La tignola tessitrice e le sue tele (Yponomeuta evonymellus)

Ogni tanto durante i giorni più miti della primavera ci capita di rimanere esterrefatti davanti a un fenomeno tanto inaspettato nella sua apparizione quanto raccapricciante nella sua forma: gli alberi che costeggiano i bordi di alcuni torrenti alpini iniziano a perdere le loro foglie per poi ricoprirsi di un funereo velo. A dire il vero sono pochi coloro che riescono ad osservare il fenomeno, non tanto perché non sia appariscente e ben visibile, quanto perché i frequenti spostamenti in automobile impediscono all’uomo del ventunesimo secolo di avere un contatto diretto con la natura.
Ben diversa era la situazione nei secoli passati (1700-1920) quando gli artigiani, prima quelli della Val Pusteria nell’Alto Adige ed in seguito anche quelli del Salisburghese, avevano imparato ad approfittare di questo fenomeno per procurarsi le tele, la materia prima per svolgere la loro attività artistica o puramente artigianale, quella della pittura su tela di Yponomeuta. La loro abilità nella raccolta delle tele e nella loro preparazione è diventata un mistero per noi, infatti non abbiamo più nessuna nozione in questo frangente, l’arte si è persa nel corso dell’ultimo movimentato secolo. D’altra parte probabilmente la provenienza delle tele di Yponomeuta rappresentava un mistero per gli artigiani dei secoli passati, in quanto essi chiamavano la loro arte "Spinnwebenmalerei" (= dipinti su tela di ragno) anche se i casi in cui la tela fosse veramente di ragno sono stati rarissimi (vedi gli studi di Karl Told, Innsbruck, 1947), generalmente si trattava di tele di Yponomeuta. Questo "mistero" non è più tale per noi: passiamo quindi a togliere almeno questo "velo", già che di veli parleremo, e a spiegare scientificamente sia la provenienza delle tele che il fenomeno naturale a cui abbiamo accennato sopra.

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Il ciclo evolutivo dell’insetto

L’Yponomeuta evonymellus o tignola tessitrice è una piccola farfalla (Lepidoptera - Microlepidoptera - Yponomeutidae) bianca come la neve con cinque righe di punticini neri che decorano le sue ali che raggiungono la lunghezza di appena 1 cm. Per quanto eleganti siano le ali non sono molto adatte al volo: infatti esse permettono alla tignola di svolazzare solo per brevi tratti, è i vento semmai che le porta ad una casuale conquista di nuovi habitat.
La vita dell’immagine della farfalla è molto breve: si limita a qualche settimana da metà luglio a agosto (almeno in Val Gardena, dove raggiunge il limite altimetrico verso i 1250 m e quindi il suo ciclo evolutivo è tardivo rispetto agli esemplari che vivono nelle vallate a bassa quota tra i 200 m e i 500 m sul livello del mare). In questo breve periodo hanno luogo l’accoppiamento e la deposizione delle uova, quindi tutti gli esemplari di Yponomeuta sono inesorabilmente destinati a morire.
Le uova deposte in vicinanza delle gemme invernali sulle punte dei ramoscelli del ciliegio a grappoli (Prunus padus) si schiudono ancora durante il mese di agosto. I minuscoli bruchi della nuova generazione si introducono nelle gemme o trovano qualche simile riparo per iniziare una lunga pausa evolutiva che li porterà a passare l’autunno ed il freddo inverno di montagna senza alcuna attività visibile.

