Le
promesse, la beffa, le repressioni!
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di Roberto Pignoni
Lunedì' scorso (28 febbraio) i rom della baraccopoli romana di via dei Gordiani
sono intervenuti al Convegno della Regione Lazio sul tema del ''Disagio
metropolitano''.
Con loro, una nutrita
rappresentanza dei Rom del campo ''attrezzato''di Tor de' Cenci, che partecipano
attivamente, dallo scorso novembre,alle mobilitazioni per i diritti dei Rom e
dei migranti.
Era la seconda volta, in meno di
un mese, che la Regione Lazio organizzava un convegno incentrato sul progetto di
via dei Gordiani. Un progetto che viene ripetutamente sbandierato, non senza
ragione, come il fiore all'occhiello della politica regionale
verso le minoranze.
E non solo perché da' una casa
ai Rom (una casa modesta, 50 mq per famiglie di sette-otto persone, ma comunque
una casa), ma anche perché, partendo dalla soluzione di un gravissimo problema
abitativo e sociale che riguarda la componente più disagiata della Sesta
Circoscrizione, da' inizio alla riqualificazione di un'ampia area urbana.
Esso prevede la realizzazione di
un grande parco, la sistemazione delle strade, la ristrutturazione degli alloggi
delle case popolari circostanti.
Per una volta la presenza dei Rom, anziché essere vissuta in negativo,fornisce
l'occasione per un sensibile miglioramento della qualità della vita dell'intero
quartiere. Un esperimento di convivenza che offre la possibilità di verificare
concretamente, nei fatti, come la presenza di una minoranza costituisca un
fattore di ricchezza, di sviluppo, da cui tutti possono trarre beneficio.
LA BEFFA
Chi partecipava al convegno di lunedì in Regione riceveva in omaggio una
cartelletta contenente diversi materiali sull'argomento:
un documento che illustra il progetto del villaggio,
il protocollo d'intesa fra Regione, Comune e I.A.C.P. (che già quattro anni fa
rendeva possibile la realizzazione di quest'opera),
la lettera di Moni Ovadia pubblicata sul Corriere della Sera del 21 febbraio.
Una lettera che non si limita a
essere una testimonianza di altissimo livello intellettuale,
ma è stata pensata e scritta per fornire un contributo concreto alla lotta dei
rom, in un momento difficile, in un momento nel quale le istituzioni si mostrano
sorde e impermeabili alle loro richieste, in un momento in cui gli impegni
assunti dagli amministratori vengono sistematicamente disattesi e il sottile
filo di speranza che aveva dischiuso una prospettiva di emancipazione per questa
comunità rischia di essere reciso una volta per tutte.
Cio' che la cartelletta omaggio della Regione Lazio non diceva, quello su cui si
era taciuto nel precedente convegno regionale sulla bioarchitettura, sono le
ragioni per le quali, a distanza di quattro anni dalla sua elaborazione, il
progetto del villaggio rimane sempre sulla carta. Quello che non si racconta ai
cittadini e ai mass media, è il fatto che si sta consumando una crudelissima
beffa ai danni dei Rom e degli abitanti del quartiere.
Infatti, il progetto è stato
bloccato proprio nel momento in cui tutti i problemi tecnici e amministrativi
erano stati risolti.
MILLE RAGIONI PER RINVIARE IL PROGETTO
Negli ultimi mesi il ''Coordinamento Cittadino per la realizzazione del
villaggio di via dei Gordiani'' ha ripetutamente incontrato i capigruppo della
maggioranza che governa il Comune di Roma.
Tutti, a parole, continuano a dichiararsi entusiasti del progetto. Ma, con
l'eccezione
di un unico gruppo consiliare, quello del Partito della Rifondazione Comunista,
che si sta coerentemente impegnando su questa tematica, tutti gli altri riescono
sempre a inventarsi qualche scusa per evitare di portare la delibera in Giunta
Comunale, con la stessa naturalezza con cui un bravo prestigiatore sa estrarre,
uno dopo l'altro, i suoi conigli dal cappello.
