01 Marzo 2001
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Tutta un'altra musica
ROMA Martedì grasso nel campo rom. Ovadia, De Luca, Matvejevic, Portelli...
MARINA DELLA CROCE - ROMA

Una piazza molto lontana dal centro della città. Un palco quasi ridicolo: quattro cubi prestati da una scuola media e delle "palanche" recuperate la mattina al mercato ortofrutticolo. Un fraddo glaciale, un orario punitivo: le due del pomeriggio di martedì grasso. All'inizio ci sono soltanto un centinaio di ragazzini rom, soprattutto femmine: "Quando si balla?". Pantaloni strettissimi, scarpe stile zatteroni e tutte lo stesso identico rossetto rosa. Poi arrivano anche le mamme, con i figli più piccoli, e persino i nonni. Qualche famiglia del quartiere scende dai palazzoni del Casilino 23. Ci sono anche alcune classi delle scuole lì intorno, chiaramente quelle guidate dagli insegnanti più sensibili. E infine arrivano gli "ospiti d'onore", che ci sono davvero: Moni Ovadia, Erri De Luca, Predrag Matvejevic e Sandro Portelli.
"Ma quello non è Moni Ovadia?", chiede qualcuno. Sì, è proprio lui quello che beve un succo di frutta al "minibar" che Bebi, un rom di via dei Gordiani, ha improvvisato con un tavolo sulla piazza. Attaccata al furgone c'è una fila di salsicce rosse. Moni, l'artista, sta scambiando quattro chiacchiere con Nasser, un rom macedone che dopo lo sgombero di Casilino 700 vive con la moglie e i tre figli nel campo di Casilino 900, enorme pozzanghera senza servizi.
Forse la cosa più inaspettata è proprio questa: in piazza non ci sono soltanto i rom di via dei Gordiani che, insieme al Coordinamento cittadino, hanno organizzato la festa per "rispondere" al brindisi anti-rom di Alleanza nazionale. Sono venuti "in rappresentanza" anche i rom di altri campi. I macedoni e i bosniaci di Tor de' cenci, accompagnati dagli operatori dell'Arci solidarietà, i bosniaci del campo di Arco di Travertino, i serbi di via dei Gordiani. Dalle loro terre si sono portati in Italia anche le diffidenze, la non-abitudine a sentirsi "uguali", la difficoltà di provare a stabilire una comunicazione tra gruppi e religioni diverse, e invece oggi ci sono. Insieme agli italiani. Più tardi Moni Ovadia dirà dal palco: "La lotta per i diritti dei rom non è un atto di generosità o di buona coscienza. Siamo tutti colpiti nella nostra libertà finché esite un pezzo di umanità discriminata". Insieme a Moni Ovadia arrivano anche quattro musicisti dei Tri Muzike, il gruppo che spesso lo accompagna nelle turnée teatrali. Due sono italiani, uno è serbo, un altro è francese. Ci sono anche una cantante e un musicista di Gorizia, gente "di frontiera". Suonano insieme a tre musicisti rom arrivati dal campo di via Salviati con i loro strumenti e la loro "tecnica", certo meno raffinata ma ugualmente "passionale". Ed è musica. I ragazzi rom non vogliono che le chitarre e le fisarmoniche si fermino "Basta parlare, musica! Musica!". Ma gli interventi dal palco, tra il freddo che fa battere i denti e un contorno di cemento tipico della periferia romana, sono "perle" che commuovono. Perché da una parte ci sono tanti bambini che fanno un casino infernale, e che si accalcano sul palco proprio sopra alle casse, cosicché non si sente nulla. Dall'altra ci sono questi personaggi "famosi", "importanti", conosciuti all'estero, stimati ovunque, che camminano nella piazza neppure tanto affollata, e al microfono parlano con affetto e rispetto del popolo rom. Parlano di fronte a quelle mamme secondo cui il bambino rom a scuola "puzza" oppure "picchia mio figlio"; alle persone che pensano che i rom "sanno solo rubare"; che "non si integrano, e allora tornassero a casa loro".
"Stanno in Europa da secoli, non hanno ambasciate, non siedono all'Onu né in alcun organismo monetario. Non battono moneta, non hanno esercito né polizia, non hanno prigioni anche se le hanno conosciute tutte", dice poi lo scrittore Erri De Luca, con un intervento strappa applausi. La festa si conclude nel campo, in una baracca stretta. Si mangiano chevapcici, peperoncini, cetrioli e pomodori crudi. Ci sono due musicisti dei Tri Muzike, insieme ai due di Gorizia. I bambini vogliono sentire la voce incantevole della cantante, Gabriella. "Ma io canto canzoni tristi", dice lei. "Però ti muovono qualcosa dentro", risponde un bambino rom.