Quando in primavera (a marzo nelle vallate più calde, ad aprile nelle zone di montagna) le gemme si schiudono, i bruchi sono già pronti ad impossessarsi delle foglie più tenere, eliminando ogni possibile concorrenza, in quanto questa apparirà in notevole ritardo rispetto all’Yponomeuta. Già a maggio sono visibili i primi segnali dell’evoluzione in massa delle larve della tignola. Gli alberi di Prunus padus appaiono subito più esili perché le prime foglie sono finite in pasto ai bruchi.
All’inizio di giugno le larve di Yponomeuta hanno consumato tutte le foglioline sulle punte dei ramoscelli: ora iniziano una lenta migrazione in gruppo verso l’interno della chioma dell’albero, migrazione durante la quale tutte le foglie del ciliegio verranno ridotte a uno scheletro. Nelle annate in cui il numero di bruchi è molto alto la mancanza di foglie e la fame accelerano questa impressionante corsa, che alla fine condurrà un intera popolazione di bruchi verso la base dell’albero rimasto completamente defogliato.
Già dall’inizio della loro migrazione le larve avevano ricoperto i ramoscelli con una sottile tela argentea formata dai fili prodotti da migliaia di singoli bruchi, da una grande cooperativa tessile se vogliamo. La tela diventa molto più consistente alla base del tronco dell’albero, passaggio obbligato per tutti quei bruchi che nella chioma del ciliegio erano ancora sparsi tra i vari rami.
Verso la metà di giugno i primi esemplari di Yponomeuta raggiunta una lunghezza di due o tre centimetri sono già maturi per trasformasi in crisalide, procedimento che si svolge in gruppo all’interno di sacche di tela in prossimità della base del ciliegio, per esempio nello spazio tra due tronchi, sotto un grosso ramo o addirittura su un cespuglio o tra le alte erbe del prato sottostante gli alberi. Non è raro trovare decine di sacche contenenti centinaia di crisalidi, ognuna avvolta in un argenteo bozzolo di seta a forma di fuso. Intanto gli esemplari di Yponomeuta meno fortunati, quelli che durante la spasmodica ricerca di cibo avevano patito la fame o quelli che sono in ritardo nella loro evoluzione, si prodigano per le crisalidi, ricoprendole di ulteriori strati di tela. Privati di ogni possibilità di nutrizione si sacrificano per gli altri utilizzando le residue energie del loro corpo immaturo nella produzione di seta, morendo esausti ancor prima della schiusa delle crisalidi.
Intanto la popolazione delle larve di tignola tessitrice è riuscito a trasformare il bosco lungo le rive dei torrenti in un paesaggio lunare: i ciliegi ormai privi di foglie sono ridotti a uno scheletro. I loro rami, i tronchi, i cespugli e le erbe del prato sottostante gli alberi sono stati ricoperti con una tanto fine quanto funerea coltre argentea formata da vari strati di tela. Le grandi quantità di escrementi prodotti dalle larve ricoprono il terreno piegando sotto il loro peso e spezzando le foglie di maggior dimensione, come quelle dei farfari. L’osservatore rimane ammaliato dall’eleganza delle candide tele e allo stesso tempo disgustato dal senso di distruzione causato dal defogliamento degli alberi.
Dopo due o tre settimane le prime farfalle lasciano i loro bozzoli uscendo dai vari strati di seta oramai bucati dalle intemperie o da uccelli e piccoli mammiferi. I ciliegi intanto hanno timidamente iniziato a ricoprirsi di foglie, ma la chioma non diventerà più folta come negli esemplari che non hanno subito l’invasione delle tignole. I tronchi e i rami sono ora avvolti dal tenero svolazzare di migliaia di farfalle bianche che si cercano per l’accoppiamento. Ed il ciclo iniziato un anno prima si chiude per aprirne uno nuovo.

È estremamente raro trovare bruchi di tignola tessitrice su qualche altro albero (ciliegio o frangola): le nostre larve sono estremamente specializzate per quanto riguarda la loro nutrizione e sono quindi destinate a scomparire quando il ciliegio a grappoli viene estirpato. Mai l’Yponomeuta tenta di dar vita a una seconda generazione durante la stessa stagione: le foglioline nuove non basterebbero e l’albero che ospita la popolazione verrebbe danneggiato seriamente: ci troviamo davanti a un esempio eclatante di autoregolazione biologica.
Le larve di Yponomeuta sembrano avere pochi nemici. Per gli uccelli devono avere un sapore disgustoso a causa delle sostanze contenute nelle foglie di Prunus padus. Non abbiamo per ora notizia di insetti che parassitano i bruchi, è comunque molto probabile che esistano, anche se non siamo mai riusciti a osservare che un qualsiasi fattore biologico ad eccezione della limitazione imposta dalla quantità di cibo a disposizione avesse potuto impedire la riproduzione in massa delle farfalle o anche solamente limitarne il numero.
Il vero nemico delle larve è senz’altro il clima: gelate primaverili o lunghi periodi di pioggia durante le prime settimane di vita possono causare una vera ecatombe tra i minuscoli e sensibili bruchi.

Negli ultimi 5 o 6 anni abbiamo sempre potuto osservare una riproduzione in massa dell’Yponomeuta, forse a causa dell’innalzamento delle temperature invernali e primaverili dovuto ai cambiamenti globali del clima. Solamente nel 2001 un periodo tardivo di gelate primaverili ha evitato il fenomeno al quale oramai ci eravamo abituati.
Esistono varie specie di tignola dall’aspetto molto simile all’Yponomeuta evonymellus: per esempio Yponomeuta cagnatellus, Yponomeuta malinellus, Yponomeuta padella. Tutte hanno l’abitudine di vivere in gruppi, anche se minori di quelli formati dall’evonymellus, ma non si nutrono delle foglie del Prunus padus, ma di qualche altro rappresentante della famiglia delle rosacee.
È interessante constatare che non è l’ Yponomeuta evonymellus a vivere sul cespuglio chiamato Evonymus europaeus (Berretta da prete, Pfaffenhütchen), bensì l’Yponomeuta cagnatellus.

