Diario di Parigi - gennaio 2004


domenica 25 gennaio
Perchè andare a Parigi? Parigi è bella, ma i parigini sono spocchiosi, così almeno dice chi ci ha abitato: io ci vado perchè il mio amico d'infanzia Marco, sta facendo un master lì, sono quattro mesi che non lo vedo, da quell'ultima cena fatta a casa sua prima di partire, e perchè posso stare un po' di giorni in una città che non ho mai visitato. Decido di partire in un periodo volutamente morto, sperando di non trovare molti turisti, che in ogni caso so ci saranno. Prima di partire l'annosa questione tra aereo e treno, alla fine la vince sempre il secondo, così parto sabato 24 gennaio, di notte, prima Magenta e poi Milano.
Arrivo a Bercy verso le 8,40 del mattino di domenica; ho fatto il viaggio in cuccetta con Luigi, un signore pugliese, con accento romano, e che vive a Milano: fa il ricercatore di storia, e stava andando a Parigi per delle ricerche nelle biblioteche della città come ogni tanto gli capita di fare. Mi dà consigli sulla città, come girarla, quali abbonamenti fare per i mezzi pubblici, altre informazioni sul tempo, ecc. ecc., addirittura mi informa su che lato di Bercy uscire! Ci salutiamo prima di scendere dal treno, poi mi dirigo verso la metro e verso casa di Marco.
Sembrerebbe semplice prendere la metropolitana a Parigi, perlomeno entrarci ma subito primo casino all'ingresso della metro: compro il biglietto da un tipo lì fuori (bagarini?) a prezzo scontato perché non ho moneta e lui non ha da cambiare, inspiegabilmente le macchinette automatiche non funzionano per i biglietti semplici, poi, secondo casino, lo zaino non ci passa dalle porte della metro! tiro fuori lo zaino, lo faccio passare dallo spazio laterale per i bagagli, ma il mio biglietto ormai è andato, quindi devo scavalcare con un altro ragazzo, recupero lo zaino e mezzo sgarruppato mi risistemo; insomma, ci ho messo un quarto d'ora per entrare...
Le indicazioni che mi ha dato Marco sembrano semplici, mi devo fermare a Passy, deve ci arrivo dopo 40 minuti di metro, è la fermata dopo Bir Hakeim, quella della tour Eiffel, e proprio per questo sulla strada ho già modo di vedere la torre e la cupola dorata del Duomo degli Invalides.
Le strade sono vuote, mi stupisce questo fatto, anche se in effetti è domenica mattina, la gente normale dorme, non va a cercare la casa di un amico che vive a 600 km da casa sua; c'è il sole a Parigi oggi, le previsioni davano tempo brutto, e invece, che bella sorpresa. Trovo casa di Marco, salgo e lo trovo che si è appena addormentato perché è stato sveglio fino alle 6,30 a studiare. Parliamo per qualche ora, aggiornandoci sulle rispettive novità, poi tiriamo l'ora di pranzo e ci facciamo un piatto di pasta; io sono un po' rintronato del viaggio, lui della nottata a studiare, ce la prendiamo comoda oggi, quindi usciamo a fare il suo bucato ad una lavanderia automatica, quelle di tipo americano, mi sembra di essere uno yankee, è la prima volta che entro in una lavanderia così, noi italiani, si sa, abbiamo abitudini diverse, i panni sporchi si lavano in casa: addirittura entra un signore di colore dalla faccia da vecchio bluesman, il massimo proprio per l'atmosfera. Nell'attesa giriamo un po' per il quartiere, che nonostante l'ora è sempre piuttosto vuoto; Passy è un quartiere antico ed elegante, è qui che vive la "borghesia" parigina, come la chiama Marco.
Nel pomeriggio lui aspetta due ragazzi per fare un lavoro per il master; d'accordo con lui che il suo monolocale è troppo piccolo per starci in quattro persone, e anche per il fatto che di diritto aerospaziale non me ne frega poi molto, decido di andarmene in giro, lui scherza docendomi di non perdermi, ci rivedremo dopo qualche ora, per cena. C'è un bel giro che posso fare, l'ho visto consultando la guida, così parto dal Trocadero, che mi delude un po': a parte il fatto che io un nome del genere l'ho sempre associato, chissà poi perchè, al mondo dello spettacolo, mentre non c'entra nulla con il mondo dello spettacolo, salvo ospitare il museo del cinema, mi sembra troppo freddo, un'architettura fascistoide, ma mica come quella della Stazione Centrale di Milano, un cosa tipo blocco di cemento e mattoni piazzato lì. Certo la forma fa contraltare alla Tour Eiffel e proprio per questo è lì, quindi lascio il Troca, che ho utilizzato per ammirare la torre e fare la foto ad un piccione grassissimo, e me ne vado verso la torre: eccoli qui i turisti e i parigini, sono tutti in coda per salire sulla torre. Normalmente queste cose mi sembrano già di per sè delle perdite di tempo, ok, vedo la città dall'alto, però se ci devo pure impiegare due ore di coda, allora vado avanti da un'altra parte e proseguo per l'Ecole Militaire, di fronte alla quale c'è un monumento alla pace, fatto di legno, alluminio e plexiglass, mi sembra la prima cosa originale che vedo oggi, l'Ecole è un palazzo piuttosto anonimo. Giro verso Les Invalides, seguendo le indicazioni sulla strada: qui il discorso cambia, il sole sta scendendo e brilla forte sulla cupola dorata; il complesso è molto bello, ed è interessante vedere il cortile dove sono stati collocate decine di cannoni e obici. Qui c'è la tomba di Napoleone, ma declino l'invito, non è certo un mio eroe e non mi va di pagare per vedere una tomba, e in fondo non ci vedo molte persone entrare. Esco dagli Invalides e mi dirigo verso la Senna, ho deciso di tornare facendo il lugosenna: passo il Pont Alexandre III, dove mi fermo a scattare diverse foto alle sue colonne, e ad ammirare lo spettacolo di luci della Tour Eiffel, che verso le 18 viene messo in atto, le faccio una foto con il tramonto dietro di lei e poi mi faccio il lungosenna verso Passy.
