RACCOLTA DI PROPOSTE, IDEE ED OPINIONI
Una proposta di riflessione operativa per ricominciare
La proposta di installare i moduli
abitativi nella fascia esterna del paese, nei pressi del Palazzetto dello Sport
è dettata da un obiettivo che è politico e sociale, obbiettivo
semplice-lapidario-chiaro: è quello di tenere unita la popolazione, in un luogo
che sia il più vicino al paese da ricostruire, e che garantisca un forma di
“vigilanza sociale” ai lavori di ricostruzione.
Fermo restante il parere
favorevole della commissione degli esperti, si indica come luogo di
installazione dei moduli abitativi la fascia esterna del paese che va dalle case
popolari, al Palazzetto dello Sport, attraversando Via A. Moro e Borgo Frannina.
In questa fascia di territorio vi sono abitazioni già verificate e dichiarate
abitabili (dopo ovviamente il riallaccio delle utenze).
Questa porzione di territorio dovrà essere garantita, a nostro parere, da infrastrutture utili al collegamento delle abitazioni (se sono stati capaci di costruire una strada in una notte per trasportare i morti possono costruire le strade per tenere collegati tra loro i vivi) le quali, proprio perché costruite nella fascia esterna pensiamo non siano d’intralcio ai lavori di ricostruzione. Certo che negli anni a venire disagi ve ne saranno, riusciremo ad affrontarli per un obbiettivo comune?
L’unità, come risulta chiaro
dalle convulse vicende di questi affannosi giorni, non è un punto di premessa
ma fine a cui tendere. Non basta dire “stiamo uniti”: se si decide la
diaspora delle genti e la si installa in diversi luoghi, questo non è creare
unità ma frantumare; se non si garantiscono piani razionali di distribuzione,
se non vi è l’interesse a curare e a mantenere la gestione del campo, se
questo viene abbandonato a se stesso, senza guida, senza indicazioni, lasciando
che gli istinti più bestiali di noi vengano fuori, tutto questo è creare
divisione, veleni, separazione.
A nostro avviso non deve ripetersi
il grosso errore iniziale (di cui il sindaco deve assumersi tutte le
responsabilità e, visti i fatti, non solo di quello): le persone sono state
invitate ad andarsene del campo anche fomentando un inutile e inopportuno
allarmismo (bronchiti, igiene…) Non si può sacrificare alla comodità di una
trentina (?) di notti passate sotto un tetto d’albergo la possibilità di
raggiungere l’obbiettivo ben più lungo e scomodo: la ricostruzione
dell’intero paese.
E’ importante, secondo noi,
rimanere sul luogo, nella tendopoli del campo sportivo. E’ importante rimanere
perché vale la pena sopportare un tempo di sacrificio per ricostruire case
pagate con duro lavoro, con l’emigrazione, col sangue (Marcinelle insegna!)
Rimanere è ciò che faranno le
famiglie colpite al cuore dal sisma; Rimanere è il dovere di chiunque voglia
unità, chiarezza e onestà nella gestione monetaria e morale della
ricostruzione.
Chi dell’Amministrazione non è
all’altezza di questo compito deve avere l’umiltà e la correttezza di farsi
da parte. Atteggiamenti da re tentenna, incapacità e incompetenza non sono
utili né all’Amministrazione né tanto meno alla popolazione.
Denunciamo inoltre la gravissima
mancanza di informazioni a tutta la cittadinanza, informazioni che invece sono
necessarie come il pane per sapere e capire come agire e cosa fare.
RESISTENZA PER LA RICOSTRUZIONE
ALCUNE RIFLESSIONI SUL VERBALE N 1 PROTOCOLLATO IL
22/11/2002 N 5077 DELL’ASSOCIAZIONE “RINASCITA DEL COMUNE DI S. GIULIANO DI
PUGLIA”
Abbiamo letto con estrema attenzione i due fogli di
verbale organizzati in 19 punti a firma di questa nuova associazione con il nome
di Antonio Di Stefano.
Tale documento si colloca egregiamente nel mare di
pressappochismo, superficialità e interessi privati che dilagano.
