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RECENSIONI
GUITAR
CLUB - SETTEMBRE 2000 - MAGIC JAZZ BASS IN ITALY
VITO
DI MODUGNO
Bassista
dal pulsare tornito e partecipe, sicuro punto di riferimento ritmico
e solista dal fraseggio meditato e armonioso. Vito Di Modugno è
apprezzato anche come polistrumentista e fautore di importanti progetti
musicali. In questa intervista Vito ci racconta delle sue variegate
esperienze e della sua peculiare visione del fare musica...
Nell'ambito
del jazz italiano e dei suoi dintorni, nel corso degli ultimi 10
anni il ruolo del contrabbasso e, a volte, anche del basso elettrico
è salito in primo piano grazie all'operato di musicisti che
hanno saputo esprimere una progettualità ed una personalità
davvero interessanti.
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Così,
da strumento scuro, il contrabbasso è divenuto fulcro di dimensioni
sonore di spessore, che hanno regalato al panorama italiano momenti di
alta musicalità. Ecco quindi presentarsi una realtà articolata
e sfaccettata, che conferma la vitalità dell'attuale scena jazzistica
italiana. Uno spaccato di questa realtà viene mostrato passo passo
attraverso le interviste e le puntate di questo speciale, cominciando
dal bassista Vito Di Modugno.
D.: Vito,
come ti sei avvicinato al basso elettrico?
R.: Mio padre
ha sempre avuto un'orchestra da ballo e quando ancora ero un bambino mi
portava spesso con sè durante le sue serate. A quell'epoca, erano
gli inizi degli anni 70, io suonavo il pianoforte (strumento per il quale,
nel 1984, ho conseguito il diploma) ma considerando i problemi collegati
al trasporto del pianoforte (allora non potevamo contare sulle tastiere
elettroniche o i pianoforti digitali...) mio padre mi suggerì di
studiare anche il basso elettrico. Dal settembre del 1973 ho intrapreso
la mia carriera di bassista all'interno dell'orchestra di mio padre.
D.: Facciamo
un salto temporale e approdiamo a "Meriggio", il CD uscito a
tuo nome. Quali erano i tuoi obiettivi espressivi?
R.: Con "Meriggio" gli obiettivi erano essenzialmente quelli
di far emergere il lavoro compositivo e l'aspetto melodico in particolare.
E poi ho cercato di non cascare nella trappola di mettere a tutti i costi
in risalto le mie capacità tecnico-strumentali: è stato
il mio primo lavoro discografico in qualità di leader e avevo ben
chiari gli errori da evitare.
D.: Quale
è stato il percorso artistico che ha portato alla costituzione
dell'Equinox Trio, formazione con la quale hai inciso l'album "The
News"?
R.: All'inizio degli anni 90 cercavo di sfruttare il basso elettrico anche
dal punto di vista armonico, senza l'ausilio del pianoforte o della chitarra.
Inizialmente cosituii un duo di basso e voce con la cantante Mariella
Carbonara, poi passai ad un trio con Michele Di Monte alla batteria e
Tony Semeraro al sax tenore. Infine Michele Carrabba subentrò ai
saxs tenore e soprano, e si creò quindi l'Equinox Trio. Posso aggiungere
che con questa formazione il mio obiettivo musicale è quello di
scandire la parte armonica in modo chiaro, considerando che nell'economia
degli strumenti coinvolti in Equinox il basso è lo strumento più
armonico.
D.: Passiamo
alla storia del CD "Percorsi", inciso assieme al pianista Michele
Fazio e al batterista Mino Petruzzelli...
R.: La storia di questo CD è la storia di un sodalizio che mi lega
a Mino Petruzzelli ormai da vent'anni. Mino nel 1980 entrò nell'orchestra
di mio padre e da allora abbiamo sempre suonato assieme in varie situazioni
musicali. Nel 1988 conoscemmo Michele Fazio e assieme a lui realizzammo
alcuni progetti discografici, fino ad arrivare ad incidere "Percorsi"
nel 1998.
D.: Che cosa
puoi dirci invece di "Con Alma", album realizzato con il chitarrista
Guido Di Leone e il batterista Mimmo Campanale, che ti vede impegnato
all'hammond?
R.: "Con Alma", pubblicato all'inizio del 2000, è l'ultimo
disco che ho realizzato. Suonavo l'organo durante l'adolescenza: mio padre
infatti possedeva, e tuttora possiede, un hammond. Crescendo ho dovuto
abbandonare lo studio dell'organo per studiare pianoforte al Conservatorio,
ma in seguito l'ho ripreso grazie all'acquisto di un organo portatile.
Amo suonare questo strumento, uno strumento che mi consente di sviluppare
anche la linea del basso, oltre alla melodia e all'armonia. "Con
Alma" secondo me è un gran bel disco: ci sono delle composizioni
inedite delle quali sono veramente soddisfatto, oltre che alcuni classici
come "I Love You" e "The Nearness of You".