Nel frattempo la torre è diventata rossa, lo sarà per diversi giorni in occasione del capodanno cinese, come mi aveva detto Marco. Torno a casa già piuttosto stanco e usciamo a cena in un vicino ristorante cinese, visto che è la loro festa: è la prima volta che provo il cinese e penso che sarà anche l'ultima, il sapore mi piace abbastanza, ma non è possibile che un riso cantonese ti riempia come un bue.
Facciamo ancora due passi per il quartiere, poi, una volta tornati a casa mi sistemo il sacco a pelo in camera sua: la sua casa è composta di un piccolo cuocivivande, dove ci puoi stare in due, e la sua camera, dove in tre si è stretti, ha doccia e lavandino in camera, ma il gabinetto è in corridoio in comune. Marco me l'aveva descritta in maniera pessima, in realtà, abituato come sono agli ostelli, per me non è proprio male, e poi per Parigi spesso questo è uno standard, infatti non è un vero appartamento ma uno studio. Non so come può esserci vivere a lungo, ma di certo la prima impressione che abbiamo avuto è stata diametralmente opposta, comunque, non importa, il pavimento non è troppo duro, c'è la moquette.

Lunedì 26 gennaio
Mi sveglio tardi, così, dopo aver fatto colazione nella cucina piccola ma per me molto ospitale, vado a prendermi la metropolitana; come mi ha consigliato Marco mi sono portato un foto-tessera, così mi sono comprato la Carte Orange, un abbonamento settimanale, da lunedì a domenica, comodo e conveniente, che oggi inauguro. Come prima tappa per oggi ho scelto di vedermi Notre-Dame: mi piace visitare le chiese, le cattedrali e Notre-Dame mi è sempre apparso il Duomo di Milano trasportato in Europa; me la giro bene, visito anche il museo interno, molto interessante, c'è poca gente, me la gusto bene.
Quando esco inizia a piovigginare, ma è quella pioggia atlantica, leggera, che non dà fastidio e non richiede ombrello; vado nel quartiere latino, dove trovo un ristorante non male e pranzo lì. Ho scoperto che in questo quartiere non si spende molto per pranzare, la qualità è in genere buona e puoi scegliere tra tanti tipi di cucina, ma io mi sono buttato su quella francese tipica. Assaggio la famosa zuppa di cipolle, che mi piace e mi scalda, in effetti a rimanere tanto tempo in mezzo alla strada fa venire fame e quando si butta giù una zuppa calda è un vero sollievo.
Nel pomeriggio mi giro ancora il resto del quartiere, visito alcune chiese: scopro che una di esse è il punto di partenza di uno dei tanti Cammini per raggiungere Santiago de Compostela; resto ad ascoltare un organista che sta facendo delle prove, fuori continua a scendere quella pioggia fine, lucidando le strade, mentre piano piano la gente inizia finalmente ad animarle. Esco e mi dirigo verso la Sorbona, dove entro a visitare la cappella: è vuota e dentro c'è una mostra di artisti coreani molto interessante, per cui perdo un po' di tempo, compro un paio di cartoline con riprodotte le copie di alcuni quadri, scatto alcune foto all'interno e poi torno in strada, dirigendomi verso il Pantheon e la chiesa di St-Etienne-du-Mont, dove c'è la tomba di Santa Genoveffa.
Sono d'accordo con Marco per tornare abbastanza presto, ma tardo un po' e infatti, una volta tornato a casa c'è solo il tempo di prepararsi per uscire per un happy hour al Crystal, un pub dove verrà anche un amico di Marco, Eric, e la ragazza di Eric, Romina, argentina, che vive con lui. Sono due tipi strani, ne avremo modo di parlare io e Marco: a lui Romina non piace, invece Eric non piace a me, a suo fratello Carlo e alla ragazza di Marco, Suzanne, che lo hanno conosciuto prima di me, e di questo ne è preoccupato. Non è un ragazzo cattivo, anzi, però fa dipendere tutto da lui, di modo che uno non riesce ad organizzarsi altro, salvo poi avere buca all'ultimo momento (tre volte in tutto in questi giorni).
