L’INTERVISTA da “la Discussione”

ROMA – E’ uno stimato avvocato penalista. Ma tempo per perorare le cause dei clienti non ne ha, perché deve tutelare in Parlamento le cause del territorio vibonese, del quale egli è strenuo difensore, e occuparsi di legiferare.
Michele Ranieli, ha 51 anni e 30 di politica attiva, praticata da quando era studente nell’ateneo di Messina. E la politica consuma tutto il suo tempo: per dare risposte a tutti, ha un telefonico sempre acceso, anche alle tre di notte, il cui numero è di dominio pubblico. E’ una vita stressante, ma è la vita che ha scelto e non se ne è mai pentito. Nemmeno quando pensa alla sua professione che riesce a esercitare soltanto nei ritagli di tempo.
Michele Ranieli ha una caratteristica: non si autocelebra mai. Al contrario del classico calabrese, intriso di cultura individualista, antepone sempre il Noi all’Io. Se affermate che nelle elezioni Politiche del 2001 ha vinto da solo contro tutti, negherà e risponderà: “Ha vinto l’intera CdL, hanno vinto i cittadini, ha vinto Berlusconi che alla politica assistenzialistica e clientelare vuole sostituire una politica operosa e di taglio aziendale, ha vinto il suo grande impegno a potenziare le infrastrutture del Paese e del Sud in particolare”.

Lei ha vinto in un collegio giudicato di fascia D dalla Casa delle Libertà, cioè difficilissimo. Dopo, se non sbaglio, c’erano i collegi di fascia E, cioè quelli impossibili della cintura rossa tosco-marchigiana. A più di un anno di distanza, cosa ricorda di quei momenti?

Ricordo la difficoltà iniziale di far capire alla gente che potevo vincere contro quello che chiamavo “il vuoto del passato”, contro dannose politiche del posto fisso e nessun rapporto umano con la gente. Mi aiutò la mia concretezza, il rapporto con la gente, i segni tangibili che avevo lasciato da amministratore regionale. Quando vinci, la prima cosa cui pensai fu che potevo continuare a portare il mio contributo ai cittadini di questa terra e ai loro tanti, tantissimi bisogni.

E’ passato più di un anno. Qual è stato il contributo della CdL alla modernizzazione della società italiana?

C’è stato un cambio di cultura soprattutto in riferimento al mezzogiorno, per troppo tempo considerato un peso. La CdL sa che lo sviluppo del Sud rappresenta anche lo sviluppo dell’intero Paese nel contesto europeo e internazionale.

Uno che ha percorso in salita tutti i gradini delle istituzioni, da quelle locali (è stato assessore della Provincia di Catanzaro prima che Vibo divenisse capoluogo di provincia) a quelle regionali fino al Parlamento, che differenze trova?

Dovendo risiedere a Roma cinque giorni su sette, mi manca il rapporto costante con la gente e il riscontro della mia azione politica sul territorio. E trovo che le procedure di funzionamento degli investimenti e dello sviluppo dei progetti siano più complesse.

E lei quale bagaglio di esperienza ha portato nel nuovo incarico?

Sono capogruppo dell’Udc nella Commissione Cultura, Scienze, Istruzione, Formazione e Ricerca e qui ho potuto far valere quanto avevo messo a frutto come assessore regionale alla P.I., cultura e formazione e come coordinatore nazionale degli assessorati alla Formazione professionale regionale. Mi era già chiaro, cioè, il panorama italiano del settore scuola-formazione. Questo mi ha aiutato molto e penso sia stato utile all’attività della Commissione.

La politica è una passione, è un tarlo o tutt’e due?

La vivo con impegno e passione. Conosco i bisogni della gente del Sud, lotto per il loro riscatto economico e sociale.

La settimana scorsa, il nostro direttore politico Giampiero Catone ha scritto: Il governo Berlusconi è alle prese con la necessità di porre rimedio ai guasti provocati dalla dissennata politica clientelare, di sperperi e di regalìe messa in atto dai governi del centro-sinistra, che era solo desideroso di conservare il potere, non responsabilmente schierato sul fronte dello sviluppo e del risanamento. Un commento ...

Sono d’accordo, una eredità di 34 mila miliardi (in lire) di buco sono tanti. Ma a questo fattore ne aggiungo altri tre: la partecipazione alla guerra a fianco degli Stati Uniti che ha provocato un concentramento di risorse destinate a garantire la sicurezza mondiale; l’effetto-euro che ha fatto aumentare il costo della vita; la congiuntura internazionale che ha rallentato lo sviluppo e gli investimenti, soprattutto quelli privati.
Il Governo ha dovuto far fronte a tutti questi oggettivi problemi e quindi ha dovuto parzialmente rallentare l’attuazione del suo programma. Del resto, anche la Commissione Ue ha preso atto della congiuntura sfavorevole e ha prorogato al 2006 l’obbligo del pareggio di bilancio per i paesi membri. Con la nuova Finanziaria stiamo cercando di creare politiche di investimento, di tagliare rami secchi, di recuperare risorse.

