Studi di didattica teorica della filosofia
M. Tozzi, P. Baranger, M. Benoit, C. Vincent
Apprendere a filosofare nelle Scuole Superiori di oggi

Cap. 4
La manifestazione delle rappresentazioni e il loro trattamento didattico

1. Dalle rappresentazioni come ostacolo alle rappresentazioni come punto di appoggio per l'apprendimento della filosofia - A. Farsi carico delle rappresentazioni - B. Il loro trattamento didattico e la nozione di conflitto socio-cognitivo - 2. Alcune metodologie per la manifestazione e il trattamento delle rappresentazioni - A. Il linguaggio delle immagini - B. L'approccio ad un concetto attraverso il Q-Sort  - C. Il metodo delle parole-chiave - 3. Esempio di una sequenza di esercizi: la nozione di libertà

 

Che si tratti di concettualizzare o di problematizzare, la riflessione filosofica crea sempre una frattura con l'opinione. Da qui nasce questo capitolo, trasversale rispetto agli obiettivi-nucleo,  specificamente dedicato alle rappresentazioni

Prima ancora di studiarla, l'allievo ha già formato delle rappresentazioni sulla filosofia e sulle nozioni di cui si ocupa. Non devono essere respinte in gran fretta, se vogliamo avviare una riflessione.

In un primo tempo, noi studieremo i mezzi per far emergere pienamente queste rappresentazioni in modo da farcene carico didatticamente.

Dopo vedremo quali sono i mezzi possibili per mettere in opera le fratture necessarie al loro superamento.

 

1. DALLE RAPPRESENTAZIONI COME OSTACOLO ALLE RAPPRESENTAZIONI COME PUNTO DI APPOGGIO PER L'APPRENDIMENTO DELLA FILOSOFIA

A. Farsi carico delle rappresentazioni

Anche se il concetto di rappresentazione sembra appartenere ad una tradizione di pensiero moderna e contemporanea, l'oggetto di cui parliamo è già stato studiato dalla filosofia greca. E' sulla base del "Conosci te stesso!", grazie alla maieutica socratica, che Platone si interroga sulla "doxa" riguardo alla definizione di "episteme". Nello stesso modo Bachelard pensa la nozione di "opinione" riguardo alla "scienza". Anche se i progetti di Platone e di Bachelard sono differenti, entrambi sanno che l'apprendista-filosofo/studioso non è vergine, sia quanto al sapere da acquisire sia quanto ai modi per acquisirlo: è abitato da rappresentazioni.

Noi preferiamo questo concetto a quelli di opinione, di pregiudizio, di pre-nozione..., perché ha il merito, dopo Durkheim, di tener conto di una dimensione individuale (idiosincrasia nel processo di produzione di una rappresentazione) e di una dimensione sociale (nei contenuti e nel campo della rappresentazione).

Così l'allievo della terminale si è già formato una rappresentazione sulle nozioni del programma: sulla libertà, la felicità, il lavoro, la cultura, la verità..., ed anche sulla filosofia stessa. Quest'ultima rappresentazione, che riguarda ciò che sono - o debbano essere - il pensiero, la pratica, l'insegnamento filosofico, ci interessa particolarmente nella misura in cui esprime (attraverso i tentativi di "teorizzare" e di giustificare) la posizione personale dell'allievo sul desiderio di filosofare, sulla spinta a filosofare.

Noi pensiamo che queste rappresentazioni costituiscano - spessissimo - degli ostacoli all'apprendimento della filosofia nella terminale.

Anche se, per l'allievo, la filosofia può contare a priori su un'aura favorevole (immagine fantastica della libertà dell'espressione filosofica), questo avviene molto spesso a spese della disponibilità allo sforzo e al rigore necessario alla sua pratica. Le rappresentazioni che riguardano i contenuti - e perfino gli autori - del programma sono, anch'esse, di ostacolo perché inesatte, approssimative, ... in rapporto al "sapere" filosofico. Ma esse sono soprattutto di ostacolo a causa del ruolo che giocano nel dinamismo del pensiero dell'allievo. Fattori degli equilibri psichici e cognitivi, esse affondano le loro radici nell'esperienza, nell'interesse, e soprattutto nei valori personali dell'allievo. Non ci sono dunque soltanto elementi cognitivi e sociali nelle rappresentazioni, ci sono anche le dimensioni comportamentali, affettive, assiologiche... "che traducono i bisogni in conoscenze" (Bachelard), e dunque esse sono accompagnate da una grande resistenza al cambiamento.

 

B. Il loro trattamento didattico e la nozione di conflitto socio-cognitivo

E' questo legame tenace dell'allievo alle rappresentazioni che riduce l'efficacia di ogni insegnamento della filosofia che pretenda di ignorarlo. Non voler farsene carico, rifiutare l'espressione scritta o orale in classe delle rappresentazioni (in nome del fatto che questa espressione non può che generare dell'altra confusione nella mente dell'allievo), scegliere deliberatamente di mettere l'allievo subito in contatto con il "sapere filosofico autentico" significa:

- al peggio, vedere l'allievo manifestare posizioni di ostilità, e perfino rifiutare l'insegnamento filosofico;

- al meglio, significa coprire queste rappresentazioni con una sorta di vernice pseudo-scientifica che non mancherà di venir via lasciando così libero corso alle rappresentazioni talvolta con maggior vigore che prima, oppure finirà col mescolarsi ad esse producendo una ben curiosa mistura. E' così poi troviamo numerosi errori e sciocchezze nelle dissertazioni, ci meravigliamo per i risultati scadenti di allievi ripetenti, ... tutti indicatori che potrebbero certo far dubitare che questi allievi abbiano avuto un insegnamento filosofico.

Noi ci rifiutiamo di praticare la politica dello struzzo e di fare come se le rappresentazioni degliallievi non esistessero o fossero senza conseguenze sul loro apprendimento.

Proseguendo i lavori di Bachelard, le ricerche didattiche sul farsi carico delle rappresentazioni nell'insegnamento delle scienze sperimentali si fondano sulla nozione di taglio. Così Migne propone una metodologia che parte col far emergere e raccogliere le rappresentazioni prelimari, prosegue con l'insegnamento che mette l'allievo davanti al "sapere scientifico", per tornare infine ad una critica severa delle rappresentazioni iniziali in una sorta di "pentimento intellettuale".

