la foto del parco nazionale del cilento

 

 

 

 

Parco Nazionale Cilento e Vallo di Diano

 

 

 

 

È un’area protetta che comprende una parte di Appennino e una fascia costiera tra le più suggestive e incontaminate della Campania meridionale, e che pertanto presenta una notevole quantità di ambienti e di ecosistemi diversi, dall’oasi WWF di Persano ai parchi marini degli Infreschi e di Santa Maria di Castellabate, dalla valle del Calore alle pendici dei Monti Alburni, da Capo Palinuro al Monte Cervati. Nel parco, oltre all’avifauna in generale (che annovera specie rarissime come la coturnice e il picchio nero) e a una straordinaria varietà di paesaggi vegetali che vanno dalla macchia mediterranea, alle leccete, alle pinete costiere di Pino d’Aleppo, si possono ammirare le formazioni rocciose di capo Palinuro, costellato di caverne di incredibili colori e le grotte di Pertosa e di Castelcivita con le loro strabilianti formazioni calcaree. Le bellezze naturali di questa terra ricca di storia e di mistero sono descritte nel seguente brano, tratto dal volume Parchi e aree naturali protette d’Italia del Touring Club Italiano.

Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano istituito con legge 6 dicembre 1991, n. 394, D.M. 4 dicembre 1992, D.M. 5 agosto 1993, D.P.R. 5 giugno 1995.

Comuni: Agropoli, Aquara, Ascea, Auletta, Bellosguardo, Buonabitacolo, Camerota, Campora, Cannalonga, Controne, Capaccio, Casalbuono, Casaletto Spartano, Casal Velino, Caselle in Pittari, Castelcivita, Castellabate, Castelnuovo Cilento, Castel San Lorenzo , Celle di Bulgheria, Centola, Ceraso, Cicerale, Corleto Monforte, Cuccaro Vetere, Felitto, Futani, Gioi, Giuncano, Laureana Cilento, Laurino, Laurito, Lustra, Magliano Vetere, Molo della Civitella, Montano Antilia, Montecorice, Monteforte Cilento, Montesano sulla Marcellana, Monte San Giacomo, Morigerati, Novi Velia, Omignano, Orria, Ottati, Pollica, Perdifumo, Perito, Petina, Piaggine, Pisciotta, Polla, Pollica, Postiglione, Roccadaspide, Roccagloriosa, Rofrano, Roscigno, Sacco, Salento, San Giovanni a Piro, San Mauro Cilento, San Mauro la Bruca, San Pietro al Tanagro, San Rufo, Santa Marina, Sant'Angelo a Fasanella, Sant'Arsenio, Sanza, Sassano, Serramezzana, Sessa Cilento, Sicignano degli Albumi, Stella Cilento, Stio, Teggiano, Torre Orsaia, Tortorella, Trentinara, Valle dell'Angelo, Vallo della Lucania.

Superficie: 181.048 ettari.

Tipologia: Rilievi calcarei e arenacei dell'Appennino campano, costa tirrenica.

Sede: Via O. de Marsilio, 16 – 84078 Vallo della Lucania (SA), tel. 0974719911, fax 09747199217, e-mail parcocvd@xcom.it

Sito Internet: http://www.cilento.it/parco

Bibliografia: AAVV., Il Cilento, tesoro dello Campania, Fiorentino, Napoli 1992; G. Liuccio, Il Parco Nazionale Cilento e Vallo di Diano, Galzerano, Casalvelino Scalo 1992.

Un parco grande, che abbraccia un'ampia area della parte meridionale della Campania, fra costiera e rilievi interni. Un parco coraggioso, che interessa zone storicamente sfavorite, ma dalle enormi ricchezze naturali. Qui il Tirreno è ancora azzurro, qui all'ombra di torri che non allertano più le popolazioni costiere dal pericolo saraceno cresce la rarissima primula di Palinuro e si ode il canto flautato del passero solitario. Nelle vallate più remote, del Sele e del Calore, invece, fra acque fresche di montagna, nuota di nuovo la lontra, mentre sulle cime innevate dei Monti Alburni e del Monte Cervati si possono vedere le vertiginose evoluzioni del gracchio corallino.

Mare e monti, dunque. Un connubio ideale per un parco nazionale: la costa è quella di Palinuro e Camerota, notissime al turismo estivo, ma anche di Punta Licosa, tesoro marino di straordinaria purezza; la montagna è aspra, calcarea e, dunque, fessurata, crepata, irta di pinne e torrioni, come potrebbero essere le Dolomiti, qui nel Meridione. Zone inospitali dove i Borboni confinavano gli indesiderati, e per questo accuratamente evitate dai primi viaggiatori del Grand Tour. Ma anche luoghi di delizia, perché a Persano gli stessi Borboni avevano una tenuta di caccia invidiata dai sovrani di mezza Europa.

