Il paese si sviluppa lungo la cresta di uno sperone roccioso a propaggine del monte Scalambra. Ragioni di carattere difensivo che dovettero dettarne la nascita, deterrninarono la scelta del luogo, importante per la posizione geografica allo sbocco nord-orientale della valle del Sacco in direzione del passo verso gli altipiani di Arcinazzo e verso l'alta valle dell'Aniene. La prima menzione a noi nota risale all'ultirno quarto del sec. XI: Pileum viene nominato nella bolla di papa Urbano II del 1088 insieme ad altri abitati quali Anticoli, Porciano, Acuto, ecc., per designarne l'appartenenza alla Diocesi anagnina; la data di fondazione va quindi posta nel corso del sec. XI o anteriormente.
     Durante la lotta tra potere papale e potere imperiale che ha come protagonisti l'imperatore Enrico V e il papa Pasquale II, il Piglio, che si era schierato dalla parte dell'imperatore fu nell'anno 1117 assalito dalle truppe del duca di Puglia (Pillum ob defenctionem ab eisdem depopulavi) e in seguito ridotto nuovamente in soggezione dal pontefice il quale, dopo aver celebrato il concilio di Benevento, rediens in Campaniam Pillum ... in sui ditionem convertit.
     Nella seconda metà del sec. XII il Castello di Piglio appare proprietà di una famiglia che prese il nome di de Pileo dal luogo dove esercitava la sua signoria e che manterrà la sua giurisdizione sul borgo per circa due secoli. L'albero genealogico e le vicende storiche di questa famiglia sono state ricostruite da Marchetti-Longhi.
     Nell'anno 1359 troviamo feudataria del Piglio la famiglia de Antiochia. Il 3 febbraio di questo anno infatti la metà del Castello del Piglio, del suo territorio e fortificazioni, vengono costituite a pegno da parte di Corrado de Antiochia, figlio del defunto Filippo de Antiochia, nei patti rnatrimoniali stipulati tra Corrado e Giacomo, signore di Ceccano, per conto della figlia Perna, in occasione del matrimonio tra Corrado e Perna. I documenti finora conosciuti non permettono di capire in che modo avvenne il passaggio di proprietà sul Piglio dalla famiglia de Pileo a quella dei de Antochia. La famiglia de Antiochia, molto importante in quanto discendeva da un ramo spurio degli Svevi, era già in possesso sin dal secolo precedente di altri Castelli siti in zona sublacense e cioè Anticoli, che da Corrado de Antiochia prese il nome di Anticoli Corrado, Saracinesco, Sambucci, ecc.; per la famiglia il possesso sul Piglio doveva quindi essere importante perché costituiva una punta avanzata in direzione della vallata del Sacco. Nella Tabula Terrarum Campanie et Maritime quaderno cartaceo dell'Archivio Segreto Vaticano (Instr. Misc. 5537) datato dall'Ermini tra il 1371 e il 1373, il castrum Pilei, insieme al castrum Magentie, compare elencato tra i Castelli di appartenenza a nobili, su cui la Chiesa ha diritto solo parziale. I proprietari dei due Castelli sono ancora Corrado de Antiochia, suo fratello Mattia e suo figlio Giovanni.
     La signoria dei De Antiochia conservò il possesso del Piglio fino all'anno 1430, anno in cui il paese fu ceduto alla famiglia Colonna. Di questo anno è infatti una procura datata 21 agosto conservata all'archivio Colonna in cui Antonio Colonna e Salvatore Ciccoli di Genezzano accettano la tattica di Giovanni De Antiochia alla donazione fatta da suo fratello a papa Martino V e ad Antonio e fratelli dei diritti che aveva sui Castelli del Piglio e di Anticoli Corrado.
     Delimitata dallo sperone roccioso che ne condiziona lo sviluppo urbanistico, la planimetria del castrum ha uno sviluppo essenzialinente in lunghezza con forma a fuso, lungo la direttrice della via Maggiore.
