EISENMAN
DiSLoCa_RuoTa_ _ _
_ _ _ MA CHE C'ENTRA con i COMPUTER
In una intervista rilasciata ad Alessandro d'Onofrio , Peter Eisenman parla del grande contributo fornito dal computer all'architettura contemporanea, in particolare individua nel VETTORE il nuovo mezzo con cui pensare, creare, e vivere lo spazio contemporaneo.

Ecco quello che Eisenman dice:

[...] L'aspetto stimolante è che oggi, con il computer, siamo in grado di realizzare cose impossibili anche solo pochi anni fa. Da questo strumento deriva l'opportunità di utilizzare il concetto di "vettore" in maniera inusuale.

Il vettore ha un'intensità, una direzione e un verso, proprietà contenute solo in parte in un asse. In altre parole, se prendo una palla che ha un vettore e la lancio verso un blocco di argilla, questa deformerà l'argilla in un certo modo, mentre un asse semplicemente la perforerebbe. Si possono ottenere effetti molto diversi lanciando una palla di grosse dimensioni nell'argilla invece di una pallina e l'impatto cambia ancora se la si lancia più da lontano o più da vicino.

L'idea del vettore, opposto all'asse, equivale all'invenzione della prospettiva. Prima di questa esisteva una visione diversa del rapporto tra individuo e spazio, così come, adesso rispetto all'asse, abbiamo una visione differente del soggetto; oltre al puro spazio assiale, possiamo concettualizzare lo spazio vettoriale. Oggi pensiamo in termini di sequenze temporali, contrariamente all'architettura del passato, ragioniamo con modalità simili a quelle adottate nel cinema o nei computers. Siamo in grado di relazionarci ed identificarci con tipi di rapporti spaziotemporali diversi da quelli del "Io mi trovo qui e per capire mi serve un punto laggiù". In architettura, anche con Le Corbusier, questo tipo di cose non si era modificato poi tanto. Analizziamo, ad esempio, il mio progetto per la Triennale di Milano. Se ci camminate attraverso, ad una velocità normale, non riuscirete a restare in piedi perché è l'opera stessa che vi fa cadere, ma se correte, potete passare senza cascare. Per cui vi accorgete che modificando la quantità di energia nel vostro corpo ottenete un diverso rapporto con lo spazio e questo avviene in modo progressivo. Ciò fa capire come anche noi siamo vettori e non assi; pertanto abbiamo la possibilità di pensare allo spazio che abitiamo come qualcosa che a volte ci richiede di muoverci come vettori, di spostare il nostro corpo in un modo piuttosto che in un altro, in altre parole ricostituire l'effettiva condizione corporea nello spazio invece del suo semplice aspetto mentale e visivo.

La maggior parte dell'architettura ormai è diventata cinetica. Eppure si disegnano edifici avendo in mente la foto da copertina, non si sente l'esigenza di entrarci con il proprio corpo perché basta vederlo in fotografia. Viviamo in una società in cui non importa più "stare dentro" gli edifici, ma fare collezione di immagini da "cartolina", possiamo catturare l'architettura in un fotogramma. Credo che ora l'architettura abbia bisogno di sfidare la sua consuetudine cinematica, è necessario capire che esiste una compresenza di diversi fotogrammi, non uno solo. Per comprendere l'architettura bisogna averne una che non sia identificabile con il solo punto di vista della prospettiva: il corpo si muove attraverso lo spazio percependolo proprio come nei film. A questo proposito uno dei film più significativi è "Passenger" di Antonioni dove troviamo un uomo che si muove attraverso lo spazio di un treno anch'esso in movimento o anche la passeggiata dell'individuo nel'"L'Avventura".[...]

Con i vettori entriamo nello spazio creato dalla prospettiva, abbiamo una direzione e soprattutto con un verso, è con esso che viaggiamo nello spazio astratto dell'architettura virtuale computerizzata, è con esso che questa diventa poi reale.

Forse è questo uno degli insegnamenti più importanti che Eisenman vuole dare, pensare e vivere lo spazio architettonico come fatto fisico, concreto e non più come pura astrazione all'interno del mondo vissuto.

L' intervista è stata originariamente pubblicata su "Rassegna di Architettura e Urbanistica", nel numero monografico su Peter Eisenman, anno XXXIII, n. 97, aprile 1999.

Il testo è stato tradotto da Cristina Gaggiani.

Il sottoscritto l'ha trovata su ARCH'IT

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