Il Vallo di Diano. La storia sembra aver sfiorato il Cilento. Nelle comunicazioni verso il Sud, il Vallo di Diano, al suo margine orientale, costituì un passaggio più rapido e relativamente più agevole rispetto al tortuoso cammino del Vallo della Lucania. Ancora oggi in questa produttiva piana bagnata dal Calore e dal Tanagro, ripetutamente sottoposta a bonifica, si radunano le migliori opportunità economiche del Mezzogiorno campano, mentre nel Cilento interno restano le bellezze appartate e un po' malinconiche di un passato come fissato e preservato dal tempo. Basta salire a Roscigno Vecchio per rendersene conto e capire come la popolazione cilentana sia legata alle proprie radici; in questo villaggio, da decenni abbandonato, si continua non di meno a celebrare sagre e ricorrenze religiose. Più in basso, dove la gente vive, l'agricoltura sta offrendo nuove opportunità, che il Parco non potrà che favorire e promuovere: vi sono olio, vini e latticini che attendono solo il riconoscimento di un marchio di qualità. Fra le attività del Parco, va rilevato l'impegno contro la disoccupazione, con programmi d'impiego per giovani e per cooperative (sono ben 18 quelle attive nel campo dell'escursionismo). Nel settore dei beni culturali, il Parco intende avviare il recupero di alcuni villaggi abbandonati, come Sanseverino di Centola e Roscigno Vecchia, e il restauro delle torri costiere. Sono stati inoltre intrapresi programmi di formazione professionale in materia ecologica e ambientale e diversi progetti per la reintroduzione o la conservazione di specie faunistiche, quali la coturnice, il capovaccaio, la lontra, la lepre italica.

Uno sguardo d'insieme. Arrivando da Napoli e da Salerno, non appena la strada lascia la costa per inoltrarsi all'interno, dopo Battipaglia, ecco spiccare le vette degli Alburni, le sentinelle del Parco. Sono rilievi di origine sedimentaria composti da rocce carbonatiche calcareo-dolomitiche. Mentre il versante a nord appare dirupato, quello meridionale ha una conformazione più dolce, che lascia spazio a estese faggete e a pascoli. È il regno dei picchi, del colombaccio, della beccaccia e dei rapaci notturni; ma è anche il luogo dove la roccia sprigiona le proprie fantasie, come, per esempio, nella Grotta di Castelcivita, una cavità di quasi 5 km, caratterizzata da un'impressionante alternarsi di ambienti, ornati di concrezioni calcaree. Se gli Alburni sono la vedetta del Cilento, il Monte Cervati ne è la guarnita roccaforte. Con i suoi 1898 m d'altezza è la vetta principe del Parco, a lungo ammantata dalle nevi invernali, gioiosamente rivestita da ciuffi di lavanda in primavera. L'ascensione alla vetta ripaga di ogni fatica per la straordinaria successione di ambienti naturali: dagli oliveti ai pianori carsici, dai boschetti di ontano e leccio alle macchie cespugliate, dalle faggete alle rupi e alle spoglie groppe della sommità. Nella montagna accanto, il Monte Motola, sopravvive anche una rara abetina di abete bianco.

Scendendo da queste selvagge montagne e puntando verso la costa, rilucente di caldi raggi solari, incontriamo Castellabate. La sua marina e Punta Licosa costituiscono le attrattive del versante del Parco affacciato al golfo di Salerno. Più a sud della costa cilentana sono Pisciotta, Palinuro e il suo capo. Il capo è ovunque perforato da nicchie, cave e grotte. Nella grotta delle Ossa, sono immorsati migliaia di frammenti ossei, resti di frequentazioni preistoriche. La leggenda dice che Palinuro, nocchiero della nave di Enea, si fosse innamorato di Kamaratòn, fanciulla dalle belle fattezze, ma dal cuore duro. Il giovane, disperato, affogò seguendo in mare l'immagine dell'amata, che fu trasformata da Venere nella rupe su cui oggi sorge Camerota.

Passeggiando per il parco...

Un fiore che ama il mare. Prende il nome dal timoniere di Enea e dall'omonimo promontorio campano dove cresce nelle fessure delle rocce vietate al sole: la primula di Palinuro (Primula palinuri) è un raro endemismo di questo tratto di costa tirrenica, sino a Maratea, in Calabria. Non più di 50 km di costa sono l'esclusiva dimora di una specie che attira l'attenzione dei botanici di tutta Europa, perché ritenuta la forma ancestrale di tutte le primule spontanee italiane, e perché è l'unica ad aver scelto un ambiente prossimo al mare. Per vederla in fiore, con il suo ciuffo di corolle gialle portate in cima a uno stelo di 10 cm, il periodo è la fine dell'inverno. Non senza ragione, questa bella primula è stata eletta a simbolo del Parco.

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