Uno dei
Cappuccini, P. Donato da Bomba, avviò dal 1640 delle ricerche e compose una
"Relatione historica" che viene conservata attualmente nellArchivio
Provinciale dei cappuccini nel Convento di Santa Chiara dell'Aquila.
Sia il documento di donazione che la Relazione vennero autenticati per volere dei
Cappuccini con lettura pubblica, nel municipio, da un notaio, nellanno 1646.
Questa Relazione riferisce che il Velo venne portato a Manoppello da uno sconosciuto
nellanno 1506 e consegnato ad un notabile del luogo, tal dottor Giacomo Antonio
Leonelli. Si narra che questultimo, nella chiesa
di San Nicola, abbia aperto l'involto e trovato in esso il Velo.
Fa per ringraziare lo sconosciuto, ma questi era sparito senza lasciare nessuna traccia. Il Velo con lImmagine è stato per circa un
secolo ereditato nella famiglia Leonelli, finché venne destinato come regalo di nozze ad
una componente femminile della famiglia, Marzia Leonelli; ma non realmente donato.
Nellanno 1608 il marito di questa donna, Pancrazio Petrucci, un soldato, trafugò
dalla casa di suo suocero il Velo. Pochi anni più tardi, questa donna lo rivendette per
quattro scudi al dottor Donato Antonio De Fabritiis per liberare il marito, prigioniero a
Chieti.
Il Velo venne donato dai De Fabritiis ai Cappuccini. Questo riferisce la Relazione
historica.
Se si legge, però, con attenzione la "Relatione historica" si può constatare
come sia composta da due parti: un inizio più narrativo e un nucleo con date storiche
attendibili. L'inizio dà l'impressione di tutta una costruzione maestosa. Vengono
elencati tutti i governanti coronati del 1506, anno in cui uno sconosciuto avrebbe portato
il velo.
La storia raccontata in uno stile vivace, ha qualche
cosa di fantastico: lo sconosciuto affida il pacco ad un cittadino del paese e sparisce
dalla scena senza che nessuno lo abbia potuto poi rintracciare. Marzia Leonelli avrebbe
venduto il Velo nel 1618; ma neanche questa data è storicamente certa. Nella prima
versione manoscritta della "Relatione" viene indicata la data del 1620 per la
vendita del velo. La data sunnominata del 1618 si trova nella versione della
"relatione" che fu destinata per il ministro generale dell'Ordine dei
Cappuccini. La prima versione fu conservata nel Santuario del Volto Santo a
Manoppello,
quella destinata al Ministro generale si trova, insieme con una copia della stessa mano,
nell'Archivio della provincia abruzzese a L'Aquila. L'unica cosa che si deve considerare
come storicamente accertata è il fatto che Marzia Leonelli ha venduto il velo al Dottor
Donato Antonio De Fabritiis intorno al periodo tra il 1618 e 1620.
La data del 1608, nel
manoscritto dell'archivio della provincia abruzzese dei cappuccini si trova ai margini,
scritta da un'altra mano.
A questo punto lasciamo il territorio di Manoppello e andiamo a Roma per paragonare le
date.
La prima data, 1506, e il governo del Papa Giulio II, nominati nella "relatione
historica", corrispondono con il piano di demolizione della fatiscente Basilica di
San Pietro e il progetto di sostituirla con un nuovo edificio più grandioso. La
demolizione fu di fatto iniziata nel 1507.
La seconda data, il 1608, che è solo scritta alle margini dell'esemplare che è
conservato nell'Archivio della provincia abruzzese, corrisponde esattamente con la
demolizione della seconda parte della Basilica Vaticana, inclusa la cappella, costruita da
Giovanni VII nel 705, in cui si conservava il velo della Veronica, o come si diceva a
Roma, la Veronica. Questa demolizione poté fornire un'occasione molto propizia per lo
smarrimento della preziosa reliquia romana.
Vediamo che cos'era successo poco prima, cioè il terzo avvenimento a cui si accenna nella
"relatione historica": la vendita del velo con l'immagine del Cristo a Manoppello
intorno al 1618/20.
Nel 1616 il Papa Paolo V si trova di fronte ad una richiesta di una copia della Veronica
per la regina Maria Costanza della Polonia da parte della corte imperiale di Vienna.
Nonostante che fino ad allora esistesse tutto un esercito di pittori che realizzavano
copie della reliquia romana, i cosiddetti "pictores Veronicae", questa volta la
copia viene affidata ad un canonico di San Pietro di nome Strozzi. Vengono, poi, vietate
ulteriori copie. Si deve desumere che i "pictores Veronicae" hanno perso il loro
lavoro almeno da questo momento.
La lettera del Papa, datata 7 settembre 1616, dice
espressamente che nessun artista deve essere utilizzato per eseguire delle copie della
Veronica, ma solo canonici di San Pietro.
Eccezionalmente furono realizzate ancora due copie sotto il pontificato di Gregorio
XV, e
subito dopo fu proibito, sotto la pena della scomunica, realizzare copie delle copie. La
loro caratteristica comune è la rappresentazione dellimmagine con gli occhi chiusi.