Il "sapere filosofico", però, non ha lo stesso statuto del "sapere scientifico": non c'è alcuno strumento di convalida esterna; il concetto di verità non ha lo stesso significato; il riconoscimento universale da parte della comunità scientifica non avviene nello stesso modo. Visto questo, il radicamento delle rappresentazioni degli allievi nelle pratiche sociali ci invita a rivolgerci piuttosto verso i lavori dell'équipe di Albertini e dei professori di scienze economiche e sociali che tendono a fondare una didattica delle rappresentazioni che pone in rapporto dialettico continuità e frattura.

Invece che istituire subito un confronto diretto tra le rappresentazioni iniziali degli allievi e il "pensiero costituito e costituente" dei grandi filsoofi, noi preferiamo favorire il passaggio da una rappresentazione iniziale a un'altra più complessa e più pertinente. La continuità sarà assicurata dalla organicità della metodologia didattica che sarà messa in atto successivamente. Quindi, considerato isolatamente, ciascuno dei metodi utilizzati si sforza di generare, da solo, una "micro-frattura" nel sistema delle rappresentazioni dell'allievo. In questo cammino intellettuale che noi tentiamo di mettere in atto è sempre necessario preoccuparsi di avere di mira un "sapere filosofico" che gli conferisca il suo senso.

Preferire la strategia delle successioni di micro-fratture alla strategia del taglio netto è una scelta didattica fondata sull'osservazione del peso affettivo e ideologico delle rappresentazioni unito alla necessità di mantenere il "desiderio di filosofare" degli alievi. E' vero che non può esserci alcun superamento della rappresentazione senza una "rettifica degli errori", senza un "pentimento intellettuale". E' vero che la resistenza a questa (auto)critica è la misura degli equilibri (certo talvolta illusori) che caratterizzano la rappresentazione. Ma è vero anche che non si danno pratiche filosofiche - e più genericamente di apprendimento - senza un investimento e una aspettativa del soggetto. Per questa ragione, soltanto una strategia didattica che cerca di accompagnare la frattura può garantire (e perfino rinforzare) il "desiderio di filosofare" dell'allievo.

Certo, alcuni allievi hanno una rezione iniziale talmene positiva alla disciplina, all'insegnante, alla scuola o al sapere che non è affatto necessario prendere tante precauzioni. Certo, alcuni allievi hanno acquisito nella loro vita scolastica anteriore o nel loro ambiente culturale una abitudine e una capacità a mettere in questione le loro rappresentazioni che la resistenza è meno forte e l'attesa di un vantaggio culturale è più marcata. Ma - ed è questo che ha fatto nascere il progetto di quest'opera - la classe terminale raccoglie oggi anche allievi diversi da questi, allievi che per il loro ambiente culturale non hanno né questo rapporto a priori positivo con la materia né questa capacità.

Partire dalle rappresentazioni degli allievi, organizzare la loro manifestazione, favorire una presa di coscienza chiara in chi le produce, provocare in lui un "de-centramento" (cioè uno sdoppiamento intellettuale che crea la distanza sufficiente per osservare con sguardo critico le proprie dinamiche cognitive), e contribuire così all'evoluzione di queste rappresentazioni: tutto questo permette di trasformarle in punti di appoggio per l'apprendimento filosofico degli allievi.

Non ci inganniamo: dare la parola agli allievi non è un artificio demagogico con cui l'insegnante si pone al livello dell'opinione e confina a questo livello gli allievi. E' proprio per favorire le fratture che l'opinione deve essere utilizzata, piuttosto che essere subito negata da parte dell'insegnante. Infatti è la sua manifestazione che permetterà all'allievo di "lavorare" su di essa.

Nello stesso modo, il confronto delle opinioni degli allievi non presuppone per nulla un relativismo in cui tutti i punti di vista si equivalgono, perché si tratta piuttosto di argomentare, cioè di non ammettere alcuna tesi che non sia razionalmente fondata, e di cercare per questa argomentazione il "miglior argomento", come dice Habermas, cioè quello che può essere universalmente condiviso.

Rimane adesso da elaborare una metodologia per far emergere le rappresentazioni, per la loro presa di coscienza e il loro trattamento didattico.

Qualche parola sui referenti teorici su cui ci basiamo: l'attitudine al de-centramento non è un dato, essa può essere oggetto di educazione. Coloro che sono stati formati dalla precedente vita familiare o scolastica sanno - o osano più facilmente - de-centrarsi: essi fanno pienamente tesoro della parola dell'insegnante e della lettura del testo filosofico per rettificare le loro rappresentazioni. Talvolta questo de-centramento diventa più visibile in occasione di una dissertazione o di un intervento orale in classe. Altre volte essi devono imparare a de-centrare e resistono a farlo. In questa difficile relazione cognitiva con se stessi la mediazione dell'altro facilita la soluzione di quello che i neopiagetiani (Perret-Clermont) hanno chiamato il "conflitto socio-cognitivo" e alcuni filosofi "opposizione tra scuola e società".

E' nella interazione sociale che l'elemento cognitivo può esser costruito ad alcune condizioni. Un conflitto costruttivo riguardo ad un certo punto di vista può verificarsi tra gli individui di un gruppo allo stesso tempo omogeneo (si parla della stessa cosa, nello stesso linguaggio) ed eterogeneo (ma non si dice la stessa cosa). Bisogna però che il conflitto sia centrato sulla nozione filosofica che è oggetto di apprendimento (quanti lavori di gruppo si perdono per altre vie!). Bisogna inoltre che la comunicazione sia di natura euristica e non eristica (tipica di una controversia che non ha altro fine se non quello di prevalere sull'altro) o, per riprendere i termini di Perelman, che vi sia discussione e non dibattito (quel cattivo uso del dibattito non preparato nella classe di filosofia!).

E' il carattere preciso e strettamente controllato dei compiti dati agli allievi che evita queste due derive. Certo, non è necessario che questo conflitto abbia per forza luogo tra due allievi: può avere valore formativo il conflitto riguardo ad un certo punto di vista nel discorso del professore o nel testo filosofico. Tuttavia, è noto che per alcuni allievi la differenza culturale è tale (non si parla lo stesso linguaggio!) che si preferirà, procedendo per gradi in modo rassicurante - in un primo tempo almeno -, che il conflitto socio-cognitivo si instauri tra pari. Infine, ricerche recenti hanno mostrato che la soluzione cognitiva individuale che un tale conflitto genera può non essere presente in uno dei punti di vista a confronto. Tuttavia, la ristrutturazione mentale che quest'ultimo produce può aver luogo ben dopo il tempo in cui il conflitto è avvenuto, e va molto al di là dell'oggetto di cui si è discusso.

Così, partendo dalle rappresentazioni e servendosi di queste strategie didattiche, l'insegnante può condurre l'allievo sul cammino della riflessione filosofica.