Prima era la posizione del posteggio, poi la presenza di una fontana che sembra
desse fastidio a qualcuno. Si è anche detto, a un certo punto, che quelle
casette davvero minimali sarebbero troppo belle per gli zingari, un lusso che il
quartiere non si può permettere.
Il capogruppo di un partito importantissimo, un partito che sostiene di aver
sposato la causa della tutela dei diritti
umani
e per questa ragione ci ha portati in guerra, ha preteso la sanatoria di alcuni impianti
sportivi abusivi situati nelle vicinanze del campo,
come condizione preliminare per lo sblocco della delibera.
Quando un rom gli ha fatto
notare che in questo modo si barattavano gli esseri umani con i campi di
calcetto, il tenore delle argomentazioni è cambiato completamente.
Davanti al capogruppo dei Verdi, di fronte ai consiglieri di Rifondazione, il
capogruppo del partito di maggioranza relativa ha sostenuto che la ragione
reale per cui la delibera non viene discussa in Giunta risiede in un vero e
proprio veto, motivato da ragioni di opportunità elettorale, imposto dal
presidente della Regione Lazio.
Un altro testimone autorevole, il capogruppo dei Democratici al Comune, ci ha
confessato candidamente che le ragioni per cui la delibera è ferma non sono
affatto di natura tecnica. Che il problema è squisitamente politico.
Ed è da collegarsi
all'imminenza delle elezioni regionali del 16 aprile.
UN CONFRONTO DURISSIMO
La risposta dei rom del campo è stata quella di organizzare un sit-in in
Campidoglio.
Una festosa, ordinata,
dignitosissima invasione di quello splendido piazzale da parte di zingari,
immigrati, studenti universitari, cittadini.
Una grande prova di civiltà e un saggio di come si potrebbe trasformare questa
città se si desse modo alle minoranze di esprimersi, di incontrarsi, di far
sentire le loro ragioni.
Se si avesse il coraggio di far
emergere il potenziale sommerso, la parte invisibile della città: rom,
migranti, tutti quei soggetti che, anche a detta degli organizzatori del
Convegno in Regione, sono i protagonisti del ''disagio metropolitano''.
Al termine del sit-in eravamo stati ricevuti dalla Giunta Comunale.
Ancora una volta, i membri della Giunta avevano attribuito il blocco della
delibera a non meglio specificati problemi insorti fra il Comune e la Regione.
Si erano impegnati a organizzare immediatamente un incontro per risolverli.
Questo accadeva il pomeriggio
dell'8 febbraio.
Da allora, nulla è cambiato.
O meglio, nulla è cambiato per
quanto riguarda il destino della delibera:
l'incontro fra Comune e Regione
non ha avuto luogo.
Ma, sotto un altro rispetto, la
situazione si sta facendo piu' chiara.
La maggioranza (con l'eccezione
del P.R.C.) è passata al contrattacco, e l'offensiva viene scatenata senza
esclusione di colpi.
Innanzitutto, si teorizza che la delibera andrebbe riscritta completamente, in
quanto essa ''non è sufficientemente blindata''. Non bastano i 4 ettari di
parco, la ristrutturazione delle case popolari, gli altri interventi nel
quartiere.
No. Tutto questo non è
sufficiente. Si sostiene che è necessario ripensare l'intero progetto, che esso
non può' avere al centro l'intervento per i rom, ma deve prima risolvere TUTTI
i problemi del quartiere e contenere al suo interno, come un dettaglio, più o
meno incidentale, anche il risanamento della baraccopoli di via dei Gordiani.
Il capogruppo dei Popolari si è spinto fino al punto di affermare che,prima di
pensare agli zingari, bisogna dare la casa a 80.000 sfrattati e risolvere i
problemi non solo della sesta, ma anche della settima e dell'ottava
circoscrizione.
Come osservava un rom, con malcelato disincanto:
''avevate bisogno degli zingari,
per accorgervi che esistono gli sfrattati''.
Beninteso, le obiezioni del capogruppo dei popolari non sono nuove.
Ne' particolarmente originali. Solo che fa una certa impressione sentirle
provenire dalle fila del centro sinistra.
