Si indica, con il nome di Cilento, la sub-regione montuosa che si protende come una penisola tra i golfi di Salerno e di Policastro, limitata a Nord dall'Alburno e ad Est dal Vallo di Diano.

Se ne fa derivare il nome da "cis Alentum" (al di qua dell'Alento), benché il fiume non ne segni più il confine.

Il Cilento fu, nell'antichità, abitato dai Lucani salvo alcuni punti della costa, dove si stabilirono dei coloni greci. Il nome del Cilento, che compare già nel 994, fu dato dai Benedettini, che vi eressero chiese e monasteri, divenuti centri abitati.

Del Cilento si impadronì il principe Guaimario, spodestato da Roberto il Giuscardo, che confermò all'abbazia di Cava il possesso di Castellabate e di Agropoli. Sorse così la Baronia del Cilento, che al principio del XII secolo passò a Torcisio II Sanseverino.

Sembra che il centro della Baronia fosse Castello di Rocca o Castello del Cilento, eretto, pare, nel IX secolo e di cui restano ancora le mura.

I Sanseverino, Principi di Salerno, tennero il Cilento fino al 1552 e Ferdinando fu l'ultimo feudatario, costretto, poi, ad esulare per aver seguito la parte francese.

La baronia venne divisa in piccoli feudi, destinati ai Cortigiani spagnoli viventi a Napoli, che li amministrarono per mezzo di curali, facendoli oggetti di compravendita, ciò che segnò la decadenza del Cilento.

Nei pressi della foce dell'Alento, sorgeva la città ionica di Velia o Elea, fondata nel 535 A.C. da coloni focesi, alla distanza di mezzo miglio dal Mar Tirreno.

Le sue mura avevano due miglia di giro ed erano costruite con grandissimi macigni. Il suo ristretto territorio era piuttosto sterile e per tale motivo i suoi industriosi cittadini si davano alla pesca, all'arte del salare il pesce ed al commercio, che li arricchì.

Anche le belle arti fiorirono in grado eminente, come può riconoscersi dalla produzione delle monete che, per bellezza e perfezione di conio, superano tutte quelle della Magna Grecia.

Contenta del commercio, visse con le Savie Leggi datele da Parmenide.

Famosa fu Velia per la nascita di tre illustri filosofi: Parmenide, Leucipo e Zenone per la scuola Eleatica, istituitavi da Senofane di Colofane, loro maestro, che perfezionò l'arte del ragionare.

La scuola Eleatica ebbe un fondamento Pantesistico. Parmenide sostenne la sfericità della terra al centro dell'universo e, verso il 460, passò ad Atene.

La sua dottrina fu continuata da Zenone, pure di Elea, che dette particolare impulso alla matematica e con il vigore della sua logica, tanto che Aristotele lo definì inventore della dialettica, negò il concetto di infinito, prese posizioni contro il pitagorismo, negò la molteplicità delle cose.

Di Zenone, fautore di una congiura, si narra che morì pestato in un mortaio per ordine del tiranno Nearco di Elea, in faccia al quale aveva sputato la lingua, che si era con un morso recisa, per non tradire, con essa, i compagni.

Nel 36 A.C., una flotta di Ottaviano che muoveva verso la Sicilia, per combattere Sesto Pompeo, colta da una tempesta cercò riparo nella rada di Elea, ma naufragò sulla rupe di Palinuro.

La struttura attuale del Comune di Vallo della Lucania risale ai primi dell'800, periodo dell'occupazione francese del Regno di Napoli.

Una stagione, quindi, di radicali trasformazioni ed innovazioni. Vallo che aveva vissuto nel secolo precedente un imponente processo di sviluppo e modernizzazione ed assunto un ruolo di centralità economico-funzionale, viene promossa dai francesi al rango di vera e propria capitale del Cilento.

Nel 1808 fu sancita l'unificazione tra Vallo e Spio e da questo momento i due casali saranno una cosa sola e costituiranno il capoluogo di un Comune comprendente anche i villaggi di Angellara, Massa e Pattano (casali dell'ex Stato di Novi).

Lo stemma del Comune riflette questa unificazione: rappresenta infatti un cuore squarciato da due mani (Corinoti), che sormonta una torre con sentinella (Spio).

Nel corso dell'800, Vallo, mentre risente negativamente del generale ristagno socio-economico e della marginalizzazione progressiva delle zone periferiche, conserva ed ulteriormente consolida il suo ruolo di Paese guida del Cilento.

Il vecchio ceto agrario-mercantile si trasforma, a poco a poco, in una classe di proprietari arretrati e immobilisti, che si rafforza, è vero, come classe dirigente del Cilento, ma in un contesto socio-economico sostanzialmente statico e deprivato di ogni carattere di modernità; il mercato degli scambi si riduce ad una circoscritta dimensione locale, a supporto di un'economia divenuta pura sussistenza. Ciò nonostante, Vallo vede crescere il suo ruolo di centralità funzionale rispetto al territorio cilentano.

Nel 1851 diventa sede dell'omonima Diocesi, formata da oltre 100 Parrocchie, con un territorio vastissimo compreso tra il fiume Sele ed il golfo di Policastro, fin quasi ai confini del Vallo di Diano.

Nello stesso periodo viene costruita la strada rotabile del Distretto che collega Vallo con Salerno e che, a partire dal 1864, verrà prolungata fino a Sapri.

Nel 1862 si inaugura il Tribunale Circondariale.

Nel 1926 fu avviato uno studio per un ampliamento del Comune di Vallo con l'inglobamento di Ceraso, Massascusa, S. Barbara, Castelnuovo Cilento, Moio della Civitella e Pellare. Il progetto, anche se limitato, fu reso operativo con il Regio Decreto 8 novembre 1928, in virtù del quale Novi Velia, Moio della Civitella e Cannalonga cessavano di essere Comuni autonomi e venivano aggregati a Vallo.

Ma caduto il fascismo ed avviandosi la ripresa della vita democratica, negli ex Comuni riesplose lo spirito municipalistico. Nella primavera del 1945 a Novi, Cannalonga e Moio furono creati dei comitati popolari e si promossero petizioni per il ripristino dell'antica autonomia, che si otteneva nel 1946 a seguito dell'espressione diretta del Comitato Nazionale di liberazione di Salerno, il quale diede parere favorevole alla ricostruzione degli ex Comuni, riconoscendo la piena legittimità delle loro aspirazioni. La vicenda si concluse con il ritorno di Cannalonga, Novi Velia e Moio della Civitella ad Enti locali autonomi, ed il Comune di Vallo della Lucania venne limitato, come per il passato, al capoluogo ed alle frazioni di Angellara, Massa e Pattano.




 

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