Precisiamo bene un punto: noi non pretendiamo certo che la semplice discussione tra gli allievi sia sufficiente a garantir loro l'accesso, per la sola virtù della contraddizione, alla riflessione filosofica. Un dibattito tra chi sostiene "Tale padre, tale figlio" e chi sostiene "A padre avaro, figlio prodigo" non si eleverà necessariamente, per il miracolo del confronto tra discorsi diversi, rispetto al livello delle opinioni proverbiali.

Pertanto: prendere coscienza che un altro pensa diversamente da me e che può avere ragioni serie per farlo, la necessità di dover rispondere dal proprio punto di vista: tutto questo obbliga ad organizzare il discorso de-centrando la propria soggettività, per poco che ci si ponga ad un livello razionale. Si deve dunque - visto che con alcuni allievi non si può proprio fare altrimenti - lavorare a monte del pensiero filosofico, dal momento che si tratta di un primo avvio; rendere possibili le condizioni (benché ancora insufficienti) perché l'allievo si scuota: favorire l'espressione e la giustificazione di ciò che si "pensa", di ciò che si ascolta, e la comprensione del "pensiero" dell'altro e delle sue obiezioni, la risposta argomentata all'altro, e così via. Vi sono qui già alcuni elementi di frattura con la pseudo-evidenza della opinione spontanea e non fondata.

La mediazione dell'insegnante resta qui fondamentale per la definizione delle regole del gioco di una autentica discussione, per presentare le contraddizioni e i testi, per portare avanti le dottrine e le tesi a partire da certe formulazioni degli allievi, per problematizzare le alternative o per permettere dei superamenti. Ciò che alcuni denigreranno sotto la dicitura di "psico-sociologia di gruppo" è per noi la capacità di confrontare le proprie opinioni al fine di superarle attraverso la loro concettualizzazione o la loro problematizzazione.

 

2. ALCUNI METODOLOGIE PER LA MANIFESTAZIONE E IL TRATTAMENTO DELLE RAPPRESENTAZIONI

Per illustrare il nostro percorso proponiamo adesso alcuni metodi possibili (nella terza parte proporremo poi una loro più complessa strutturazione unitaria). Ciascuno non ha senso se non utilizzato nella prospettiva di una didattica della filosofia, se è utilizzato per se stesso.

1) Il linguaggio delle immagini permette che le rappresentazioni emergano dal "sistema-valori-affetti" dell'individuo. Nel passaggio dall'immagine impregnata di affettività alla sua verbalizzazione e poi al confronto della propria rappresentazione con quella degli altri, c'è già un abbozzo di cammino personale. Dal punto di vista filosofico, l'immagine facilita l'espressione dell'opinione; la formalizzazione discorsiva favorisce il passaggio al momento astratto della concettualizzazione; i confronti favoriscono la problematizzazione e l'argomentazione.

2) Il Q-Sort lavora ad un livello più cerebrale, partendo dalla definizione della nozione. Permette a ciascun allievo di individuare la prossimità o la lontananza della propria rappresentazione da questa o quella concezione, e provoca un contatto cognitivo con gli altri, che in questo caso sono i suoi pari.

3) L'esercizio delle parole-chiave parte sì dal linguaggio, ma in modo più associativo e più legato al modo in cui si parte.

Ci sono altri vantaggi nel variare gli strumenti dai quali si parte. Il linguaggio delle immagini fa appello più all'area "limbica" del cervello (affettività) che all'area "corticale", contrariamente alle altre due. L'esercizio delle parole-chiave permette una partenza più creativa, ma meno rassicurante, del Q-sort, e così via.

 

A. Il linguaggio delle immagini

Esercizio n. 1:

Fra questo gruppo di dieci immagini scegli quelle che

- rappresentano meglio la tua concezione del filosofo, o della passione, o della giustizia, o della libertà, ecc.;

- ne sono le più lontane.

Note: a) le immagini devono esser accuratamente scelte dall'insegnante per il loro valore connotativo; b) l'immagine favorisce la partecipazione personale e l'ascolto degli altri. Interessa l'allievo come mezzo di comunicazione. Permette all'allievo di manifestare la radice affettiva della sua rappresentazione e al professore di individuare il punto di resistenza alla sua evoluzione.

Esercizio n. 2:

Giustifica individualmente e per iscritto le tue scelte positive e negative, e concludi con una proima definizione del concetto.

Nota: il lavoro individuale da svolgersi per iscritto degli esercizi n. 2 e 5 favorisce la formalizzazione del pensiero.

Esercizio n. 3:

Presenta oralmente, in piccoli gruppi o a tutta la classe, il commento alle tue immagini e la tua definizione.

Nota: l'oralità diversifica l'espressione della rappresentazione e implica la relazione con gli altri.

Esercizio n. 4:

Discuti con i tuoi compagni.

Note: a) è la fase del conflitto socio-cognitivo attraverso il confronto tra pari; b) davanti a tutta la classe l'insegnante deve valorizzare la pluralità delle concezioni e fare chiarezza su ciò su cui si è d'accordo e ciò su cui non lo si è; c) l'insegnante può guidare gli allievi verso altre concezioni, o proporre un testo filosofico che stimoli il pensiero.

Esercizio n. 5:

Formula ora, individualmene e per iscritto, una nuova definizione del concetto.

Esercizio n. 6:

Che cosa hai modificato e perché? (la risposta può essere data oralmente o per iscritto).

Note:

la presa di coscienza avviene:

- al livello meta-cognitivo dell'evoluzione di una rappresentzione attraverso l'impatto con gli altri;

- al livello concettuale degli elementi di approfondimento.

 

B. L'approccio ad un concetto attraverso il Q-Sort (esempio: la filosofia)

Il Q-Sort (Quality-Sort significa in inglese "Selezione di Qualità") è un tipo di esercizio che consiste nel proporre all'allievo un certo numero di definizioni di una nozione. Più sotto elenchiamo ventun items che sono altrettanti approcci al filosofare. Si possono così introdurre delle definizioni dossografiche. Assegnando come compito all'allievo di scegliere positivamente o negativamente tra queste concezioni, lo si guida a prendere posizione rispetto alle proprie rappresentazioni. Domandandogli poi di chiarire le sue scelte e di confrontarle con gli altri, lo si mette in una situazione di "conflitto socio-cognitivo" che può far evolvere le sue rappresentazioni iniziali.

Filosofare significa...

