41 (Tav. 5).
 
Iscrizioni riutilizzate nella costruzione della chiesa di S. Maria Maggiore antica.
 
Nel 1777, durante l'abbattimento della chiesa medievale di S.Maria Maggiore, situata lungo via Duomo 1 all'incirca nella zona oggi occupata dal Palazzo Buronzo di Asigliano (ora sede degli Uffici del Catasto), vennero recuperate, grazie alla lungimiranza di G.A.Ranza, appassionato studioso di storia vercellese del XVIII secolo, un gran numero di frammenti lapidari con iscrizioni, reimpiegati durante la costruzione della chiesa stessa, parte come semplice materiale edilizio e parte inserite in più punti della basilica a scopo decorativo o a ricordare i primi secoli della cristianizzazione di Vercelli.
Le iscrizioni, una ventina in tutto, comprendono lapidi dedicatorie di epoca imperiale e funerarie (sia pagane che cristiane dei primi secoli). La reale provenienza di questo materiale ci è comunque ignota, anche se appare assai probabile, almeno per un buon numero di esse, la loro provenienza dalle poco distanti zone necropolari del Duomo e di S.Pietro la Ferla.
Considerato nel suo complesso il materiale è databile tra il I ed il VI secolo d.C. Da ricordare, tra le lapidi dedicatorie di epoca romana, quella che la plebs urbana pose a P.Valerius Silo Clodius Lucretius Secundus (Roda 1985, p. 26). Questa, praticamente integra, conserva ancora anche la cornice modanata attorno al testo. A questa tipologia appartiene anche l'iscrizione ad Aquillius Secundus che ricopriva la carica pubblica di quattuorviro, la cui datazione è da assegnare alla fine del I - inizi del II secolo d.C. Nel testo dell'iscrizione è anche deducibile come questo personaggio della vita pubblica vercellese in epoca imperiale, abbia contribuito con una somma in denaro di [a]diectis (sestertiis) (quinque milibus) Q V, cioè di 5.000 sesterzi, ad un'opera pubblica.
A ricordare, oltre alle iscrizioni funerarie di epoca pagana, anche il riutilizzo delle lapidi come materiale da costruzione, è il frammento della lapide di Vibia Eutychia, che, spezzata in due parti e databile al I secolo d.C., presenta una risagomatura a forma tondeggiante per servire come base al capitello di una colonna nella chiesa di S. Maria Maggiore.
Stessa sorte di riutilizzo toccò alla lapide dedicata a Cepasia, e databile ad alta età imperiale, che venne reimpiegata nel XV secolo per scolpirvi, nella parte posteriore, la figura di S.Stefano che ornava il pergamo della chiesa.
A ricordare invece i primi secoli della presenza cristiana a Vercelli, è la lapide di Maxima. Nel testo, databile al IV-V secolo, (Roda 1985, p. 128) è ricordata una persona la cui vita, secondo il formulario funerario cristiano del tempo, è espressa in anni, mesi e giorni. Anche in questo caso, come già per una lapide pagana, il riutilizzo come base di colonna nella chiesa medievale, ha portato alla risagomatura del marmo in forma tondeggiante. Sempre al periodo cristiano, risale il frammento di tavola, sempre in marmo, che presenta la caratteristica di essere scolpita su entrambe le faccie (marmo opistografo). In una è riportato il testo funerario di una persona defunta, se la lettura dell'ultima linea è corretta, sotto il consolato di Probiano e quindi attorno al 471 d.C. 2. Sull'altro lato è invece scolpita una cerva che salta.
Una grande quantità di materiali epigrafici sono quindi emersi dalla demolizione dell'antica chiesa di S.Maria Maggiore, materiali che, seppur decontestualizzati dal loro luogo originale a causa del reimpiego, hanno permesso di acquisire una notevole mole di informazioni sulle condizioni di Vercelli in epoca romana e nei primi secoli del cristianesimo. Fra i materiali non epigrafici spicca, per la sua grandezza e bellezza, il grande capitello in marmo bianco di Carrara, dimezzato e scavato per utilizzarlo come acquasantiera nella chiesa. Esso proviene certo da un edificio pubblico o da un tempio che ornava l'antica città romana nel I secolo.
 
 
NOTE
 
1 La basilica, appartenente alla tipologia cristiana delle chiese gemelle o doppie, fu la prima cattedrale della città. Ad essa era affiancata la chiesa dei SS. Nazario e Celso. Secondo la tradizione, comunque non provata, la sua origine risalirebbe al IV secolo d.C., epoca dell'imperatore Costantino, il primo convertitosi al Cristianesimo, che avrebbe trasformato in luogo di culto un preesistente tempio pagano dedicato alla dea Venere. Già presente in città all'epoca dell' episcopato di S.Eusebio, la chiesa è ricordata dal Vescovo Attone nel X secolo. Fu ricostruita in forme romaniche tra il 1140 ed il 1148. Il suo ingiustificabile abbattimento, osteggiato apertamente dal solo G.A.Ranza, avvenne nel 1777 per permettere la costruzione del nuovo palazzo della potente famiglia Buronzo di Asigliano. Come pretesti della sua necessità si addussero il progressivo interrarsi della chiesa a causa della sopraelevazione della città nelle zone circostanti e le sue precarie condizioni. In realtà un lascito del canonico Cusano, dedicato appunto al restauro dell'antica chiesa, sarebbe stato volutamente ignorato con il duplice scopo di permettere la costruzione del palazzo e di annullare l'indipendenza e l'importanza dei canonici di S. Maria Maggiore. Motivazioni alquanto basse per una simile distruzione. Dalla magnifica chiesa provengono pure i resti di pavimentazione musiva del XII secolo con figurazioni allegoriche e bibliche ora conservati al Museo Leone. Al salvataggio dei resti della chiesa contribuirono vari soggetti. L'impresario incaricato di scaricare le macerie al fiume conservò alcune parti dei mosaci pavimentali, il Prof. Ranza tenne qualche frammento di iscrizione e pagò con l'esilio i suoi scritti, il Conte Gattinara raccolse la maggior parte delle iscrizioni nel suo palazzo nel cui giardino fece ricostruire il bel portale della chiesa tuttora ivi conservato. Le lapidi furono successivamente donate al Museo Lapidario, da cui pervennero al Leone.
2 Già un'altra lapide vercellese, dedicata a Zenobia e ritrovata nell'antico sito di S.Pietro la Ferla, poco distante e nella stessa via Duomo, riporta il nome del console Probiano.