Queste copie in nessun modo corrispondono alle vecchie rappresentazioni della Veronica
romana. Una di queste copie legittimate si trova ancora oggi nella Sacrestia del
"Gesù" a Roma. È di una tale bruttezza che nessuno può immaginarsi che essa
sia veramente una copia di un oggetto che tutti i pellegrini desideravano vedere. Questa
"copia" costituisce una nuova creazione, un vero e proprio pasticcio, composto
da un ricordo della Veronica, dalla sagoma del Mandilion che si conservava in questo tempo
nella chiesa di San Silvestro a Roma, e dalla conoscenza della Sindone di Torino
attraverso una copia in misura originale che si trovava sin dalla fine del Cinquecento a
Roma nella chiesa del Sudario.
Il fatto che proprio in questo periodo, nel 1618, un tenue Velo, con una figura più
bella, che corrisponde in tutti i tratti alla Veronica romana viene venduto in una
cittadina degli Abruzzi, ci fanno apparire gli avvenimenti di Roma più straordinari.
La nostra attenzione diventa ancora più viva quando apprendiamo che il Papa successivo,
Papa Urbano VIII, non soltanto vietò tutte le copie della Veronica, bensì ordinò che
tutte le copie esistenti, fatte negli ultimi anni, dovessero essere distrutte. Sotto il
suo pontificato viene redatta la "Relazione historica", cominciata intorno al
1640 e conclusa, dopo la morte del Papa, con la lettura e lautenticazione notarile
del 1646. Si fa sempre più consistente lipotesi che il Velo sia Stato trafugato al
tempo del Papa Paolo V e portato a Manoppello.
Se il soldato tenuto prigioniero in Chieti, marito della donna che vendette il Velo
con la figura del Cristo nel 1618 al dottor De Fabritiis, sia il ladro stesso che trafugò
la reliquia sacra a Roma, non è accertato.
Più tardi Papa Urbano VIII dovette avere notizia della sparizione della Veronica,
soltanto così si spiegano i suoi provvedimenti. Nel 1618 l'archiviario e canonico di San Pietro Jacopo Grimaldi elenca tutti gli oggetti
trasportati nell'archivio che prima si trovavano nella basilica di San Pietro in Vaticano;
fra essi anche il reliquiario della Veronica e scrive che i vetri sono rotti,
probabilmente per disattenzione dei custodi. Questo reliquiario del Giubileo del 1350 è
ancora conservato e può ammirarsi nel tesoro di San Pietro.
Da tutte queste date, osservazioni e fatti si giunge ad una unica conclusione, che
la Veronica è andata smarrita e che essa è stata tolta con violenza dal suo
reliquiario.
Allora leggiamo con una nuova ottica il dettaglio nella "relatione istorica" che
tratta dell'atto criminale del soldato di Manoppello: "Entrò violentemente in Casa
di Leonelli, et si pigliò, come ricchissima portione la santissima immagine." In
realtà si sta parlando dell'Archivio di San Pietro o addirittura la Cappella della
Veronica invece che della Casa dei Leonelli. Quando i lavori sono in corso, si presentano
sempre le occasioni migliori per fare sparire un oggetto prezioso.
Che l'atto violento del marito di Marzia Leonelli, Pancrazio Petrucci abbia danneggiato il
velo, la "relatione historica" lo dice espressamente: "pigliata che
l'hebbe, con quella braura et furia, che sogliono li soldati haver in simili occasioni,
non la ripiegò et raccolse con quella diligenza, et devotione, come si doveva ad una cosa
tanto miracolosa et divina: ma tutta strapazzata, et molto malamente avviluppata, si la
portò nella propria Casa, ivi tenendola per più anni con tanta poca reverenza, et
stima..." (rel. hist. Arch. d. Prov. Cap., p. 17s.).
Una tale descrizione
dell'oggetto malandato potrebbe facilmente essere compresa come il risultato dell'atto
violento quando fu spezzato e rotto il reliquiario della Veronica. E se verifichiamo
esattamente lo stato del velo, possiamo costatare che un pezzo del vetro è rimasto
incollato su di esso; significa che il velo non potè essere strappato dal cristallo senza
romperlo, al punto che restò perfino una traccia di esso sul bordo inferiore.
Lo stesso archiviario è autore dell'"Opusculum de sacrosancto Veronicae
Sudario", scritto nello stesso anno 1618, se non fu falsificata la data
posteriormente; gli ultimi tre segni scritti in cifre romane, infatti, potrebbero essere
stati aggiunti o almeno gli ultimi due perché essi si trovano scritti sul margine in
contrasto con tutti gli altri segni sul frontispizio del manoscritto che oggi si conserva
nell'archivio dei Canonici di San Pietro. Così fu cambiato con tutta probabilità un
MDCCXV in un MDCCXVIII. Sullo stesso frontespizio si vede un disegno dalla mano del
Grimaldi che mostra la Veronica nel suo reliquiario non ancora rotto. Essa corrisponde
esattamente con il Volto Santo di Manoppello; sia negli occhi aperti che guardano
leggermente in alto in una direzione un pò obliqua, sia nei cappelli ondulati delle due
bande e della barba, sia nella forma del volto, sia nella bocca aperta. |