"Maledetto colui che con l'astuzia ferisce e distrugge le creature di Dio! Sì, maledetti i cacciatori, perché saranno cacciati, e per mano di uomini indegni riceveranno la stessa misericordia che hanno mostrato alle loro prede innocenti, la stessa!"
Il Quinto Comandamento,
"Non Uccidere", è essenziale nel discorso da noi intrapreso. Pur
essendo un comandamento semplice e diretto, raramente viene preso alla
lettera. L'ebraico letterale dell'Esodo 20.13, che lo presenta, dice "lo
tirtzach". Secondo Reuben Alcalay, il termine tirtzachsi
riferisce a "qualsiasi genere di uccisione". La traduzione esatta, quindi,
ci chiede di astenerci in toto dall'uccidere.
E' indubbio che un
animale sia un essere vivente: nasce, cresce, si mantiene, si riproduce,
invecchia e infine muore. Ciò che ha vita può essere
ucciso, e uccidere vuol dire trasgredire un comandamento sacro quanto gli
altri: "Perché Colui che ha detto "non commettere adulterio"
ha detto anche "non uccidere". Ora se tu non commetti adulterio, e tuttavia
uccidi, diventi un trasgressore della legge" (Giacomo 2. 10, 11.)
Il Vecchio Testamento
contiene molte affermazioni a sostegno del vegetarianesimo. Si potrà
obiettare che i cristiani non necessariamente accettano la Vecchia Legge,
ma seguono il Nuovo Testamento. Gesù in persona, però, ha
detto di fare diversamente: "Non pensate che io sia venuto ad abolire
la legge, o i profeti: non sono venuto a distruggere ma a portare a compimento.
In verità vi dico, finché non siano passati il cielo e la
terra, non passerà neppure uno iota o un segno della legge, senza
che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi
precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto,
sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà
e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno
dei cieli." (Matteo 5. 17, 19).
Forse la ragione principale
per cui un cristiano "trasgredirebbe la legge", nonostante l'ingiunzione
biblica di astenersi dall'uccidere, è la credenza ampiamente diffusa
che Gesù fosse carnivoro. Tuttavia Gesù era conosciuto come
"Principe della Pace", e i suoi insegnamenti difficilmente si conciliano
con l'uccisione degli animali. Tuttavia, il Nuovo Testamento più
e più volte cita esempi di Gesù che chiedeva carne, una realtà
che i mangiatori di carne hanno adottato come sanzione della loro scelta
alimentare. Uno studio del greco originale del testo, però, rivela
che Gesù non chiedeva veramente "Carne".
Sebbene la traduzione
inglese del Vangelo menzioni "la carne" diciannove volte, i termini originali
si traducono più correttamente con "cibo": broma =
"cibo" (usato quattro volte); brosimos = "ciò che
si può mangiare" (usato una volta); brosis = "cibo,
o l'atto del mangiare" (usato quattro volte); prosphagion
= "qualsiasi cosa da mangiare" (usato una volta); trophe
= "nutrimento" (usato sei volte); phago = "mangiare" (usato
tre volte).
Così "Avete
della carne?" (Giovanni 21. 5) si dovrebbe leggere: "Avete qualcosa da
mangiare?" E quando il Vangelo dice che i discepoli andarono a comprare
carne (Giovanni 4. 8), una traduzione più letterale direbbe semplicemente
che andarono a comprare "da mangiare". In tutti i casi il greco originale
parla di "cibo" in generale e non necessariamente di "carne". Il problema
allora si sposta sull'interpretazione del materiale originale, sulle traduzioni
e, a volte, sulle cattive traduzioni. Alcune traduzioni inesatte della
Bibbia ("Mare Rosso" al posto di "Mare dei Canneti") sono irrilevanti o
perfino divertenti. Altre invece hanno conseguenze rilevanti, e nei casi
in cui una versione inesatta è stata tramandata nei secoli, la troviamo
a far parte integrante del canone della Bibbia. Se però analizziamo
il contesto generale e il tenore di vita di Gesù, diventa difficile,
se non impossibile, riconciliare la scelta di mangiare carne con la fede
cristiana.
I cristiani carnivori
lanciano una sfida: "Se la Bibbia incoraggia il vegetarianesimo, che cosa
dite del miracolo dei pani e dei pesci?"
Alcuni studiosi della
Bibbia, tenendo conto della natura misericordiosa di Gesù, suggeriscono
che i "pesci" fossero una sorta di polpette, un tipo di cibo diffuso ancora
oggi, fatto con una pianta marina conosciuta come pianta del pesce, che
cresce in Oriente. Queste tenere piante marine vengono seccate al sole,
poi ridotte in farina in un mortaio e infine cotte al forno come polpette.
Nell'antica Babilonia le polpette di piante del pesce erano parte integrante
dell'alimentazione, e molti giapponesi le considerano ancora oggi una delizia
del palato. I musulmani le raccomandavano nell'alimentazione dei fedeli
e, il punto più importante, erano un alimento noto ai tempi di Gesù.
Esiste poi una considerazione di carattere pratico: nella cesta del pane
era più probabile che si conservassero polpette cotte al forno piuttosto
che pesce crudo, destinato in quel clima caldo ad andare a male molto rapidamente,
rovinando qualsiasi altro cibo contenuto nella cesta.
