La Repubblica - Cultura Domenica 13 dicembre 1998 Politica e camorra nella Napoli fine 800 di Francesco Erbani |
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Francesco Saverio Nitti Tutto cominciò quando
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Si può dire in
tutta onestà che a Napoli il più grande e il più pericoloso camorrista sia stato sempre
il governo. Parola di Francesco Saverio Nitti che allalba di questo secolo aveva
sotto gli occhi lo spettacolo di un'amministrazione comunale corrotta e di un giornale Il
Mattino diretto da Edoardo Scarfoglio, che si ergeva a paladino del sindaco e del
suoi uomini. Quello spettacolo è consegnato alle migliaia di pagine dellInchiesta
Saredo, uno dei più inquietanti documenti dellintreccio fra politica, affari e
criminalità che mai abbia ammorbato la vita pubblica di casa nostra e che ora viene
ripubblicato per iniziativa dellIstituto Italiano per gli Studi Filosofici e
dellAssociazione Diego Del Rio (è curato da Sergio Marotta, con una prefazione di
Luciano Violante e unintroduzione di Francesco Barbagallo: lo presentano domani alle
16,30 alla Sala del Cenacolo a Roma Antonio Bassolino, Salvatore Cafiero, Paolo Mancuso,
Giorgio Napolitano, Isaia Sales e Sergio Zoppi). Linchiesta, affidata al presidente del Consiglio di Stato Giuseppe Saredo nel novembre del 1900, mette a nudo una realtà di degrado e di affarismo. Tutto comincia quando, nel 1899, il settimanale socialista La Propaganda avvia una violenta campagna di stampa sul modo in cui il Comune di Napoli aveva stipulato alcune convenzioni per l'illumlnazione pubblica e i tram. Bersagli delle accuse sono il sindaco Celestino Summonte e il potente parlamentare Alberto Aniello Casale, entrambi sostenuti dalla camorra. Casale viene costretto a dare querela, ma il processo che segue fu tutto a suo svantaggio: i giornalisti della Propaganda, su richiesta dello stesso pubblico ministero, vengono assolti. Sia il Corriere di Napoli che il Roma plaudono alla decisione del tribunale, che bolla Casale come un politico screditato e corrotto, un mediatore d'affari, un venditore di impieghi pubblici. Il Mattino accusa il colpo, dedicando alla vicenda poco più che una colonna in una pagina interna. Casale e Summonte si dimettono il governo Saracco istituisce la commissione dinchiesta. Saredo lavora per dieci mesi con un'intensità e soprattutto un'indipendenza di giudizio che allarma le stesse autorità che lhanno designato. Scarfoglio, che accoglie Saredo quasi con dileggio (lo definisce "il giocondo commendator Saredo"), adotta ben altri toni man mano che l'inchiesta scava nelle irregolarità, negli abusi, nella continua dilapidazione di danaro pubblico, svelando una rete di tangenti e di corruttela d'ogni tipo, in cui ha un ruolo determinante la camorra. Il direttore del Mattino, che risulta abbia incassato dalla Società dei tramways diecimila lire, prende a sferrare attacchi forsennati. Saredo è descritto come uno iettatore, la sua indagine paragonata a un morbo pestilenziale e le migliaia di carte raccolte assimilate "a un mastodontico documento stercuziale". Scarfoglio ricorre al peggio del suo repertorio lessicale. Ma sotto la crosta delle sue acrobazie compare il nucleo "sudista" che lo accomuna alla parte di ceto politico di cui tutela gli interessi: lunione delle popolazioni meridionali, la formazione di un blocco capace di condizionare, anche grazie alla malavita, la politica nazionaIe. Scarfoglio sbollisce furori di tipo secessionista. "Come si prevedeva", scrive, "la stampa dell'Alta Italia leva un coro di grugniti contro Napoli e i napoletani. I lettori possono immaginare il sozzo baccanale a Cui si abbandonano i tristi invidi dell' ingegno meridionale, i microcefali vacui i maligni i tartufi della moralità pubblica pontificanti lassù, che coprono le sozzure vere, profonde, enormi, provate e documentate in tutti i modi". L'inchiesta Saredo segna l'avvio di un processo e della legislazione speciale per il Mezzogiorno. Ma a distanza di cento anni è difficile scansare le impressionanti analogie fra quella prosa burocratica e seducente insieme con quanto ha messo in luce la Tangentopoli napoletana piena di storie tragiche e grottesche, recitate con diverse responsabilità da sindaci, assessori, ministri, costruttori, camorristi e direttori di giornali. |