 

ILLUSTRAZIONI

Elenco dei materiali di epoca romana e cristiana provenienti dalla demolizione dell'antica S. Maria Maggiore

62. Frammento di base di Q.Pompeius Epythymetus. Riutilizzata nel Medioevo per un capitello (Roda 1985, p.73) .
63. Frammento di lapide. dedica onoraria a un patrono del collegio sevirale (Roda 1985, p 25).
64. Tavola di M. Didius Sabinus, quattuorvir aed. pot. (Roda 1985, p.30).
65. Frammento di Iulius Cornelius. (Roda 1985, p.57).
66. Lastra funeraria di Paulina (Roda 1985, p. 72).
67. La plebs urbana a P. Valerius Silo Clodius Lucretius Secundus (Roda 1985, p 26).
68. Frammento di marmo bianco, epoca cristiana.(Roda 1985, p.129).
69. Lastra sepolcrale di Valerius Restitutus (Roda 1985, p.78).
70. Lastra di Vibia Epictesis, I sec. d. C. (Roda 1985, p. 82).
71. Tavola di Vibia, forse liberta di Crispus (Roda 1985, p. 81).
72. Lapide funeraria di una fanciulla, epoca cristiana (Roda 1985, p.136).
73. Frammento di lastra di marmo con iscrizione, riutilizzata nel pergamo di S. maria Maggiore (Roda 1985, p. 90).
74. Lastra di Vibia Eutychia, I sec. d. C. (Roda 1985, p.83).
75. Grande capitello corinzio in marmo bianco di Carrara, proveniente da un grandioso edificio pubblico, riutilizzato per ricavarne una acquasantiera nella chiesa di S. Maria Maggiore antica, I-II sec. d. C. (Viale 1971, p. 43).
76. Frammento di marmo grigio, epoca cristiana. (Roda 1985, p. 131).
77. Frammento della stele funeraria di Coesia Priscilla.(Roda 1985, p.50 ).
78. Tavola calcarea di Aquilius Secundus, quattuorvir (Roda 1985, p 27 ).
79. Tavola sepolcrale di Maxima, IV-V sec. d. C. (Roda 1985, p. 128) .
80. Lastra funeraria di Cepasia. Parte del pergamo di S. Maria Maggiore, raffigurante S. Stefano. (Roda 1985, p.49) .
81. Frammento di lastra di marmo grigio, epoca cristiana (Roda 1985, p.138) .
82. Frammento di tavola in marmo, epoca cristiana. Sul lato opposto è stata scolpita, in epoca medievale, una cerva in corsa (Roda 1985, p.140).
 
Raffigurazioni della chiesa
 
83. La chiesa di S. Maria Maggiore antica. Quadro ad intarsio ligneo, sec. XVIII (Capellino 1975).
84. La chiesa di S. Maria Maggiore antica, affiancata dalla chiesa di S. Nazzaro, nell'incisione del Theatrum Sabaudiae, sec. XVII.

 

62. Frammento di base di Q. Pompeius Epythymetus. Riutilizzata nel Medioevo per un capitello (Roda 1985, p.73).

ml sala i

63. Frammento di lapide. dedica onoraria a un patrono del collegio sevirale (Roda 1985, p. 25).

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64. Tavola di M. Didius Sabinus, quattuorvir aed. pot.(Roda 1985, p. 30).

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65. Frammento di Iulius Cornelius (Roda 1985, p.57).

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66. Lastra funeraria di Paulina (Roda 1985, p. 72) .

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67. La plebs urbana a P. Valerius Silo Clodius Lucretius Secundus (Roda 1985, p 26).

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68. Frammento di marmo bianco, epoca cristiana (Roda 1985, p.129) .

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69. Lastra sepolcrale di Valerius Restitutus (Roda 1985, p.78).

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70. Lastra di Vibia Epictesis, I sec. d. C. (Roda 1985, p. 82).

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71. Tavola di Vibia, forse liberta di Crispus (Roda 1985, p. 81).

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72. Lapide funeraria di una fanciulla, epoca cristiana (Roda 1985, p.136).

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73. Frammento di lastra di marmo con iscrizione, riutilizzata nel pergamo di S. Maria Maggiore (Roda 1985, p. 90).

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74. Lastra di Vibia Eutychia, I sec. d. C.(Roda 1985, p. 83).

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