1. elaborare un insieme di domande, una problematica;

2. riflettere sui problemi che non possono avere una soluzione scientifica o tecnica;

3. tentare di risolvere i problemi fondamentali dell'uomo;

4. dubitare di ogni evidenza;

5. sapere una sola cosa, ed è che non si sa nulla;

6. ricercare le verità prime;

7. fondare il proprio pensiero sulla ragione, convincere attraverso argomenti pertinenti;

8. sapere ascoltare gli altri, dialogare;

9. tentare di conoscere se stessi;

10. costruire un sistema globale di spiegazione del mondo;

11. trasformare il mondo e non soltanto interpretarlo;

12. trasformare se stessi puttosto che l'ordine del mondo;

13. diventare un superuomo;

14. volere che le cose vadano come vanno, non come si vorrebbe che andassero;

15. agire secondo virtù, per rispetto del dovere;

16. cercare la felicità attraverso il piacere misurato;

17. essere maestri di se stessi; dominare le passioni attraverso la ragione;

18. elevare la propria anima al di sopra del proprio corpo;

19. sapere se la vita vale la pena di esser vissuta;

20. imparare a morire;

21. farsi discepoli di un maestro di pensiero, di vita.

(da Cahiers Pédagogiques n. 270, gennaio 1989)

A titolo di esempio si possono distinguere quattro fasi da svolgersi all'inizio dell'anno:

1) un lavoro individuale nel corso del quale ciascun allievo deve scegliere le due definizioni che gli sembrano le più adeguate e le due che gli sembrano le meno pertinenti, giustificando le sue preferenze e i suoi rifiuti attraverso argomentazioni scritte.

2. Un lavoro per piccoli gruppi (da due a cinque allievi) in cui gli allievi chiariscono le loro scelte e discutono i loro argomenti (non per convincersi l'un l'altro, ma per capirsi).

3. Un lavoro collettivo in cui l'insegnante raccoglie gli argomenti di ciascuno e i punti chiave discussi nei gruppi, li chiarisce, li confronta e li critica assieme a tutta la classe.

4. Una sintesi ex-cathedra in cui le concezioni sono collocate nella storia e riferite a delle problematiche, illustrate attraverso le divergenze e le complementarità dei filosofi.

Utilizzabile come introduzione, questo Q-Sort, sistema di riferimento concettuale, sarà ripreso come sintesi parziale o globale di elementi progressivamente approfonditi nel corso dell'anno.

Si potranno così chiarire questi items in diversi modi:

1) Gli "autori" e le loro "dottrine". A esempio: Socrate (20), Epicuro (16), Epitteto (14), Cartesio (4), Hegel (10), Marx (11), Nietzsche (13), Freud (9), Camus (19), ecc.

2) Le definizioni più oscure rilevate dagli allievi (ad esempio la 13).

3) Le relazioni tra

- i possibili percorsi (ad esempio da 1 a 3, da 4 a 5 o 6, da 8 a 7);

- le opposizioni (ad esempio 5 e 10, 10 e 11, 11 e 12, 15 e 16);

- le affinità (ad esempio tra 12 e 14, tra 17 e 18, tra 18 e 20).

4) Il vocabolario utilizzato. Ad esempio: problematica/evidenza; dovere/sapere/fondare; cercare/risolvere; domande/verità/soluzione/sistema; spiegare/trasformare; conoscersi/trasformare; anima/corpo; passione/ragione, virtù/piacere/felicità; pensare/agire; vita/morte; discepolo/maestro, ecc.

N.B. - Questo lavoro può essere realizzato anche con altre nozioni (ad esempio: la libertà).

 

C. Il metodo delle parole-chiave (esempio: il linguaggio)

Questo metodo si fonda sulla corrispondenza tra il tema affrontato e le situazioni che gli allievi vivono. "Verbalizzare", "comunicare", "leggere", "ascoltare", "esprimere il proprio accordo o il proprio disaccordo", "spiegare le proprie scelte", "riformulare", "argomentare", "problematizzare": tutto questo pone l'allievo nel cuore stesso del linguaggio... attraverso le rappresentazioni che egli se ne fa, attraverso le difficoltà che incontra nell'espressione delle sue idee e nella comprensione di quelle degli altri.

Si tratta di una messa in situazione a proposito del linguaggio che mette in gioco il linguaggio e permette di "pensar" meglio...

 

La manifestazione delle rappresentazioni

a) Verbalizzare le rappresentazioni in "parole-chiave". Dopo aver spiegato agli allievi gli obiettivi da perseguire e lo svolgimento delle procedure, il professore assegna i seguenti compiti:

Compito n. 1:

Scrivete individualmente e in silenzio quattro parole che esprimano ciascuna un carattere essenziale del linguaggio (una parola-definizione come "Comunicazione"), o che indichino un problema sollevato dal linguaggio (una parola-problema, per esempio "animali" in riferimento a "Gli animali hanno un loro linguaggio?")

Nota: le parole-definizione preparano alla concettualizzazione; le parole-problema preparano alla problematizzazione.

Compito n. 2:

Dopo aver annotato queste parole, spiegate per iscritto per ciascuna di esse perché l'avete scelta.

Nota: c'è un tempo di riflessione individuale in cui ciascuno "fa il punto".

A titolo di esempio ecco il materiale raccolto al momento della realizzazione dell'esercizio.

Parole scritte da ciascun allievo sul suo foglio (tra parentesi diamo il numero delle volte in cui queste parole sono state citate su 31 allievi): comunicazione (16), parola (parole) (13), parola (mots) (10), segno (9), codice (5),

- informazione, simbolo, pensiero, espressione, dialogo, cultura (più volte),

- concetto, altri, società, discorso, discussione (almeno due volte),

- ed anche: apprendimento, retorica, comprensione, autenticità, senso, traduzione, gesto, corpo, dialetti, relazione, complicità, amore, insegnare, impersonale, superficialità, ecc.

E' importante precisare bene che non si tratta di una associazione spontanea di idee, oppure di fare appello a delle immagini. Si tratta piuttosto di "obiettivare" le rappresentazioni del linguaggio per la loro verbalizzazione.

b) Comunicare, leggere le "parole-chiave"

Compito n. 3:

Un terzo della classe deve comunicare ciò che ha annotato. Coloro che lo desiderano vengono ad uno ad uno a scrivere alla lavagna una sola parola per volta. Durante questo tempo gli altri leggono queste parole nel più grande silenzio. Ricordatevi della persona che ha scritto e lasciatevi interpellare da ciascuna parola.

Nota: l'allievo che va a scrivere compie un percorso personale e volontario davanti agli altri, sia per il fatto che va a scrivere sia perché comunica a tutti la sua risposta al compito. Gli altri allievi non soltanto leggono, ma partecipano anche con la qualità del loro silenzio e della loro attenzione.

c) Reagire alle "parole-chiave"

Compito n. 4:

Gli allievi di un altro terzo della classe vanno a barrare una parola (anche già barrata) con la quale non sono d'accordo. Può essere una parola che, a loro avviso, non caratterizza essenzialmente il linguaggio o che non induce alcun problema quanto al linguaggio.

