L'epistemologia storica di Gaston Bachelard

Una filosofia della scienza che ha avuto grande successo in Francia, ma che nel dopoguerra ha esteso la propria influenza anche in altri paesi, è quella di Gaston Bachelard (1884-1962). Il pensiero di Bachelard è caratterizzato sia da un forte spirito polemico verso la filosofia tradizionale, sia da un atteggiamento critico nei confronti delle scuole di filosofia della scienza dominanti nella cultura inglese e in quella tedesca. Per Bachelard la scienza non ha la filosofia che si meriterebbe: quest'ultima e rimasta attardata nei confronti del progresso scientifico, non si e adeguata alle scoperte della scienza contemporanea. rimanendo chiusa nelle sue affermazioni generali aprioriche, vagheggiando una ragione assoluta e metastorica al di fuori delle ragioni relative ai vari momenti storici e alle differenti scienze. Per aggiornarsi. la filosofia deve "andare a scuola della scienza, rinunciando a ogni assolutizzazione, a ogni illegittima estrapolazione. per farsi invece descrizione fenomenologica della scienza: essa deve ridursi a epistemologia, combattendo anche però la cattiva filosofia, miscuglio di realismo ingenuo e di grossolano empirismo, di cui sono facile preda gli scienziati. Particolarissima attenzione e dedicata da Bachelard alla fisica novecentesca, poiché questa rappresenta la forma più moderna assunta dallo "spirito scientifico" nel corso della sua evoluzione. e dunque può fornire le più ricche e stimolanti indicazioni epistemologiche. Se nella fisica ottocentesca la teoria poteva essere intesa come schema di ordinamento che interveniva a collegare e coordinare un insieme di dati forniti dalle procedure sperimentali, nel Novecento e venuto in chiaro che il movimento della conoscenza scientifica procede in senso opposto, non dai tatti alle teorie, ma dall'invenzione di strutture teoriche, di trame matematiche che poi pongono al proprio interno i singoli fatti. Gli esperimenti scientifici con i quali si raggiungono i fatti, gli oggetti di cui tratta la teoria, sono progettati all'interno di un reticolo teorico e solo dentro questo, in forza di questo, ricevono un senso. La scienza va dall'astratto al concreto, l'oggettività non sta all'inizio del processo di conoscenza ma alla fine, è il risultato di un processo di oggettivizzazione della teoria che, nel tentativo di verificarsi con approssimazione sempre migliore, costruisce sempre più numerosi e precisi dettagli della realtà. La realtà è l'oggettivizzazione della scienza.

La prevalenza dell'astratto sul concreto nell'epistemologia di Bachelard e le sue conseguenze:

