Tutta un'altra
musica ROMA
Martedì grasso nel campo rom. Ovadia, De Luca, Matvejevic,
Portelli... MARINA DELLA CROCE - ROMA
Una piazza molto lontana dal centro della
città. Un palco quasi ridicolo: quattro cubi prestati da una
scuola media e delle "palanche" recuperate la mattina al
mercato ortofrutticolo. Un fraddo glaciale, un orario
punitivo: le due del pomeriggio di martedì grasso. All'inizio
ci sono soltanto un centinaio di ragazzini rom, soprattutto
femmine: "Quando si balla?". Pantaloni strettissimi, scarpe
stile zatteroni e tutte lo stesso identico rossetto rosa. Poi
arrivano anche le mamme, con i figli più piccoli, e persino i
nonni. Qualche famiglia del quartiere scende dai palazzoni del
Casilino 23. Ci sono anche alcune classi delle scuole lì
intorno, chiaramente quelle guidate dagli insegnanti più
sensibili. E infine arrivano gli "ospiti d'onore", che ci sono
davvero: Moni Ovadia, Erri De Luca, Predrag Matvejevic e
Sandro Portelli. "Ma quello non è Moni Ovadia?", chiede
qualcuno. Sì, è proprio lui quello che beve un succo di frutta
al "minibar" che Bebi, un rom di via dei Gordiani, ha
improvvisato con un tavolo sulla piazza. Attaccata al furgone
c'è una fila di salsicce rosse. Moni, l'artista, sta
scambiando quattro chiacchiere con Nasser, un rom macedone che
dopo lo sgombero di Casilino 700 vive con la moglie e i tre
figli nel campo di Casilino 900, enorme pozzanghera senza
servizi. Forse la cosa più inaspettata è proprio questa: in
piazza non ci sono soltanto i rom di via dei Gordiani che,
insieme al Coordinamento cittadino, hanno organizzato
la festa per "rispondere" al brindisi anti-rom di Alleanza
nazionale. Sono venuti "in rappresentanza" anche i rom di
altri campi. I macedoni e i bosniaci di Tor de' cenci,
accompagnati dagli operatori dell'Arci solidarietà, i
bosniaci del campo di Arco di Travertino, i serbi di via dei
Gordiani. Dalle loro terre si sono portati in Italia anche le
diffidenze, la non-abitudine a sentirsi "uguali", la
difficoltà di provare a stabilire una comunicazione tra gruppi
e religioni diverse, e invece oggi ci sono. Insieme agli
italiani. Più tardi Moni Ovadia dirà dal palco: "La lotta per
i diritti dei rom non è un atto di generosità o di buona
coscienza. Siamo tutti colpiti nella nostra libertà finché
esite un pezzo di umanità discriminata". Insieme a Moni Ovadia
arrivano anche quattro musicisti dei Tri Muzike, il
gruppo che spesso lo accompagna nelle turnée teatrali. Due
sono italiani, uno è serbo, un altro è francese. Ci sono anche
una cantante e un musicista di Gorizia, gente "di frontiera".
Suonano insieme a tre musicisti rom arrivati dal campo di via
Salviati con i loro strumenti e la loro "tecnica", certo meno
raffinata ma ugualmente "passionale". Ed è musica. I ragazzi
rom non vogliono che le chitarre e le fisarmoniche si fermino
"Basta parlare, musica! Musica!". Ma gli interventi dal palco,
tra il freddo che fa battere i denti e un contorno di cemento
tipico della periferia romana, sono "perle" che commuovono.
Perché da una parte ci sono tanti bambini che fanno un casino
infernale, e che si accalcano sul palco proprio sopra alle
casse, cosicché non si sente nulla. Dall'altra ci sono questi
personaggi "famosi", "importanti", conosciuti all'estero,
stimati ovunque, che camminano nella piazza neppure tanto
affollata, e al microfono parlano con affetto e rispetto del
popolo rom. Parlano di fronte a quelle mamme secondo cui il
bambino rom a scuola "puzza" oppure "picchia mio figlio"; alle
persone che pensano che i rom "sanno solo rubare"; che "non si
integrano, e allora tornassero a casa loro". "Stanno in
Europa da secoli, non hanno ambasciate, non siedono all'Onu né
in alcun organismo monetario. Non battono moneta, non hanno
esercito né polizia, non hanno prigioni anche se le hanno
conosciute tutte", dice poi lo scrittore Erri De Luca, con un
intervento strappa applausi. La festa si conclude nel campo,
in una baracca stretta. Si mangiano chevapcici,
peperoncini, cetrioli e pomodori crudi. Ci sono due musicisti
dei Tri Muzike, insieme ai due di Gorizia. I bambini
vogliono sentire la voce incantevole della cantante,
Gabriella. "Ma io canto canzoni tristi", dice lei. "Però ti
muovono qualcosa dentro", risponde un bambino rom.
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