In silenzio, uno per uno, chi lo desidera viene alla lavagna; dopo essere ritornato al suo posto, annoterà per iscritto per quale ragione ha barrato quella parola.

Compito n. 5:

Gli allievi dell'ultimo terzo della classe, sempre in silenzio, vanno alla lavagna a sottolineare una parola che a loro avviso è davvero una "parola definizione" o una "parola problema". Uno per uno, chi lo desidera può sottolineare una parola anche se è già stata barrata o sottolineata; tornato al posto, ciascuno annoterà per iscritto per quale ragione ha sottolineato quella parola.

Nota: alcuni allievi hanno talvolta delle reazioni di tipo affettivo quando una delle "loro" parole è barrata o sottolineata. E' necessario sottolineare che, per esempio, barrare una parola non implica nulla riguardo alla persona che l'ha scritta, ma apre piuttosto un dibattito di idee.

Qui gli allievi giustificano ciò che hanno fatto (scrivere, barrare, sottolineare) annotando le ragioni per iscritto, in modo che esse siano argomentate. Questo prepara il seguito del lavoro collettivo.

 

L'espressione collettiva delle rappresentazioni

a) Rendere esplicito il consenso apparente

Il professore prende le parole più sottolineate. Per ciascuna di esse chiede a quello che l'ha scritta, e dopo a quello o a quelli che l'hanno sottolineata, qual è la ragione del loro comportamento. Gli allievi spiegano le loro scelte. Il professore valuta la realtà del consenso e individua progressivamente le scelte che corrispondono a degli attributi del concetto ed anche i problemi sollevati.

b) Rendere esplicito il dissenso apparente

Il professore prende ora la o le parole più barrate, quindi la o le parole barrate e sottolineate, una per una. Domanda a ciascuno perché ha scritto, barrato o sottolineato questa parola. Rileva così le eventuali divergenze apparenti o gli pseudo-consensi.

Nota: gli allievi non discutono tra loro, ma si interrogano sulle ragioni che li hanno condotti a sottolineare: hanno davvero sottolineato per le ragioni messe in luce? o per altre? complementari? contraddittorie? ed ancora, hanno barrato per ragioni con sono in contrasto con quelle emerse? o per ragioni del tutto diverse?

Nel corso di questo dialogo che permette di chiarire le scelte di ciascuno il professore opera delle sintesi parziali e mette in luce gli attributi del concetto così come i problemi incontrati (per esempio: quelli posti dalla polisemia delle parole).

 

L'emergere delle problematiche

a) Confrontare le proprie rappresentazioni

L'emergere delle problematiche è possibile a partire da divergenze reali, che danno luogo a mini-dibattiti. Questi dibattiti permettono all'insegnante, attraverso piccole precisazioni, di circoscrivere con esattezza il problema sollevato, le tesi esposte e gli argomenti avanzati.

Nota: questa tappa è quella del confronto delle rappresentazioni: i mini-dibattiti devono essere strutturati in modo da permettere la formulazione di precise argomentazioni e facilitare le sintesi. Chi interviene deve sempre esporre la propria opinione prima di argomentarla con le proprie analisi.

b) Formulare delle domande

Al termine di questo lavoro, l'allievo formula per iscritto due o tre domande che gli sembrano essenziali per il linguaggio a partire dalle sue rappresentazioni personali e dai dibattiti che hanno avuto luogo. Queste domande, raccolte dal professore, sono ricopiate in un foglio e presentate agli studenti la lezione successiva.

Nota: le domande, in grande maggioranza, portano il segno del lavoro di riflessione effettuato, quanto alla loro pertinenza. Esse rinviano a delle problematiche diversificate e preparano quindi ulteriori approfondimenti al tema trattato.

Ecco alcune domande formulate per iscritto alla fine della sequenza:

- Esiste un linguaggio universale?

- Perché esistono lingue differenti?

- Il linguaggio si identifica con la parola?

- Se le parole sono "di tutti", può esistere una parola personale?

- I nostri sentimenti trovano nel linguaggio un modo privilegiato di espressione?

- Le parole hanno lo stesso senso per tutti?

- Il linguaggio tradisce il nostro pensiero?

- Il linguaggio è proprio dell'uomo?

- Perché si parla?

 

3. ESEMPIO DI UNA SEQUENZA DI ESERCIZI: LA NOZIONE DI LIBERTA'

La strategia didattica che segue è stata messa in pratica in una terminale C per lo studio della nozione di libertà, trattata come una "questione a scelta". Questo lavoro, iniziato a gennaio, è proseguito fino alla fine dell'anno, alternato ad altre attività della classe.

 

A. La manifestazione delle rappresentazioni

Una via maestra per far emergere le rappresentazione è il libero colloquio individuale. Questo metodo non è praticabile in classe, se non in via sperimentale, con uno o due allievi, per mettere a punto con rigore il testo di un questionario. Quest'ultimo deve essere costruito in funzione di una griglia di lettura preventivamente definita in vista dell'uso didattico progettato, griglia che tuttavia non deve trasparire nel questionario per non falsare la raccolta dei dati.

Questo lega intimamente gli indicatori legati alla natura stessa dei processi rappresentativi e gli indicatori legati al contenuto del tema specifico delle rappresentazioni osservate.

La raccolta d'informazioni

Si parte da quattro domande aperte che richiedono risposte individuali scritte.

1. Chi è un uomo libero?

2. Cita alcune libertà individuali e collettive.

3. Perché le libertà non vengono rispettate?

4. A che cosa vi fa pensare l'espressione "diritti dell'uomo"?

Il lavoro prosegue con un disegno realizzato grazie alle indicazioni seguenti scritte sul retro del foglio di carta fornito per il disegno (formato 15 x 21):

Disegna meglio che puoi:

- ciò che rappresenta per te la libertà *;

- ciò che rappresenta per te un attacco alla libertà *.

(* Cancella la frase che non scegli)

La griglia di lettura

Indicatori legati al processo di produzione della rappresentazione:

- presenza o meno di riferimenti all'attualità tratti dai media (ad esempio: bicentenario della Rivoluzione Francese, avvenimenti recenti nei paesi dell'Est o in Sud Africa, ...);

- parti con riferimenti personali, impliciti o espliciti, nello scritto o nel disegno, con il sistema di simboli utilizzato e i valori espressi;

- grado di elaborazione della rappresentazione (Moscovici) a tre livelli: descrittivo, pragmatico (strumentale o operativo) o sistemico-concettuale.

