Festa in piazza per sostenere il progetto di via dei Gordiani, dove era previsto un centro per alloggiare gli zingari, cui la Regione ha tolto i finanziamenti. Si tratta di un progetto innovativo a livello europeo, un esempio di integrazione, destinato almeno per ora a restare fermo nel cassetto. Ma per la sua realizzazione si mobilita tutto il quartiere: è la prima volta che succede qualcosa di simile

febbraio 2001

Per realizzare il villaggio rom insieme i residenti e i nomadi

di LENA CICCONCELLI


Roma
- Forse non era mai successo prima: gli abitanti del quartiere Casilino 23 e i Rom di via dei Gordiani hanno festeggiato insieme l’ultimo giorno di carnevale. Una festa necessaria, hanno spiegato, dovuta agli ultimi interventi della giunta regionale, che hanno provocato il definanziamento del progetto del villaggio rom di via dei Gordiani. Nomadi e residenti insieme, quindi, in un’inedita manifestazione: stavolta, contrariamente a tante altre occasioni in passato, nessuno protesta contro la realizzazione di un campo di sosta; anzi, tutti insieme ne chiedono la realizzazione.
Ecco, allora, che la festa del 27 febbraio assume una sua valenza specifica e propone una valida convivenza civile tra tutte le realtà del quartiere. È stata una risposta forte e inaspettata alla manifestazione del 4 febbraio scorso organizzata da Alleanza nazionale per festeggiare il definanziamento del progetto e la proposta di realizzare al suo posto un residence per anziani e handicappati.
Così, l’ultimo giorno di carnevale il quartiere ha espresso la sua solidarietà ai rom alla presenza di intellettuali da sempre impegnati nella battaglia per i diritti dei nomadi e dei migranti: Moni Ovadia, Erri De Luca, Predrag Matvejevic, Sandro Portelli. Vi hanno partecipato musicanti rom rudari e decine di associazioni, centri sociali, scuole insieme a Rifondazione comunista e ai Ds, che hanno aderito all’iniziativa patrocinata dalla VI Circoscrizione.
Roberto Pignoni, del Coordinamento cittadino per la realizzazione del villaggio rom in via dei Gordiani, spiega: «Il progetto del villaggio è nato cinque anni fa. L’Istituto autonomo case popolari (Iacp), proprietario dell’area su cui sorge la baraccopoli, dell’area incolta adiacente e di molti stabili del quartiere, ha siglato un accordo con la Regione Lazio e il Comune di Roma che prevedeva sostanzialmente due cose. La prima è la costruzione del villaggio. La seconda è la realizzazione del parco pubblico nell’area incolta, la sistemazione delle strade del quartiere e la ristrutturazione di molti appartamenti dello Iacp stesso. Insomma, il progetto del villaggio rappresentava solo una parte di un programma più vasto diretto alla riqualificazione di tutto il quartiere. Un anno e mezzo fa un protocollo d’intesa ha definito i tempi di realizzazione del progetto; poi non si è fatto nulla. I motivi vanno cercati nei timori di alcuni politici, incapaci di schierarsi dalla parte dei rom».
Per la realizzazione del villaggio mancava un ultimo passaggio: il Comune doveva approvare la variante urbanistica dell’area. «L’amministrazione capitolina - sostiene Pignoni - ha dunque le sue responsabilità. Ciò ha portato al definanziamento del progetto e alla proposta, avanzata dalla Regione Lazio, di utilizzare le risorse per costruire un residence per handicappati e anziani».
Dodici i miliardi stanziati, una piccola parte di quei duecentoventuno riservati dalla precedente giunta regionale alle categorie speciali previste dalla legge 179. Categorie nelle quali rientrano anche i rom. Sfuma così la possibilità di costruire quarantasei casette di cinquanta metri quadrati, concepite con uno spazio antistante, con pannelli solari e con ampie zone del villaggio destinate agli incontri assembleari, ancora molto presenti nella vita dei rom.
Si tratta di un progetto innovativo a livello europeo, destinato almeno per ora a restare fermo nel cassetto. Un esempio di integrazione e di convivenza reciproca, cominciato da diversi anni, quando molti italiani vivevano nella baraccopoli insieme ai rom. Ora tutti i bambini del campo frequentano la scuola, indice di una nuova presa di coscienza, della consapevolezza che la convivenza è possibile. Ma le condizioni igienico-sanitarie del campo sono disastrose. I bambini vanno scuola con i morsi dei ratti: una situazione indegna che avrebbe potuto essere risolta. E invece...
Eppure, questa volta, forse per la prima volta, la gente non ha ceduto alle lusinghe politiche. In piazza sono scesi giovani, anziani, handicappati, operai e insegnanti. La mobilitazione c’è stata, eccome, non per cacciare via gli oltre duecento rom che da oltre vent’anni vivono nel quartiere, ma per chiedere soluzioni abitative dignitose.