via Dal Pozzo, piazzetta Ranza e via C.Filippa di Martignana, nella zona denominata "Brüt Fond", la Soprintendenza ha potuto operare lo scavo in un'area di circa 800 mq, che ha rivelato l'esistenza di notevoli depositi archeologici da indagare (Pantò 1988, p. 242).
Nell'area di scavo, oltre alle strutture, inglobate nelle costruzioni abbattute, della chiesa di S.Stefano detta "de Civitate" 1, che è stata isolata, si è proceduto all'asportazione degli strati postmedievali e medievali, togliendo i quali si è scoperto, ad una profondità di circa 4 m, un complesso di ambienti di età romana estremamente importanti e riferibili ad una domus che si estende per tutta l'area dello scavo. Finora non è stato possibile scoprire i muri perimetrali dell'edificio, e le scarse conoscenze del reticolo viario della Vercellae romana non consentono di stabilire le dimensioni delle insule e di conseguenza di definire l'area complessiva occupata dalla domus 2.
L'edificio, che è sorto su fasi insediative precedenti e ancora non completamente indagate, è rappresentato da una serie di ambienti (intervallati da spazi di strette dimensioni la cui funzione è da chiarire) orientati secondo un asse leggermente NW/SE 3. Di questi, realizzati per tutta la struttura in ciottoli e malta con l'impiego di alcuni mattoni sesquipedali e di laterizi di riutilizzo, alcuni presentano ancora le pavimentazioni.
A questo proposito l'ambiente più interessante è quello posto nella parte Est dell'edificio, che ha restituito un pavimento a mosaico geometrico che decorava quella che, molto probabilmente, era la sala con funzione di triclinio. Schemi di decorazione più semplici si riscontrano invece in altri ambienti, che presentano pavimenti con l'impiego di tessere marmoree regolari e poste a file. Tutto l'edificio, che appartiene ad un unico ambito cronologico e tipologico, sembra essere quasi certamente, come confermato anche dai materiali ceramici rinvenuti, di epoca non anteriore all'età augustea, ed il suo abbandono è da collocare nella prima metà del II secolo d.C., come testimoniato da una moneta di epoca adrianea rinvenuta nello strato di crollo (Pantò 1988, p. 249).
Seguente al disuso della domus, è l'utilizzo dell'area come zona sepolcrale, probabilmente appartenente ad un unico nucleo familiare. Le tombe sembrerebbero da inquadrarsi cronologicamente alla fine del IV secolo o al V secolo d.C. 4.
Recentemente è stato anche possibile, per uno degli ambienti, ricomporre parte degli intonaci, sia delle pareti che del soffitto, rinvenuti frammentari tra i materiali del crollo. Questi presentano, per le pareti, un motivo, su sfondo giallo, a ghirlanda tesa sulla quale si intrecciano nastri di diverso colore, mentre per il soffitto la decorazione è costituita da una serie di cerchi concentrici. La datazione è da ascriversi al pieno II secolo d.C. (Spagnolo Garzoli 1996, p. 265), e quindi in un periodo prossimo all'abbandono della struttura.
Di provenienza da questa area sono anche due frammenti di lapide, rinvenuti come materiale di reimpiego della chiesa sopra citata di S.Stefano de Civitate. Una e costituita dalla parte superiore di una epigrafe funeraria pagana, e raffigura un busto, forse femminile, con a lato due delfini. La sua datazione sarebbe da ascriversi entro il I secolo d.C.. L'altra è invece un esiguo frammento, forse parte finale di una dedica, probabilmente non anteriore al V secolo d.C. (Pantò-Mennella 1994, p. 387-388).
Per Vercelli, il ritrovamento di una vasta parte di domus romana databile all'età imperiale, rappresenta senz'altro una occasione per la conoscenza della topografia, e non solo per questo, in epoca romana. Nonostante già fossero emerse strutture abitative è questa la prima testimonianza di una certa vastità che può essere indagata scientifi
camente. Purtroppo è invece da lamentare la mancata valorizzazione del sito, che certamente ben altra sorte avrebbe meritato come area archeologica di grande interesse.
 
NOTE
 
1 La chiesa, considerata dai più abbattuta nell'antichità, salvo che dallo storico D.Arnoldi (Arnoldi 1929, Arnoldi 1992), da cui era stata riconosciuta nelle strutture inglobate nell'edificio di Casa Ranza, nel suo stato attuale si presenta in forme romaniche caratterizzate dal reimpiego, per la costruzione, di blocchi lapidei appartenenti ad una strada romana (vedi nota n. 3).
2 La zona non è nuova a scoperte che ne confermano l'urbanizzazione, anche con edifici di pregio, in epoca romana. Già nel secolo scorso alcune tracce di mosaico vennero alla luce nel cortile del castello, e di recente sono stati invece ritrovati, poco distante nella zona retrostante il Duomo, i resti di un'altra domus di epoca primo imperiale.
3 Un tratto di strada basolata romana, con orientamento pressochè simile, è stata ritrovata di recente nel cortile del Collegio Dal Pozzo, in via Duomo.
4 Il tipo di laterizio usato per la copertura di una delle tombe imita quelli in pietra, attestati a Vercelli nelle aree di S.Vittore e di S.Eusebio, nel corso appunto del V secolo d.C., e dei quali alcuni esemplari sono stati ritrovati reimpiegati come materiale edilizio nella chiesa di S.Stefano soprastante.

 

ILLUSTRAZIONI
 

30. Domus di S. Stefano. Il pavimento del triclinio (ambiente A).

31. Ricostruzione grafica dell'affresco dell'ingresso della domus. (Torino. Depositi Soprintendenza)

 

32. Domus di S. Stefano. Pianta della zona scavata.

33. Domus di S. Stefano. Stele funeraria, I sec. d. C.. Depositi Museo Archeologico di Torino. (Pantò-Mennella 1994, p. 387).