Indicatori legati al contenuto tematico (la libertà) della rappresentazione:

- campo della rappresentazione o caratteristiche delle nozioni poste in connessione con il concetto di libertà;

- libertà presentata come un fatto o presentata come un atto, un processo;

- libertà presentata attraverso l'enunciazione (enumerazione) delle sue caratteristiche, della rivendicazione di alcune di esse oppure della denuncia degli attacchi cui è sottoposta.

 

B. Presa di coscienza e prima messa in questione

Il professore esamina con l'aiuto della griglia l'insieme delle produzioni degli allievi, e questo gli permette (soprattutto attraverso l'analisi del campo della rappresentazione) di ricavare informazioni preziose per scegliere i passi dei classici della filosofia da studiare in classe, ed anche per sapere in quale direzione dovrà - più tardi - sviluppare e rendere esplicita la sua problematica.

Così in questa classe la libertà è vista come libertà di opinione (26 citazioni), libertà di movimento (18), rispetto dei diritti dell'uomo (15), rispetto delle libertà democratiche (ad esempio: diritto di voto) (15), libero arbitrio (14), assenza di costrizioni (12), rispetto della legge e del diritto (11), rispetto del prossimo (11), ... mentre è più debolmente associata alle nozioni di eguaglianza (8), di diritto alla differenza (7), di lotta per una liberazione (4), di proprietà (2), o di progetto (2).

Ma noi abbiano scelto di fare soprattutto una lettura personalizzata della produzione di ciascuno. Gli allievi erano stati avvertiti - prima ancora di rispondere al questionario e di fare i loro disegni - che il professore avrebbe redatto per ciascun allievo un testo di analisi della sua produzione. Questo lavoro di analisi può apparire impegnativo; in realtà, con un po' di pratica, richiede più o meno lo stesso tempo che la correzione di un pacco di dissertazioni. Soprattutto, questo lavoro non deve essere ripetuto per ciascuna delle nozioni del programma, e si può ipotizzare che questa attività sia un'occasione che permetta all'allievo di penetrare a fondo nel mondo del suo sistema di rappresentazioni globali, ma anche di acquisire abitudini e metodi di pensiero che l'aiuteranno, per l'avvenire, a fare da sè.

Il testo scritto dal professore non è un commento alla produzione degli allievi, ma una analisi; non è una correzione, ma una valutazione e in questo senso ha il diritto di interpellare, di mettere in questione. Per alcuni allievi, si dovranno raddoppiare gli sforzi per indurre una evoluzione nella rappresentazione.

 

Un esempio: il compito di Christelle

1. Chi è un uomo libero?

"Un uomo libero è un uomo che vive in un mondo in cui può realizzare numerosi progetti, in cui può agire. L'uomo libero non vive nella cella di una prigione; può andare dove vuole; non importa in che modo. L'uomo libero è quindi padrone del proprio libero arbitrio: ha il potere di pensare, di decidere. E' dunque in una condizione di libertà di scelta, di movimento, di pensiero. Tuttavia l'ambiente dell'uomo genera una differenziazione tra gli uomini liberi. Gli uomini sono liberi in modi diversi, nelle società del mondo. Se in una società gli uomini sono liberi nei loro movimenti ... in un'altra l'uomo libero non ha questa libertà: ne possiede delle altre.

L'uomo libero può essere identificato per la sua autonomia. L'uomo senza costrizioni tende a svilupparsi, ad affermare le sue opinioni senza contrasti esteriori.

L'uomo libero si trova dunque in posizione opposta allo schiavo".

2. Cita alcune libertà individuali e collettive

"L'uomo possiede alcune libertà individuali come la libertà di pensiero. Gli uomini, del resto, sono tutti differenti fisicamente e intellettualmente. Gli uomini si sviluppano, ma in maniera differente gli uni dagli altri: essi hanno dunque il diritto e la possibilità di ragionare differentemente. Essi hanno dunque una libertà d'opinione.

L'uomo inoltre, se possiede la lbertà di pensiero, deve poter affermare esplicitamente il suo pensiero; l'uomo deve dunque avere la libertà di parlare, di affermare le proprie idee, di avere dei sentimenti per qualcuno o per qualcosa. Il sentimento è qualcosa di personale. Ciascun individuo può quindi avere la libertà di possedere caratteri propri, che sono solo suoi. L'uomo deve quindi avere la possibilità di vivere con numerose persone, di viaggiare dove vuole, di riunirsi in comunità, di essere libero di lavorare, di potersi nutrire, studiare, di avere dei diritti costituzionali. Tutti gli uomini devono poter acquisire gli stessi diritti. Non devono esservi differenze tra gli esseri umani".

3. Perché le libertà non vengono rispettate?

"E' da sottolineare che le libertà non vengono rispettate quando gli uomini tentano di fuggire dai loro paesi per mancanza di libertà, quando i giornalisti denunciano gli orrori della guerra, la realtà della vita in certi paesi, le ingiustizie nel mondo... quando gli scrittori sono sottoposti a censura, ed è negata la libertà di opinione, quando gli uomini devono mendicare per non morire di fame, quando gli uomini sono torturati, quando gli uomini non possono più lavorare, viaggiare; gli uomini non rispettano più la libertà quando non possiedono più la libertà di movimento, ad esempio: gli uomini nei paesi dell'Est."

4. A che cosa vi fa pensare l'espressione "diritti dell'uomo"?

"Questa espressione mi fa pensare alle diverse leggi che sono state fatte al momento della costituzione dei diritti dell'uomo e del cittadino.

Gli uomini devono essere liberi ed eguali, di pensare, di lavorare, di vivere.

Il testo dei diritti dell'uomo tende a diminuire gli orrori, le ingiustizie nel mondo, tuttavia gli uomini oggi non sono liberi.

I diritti dell'uomo inglobano l'individuo, la libertà degli individui.

Il razzismo non dovrebbe esistere, gli uomini dovrebbero essere considerati tutti nello stesso modo."

Ecco il disegno di Christelle

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Analisi dei lavori di Christelle da parte del professore

Lo scritto di Christelle a livello descrittivo lascia trasparire tre dimensioni:

1. L'enumerazione delle caratteristiche della libertà: "La libertà è, per te, innanzitutto libertà di movimento, libertà fisica, assenza di impedimenti fisici, non essere imprigionati. E' poi libertà di pensiero, libertà di scelta, di decisione, libero arbitrio (l'espressione è esplicitamente citata), autonomia. Quest'ultima caratteristica è messa in relazione con la libertà di espressione o libertà di opinione.