     Elementi predominanti della morfologia dell'abitato sono due edifici fortificati, l'uno che occupa il colmo della collina al suo innesto con la montagna, l'altro più in basso, ma in linea col primo, nel lato nord del paese, dove la via Maggiore inizia il suo percorso addentrandosi all'interno dell'abitato.
     Il primo documento che fa esplicitamente menzione dell'esistenza di una fortificazione all'interno è dell'anno 1290.
     Si tratta di una donazione di un tal Stefano, detto Gerzo, a favore di un Cecco Capocci di Subiaco, fatta in nome del signore del Castello: l'atto è rogato in palatio Rocche; il termine "Rocca" fa individuare il monumento in questione col Castello superiore che meglio si adatta a questa qualifica.
      In un secondo documento, datato all'anno 1300, si fa nuovamente riferimento alla Rocca, cui viene dato un appellativo ben preciso. Il documento, di cui si è già fatto menzione a proposito della signoria della famiglia de Pileo sul borgo, è redatto in castri Pilei in rocca qui dicitur Massitium. Non sappiamo la ragione e il significato di questo appellativo massitium, che non compare in altri documenti e può forse servire ad individuare la fortificazione superiore da quella posta più in basso; in via di ipotesi, si potrebbe riferire alle caratteristiche topografiche del Castello, fondato su uno sperone emergente di roccia viva.
     Se l'esistenza della Rocca è documentata dalla fine del sec. XIII, la sua costruzione va anticipata tenuto conto dell'esigenza di fortificazione dell'abitato di cui si ricorda che la prima menzione è del 1088. La costruzione, conservata allo stato parziale di rudere, ha un perimetro irregolare, grosso modo rettangolare con uno sviluppo in lunghezza, un Torrione a forma di sperone lo conclude nel lato est, verso la montagna. L'interno è occupato da un piazzale sopraelevato; sul lato sud vi è una duplice fila di ambienti disposti a due livelli differenti e collegati da una scala. Tra le chiese nominate nelle decime dell'anno 1328-29 vi è una ecclesia S. Petri de Castello vetulo de Pileo che il Berucci ha individuato in un piccolo ambiente absidato all'interno del Castello.
     Il Castello basso è situato nel punto di inizio di Via Maggiore, si trova quindi a guardia del principale accesso al paese che doveva avvenire mediante una porta qui situata, dove oggi si vede un arco la cui costruzione risale ad epoca recente. Questa fortificazione che si trova sulla stessa linea di quella superiore è situata ad un livello altimetrico notevolmente inferiore, circa m. 25, ed era probabilmente collegata con questa mediante delle mura. La costruzione si compone di un piano terreno, situato alla stessa quota della via Maggiore, un primo piano e un ammezzato sul lato che affaccia sulla strada, mentre sul lato opposto, quello esterno, ha altri ambienti a quota più bassa, essendo addossato allo sperone di roccia che delimita l'abitato.
     L'edificio, che ha subìto parziali modifiche, conserva ancora l'aspetto originario anche se le sale del piano -terreno, coperte da crociere sorrette da pilastri, sono attualmente utilizzate come magazzino di vendita di capi di abbigliamento.
     Le strutture del Castello basso appaiono di .i più recente rispetto a quelle del Castello alto, come mostra la disposizione più razionale degli ambienti interni voltati a crociera, e l'architettura più evoluta dell'insieme.
     Per quel che si riferisce alle notizie storiche relative a questo complesso, notiamo che esplicita menzione di esso è fatta in documento datato all'anno 1365. Si tratta di una donazione fatta dai Magnifici viri Conradus et Mathias frates de Antiochia comites a favore di un certo Stefano detto Mattuzzo. L'atto è redatto Pilei in palatio inferiori curie dicti castri. Il luogo in cui è redatto il documento è chiaramente il Castello inferiore che qui ha la denominazione di palatium
     Un altro documento dell'Archivio Colonna dell'anno 1340 (perg. LXXVII n. 8) è redatto in platea Castellutii iuxta domum que vulgariter dicitur camere pinte. La denomina Castellutii si riferisce certamente alla fortificazione bassa, davanti alla quale si estende slargo, una platea. Interessante anche l'accenno alla casa chiamata camere pinte, probabilmente un edificio decorato di pitture che si affacciava sulla piazza suddetta o che forse apparteneva allo stesso Castello, e che oggi purtroppo non è più individuabile.
