VINCENZO D'AGOSTINO

"alcune pagine del mio diario"


 

 

UN SAGGIO PER I FIGLI DELLA LUPA

 

1935

 

Durante il Fascismo i ragazzini, alunni della prima e della seconda elementare, erano chiamati Figli della Lupa.

 

Dovevano indossare una divisa, calzoncini di tela nera, maglietta bianca con una grande emme nera nel petto.

 

Delle giberne bianche a croce, fastidiosissime da indossare, ti stringevano il petto e spesso si mettevano di traverso impedendo i movimenti delle braccia.

 

La mattina di una domenica estiva fummo tutti convocati nella Piazza Attilio Deffenu  dove dovevamo prendere il tram bianco del Poetto che ci avrebbe portato, presso la Colonia Dux per un saggio con la sabbia umida dell’arenile.

 

 

 

 

I nostri parenti ci avevano portato presso il luogo di appuntamento dove delle Giovani Italiane ci avevano inquadrato e, in fila indiana, fatti salire sul tram.

 

I nostri parenti sarebbero dovuti tornare a prenderci verso l’una, al termine stabilito del saggio.

 

Beata incoscienza: tutti allegri, armati di secchiello e di palettina di latta, siamo arrivati a destinazione davanti al grande caseggiato della Colonia Dux.

 

Sotto il fabbricato, tra le colonne portanti, fummo tutti allineati per ascoltare le istruzioni del saggio.

 

Nella spiaggia antistante la colonia erano stati posizionati dei grossi contenitori in lamiera per l’acqua, serviva per inumidire la sabbia con la quale avremmo dovuto costruire a fantasia dei modellini inerenti a motivi o fatti del Regime.

 

Io scelsi di costruire il modellino di un sommergibile.

 

Durante i nostri lavori dei Giovani Balilla, armati di bandierine, passeggiavano in mezzo a noi e, quando qualcuno terminava la sua opera, piantava al lato del modellino la bandierina numerata che poi veniva rilevata dagli addetti al giudizio finale.

 

Quando terminai la mia opera, non ebbi neanche il tempo di riammirala  che un ragazzo mi prese per mano e mi condusse sotto il fabbricato in attesa del giudizio finale.

 

Verso mezzogiorno tutto era terminato e gli addetti ai controlli stabilirono una graduatoria dei lavori eseguiti.

 

Fui classificato ottavo su centocinquanta ragazzini concorrenti.

 

Il premio un moschetto che mi sarebbe servito al raggiungimento di età, per la divisa di Balilla Moschettiere: lo accettai  con entusiasmo!

 

Avevo risparmiato al babbo una spesa che avrebbe dovuto affrontare per il completamento della mia divisa.

 

Tutti fummo inquadrati e fatti salire sul tram che ci riportò in città dove ad attenderci c’erano i nostri parenti.

 

Baldanzoso, con il fucile in spalla, che era quasi più alto di me, scesi dal tram e riabbracciata mia mamma a piedi ritornammo a casa.

 

Quando mio padre tornò dal lavoro e vide il moschetto datomi in premio, si rallegrò dicendomi: Figlio mio, bravo! almeno non mi toglieranno i soldi dallo stipendio per l’acquisto del fucile.

 

Che poi si trattava di un giocattolo che neanche sparava.....

 

Meno male che abbiamo preso il tutto come un gioco, ci ha pensato la guerra a ridimensionare le cose.