Caratteristiche della libertà appaiono anche l'assenza di costrizioni e il potere di far dei progetti. Infine la libertà si oppone alla condizione di servitù."

2. La denuncia degli attacchi a questa libertà: "Denuncia degli attacchi alla libertà di movimento (nelle sue differenti forme), alla libertà di espressione. Denuncia della tortura. Sono poi denunciati gli attacchi ai diritti dell'uomo (diritto al lavoro, al cibo, all'educazione, alla libertà di associazione, ecc.). Infine è menzionato l'attacco alla eguaglianza dei diritti (denuncia del razzismo)."

3. La rivendicazione: "Tu rivendichi la libertà di movimento, la libertà di opinione, il rispetto dei diritti dell'uomo, l'eguaglianza dei diritti per tutti, ma anche il diritto alla differenza.

Il secondo livello del grado di elaborazione della rappresentazione (livello pragmatico) non è quasi presente, se non sotto la formula semplicistica della costatazione dell'incompletezza della libertà di pensiero senza la libertà d'espressione.

Il terzo livello di elaborazione organizza alcune delle caratteristiche descritte in un vero sistema concettuale.

Partendo dalla costatazione delle differenze psicologiche e intellettuali, tu rivendichi per gli uomini il diritto alla differenza. Questo diritto alla differenza ti porta ad un duplice relativismo. Relativismo individuale: la libertà viene vissuta attraverso un sentimento personale di libertà che è differente da un individuo all'altro. E' poi affermato un relativismo culturale: "Gli uomini sono liberi in differenti modi nelle società del mondo". Ciò che è libertà qui può non esserlo atrove.

Mentre il tuo testo fa riferimento ai paesi dell'Est, il tuo disegno fa riferimento all'Africa del Sud ed al Venezuela, che appaiono esplicitamente associati perché richiamano una situazione di prigionia."

Questo disegno denuncia l'attacco alla libertà di movimento (in quello che è chiamato "un inferno"), usando come simboli la prigione, le sbarre, le catene. Sembra che la libertà minacciata sia di ordine politico e che chi ne è privato non abbia altra via che la richiesta d'aiuto. Non potrebbe liberarsi da sé?

Il professore restituisce a ciascun allievo il suo lavoro accompagnato dall'analisi-valutazione, ma dà anche il seguente questionario:

1) Il testo che ti è stato consegnato ti sembra una interpretazione corretta del tuo pensiero così come l'hai espresso nel disegno e nelle risposte al questionario? Se sì o se no, in che cosa e perché?

2) Le tue idee sono cambiate tra il momento in cui hai disegnato e risposto al questionario e il momento in cui ricevi questo testo? In che cosa e perché?

3) La lettura di questo testo ha modificato le tue idee introducendovi delle caratteristiche o delle visioni di cose nuove? Quali? In che cosa e perché?

4) Se lo desideri, il dialogo iniziato con questi testi può proseguire per iscritto.

Questo questionario, da riempire a casa, ha come obiettivo dichiarato di mettere in luce alcuni errori di interpretazione - sempre possibili - ma tende anche a guidare l'allievo nel processo di messa in questione delle proprie rappresentazioni iniziali. Di più, permette di acquisire delle informazioni, di scoprire eventuali blocchi presso qualcuno degli allievi; permette poi di controllare e meglio acconmpagnare questo delicato processo di allontanamento e di abbandono delle concezioni iniziali.

E' da notare che quando la rappresentazione iniziale si è modificata (la risposta alla domanda n. 4 permette di saperlo), un allievo su due nega l'esistenza di queste modificazioni. Si vedono comparire frasi del tipo: "Il mio pensiero è inalterabile", "La mia concezione non è cambiata perché io resto fedele alle mie idee e non ho l'abitudine di contraddirmi di punto in bianco. Ma forse si è un po' precisata, nel senso che ...", come se questa resistenza al cambiamento di posizione costituisse una sorta di meta-rappresentazione, l'ostacolo più grande per l'apprendimento filosofico.

 

C. Seconda messa in questione attraverso il conflitto dei punti di vista tra pari

Si tratta ora di provocare daccapo l'allontanamento dalle proprie rappresentazioni utilizzando il conflitto dei punti di vista tra allievi. Ma, perché questo conflitto tra pari produca una discussione e non un dibattito (euristico e non eristico), è necessario passare attraverso un lavoro preliminare di lettura e scrittura.

Dividiamo la classe in gruppi di circa quattro allievi, accomunati da qualche affinità e da rapporti di reciproca confidenza, e distribuiamo tutti i documenti che li riguardano (risposte al questionario, disegni e analisi). Domandiamo loro di procedere ad una lettura attenta e quindi di scrivere un testo curando le argomentazioni.

- Rileggete attentamente, allo scopo di impadronirvi della loro logica interna, le risposta la questionario, il disegno e l'analisi. Cercate quanti più esempi precisi potete che mettano in questione le concezioni che avete appena letto. Mettere in questione non significa soltanto opporsi, negare, mostrare l'inesattezza... Vanno bene anche esempi che precisino, completino con una dimensione nuova... la concezione che vi è stata presentata.

- Annotate ciascuno di questi esempi e per ciascuno di essi mettete per iscritto le argomentazioni che comunicherete al vostro interlocutore per spiegarglieli e dimostrargli in che cosa questo esempio mette in questione la sua concezione.

E' soltanto dopo questo lavoro che il confronto delle rappresentazioni sarà attuato, ed inoltre sarà strettamente regolamentato da regole precise destinate ad evitare che si scivoli verso l'eristica.

- Successivamente ciascuno degli altri tre membri del gruppo descriverà alla persona interessata gli esempi e gli argomenti prodotti durante la fase precedente di lavoro individuale. L'interessato dovrà prender nota rapidamente degli esempi, degli argomenti e delle riflessioni che ne derivano. Potrà dialogare con gli altri tre, ma il tempo per il dialogo e il tempo della presentazione degli esempi\argomenti non dovranno andare oltre i 15 minuti.