Normalmente, esse si
leggono sui manifesti di Alleanza Nazionale.
IL SECONDO FRONTE DELLA
MAGGIORANZA
Oltre a fare quadrato contro la delibera, la maggioranza che governa il Comune
di Roma ha deciso di
aprire un altro fronte, molto più' insidioso. Un
fronte che mira a confondere e dividere gli zingari, a
compromettere il processo di presa di
coscienza, di rinascita
democratica
che sta trasformando la comunità Rom di via dei Gordiani in un punto di
riferimento per immigrati, associazioni,
realtà di base, gruppi di universitari:
in poche parole, tutta quella
parte della città che si sta attivamente impegnando sui
temi dell'accoglienza.
Dopo il sit-in in Campidoglio, l'assessore ai Servizi Sociali Piva si è
precipitato al campo per prospettare una soluzione ''temporanea'' che dovrebbe
essere adottata in attesa di costruire il villaggio.
Una soluzione che, qualora dalle prossime elezioni regionali dovesse emergere,
malauguratamente, una maggioranza meno sensibile ai diritti dei rom e degli
immigrati, diventerebbe, con buona pace di tutti, definitiva.
Una soluzione sulla quale si troverebbe d'accordo la quasi totalità delle forze
politiche,
dai D.S. a Alleanza Nazionale.
Perchè non c'è dubbio che essa
renderebbe un po' meno intollerabile una situazione di reale emergenza
umanitaria, evitando però, nello stesso tempo, di affrontare il nodo centrale:
la parificazione degli zingari agli
altri cittadini del quartiere, il riconoscimento della loro dignità e della
loro cultura.
Questa soluzione alternativa, questo escamotage che consentirebbe di alleggerire
qualche coscienza e di rinviare sine die tutte le scomode questioni legate alla
costruzione del villaggio, ha un nome.
La parola d'ordine è: non vi preoccupate, arrivano i container!
Poco importa
che via dei Gordiani sia una zona verde, (una ''zona N'', nel gergo
urbanistico), e che per questa ragione il Comune si fosse rifiutato (fino a
qualche giorno fa) di installare i container in altri campi, come quello di Tor
de' Cenci.
Siamo sicuri che la Giunta
comunale, che non ha trovato il coraggio di discutere la delibera
che da' il via alla costruzione del villaggio di via dei Gordiani, approverebbe
in tempo record la variante urbanistica necessaria a installare i container.
''INCOMPETENTI''?
Dal Corriere della Sera di Martedì 29 febbraio, edizione romana (articolo a
firma di Marco Galluzzo): ''Sembrava un incontro come un altro. Tema: il
''Disagio Metropolitano''.
Sottotitolo altisonante: ''Convegno fra esponenti della cultura e della
politica''.
Alla fine, dopo un paio d'ore di dibattito, il ''disagio'' si è materializzato,
sovvertendo toni e ruoli. Il capo dei rom presenti ha tolto la parola
all'onorevole.
Un'annoiata e arrabbiata platea
di zingari e volontari ha ''esautorato'' i relatori, rubato il microfono agli
assessori, gridato la propria insofferenza: ''Smettetela di parlare di cose
astratte e incomprensibili''.
Per oltre un'ora i lavori sono
proseguiti a ruoli invertiti.
Si sono
chiusi virtualmente sul doppio ''vaffa...'' pronunciato da
un'inviperita Giusy Gabriele,
assessore comunale alla Sanità, alla volta di coloro che ''senza competenze''
giocavano alla politica.
E' accaduto ieri mattina
all'auditorium della Regione Lazio.
All'improvviso ha preso la
parola Toni, autorità indiscussa dei 200 rom che vivono nella baraccopoli di
via dei Gordiani, poco distante da Forte Preneste, e ha espresso così la
concreta insoddisfazione di uno dei tanti ''disagi metropolitani'':
''Sono sei anni che
ascoltiamo le vostre promesse, le stesse che ripetete da due ore. Noi aspettiamo
che Comune e Regione rispettino gli impegni presi oltre tre anni fa: costruire
un nuovo villaggio per
noi rom''.
