Sul Tresero con ciaspe e ramponi

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Una giornata che si preannuncia ventosa, -13 C alle 8 di mattina, per i 1700 m di S. Caterina Valfurva. Attorno a 2100 m incontro le solite lingue di ghiaccio nascoste dove scivolo sulla neve portata dal vento, cerco di passarle il più possibile nei tratti pianeggianti, ciò mi costa qualche "culata" ma posso aspettare a mettere i ramponi. A 2700 m il vento di traverso mi costringere a mettere anche i sovrapantaloni (sopra le due paia di "braghe" che già indosso). A 2900 m dopo qualche colata di ghiaccio che mi costringe a movimenti imbarazzanti mi decido a mettere i ramponi e... perchè no, se devo galleggiare nei pianori pieni di neve trasportata... metto anche le racchette, le classiche ciaspe (kaspa, in dialetto locale) che vanno bene su tutti i terreni. Attorno a mezzogiorno arrampico cercando di appoggiare cautamente i "fagioloni" sulle scaglie che spuntano dalla neve, in modo che i ramponi trovino qualche presa. Poi sulla cresta finale il vento mi fa dondolare come un'ubriaco, la progressione con i bastoncini mi stabilizza, è davvero freddo, fortuna che non sono in ipossia da alta quota. Alle 13:30 sono in cima a 3600 m, il tempo di fare due foto e le punta delle dita perdono la sensibilità e diventano bianche. Non si vede niente chiaramente, il terreno, la neve e il vento sono un tutt'uno, di mangiare e bere non se ne parla nemmeno, beh, ringraziamo e scendiamo. Modifica all'attrezzatura: in una mano la picozza e nell'altra un bastoncino. Adesso concentrazione e rapidità, ma prima riattiviamo la circolazione alle mani. Poi giù per la cresta alla ricerca di aria più calma, con attenzione a destra, quelle cornici sovrastano la parete nord, e con delicatezza sulla sinistra, quelle placche di neve partono. Di fianco al seracco mi lascio scivolare planando sulle racchette che affondano dolcemente nella neve ammucchiata dei conoidi di scarico dei canali. Più giù il clima è meno stressante, adesso riesco a masticare e sciogliere una barretta in bocca. Scendendo tra le morene l'incontro con un'essere vivente, una lepre bianca enorme un po in difficoltà come me, sulla neve soffice portata dal vento. Il terreno non ha quasi memoria del mio passaggio, le mie tracce sono scomparse in poche ore di vento, invece per me rimane il ricordo di selvatici momenti di concentrazione. Scendo di 1900 metri, e sarò ancora tra la gente oggi preoccupata di chiudere bene un'anno. A me il 2001 ed il Tresero hanno fatto un bel regalo, questa giornata, qualche ora da solo tra le cose che amo, e non è tutto... tra poche ore sarà il 2002, l'Anno Internazionale delle Montagne.

Gian Pietro