Com’è nata questa associazione e a chi serve:
davanti a due piccoli banchetti bianchi l’urlo di nascita è stato “venite a
firmare per la ricostruzione di S Giuliano”, nobile intento, intento di tutti,
belli e brutti. A 4-5 giorni poi dall’accaduta tragedia quell’urlo, tradotto
in firma, prendeva emozionalmente il cuore di tutti.
Ora è più chiaro cosa voleva dire quella parola
d’ordine, e diviene ancora più chiaro se si leggono le firme dei soci
fondatori, alcuni dei quali rappresentano la minoranza del consiglio comunale
che ha sostenuto e deciso, con totale spregio del confronto pubblico con la
popolazione, le linee di premessa della ricostruzione provvisoria e definitiva
della giunta.
Chi
dice “ricostruiamo” non ha a cuore l’interesse collettivo, chi dice
“ricostruiamo” lo dice perché titolare di imprese edili che vede in queste
macerie la possibilità di guadagnare e far profitto. Non si mette certo in
discussione il fatto che debbano essere coinvolte, nei lavori di ricostruzione,
le ditte locali; non si mette di certo in discussione che i disoccupati debbano
e possano trovare lavoro e i muratori pendolari fermarsi a lavorare nella loro
terra, sappiamo che lo faranno con tenacia, determinazione e cuore. Si mette
invece in discussione il comportamento lavorativo e politico di chi ha subito
individuato il proprio interesse privato e di ditta e l’ha
anteposto ai bisogni collettivi. Si poteva aspettare una ventina di
giorni per consorziarsi, si poteva attendere che i corpi dei bambini fossero
abbastanza freddi per parlare di soldi e appalti, si poteva avere tensione a
cercare una soluzione collettiva ai problemi dell’emergenza, ci si poteva
cementare restando al campo, come punto di forza….
Dal verbale protocollato invece è chiaro che gli
interessi che questa sedicente associazione vuole difendere sono solo quelli dei
lavoratori autonomi: dall’astruso linguaggio che va dal politichese di
terz’ordine al dirittese di quarta categoria, attraversando l’ostica e la
poca corretta sintassi delle frasi si evince, cioè si capisce che i firmatari
di tale documento hanno a cuore solo i propri interessi.
Una considerazione importante da fare: costoro sono
una retroguardia. Ciò di cui parlano nei 19 punti sono argomenti che circolano
nel campo già da 20 giorni, le cose che ora chiedono all’inutile autorità
locale competente sono già state chieste 20 giorni fa, sono gli stessi che
hanno ignorato le richieste e di fatto avallato la linea politica della
dirigenza di S Giuliano.
Loro interesse invece è quello di essere chiamati
ovunque vi sia un tavolo che tratti soldi e cibo (punto 2); è quello di avere
un sussidio alimentare da corrispondere non a tutti, badate bene, ma a ciascuno
dei LAVORATORI AUTONOMI del comune. E chi lavora la terra e sta nelle masserie?
E gli operai? E i pensionati? (punto 16).
Le altre richieste, come accennavamo sopra, non sono
affatto una novità: punti informativi, bacheche, rendere pubblico il saldo del
C/C del comune, chiarezza, trasparenza, tempestività delle informazioni per
tutti gli atti istituzionali, diritti e criteri d’assegnazione dei moduli
abitativi, di demolizioni, di puntellatura, di recupero masserizie, di
collegamenti Campomarino - campo sportivo, d’informazione sullo stato della
salute fisica e geologica della nostra terra, l’annoso e terrificante problema
della distribuzione, l’attenzione e la preoccupazione per quei familiari che a
tutt’oggi sono in ospedale per seguire i cari ancora lacerati dal crollo della
scuola, orbene tutto questo è ciò di cui stiamo parlando da ben 20 giorni.
Dov’era il presidente dell’associazione? Noi sappiamo: era a sbrigare i
propri impegni circolando liberamente in paese mentre altri dovevano
raccomandarsi a Cristo per entrare a recuperare due stupide ma importanti piante
di gerani.
Veramente meritiamo questo? Ancora vogliamo farci
del male? Dobbiamo permettere a questi di ricostruirsi una verginità
politica e una legittimità di manovra che avevano perduto?
Siamo uomini e donne, o caporali?
RESISTENZA
PER LA RICOSTRUZIONE