Gli oggetti costruiti dalle teorie diventano realtà tangibile, sia pure mediante un'esperienza strumentale resa possibile dalla teoria, grazie all'intervento della tecnica entro il processo di conoscenza scientifica. Grazie alla tecnica, alla costruzione di strumenti sotto la guida di teorie (strumenti intesi come "teoremi reificati"), gli oggetti del pensiero diventano oggetti di realtà, da enti progettati dalle teorie passano al rango di enti fabbricati. Le teorie scientifiche, a loro volta, diventano produttrici materiali di cose, di oggetti, del mondo dei laboratori e del mondo della civiltà tecnologica. In questo complesso rapporto tra matematica ed esperienza, tra astratto e concreto attraverso la mediazione della tecnica, consiste per Rachelard Punica soluzione filosofica possibile al tradizionale problema del rapporto tra soggetto e oggetto. Le tradizionali soluzioni filosofiche, con le loro classiche contrapposizioni idealismo/realismo, empirismo/convenzionalismo, formalismo/ positivismo ecc., paiono a Bachelard tutte inac-cettabili in quanto unilaterali, dunque incapaci di cogliere l'effettiva dialettica tra astratto e concreto che è all'opera nella scienza, e a esse viene opposta una soluzione denominata in vari modi, più spesso come "razionalismo applicato" o come ''materialismo tecnico". La prevalenza dell'astratto sul concreto nell'epistemologia bachelardiana comporta una quasi ovvia polemica contro l'empirismo induttivista, che rovescia il reale movimento del pensiero scientifico pretendendo di far sorgere le teorie dall'esperienza, e un'altra naturale opposizione a 02:111 impostazione fenomenologica ed esistenzialistica, con la sua pretesa di rifondare le scienze tramite il ritorno alle "cose stesse" o al "mondo della vita", o al "vissuto". Se la scienza procede essenzialmente da teorie, da sistemi assiomatici, da strutture matematiche. allora l'epistemologia deve essere un'epistemologia di strutture, uno studio dei vari sistemi assiomatici in cui si è manifestata la razionalità scientifica (il sistema newtoniano, quello einsteiniano, quello quantlstico e così via). Questo significa che l'epistemologia deve essere pluralistica, non può ridurre la molteplicità dei sistemi teorici presentatisi e presenti nella scienza a un'unità fittizia, anzi deve esplicitarne la radicale diversità. Questa è una lezione che Rachelard ricava in particolare dalla meccanica quantlstica: la nuova meccanica è diversa dalla meccanica classica per aspetti assolutamente fondamentali: le due teorie, le due assiomatiche. sono irriducibili l'una all'altra, configurano due mondi differenti, due forme della ragione scientifica che nessuna operazione filosofica, che non sia mistificatoria, potrà mai ricondurre a unità. L'acccttazione della tesi del pluralismo dell'epistemologia ha alcune conseguenze di grande portata. Se la scienza è in verità formata da varie scienze e la ragione scientifica da una pluralità di ragioni diversificate in funzione dei diversi campi di applicazione, allora occorre ammettere l'esitenza di razionalismi regionali, ognuno dei quali è definito da propri metodi e leggi, da proprie procedure e propri risultati. Sarà allora lecito parlare non del razionalismo in generale, come pretendono la filosofia tradizionale e il senso comune, ma di un razionalismo della fisica classica, un razionalismo della meccanica quantlstica, uno della chimica, uno della relatività ecc., insomma di un razionalismo plurimo costruito per fronteggiare i campi multipli dell'esperienza. A questa critica non sfugge neppure il movimento neopositivista, colpevole di voler abbracciare tutta la scienza, di lutti i periodi, entro una definizione onnicomprensiva di razionalità scientifica. Il riconoscimento di una molteplicità nelle teorie e nei metodi della scienza va naturalmente esteso anche alla storiografia scientifica. Se tra un razionalismo regionale e l'altro vi e separazione, trattura sul piano teorico, allora il passaggio da una teoria all'altra non si può comprendere storicamente se non come strappo, rottura, discontinuità. Al grande modello storiografico continuista di Duhem, Rachelard contrappone un modello fondato sulla discontinuità e alla storia della scienza nutrita di epistemologia egli assegna il compito di individuare le rotture storiche. Queste non vanno in alcun modo colmate e cancellate dal resoconto storiografico, anzi vanno esaltate in quanto il modo in cui il nuovo nasce contro il vecchio, distinguendosi radicalmente dal vecchio. ci consente di cogliere l'effettivo progredire della scienza. La storia della scienza e una storia "giudicante", fatta alla luce del presente al fine di individuare la genesi della verità, e andrà ovviamente rifatta ogni qual volta eambierà la nostra opinione sulla verità. Per Bachelard i grandi progressi scientifici sono stali tutti delle negazioni di teorie preesistenti, sistemi nuovi che si opponevano globalmente ai vecchi: geometrie non euclidee, meccanica non-newtoniana, chimica nonlavoisiana eco. Gli ostacoli da superare per abbandonare, negandole, teorie che in precedenza godevano di grande prestigio non sono soltanto di ordine teorico, anzi. Gli "errori" più gravi, quelli che costituiscono il maggior ostacolo al procedere della scienza (quel che Bachelard chiama "ostacolo epistemologico") provengono dagli strati più profondi della nostra psiche, da fattori bloccanti che operano in modo inconscio: dalle ideologie, dall'inerzia, dalle abitudini. dagli istinti. Per avanzare, lo "spirito scientifico deve distruggere lo "spirito non scientifico" eliminando gli "ostacoli epistemologici" che conducono all'errore. Questo può avvenire grazie a una sorta di '"psicanalisi delle conoscenze oggettive" che, attraverso l'applicazione di procedure analitiche ai concetti centrali della scienza ereditata dal passato, li sveli come prodotti di tendenze non razionali del nostro inconscio e ci liberi da essi. L'interesse per gli ''ostacoli epistemologici", per ciò che, operando al di fuori della presa sicura della ragione, genera gli errori scientifici, spinse Bachelard a studiare approfonditamente, a partire dalla fine degli anni trenta, il mondo in cui si esprimono gli affetti, le pulsioni, l'inconscio, cioè il mondo dell'attività fantastica (la réverie) esprimentesi nella poesia, nella musica, nell'attività onirica. Partito con l'intento di individuare attraverso la psicanalisi tutti i residui di irrazionalità presenti entro l'attività scientifica, al fine di depurare quest'ultima, eliminarne ogni residuo immaginativo e renderla così immune da errore. Bachelard approdò dopo un decennio alla conclusione che, anche se mondo della scienza e réverie sono sempre e comunque da ritenersi ben distinti, anzi opposti, tuttavia l'immaginazione (e, dietro essa, l'affettività) continuerà a sussistere e a operare a fianco della ragione. Se negli anni trenta l'immaginazione era vista solo come fonte di errori da eliminare, alla fine degli anni quaranta Bachelard ammette che alle immagini e all'immaginazione deve essere accordato un diritto riconosciuto di esistenza, uno spazio accanto alla ragione. L'uomo ha diritto a essere sia scienziato che poeta, l'importante è che non mescoli questi due lati della propria natura.

Tratto da: "Il Testo Filosofico" Cioffi, Gallo, Luppi, Vigorelli, Zanette