Treviso
«Se la A 28 non è ancora stata realizzata, se si sono
accumulati ritardi nello stesso iter decisionale e progettuale
la responsabilità va attribuita senza ombra di dubbio a chi ha
voluto ideare il tracciato senza alcuna precauzione verso il
territorio e anzi ha voluto provare a distruggere il paesaggio
delle risorgive, uno dei luoghi costitutivi della città
veneta. Era fatale che, essendo il nostro ancora un paese
civile, qualcuno si opponesse». Ad affermarlo è Gianfranco
Bettin, consigliere regionale dei Verdi, che replica a Luca
Zaia.
«Per forzare ogni ovvia e sacrosanta resistenza si è anche
provato - continua - ad aggirare le norme, a procedere in modo
illegale, trasformando semplici riunioni di alcune fra le
parti in causa in vere e proprie "conferenze di servizio"
dalle quali escludere ad esempio il Ministero dell'Ambiente e
quello dei Beni culturali. Era fatale che questo
atteggiamento, insieme prepotente e stolto, provocasse
ritardi, ricorsi, arresti dell'intero iter. Di fronte al nuovo
stop oggi imposto al percorso, c'è ancora chi, invece di
ripensare alle procedure e alle scelte sbagliate che l'hanno
causato, rilancia con la stessa arroganza di sempre sullo
stesso inaccettabile tracciato».
«La A 28 - prosegue Bettin - si deve fare, e si può fare,
si può concludere rapidamente se la ragione prevale, come sta
prevalendo nella vicenda della Pedemontana (ora trasformata in
superstrada a pagamento, dopo che questa richiesta, avanzata
da tutti i comuni e dagli ambientalisti, era stata dichiarata
"assurda" dai soliti noti). Esiste una proposta di tracciato,
per la A 28, che consente di salvare le risorgive e di
concludere il collegamento da Sacile, spostando l'autostrada
più a nord, rendendola così ancor più capace di intercettare
il traffico locale e di attraversamento. Chi si ostina su
tracciati diversi non solo dimostra di voler distruggere uno
degli ambienti più belli del Veneto ma è destinato a
complicare ulteriormente le
cose».