E' anche possibile
che "pane e pesci" avesse un significato simbolico piuttosto che letterale,
precedente non insolito nelle scritture sacre. Il pane è un simbolo
cristiano del corpo di Cristo, o Sostanza Divina, e "pesce" era una parola
in codice della Chiesa antica, quando i primi cristiani dovevano nascondere
la propria identità per sfuggire alle persecuzioni. Ancora più
importante, nei primi manoscritti del Vangelo non si fa menzione del
pesce; il miracolo è descritto come pane e frutta. La prima
edizione del Nuovo Testamento a menzionare il pesce come parte del miracolo
è il Codex Sinaiticus.
Nonostante tutto,
ci sono alcuni che non riescono a prescindere dall'esempio tradizionale
dei pani e dei pesci. A tali persone va fatto osservare che, se pure Gesù
mangiò del pesce, egli non diede agli altri alcuna dispensa di
fare altrettanto in suo nome.
L'agnello pasquale
L'agnello pasquale rappresenta un problema per i cristiani
vegetariani. L'Ultima Cena è stata una Pasqua ebraica che Gesù
e gli Apostoli hanno celebrato banchettando con la carne di un agnello?
I primi tre vangeli dicono che l'Ultima Cena era la cena
della Pasqua ebraica, indicando così implicitamente che Gesù
e suoi seguaci mangiarono l'agnello pasquale (Matteo 26. 17, Marco 16.
16, Luca 22. 13). Giovanni invece dice che l'Ultima Cena ebbe luogo prima:
"Ora, prima della festa del passaggio (la Pasqua ebraica), Gesù,
sapendo che era giunta la sua ora... si alzò da tavola e lasciò
cadere i suoi vestiti, e prese un asciugamano e con esso si cinse la vita."
(Giovanni 13. 1-4). Se la sequenza temporale è stata diversa, allora
l'Ultima Cena non è stata un banchetto di Pasqua.
Nel libro Why Kill For Food?, lo storico inglese Geoffrey
Rudd analizza la questione dell'agnello pasquale nel modo seguente. L'Ultima
Cena ebbe luogo un giovedì sera; la crocifissione, il giorno immediatamente
successivo: venerdì. Tuttavia, dal punto di vista ebraico, i due
eventi avvennero lo stesso giorno, dato che la giornata ebraica comincia
al tramonto della sera precedente. E' naturale che questo abbia generato
una certa confusione. Le capitolo 19 del suo vangelo, Giovanni dice che
la crocifissione ebbe luogo il giorno della preparazione della Pasqua,
che sarebbe il giovedì. Più avanti, nel verso 31, afferma
che il corpo di Gesù non fu lasciato sulla croce perché "il
giorno del Sabbath era un giorno sacro". In altre parole, la Pasqua ebraica,
che cade di Sabbath, cominciò al tramonto di quel venerdì,
dopo la crocifissione.
Sebbene i primi tre vangeli contraddicano la versione
di Giovanni, che la maggioranza degli studiosi della Bibbia considera un
resoconto accurato, in altri punti la confermano. In Matteo 26. 5, per
esempio, i sacerdoti dicono che non uccideranno Gesù durante la
festa "perché potrebbe nascere un tumulto tra la gente". D'altra
parte, lo stesso vangelo di Matteo in un altro punto colloca L'Ultima Cena
e la Crocifissione nel giorno della Pasqua. Bisogna notare, inoltre, che
in accordo all'usanza talmudica era impensabile celebrare processi ed esecuzioni
nei primi, i più sacri, giorno della Pasqua.
Poiché la Pasqua è altrettanto sacra del
Sabbath, se fosse stata già cominciata gli ebrei non avrebbero certo
avuto armi addosso (Marco 14. 43, 47), né avrebbero acquistato lino
e spezie per la sepoltura (Marco 15. 46, Luca 23. 56). Infine, la fretta
con cui i discepoli misero Gesù nella tomba conferma il loro desiderio
che il suo corpo fosse tolto dalla croce prima che cominciasse la Pasqua.
In realtà, dell'agnello si nota soprattutto l'assenza:
non viene mai neppure menzionato in relazione all'Ultima Cena. Tutte le
coincidenze indicano che l'Ultima Cena non fu un banchetto pasquale con
l'agnello tradizionale, ma piuttosto una "cena d'addio" che Gesù
condivise con i suoi discepoli. Lo scomparso rev. Charles Gore, vescovo
di Oxford, lo conferma: "Dobbiamo ammettere che Giovanni ha ragione quando
corregge Marco riguardo alla natura dell'Ultima Cena. Non si trattò
di un banchetto di Pasqua, ma di una cena d'addio che Egli celebrò
con i Suoi discepoli. Inoltre, le descrizioni della cena non corrispondono
al cerimoniale della cena di Pasqua."
Conclusione
In base alle traduzioni letterali dei primi testi cristiani,
non esiste circostanza in cui il mangiare carne sia ammesso oppure accettato.
Le successive giustificazioni cristiane del mangiare carne si basano su
traduzioni inesatte o su interpretazioni letterali del simbolismo cristiano
del tutto soggettive.
I primi Padri e le prime sette cristiane praticavano
uno stretto vegetarianesimo. Così, l'insigne ordine dei Francescani,
per esempio, celebrava l'unita della creazione sottolineandone l'origine
comune. "Quando San Francesco considerava la fonte primordiale di tutte
le cose - scriveva San Bonaventura - si sentiva colmo di ancora più
abbondante pietà, e chiamava le creature, anche le più piccole,
con il nome di fratello o sorella, perché sapeva che venivano dalla
stessa fonte da cui anche lui veniva."
Un pensiero assai coerente.