 

D. Il lavoro sulla dimensione pragmatica della rappresentazione

Se la rappresentazione "descrive (anche) gli oggetti per la loro utilità", ci sembra necessario guidare gli allievi all'analisi di questa dimensione pragmatica. Da qui la necessità di un esercizio che parta dalla pratica, che la investa in tutta la sua attività per meglio potersene distaccare attraverso la riflessione e la problematizazione. Per questa ragione noi scegliamo di utilizzare pedagogicamente il "teatro-forum" del regista brasiliano Augusto Boal. A causa della sua difficoltà e della sua complessità tecnica, questo "strumento pedagogico" richiede delle abilità - e una formazione per acquisirle - che la maggior parte dei professori di filosofia non possiede. Per questa ragione ci limiteremo a descrivere rapidamente il nostro percorso, mentre il lettore interessato potrà approfondire le sue conoscenze leggendo le opere di Boal. Si potrebbero studiare strumenti didattici diversi (per esempio gli ateliers di scrittura) per esprimere la nozione di situazione drammatica.

Il teatro-forum è la rappresentazione pubblica di una situazione reale di "oppressione". Lo spettatore è invitato a sostituirsi a uno degli attori per tentare di far evolvere la situazione verso un fine che egli giudica "positivo". Il tutto è fortemente ritualizzato sotto la direzione di un "conduttore del gioco".

Si tratta di chiedere agli allievi dei "racconti di vita", di sceglierne uno in cui la nozione di libertà sia in questione "pragmaticamente". Garantendo l'anonimato all'autore della situazione, si propone allora ad un piccolo gruppo di allievi volontari di mettere in scena questo racconto. Poi si organizza il teatro-forum propriamente detto, esplorando praticamente con la classe qualche via d'uscita per la situazione proposta.

Ecco il "racconto di vita" che è servito da base per un teatro-forum su il tema della libertà:

"Ero animatore in un campo per adolescenti. Un giorno, senza che io sappia perché, uno degli adolescenti mi confida che il giorno prima aveva commesso un furto. Avera rubato un walkman nell'unico negozio di materiali audio del piccolo villaggio nel quale si svolgeva il campo. Sfortunatamente per lui, perde l'apparecchio due giorni dopo. Ora, era il suo compleanno pochi giorni dopo.

Il direttore del campo informato di questa perdita decide che sarebbe di buon gusto ricomprargli un walkman per il suo compleanno. Allora io ho immaginato quello che sarebbe successo: andando al negozio ci si renderà conto del furto che è stato commesso, si faranno delle indagini ed io mi ritroverò complice di quel furto, io che non avevo detto niente. Mi sono sentito schiacciato dalle regole della società per cui, non avendo denunciato quel furto, ne ero diventato complice".

L'importante è che dopo il momento in cui gli allievi sono stati attori/spettatori vi sia un momento di analisi e di problematizzazione di ciò che è stato visto/fatto. Così, una discussione collettiva molto fruttuosa ha potuto avviarsi sui rapporti tra la libertà, la legge, la responsabilità, ecc.

A chi pensa che così si abbandona del tutto la filosofia per fare dell'"animazione", o della "psicologia di gruppo", noi rispondiamo così:

- Perché si faccia filosofia è indispensabile il desiderio di filosofare, un interesse per il pensiero. Ora osserviamo spesso intorno a noi - soprattutto nelle sezioni tecniche - demotivazione e indifferenza, e talvolta addirittura ostilità. Per motivare gli allievi un discorso, anche brillante, non basta. Bisogna coinvolgerli in una attività che dia loro il senso della riflessione. Il gioco dei ruoli è uno strumento come gli altri. In nessun caso può essere un fine: è soltanto un supporto per far filosofia.

- L'allievo che riveste i panni di un personaggio può meglio comprendere il carattere esistenziale di un modo di fare o la logica interna di un discorso, perché la riflessione ne mette in luce il senso. Infatti la psicologia diviene, attraverso l'attività del pensiero, fenomenologia. Tutto il lavoro dell'insegnante, che deve sempre tenere sotto controllo gli esercizi che propone, consiste nel saper suscitare una riflessione autentica a partire dal meteriale raccolto. Questo percorso, d'altra parte, è particolarmente utile agli allievi migliori, perché permetterà loro di raggiungere gradatamente il piano dell'astrazione.

- L'esperienza ci ha mostrato che coloro che hanno messo in scena l'Eutidemo di Platone avevano compreso meglio la logica argomentativa dei sofisti e il senso delle obiezioni di Socrate, perché erano stati colpiti da questo "pensiero in atto". Lo sarebbero stati meno con la semplice lettura - giudicata assai noiosa - del testo.

 

E. Lo scontro con il testo filosofico

Dopo che la riflessione sulle proprie rappresentazioni è stata avviata, attraverso le vie che abbiamo qui descritto, proponiamo agli allievi uno o due passi tratti da testi filosofici per strutturare e arricchire la loro riflessione. L'analisi individuale dei questionari iniziali ci permette di proporre a ciascun allievo ilpasso che riteniamo essere il più adatto a lui in quel momento. Attuiamo in questo caso una differenziazione pedagogica nella forma di un lavoro autonomo su un brano, lavoro guidato attraverso una serie di domande destinate a facilitarne e verificarne la comprensione.

F. E per finire...

...un doppio riepilogo:

- del professore, in una classica "lezione" di filosofia imperniata soprattutto sulla presentazione delle differenti problematiche possibili;

- dello stesso allievo attaverso il lavoro seguente: classifica queste affermazioni riguardo alla libertà da 1 a 13. Il numero 1 sarà attribuito a quella che ti convince di più, il numero 13 a quella che ti convince meno (cioè che disapprovi totalmente).

a) L'obbedienza alla legge è libertà.

b) La mia libertà si ferma là dove comincia la libertà degli altri.

c) Essere liberi significa fare ciò che si vuole, quando lo si vuole, dove lo si vuole, come si vuole...

d) Il primo diritto dell'uomo è la libertà individuale, la libertà di proprietà, la libertà di pensiero, la libertà di lavoro.

e) L'uomo è nato libero e dappertutto è in catene.

f) Per essere liberi non c'è che una via: ignorare le cose che non dipendono da noi.

g) Libertà significa responsabilità. E' per questo che la maggior parte degli uomini teme la libertà.

h) Tanto è gradito agli uomini sentirsi dire che sono liberi, tanto è per loro doloroso doversi liberare effettivamente.

i) La libertà non consiste tanto nel fare la propria volontà, quanto nel non essere sottomessi a quella degli altri: ed ancora, la libertà consiste nel non sottomettere gli altri alla nostra.

j) Quel potere che porta via agli uomini la libertà di comunicare in pubblico i loro pensieri, toglie loro anche la libertà di pensarli.

k) La vera libertà è dominare se stessi.

l) La libertà non è soltanto nel diritto di fare, ma anche negli strumenti per agire.

m) Oh libertà, quanti crimini si commettono in tuo nome!

 

G. E per la valutazione finale...

...una dissertazione: "Nasciamo liberi o dobbiamo diventare liberi?"