     La Chiesa di S. Pietro che esisteva all'interno della rocca più antica del castrum probabilmente individuata dal Berucci, è indicata de Castello vetulo de Pileo. L'aggettivo vetulo si spiega unicamente in contrapposizione a un edificio di nuova costruzione che in quest'epoca, 1328-29, anno di riscossione della seconda rata della decima annuale, doveva già essere edificato. La datazione di questo edificio può quindi essere posta nei primi decenni del sec. XIV.
     Il limite orientale dell'abitato era probabilmente costituito dalle due foritficazioni, il Castello alto e il Castello basso, in linea con i quali si aprivano le due Porte di accesso al paese: la Porta a nord, difesa dalle due fortificazioni e di cui si è già parlato, e la Porta detta dell'Arringo a sud. Questa Porta è ancora oggi individuata da un passaggio voltato ad arco acuto che si apre tra gli edifici segnati con i numeri catastali 563 e 763; da essa ha inizio la via dell'Arringo che conserva il toponimo anti- co e sviluppa il suo percorso sul lato opposto della collina rispetto alla via Maggiore; a questa si congiunge all'altezza della odierna piazza S. Maria.
     Non sono probabilmente mai esistite mura che recingessero il perirnetro esterno dell'abitato; le case stesse, costruite sui bordi in forte pendio della collina, dovevano adempiere a funzioni difensive.
     L'unica costruzione con esplicita funzione di fortificazione lungo il perimetro dell'abitato è una Torretta rotonda sita al limite occidentale che era probabilmente a difesa di un altro accesso al castrum attraverso la Porta detta "da Pei" posta in un luogo ciente la vallata e privo di difese naturali.
     L'asse viario principale del castrum è costituito dalla via Maggiore che - in prosecuzione della strada che collegava il paese da una parte con gli altipiani di Arcinazzo e dall'altra alla Castellania del Serrone - dalla Porta nord, costeggiando nel suo primo tratto il paese si addentra quindi in esso, all'altezza dell'attuale piazza G. Marconi.
     Presso la Porta detta del Capitano, sono conservati due edifici (nn. catast. 65 e 102), nei quali è ben individuabile la tipologia della casa-torre medioevale, con mura a scarpa caratterizzati notevole sviluppo in altezza. Sulla fronte del primo si apre un portale a ghiera archiacuta leggermente sopraelevato rispetto al livello stradale; mentre nel secondo si conserva una piccola apertura con stipite ed architravi monolitici.
     Lo Statuto del 1479 (ASR, Coll. Statuti 822/15, in copia dei 1856 "pienamente conforme all"autentico esemplare", come si dice a p. 37) contiene vari provvedimenti per la pulizia e la manutenzione delle strade; erano infatti preposti a questo ufficio due vicari "li quali abbiano da provvedere a governare e far governare le vie del Castello del Piglio" (p. 15). Tra i provvedimenti si ricorda il divieto di gettare "sporcizie e iminondizie" nelle strade pubbliche (p. 25), mentre un divieto particolare riguarda la via Maggiore, nella quale si ordina che "niuno di d.o Castello butti acqua d'oliva dalla quale fu fatto l'olio" (p. 25). È anche di particolare interesse per la pulizia dell'interno del paese il divieto di far entrare in esso, nei mesi estivi bovini, ovini e suini (p. 27). È inoltre vietato lavare i panni nella fontana del paese e nella cisterna "vicino alla Roccia" (p. 26).
     Non si fa nello Statuto alcun accenno alla pavimentazione delle strade; solo per quello che riguarda il mantenimento si fa divieto di portare nocumento alla "via Nuova" - che è indicata presso l'ospedale e conduceva agli altopiani di Arcinazzo - e "ad ogni acconcio fatto per il governo e mantenimento di essa" (p. 27).

 

Tratto da "CASTELLI DI CIOCIARIA tra storia e leggenda" di Luigi Centra © 1996

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