LogoRepubblica.it
                                       

Pagina 26

Abitare secondo natura ma in una casa popolare
  Primo progetto di bioarchitettura firmato Iacp

di LAURA LAURENZI


ROMA - Bioarchitettura: non più un lusso per pochi, un capriccio ecologico per chi può permetterselo, ma un nuovo modo di costruire e di abitare esteso a tutti, alle case popolari in borgata, ai casermoni-alveare, agli anonimi falansteri della periferia ma anche ai centri storici di piccoli nuclei abbandonati al degrado, come ai villaggi Rom. La bioedilizia, contrariamente a quanto si continua a credere, non ha - o può non avere - costi maggiori rispetto all'edilizia di tipo tradizionale. Perchè dunque non applicarla agli alloggi popolari e a quegli edifici dove maggiore è il disagio sociale? La scommessa non a caso parte proprio da Roma, che conta mezzo milione di immigrati, 6500 zingari e 2500 senza fissa dimora, ed è stata lanciata ieri nel corso di un convegno organizzato dalla Regione Lazio dal titolo "Bioarchitettura, mediterraneità, edilizia residenziale pubblica".
Perchè mediterraneità? I dettami della bioarchitettura, l'utilizzo di determinati materiali, la scelta di orientare una casa tenendo conto di elementi naturali come il vento, la luce, il suono sono sempre stati presenti nell' edilizia spontanea residenziale sulle rive del Mediterraneo. Lo ha ricordato ieri, aprendo il convegno, l'architetto Mauro Masi, che coordina il gruppo di lavoro Iacp incaricato di progettare interventi di bioedilizia nella case popolari: "C'è un filo comune che lega le case d'abitazione non progettate, dai trulli ai nuraghi, ai dammusi sia siciliani che arabi alle case in terracotta della casbah nel Magreb per arrivare fino alle torri del vento iraniane".
Sulla scia di una tradizione secolare, è possibile vivere in abitazioni più sane e "naturali" senza che per questo siano anche più costose, è stato ripetuto nel corso del convegno. "Anzi, la bioedilizia è proprio questo: alta qualità dell'abitare nel contesto di un risparmio ecologico delle risorse materiali ed energetiche - ha affermato l'assessore all'urbanistica della Regione Lazio Salvatore Bonadonna - Invece ci dobbiamo scontrare con una struttura di potere che intende conservare le vecchie tecnologie e l'utilizzo dei vecchi materiali: produzioni mediamente scadenti a costi alti". La Regione Lazio - esperimento pilota rispetto al resto del paese - ha scelto di puntare massicciamente sulla bioarchitettura avviando ben 23 interventi di recupero urbano che prevedono il ricorso alle tecniche della bioedilizia. Quello più interessante - già molto discusso e criticato e comunque ancora sulla carta, dovrebbe partire entro un paio di mesi - è il progetto per un villaggio Rom in via Gordiani, dove da oltre dieci anni circa 250 persone vivono in baracche senz'acqua e senza servizi igienici. Lo ha illustrato Mauro Masi nella sua relazione dal titolo "L'architettura zingara". Il progetto prevede 49 alloggi unifamiliari che vogliono essere un'alternativa al campo spontaneo, ai prefabbricati e alle roulotte, interamente in materiali ecologici con finestre a nastro, soffitti bassi nella tradizione nomade legata alle tende, un patio a ridosso dell'orto, un camino doppio interno ed esterno, linee asimmetriche, portici e pensiline che conducono a un'ampia casa comune con piazza e fontana riservata a cerimonie e a riunioni.
Non sono più un progetto ma ormai una realtà - fra tre mesi la consegna - le case popolari di Cinquina, alle porte di Roma, dietro Settebagni, 140 appartamenti Iacp realizzati secondo le regole della bioarchitettura e i cosiddetti "programmi di qualità". Programmi secondo cui sono da preferire i materiali naturali in cortina, non cemento ma mattoni; eliminato il quarzo plastico per i rivestimenti, da sostituire con la calce; riciclaggio delle acque chiare; uso dei pannelli solari a integrare riscaldamento dell'acqua e accumulo di energia; ergonomia e versatilità degli infissi; attenzione alla sicurezza, impianti idrici con diramazione a stella anzichè ad anello; materiali traspiranti e antistatici; corretto orientamento e illuminazione il più possibile naturale con finestre ampie a Sud e piccole a Nord; e anche "interpretazione dei colori sulla base delle necessità", come ha spiegato l'architetto Massimo Rinversi nella sua relazione intitolata "Un programma di qualità per l'edilizia residenziale pubblica"