D.: Passiamo
invece ad analizzare il tuo ruolo all'interno dei lavori del vibrafonista
Massimo Carafa, "Apaz" e "Jazzango", lavori che ti
vedono impegnato nelle vesti di contrabbassista.
R.: Diciamo che nei dischi di Carafa suono appunto, prevalentemente, il
contrabbasso, e penso di avere un ruolo abbastanza tipico, anche se la
musica che propone Massimo è molto particolare.
D.: A questo
proposito, vuoi spiegarci che tipo di spazio occupa il contrabbasso all'interno
del tuo mondo musicale?
R.: Comincio con il dire che ho studiato il contrabbasso subito dopo il
diploma in pianoforte, e l'intenzione era quella di diplomarmi anche in
questo strumento, ma dopo qualche anno ho deciso di dedicarmi esclusivamente
al basso elettrico, visto che suonandolo già da alcuni anni avevo
una buona esperienza alle spalle. Adesso suono il contrabbasso quando
mi viene specificatamente richiesto, come appunto nel caso della collaborazione
con Massimo Carafa.
D.: Passiamo
ai tuoi impegni professionali all'interno dell'ambiente della musica leggera:
dimostri una notevole elasticità nell'affrontare anche lavori non
necessariamente ancorati al mondo jazz.
R.: Sono sempre stato abituato a suonare in vari situazioni musicali,
come il jazz, il funk, il pop o la musica classica. Per me non c'è
molta differenza se devo suonare un brano di Charlie Parker o uno di John
Lennon: l'importante è comunicare sempre qualche cosa di positivo.
D.: Che tipo
di pulsazione ritmica cerchi di dare ad un pezzo con il tuo modo di accompagnare
con il basso elettrico?
R.: Cerco di dare una pulsazione che consenta a chi suona con me di avere
un solido sostegno ritmico alla base.
D.: Quali
sono i batteristi con cui hai dato vito ai migliori tandem ritmici?
R.: Innanzitutto voglio citare i batteristi con cui ho suonato di più,
cioè Mino Petruzzelli e Michele Di Monte, poi anche Mimmo Campanale,
con il quale suono stabilmente da un anno con reciproca soddisfazione.
Ho realizzato una buona intesa anche con Massimo Manzi, Ettore Fioravanti
e Giorgio Zainer, che è il batterista con cui suono nell'attuale
gruppo di Patty Pravo.
D.:
Che cosa rappresenta per te il linguaggio e il repertorio della
tradizione jazzistica?
R.: Un musicista che suona il jazz non può ignorare gli standard.
Non condivido l'operato di un musicista che suona ad esempio free
o dixie e non conosce "I'll Remember April" o "There
Is No Greater Love" o "Polka Dots and Moonbeams".
Un jazzista secondo me dovrebbe conoscere anche a memoria i brani
più classici della tradizione jazzistica.
D.:
E quindi tu come ti trovi ad interpretare gli standard con il basso
elettrico?
R.: Suono il basso elettrico ormai da più di venticinque
anni ed è per me la cosa più naturale del mondo esprimerimi
attraverso questo strumento, anche in ambito strettamente jazzistico.
A volte mi capita di scontrarmi con qualcuno che dice che il jazz
va suonato con il contrabbasso come regola: io non sono d'accordo.
Secondo me il jazz può essere suonato con il basso elettrico
o, perchè no, con un basso sintetico, dato che ciò
che si esprime musicalmente dipende dal musicista e non dallo strumento.
D.:
Anche se la musica è nella testa e nel cuore del musicista
più che nello strumento, vogliamo dare un'occhiata alla tua
strumentazione?
R.: Attualmente suono un basso fretless a quattro corde fabbricato
da un liutaio di Santeramo che si chiama Giovanni Panzarea. A parer
mio Giovanni Panzarea costruisce degli strumenti meravigliosi. Possiedo
anche un cinque corde e un sei corde realizzati da lui, strumenti
che utilizzo in alternativa al fretless quando mi trovo in situazioni
pop o in studio di registrazione. Conservo sempre i miei primi strumenti:
un Hofner Violin Bass, che fu acquistato da mio padre quando cominciai
a suonare il basso e che ancora oggi, in situazioni acustiche, ogni
tanto utilizzo; un Fender Jazz del 75 reso fretless e un vecchio
Laurus, sempre fretless. L'amplificatore è un Polytone. Quando
suono con Patty Pravo utilizzo una cassa SWR con un pre Parsec,
un finale Yamaha e un multieffetto Zoom. Nell'ambito del lavoro
in trio con Di Leone e Campanale suono un organo Hammond XB2, facilmente
trasportabile; in studio, per la registrazione del CD "Con
Alma", ho utilizzato un Hammond A100 supportato da un Leslie
122.
D.:
Terminiamo parlando dell'attività didattica che svolgi ormai
da anni.
R.: Insegno dal 1985 presso la scuola di musica "Il Pentagramma"
di Bari, sia basso che pianoforte, e ho pubblicato due metodi: nel
1993 il "Metodo tecnico-pratico per basso elettrico" e
nel 1999 "Le scale del musicista jazz".
GIORDANO
SELINI
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