 

Le tele

Le tele prodotte dalle larve di Yponomeuta sono molto fini e vulnerabili, il loro spessore varia da albero a albero e da annata a annata. Raramente negli ultimi anni siamo riusciti a osservare tele di uno spessore adatto all’asporto per l’utilizzazione come supporto per dipinti. Spesso le tele, anche quelle più nuove, sono state lacerate dal movimento dei rami, da topi, scoiattoli o uccelli, oppure non sono pulite in quanto contengono escrementi di bruco o altre impurità. Tanto più ci meraviglia che i maestri artigiani della Val Pusteria riuscissero a procurarsi una quantità così notevole di tele di buona qualità per le loro pitture su "tela di ragno". Senz’altro essi utilizzavano le tele alla base dei tronchi in quanto sono dotate del maggior spessore e allo stesso tempo della maggiore superficie di tutti tipi di tela di Yponomeuta. Per quanto riguarda le tecniche utilizzate per l’asporto delle tele si possono fare soltanto vaghe supposizioni.
Anche il momento adatto all’asporto delle tele doveva essere scelto con cura, infatti le tele perdono entro pochi giorni la flessibilità e la loro integrità, tanto più se le intemperie infieriscono su di esse.
Allo stato naturale le tele non sono adatte per la pittura: sono troppo sensibili e i movimenti dovuti dall’essicazione dello strato di colore causano fessure e strappi nel supporto. I maestri artigiani avevano sviluppato una valida tecnica di preparazione delle tele, tecnica che è scomparsa assieme alla produzione dei dipinti.

 

Il ciliegio a grappoli

Nei secoli passati il ciliegio a grappoli (Prunus padus, Traubenkirsche, Elze) era frequente in tutti gli estesi boschi fluviali (Auwälder) che crescevano sui terreni umidi lungo i fiumi e i torrenti nelle grandi vallate dell’Alto Adige ed in particolare della Val Pusteria, dove la pittura su tela di ragno è nata. Con le bonifiche e la conseguente utilizzazione intensiva dei terreni del fondovalle, il numero dei ciliegi a grappoli è stato drasticamente ridotto, cosicché anche le popolazioni di Yponomeuta sono diventate molto più rare. Negli ultimi anni l’ufficio provinciale per la sistemazione dei bacini montani ha piantato una notevole quantità di ciliegi lungo gli argini risanati dei torrenti di montagna a un’altezza tra i 600 e i 1500 m di altezza, perché il ciliegio cresce velocemente e le sue radici rafforzano la tenuta del terreno, anche quando questo è talmente umido che altre specie di alberi non vi attecchiscono.
Il nome del ciliegio deriva dai tipici grappoli di fiori che ricoprono la sua chioma a maggio (naturalmente anche i frutti sono disposti a grappolo). I fiori sono di media grandezza, emanano un fortissimo e dolce profumo che richiama molti insetti, un grappolo misura tra gli 8 e i 15 cm di lunghezza. I frutti sono commestibili, hanno però poca polpa ed il loro sapore amarognolo deve essere camuffato dall’utilizzo di grandi quantità di zucchero prima di risultare gradevole. Se fino a una cinquantina di anni fa i frutti venivano raccolti da qualche ragazzo, ora non sono più conosciuti dalla popolazione altoatesina.
Il legno è di poco valore e non viene più utilizzato.
Interessante è senz’altro l’interazione ecologica tra il ciliegio a grappoli, il suo parassita e gli alberi antagonisti del ciliegio: il Prunus padus riesce a riprodursi anche con radici sotterranee e cresce talmente in fretta da soffocare la crescita di tutti gli alberi nei suoi paraggi. Il blocco della sua crescita a causa del defogliamento da parte dell’Yponomeuta consente agli antagonisti del ciliegio un recupero nella crescita e mette a disposizione delle loro foglie tanta luce fino agli strati più bassi del bosco. L’Yponomeuta è quindi un garante della diversità ecologica nei boschi fluviali.
Inoltre i bruchi di Yponomeuta iniziano talmente preso a defogliare il ciliegio che nessun altro parassita riesce a vivere sul Prunus padus durante la riproduzione in massa della tignola tessitrice.
Da tutto ciò si può dedurre che sia il ciliegio che gli altri alberi dei boschi fluviali traevano notevoli vantaggi dalla periodica opera di distruzione da parte del lepidottero in questione.
Forse gli esemplari di Prunus padus che crescevano una volta erano più grandi di quelli che conosciamo ora, in quanto questi ultimi sono stati piantati solamente 15 o 20 anni fa. La presenza di alberi di maggiori dimensioni potrebbe far presupporre popolazioni di bruchi ancora più grandi con la produzione di tele più spesse e di maggiore superficie, tanto da semplificare il lavoro dei maestri artigiani autori di dipinti su tela di ragno.

 
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