Pubblica Istruzione: la Moratti ha illustrato alla Camera il suo impegno a fronte della finanziaria ...

E’ una buona piattaforma di discussione. Ma in ricerca si investe oppure no? Finora, a questa voce è stato destinato appena lo 0,6 per cento del bilancio. Dobbiamo arrivare, se non al 2 per cento della media europea, almeno all’uno. La ricerca, soprattutto quella genetica, cibernetica e delle biotecnologie – è l’elemento essenziale per tenere il passo della competizione globale.

Lei è anche membro della commissione Trasporti. Il Ministro Lunardi ha messo sul piatto tre fondi distinti. Il 60 per cento del fondo progettualità vuole destinarlo alle aree depresse. Buon segno?

Certo. Spesso il Sud non ha speso i fondi Ue per carenze progettuali, perché mancavano gli europrogettisti, perché gli enti locali non coinvolgevano le università e gli ordini professionali.

Lei è promotore di una importante iniziativa per il suo territorio: la richiesta di dichiarazione di “Area di crisi”. Da dove nasce l’idea e a che punto è?

L’idea nasce dalla condizione di cenerentola italiana di Vibo Valentia. Questa provincia non ha mai avuto aiuti di stato come li hanno avuti le altre province calabresi tramite contratti d’area, contratti di programma, decreti speciali come il decreto Reggio ecc.. Oggi Vibo si trova nella spirale della disoccupazione e della deindustrializzazione con 18 medie imprese chiuse in questi ultimi anni e sostituite da nulla. Eppure abbiamo un ruolo importante di cerniera fra la Piana di Lamezia e il Porto di Gioia. Con la dichiarazione di Area di crisi prima di tutto puntiamo a far emergere a livello nazionale un problema Vibo Valentia, che altrimenti non avrebbe nessuna attenzione, e poi realizzare una serie di insediamenti produttivi e infrastrutturali che facciano uscire questa provincia dall’ultima posizione in Italia per qualità della vita.
E’ in corso l’iter burocratico per ottenere la dichiarazione, la task force per l’occupazione ha già dato parere favorevole alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nella sostanza, il riconoscimento di Area di crisi c’è già. Infatti, sono state accantonate risorse finanziarie per favorire la nascita di insediamenti industriali nel Vibonese.

E’ intervenuto di frequente sui temi del governo regionale. Ha proposto di portare le Asl da 15 a 5, una per ogni provincia, e oggi pare proprio si voglia fare così. Altri suggerimenti per la cura da cavallo che la Regione dovrà intraprendere?

Adesso la Regione deve convertire gli ospedali fotocopia in centri riabilitativi, poli specialistici di eccellenza, possibilmente attraverso le privatizzazioni. Poi deve avere la capacità di individuare le aree vocate, in tutti i settori: scegliere dove fare agricoltura biologica avanzata, per esempio, e dove il turismo integrato. Poi, vanno valorizzate le risorse disponibili e potenziata l’intermodalità nei trasporti.

Ha preso in mano un Cdu che, fresco di scissione e quindi a zero come organizzazione, alle provinciali ’95 coprì appena 16 collegi su 24. Lo ha fatto diventare il primo partito della città nel ’97. Oggi l’Udc, insieme a una lista (il Centro unito democratico) da lei ispirata, è ancora primo a Vibo Valentia, e siamo ancora a una percentuale superiore ai 20 punti. Una delle più alte d’Italia. C’è un segreto?

Questa domanda me l’ha posta anche il Presidente Berlusconi all’indomani della mia elezione. Il segreto sta nel mantenere le promesse, nell’affermare la verità, nell’impegno quotidiano per la gente. Ma la vittoria alle elezioni comunali è merito di tutti: del sindaco Elio Costa, degli amici dell’Udc i quali hanno lavorato tanto e bene, della gente che ci ha dato ancora fiducia.

Come dovrà nascere questo Udc?

E’ già nato e si vede, perché vi stanno aderendo in molti, e molti altri guardano con simpatia a questo nuovo progetto. Ora l’Udc dovrà consolidarsi con un congresso unitario, responsabilizzando quanti hanno voglia di investire il propri impegno in un partito che dovrà avere regole certe e trasparenti. Oggi c’è grande attenzione a queste cose, perché c’è una rinata voglia di affidare ai partiti l’azione di coordinamento e di stimolo che parte dal basso per raggiungere le istituzioni.

 
 
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