L'arringa ha il suo effetto. La
platea si scalda, esplode un applauso di approvazione. Il convegno degli
''esponenti della cultura'' diventa il dibattito delle matrone rom, dei piccoli
zingari adolescenti in giacca e cravatta, degli anziani di via dei Gordiani
accorsi
per
l'occasione insieme ai tanti volti amici del volontariato.
Si ascoltano urla e improperi
diretti agli assenti, di cui era stato annunciato nella brochure un intervento:
Piero Badaloni, presidente della giunta regionale; Amedeo Piva, assessore
comunale alle politiche sociali; Salvatore Bonadonna, assessore regionale
all'Urbanistica e alla Casa,che ha fatto solo una fugace apparizione
all'apertura dei lavori.
La rabbia è cresciuta dinanzi
all'assenza. Per oltre un'ora Giusy Gabriele, Sandro Del Fattore, assessore
capitolino alla Partecipazione dei cittadini,il coordinatore Francesco Fusi,
preside di Scienze della formazione della III universita', Roberto Gallia, capo
della segreteria di Bonadonna, assistono impietriti alle accuse. Alla fine Del
Fattore strappa un applauso:
''Non mi nascondo dietro la
formula ''non sono competente''. Farò per voi una verifica sullo stato della
pratica di via dei Gordiani''.
Giusy Gabriele, più volte
interrotta mentre cerca di rispondere, perde invece le staffe e va via: ''Non
esistono solo i vostri problemi.
Non sono competente. Così le
battaglie si perdono. E vaffan...''
LA RAPPRESAGLIA
La risposta delle autorita' non
ha tardato a farsi sentire.
Quello stesso giorno gli uomini
dell'assessore Piva (che, come sottolinea il Corriere, si è sottratto al
confronto pubblico disertando il convegno)si sono presentati alla baraccopoli di
via dei Gordiani scortati da vigili urbani e carabinieri (!) e hanno dichiarato
perentoriamente:
''Ve le scordate le villette!''
riproponendo, come unica soluzione ''praticabile'', l'installazione dei
container.
Nello stesso tempo, si preparava
una pesantissima rappresaglia nei confronti degli zingari di Tor de' Cenci, che
hanno osato schierarsi al fianco dei loro compagni di via dei Gordiani,
superando in questo modo non solo la tradizionale ritrosia dei rom nei confronti
della mobilitazione e dell'azione politica, ma anche la diffidenza, le dolorose
ferite e i rancori che sono il portato delle tragiche vicende degli ultimi anni.
I Rom di via dei Gordiani, infatti, provengono dalla Serbia e sono per lo piu'
di religione ortodossa, quelli di Tor de' Cenci sono bosniaci, e musulmani.
Da ''Il Manifesto'' di oggi, 4
marzo:
''Ieri notte gli abitanti del
campo rom di Tor de' Cenci sono stati trasferiti in un'area sulla Laurentina.
Circa novanta di loro sono stati portati in questura;
venti verranno rimpatriati.
Provengono da Srebrenica, nella parte della Bosnia attualmente occupata dai
serbi. (...)
L'operazione è avvenuta a notte
fonda - gli operatori dell'Arci, che lavorano nel campo, non erano stati
avvertiti.
Il trasferimento è stato deciso
per sostituire le roulottes con i container;
una promessa lunga cinque anni.
Il comune assicura che i lavori si concluderanno entro due mesi...''
Su un punto le informazioni del
''Manifesto'' sono inesatte.
I rom prelevati dal campo di Tor
de' Cenci e deportati in Bosnia sono cinquantasei, e non venti.
Diversi di loro erano con noi
lunedì in Regione, a manifestare la loro solidarietà per i rom serbi di via
dei
Gordiani.
Fra essi Sherbo, 14 anni, di
Srebrenica. Quale destino lo attende in patria?
Un altro argomento sul quale il
sindaco di Roma e i suoi assessori non si vergognano di dichiararsi ''incompetenti''?
Coordinamento contro le guerre - Università di Rom