___________________________________________________________________________________

Davide Valentini, 32 anni, lavora e studia per l'Universita'
di Bologna, e ha appena cominciato a scrivere racconti dopo averlo
desiderato da tempo...

____________________________________________________________________________________

Prima di tutto una buona colazione

 Di Davide Valentini

Si alzò all'improvviso, sorprendendo anche se stesso, visto che pensava di avere tutta l'intenzione di rimanersene ancora un po' a letto a godersi l'aria fresca del mattino. Spinse il tasto play del lettore cd e la camera venne subito inondata da un numero davvero impressionante di note sgorgate in origine da chissà quale chitarra flamenco. A dire il vero non si ricordava nemmeno di avere su proprio quel cd, ma ora ne era contento. Proprio quello che ci voleva, ora. Sìsìsì era proprio felice. Lo poteva dire ad alta voce "FELICE!" . Felicefelicefelice... Nudo come l'aveva fatto mamma, si stiracchiò, in piedi al centro della stanza. E pensò a quali cose buone avrebbe potuto prepararsi per colazione, mentre si lavava, e ai bagordi serali che gli si preannunciavano, mentre si vestiva.

Scese in cucina, mise la caffettiera sul fuoco, e iniziò a spalmare di marmellata di fragole e arance una fetta di pane appena tostato. Stava proprio bene. Di nuovo all'improvviso, di nuovo sorprendendo ancora se stesso, iniziò a danzicchiare per la stanza dirigendosi verso la cassettiera del soggiorno. Ritornò nuovamente in cucina tenendo in mano una pistola di dimensioni medio-grandi, camminando tranquillo e senza più danzare, e si sedette a tavola. Aprì bene gli occhi e guardò attentamente le proprie mani impugnare saldamente l'arma, che sapeva essere carica, e dirigerla verso la bocca. Abbassò la mandibola e lasciò che la canna gli scivolasse fredda tra le labbra, sulla lingua, all'interno dal cavo orale, fino ad appoggiarsi pungente contro il palato. Iniziò a tremare e a sudare leggermente, mentre la presa sul calcio della pistola si faceva sempre più stretta e le nocche delle dita sempre più bianche, esattamente come aveva tante volte visto nei film e immaginava che dovesse succedere nella realtà.
Il dito indice della mano destra iniziò a produrre pressione sul grilletto, in maniera sempre più decisa, e contemporaneamente si ritrovò a strizzare forte gli occhi, proprio come aveva tante volte visto nei film e immaginava che dovesse succedere nella realtà.

E proprio mentre il grilletto cominciava a molleggiarsi oscillando tra la posizione di riposo e quella di sparo, funambolicamente e senza più grosse inibizioni, quello che gli passava per la mente non era affatto il film in bianco e nero della sua vita, proprio come aveva tante volte visto nei film e immaginava che dovesse succedere nella realtà, ma semplicemente una sola, ossessiva, frase: "Ommioddiomioddiomioddio". Nessun altro commento. Nessuna sensazione, se non una voragine di paura, una caduta libera e verticale nel vuoto della morte, un'accelerazione esponenziale verso l'enorme calamita di un fondo nero che non esiste. E l'attesa. Come contrasto alla velocità in cui tutto stava accadendo, l'attesa infinita del rumore, del Grande Botto, dell'Atomica che sarebbe esplosa da lì a poco tra le circonvoluzioni del suo cervello. Il rumore che non arrivava e che seppure fosse arrivato forse non avrebbe neppure fatto in tempo a sentire. Le frazioni di secondo che diventavano anni, proprio perché erano tutte, singole, individuali e contate da Zenone, ma soprattutto le perché erano Ultime.
Era pronto, pronto per il secco istante decisivo, come un centometrista è pronto per il "VIA!" gridato, o un fulmineo mini-mosca carica il jab in attesa del metallo del gong, o ancora un paracadutista aspetta il tre per il salto. Pronti, attenti...
E infatti un sibilo sottile si insinuò nell'aria che lo circondava. Eccoci, ci siamo, e il sibilo diventava più forte fino a trasformarsi in un borbottio. Ma che succede. Non è così che dovrebbe essere. Il borbottio si faceva sempre più distinto e prepotente e solo un paio di attimi-Zenone dopo le dita si rilassarono sul grilletto, riassumendo lentamente un colore normale, e gli occhi si dischiusero, altrettanto lentamente. Si accorse che il caffè era pronto, e la moka ballonzolava leggermente sul gas acceso.
Lentamente come quando ce l'aveva messa, si sfilò la canna di acciaio brunito e ora discretamente umida di saliva dalla bocca semichiusa. Si avviò barcollante verso il gas e spostò in maniera incerta la moka sul fornello vicino, spegnendo il fuoco. Si diresse alla stessa indecisa maniera verso la cassettiera del soggiorno.
La cucina rimase vuota per un po'. Per un bel po' forse, chi lo può dire, ormai il tempo non poteva più essere misurato, non con i canoni normali.
Ma ritornò, ritornò sorridente e saltellante. Danzicchiando per la cucina, al ritmo di una delle ultime canzoni flamenco del cd, felice come una pasqua, versando il caffé a ritmo di musica, e addentando avidamente la fetta di pane tostato e marmellata di fragole e arance. Allungò il caffè con del latte fresco e prese una banana, che sbucciò e masticò goloso.
"Eh sì." disse a voce alta mentre si chiudeva la porta alle spalle "Prima di tutto una buona colazione. E' il modo migliore per cominciare la giornata."