Il locale non mi piace molto, a dir la verità, lo trovo freddo e troppo fumoso per i miei gusti, non c'è musica, la birra mi fa schifo: sarà che sono amante delle culture che fanno della birra un motivo di orgoglio, ma questa è amara e basta. Finiamo le birre e andiamo a cenare alla mensa universitaria, dove c'è anche un festa indiana. E' molto bella l'università, ci sono diversi palazzi dove sono collocati i pensionanti, suddivisi per nazione: può essere funzionale, ma forse è un po' troppo segragativo; l'atmosfera però è bella, mi ricorda il primo anno mio di università, quando lavoravo anche part-time, e a volte mi fermavo per cena alla mensa, a volte solo, a volte con amici che risiedevano in pensionato, solo che là c'era molta meno gente.
Riprendiamo la RER e poi la metro per tornare a casa; quando scendiamo alla nostra fermata inizia a scendere un po' di nevischio, in effetti era previsto per oggi.

Martedì 27 gennaio
Mi sveglio piuttosto presto, e vedo che è rimasta un po' di neve per terra mentre io non ho ancora trovato la collocazione giusta per coperte e sacco a pelo; fa troppo freddo o troppo caldo, mi è scesa la voce, ho un raffreddore incombente e ogni mattina mi dà il buon risveglio un po' di sangue da naso, poca roba ma fastidiosa e che fa perdere un sacco di tempo.
Comunque, faccio colazione e poi mi dirigo ancora verso Notre-Dame perché nel frattempo sta uscendo il sole, e il giorno prima non sono riuscito a fare nessuna foto, non mi piace ritrarre qualcosa con uno sfondo di cielo bianco.
E' una giornata piuttosto bella, migliore di ieri sicuramente e mi giro tutta l'Ile de la Citè, faccio il giro del complesso del Tribunale, poi, passando dal monumento all'olocausto, l'Ile St-Louis, dove mi fermerò anche a pranzo, visto che è arrivata l'ora. Siedo in un piccolo ristorante in pietra, con un arredamento di legno molto caldo, assaggiando una moutard di Dijon veramente potente, da soluzione definitiva per il raffreddore.
Nel pomeriggio mi dirigo al il quartiere del Marais, poi verso la Bastille, di cui non è rimasto nulla, poi sulla bella anche se un po' decadente Place des Vosges, e su verso l'hotel de Soubise e l'hotel du Rohan, quest'ultimo davvero magnifico. Prendo l'autobus per andare verso il centre Pompidou: sarà una dei luoghi che dedicherò più tempo uno dei prossimi giorni, poi da lì vado a piedi verso l'Hotel de Ville: la Tour St-Jacques è coperta per restauro.
Il palazzo comunale è tutto agghindato di bandiere francesi e cinesi, per il capodanno cinese; mi dirigo infine verso Les Halles, il centro commerciale, che a dirla tutta non è proprio un bel posto, scopro che è vicino ad un piccolo quartiere a luci rosse, e i personaggi che lo affollano non sono troppo raccomadnabili, comunque per come sono vestito non posso certo attrarre la loro attenzione per un eventuale furto: mi visito invece la chiesa di St-Eustache, davvero imponente e molto bella, che rimane un po' nascosta dietro il centro commerciale.
Rientro e stasera ceniamo a casa, beviamo anche un po' troppo, e questo mi spiace un po', però è stato bello farsi un giro di notte per andare a vedere la Tour Eiffel illuminata di rosso, vista da mezzi ubriachi, anche se non vedevo di rientrare dopo questa uscita per mettermi a letto, anzi, nel sacco a pelo.

Mercoledì 28 gennaio
Mi alzo sempre verso le 9-10 come al solito, sono stanco ma ho voglia di uscire, non ho voglia di rimanere in casa, dopo la bevuta di ieri ho voglia di uscire per andare a distrarmi. Saluto Marco e me ne vado rapido, lo lascio ancora mezzo addormentato.
Con la metropolitana mi dirigo all'Arc de Triomphe, che mi lascia di sasso: facendo un rapido calcolo approssimativo posso dire che la piazza dove è collocato ha la superficie di circa metà del mio paese, o poco ci manca. Faccio il giro della piazza e ci metto quasi un quarto d'ora da tanto è grande; faccio alcune foto, due delle quali in prospettiva verso gli Champs Elysees, e un'altra verso la Defense: non ce n'è, tutti questi spazi parigini tolgono il fiato ogni volta. Vorrei farmi gli Champs a piedi, ma mi rendo conto che non c'è molto da osservare, quindi prendo l'autobus che mi porta fino al Grand Palais, dove c'è il museo della scienza e della tecnica: chiedo quanto tempo serve per visitarlo e mi dicono tre ore: è ancora piuttosto presto ma rimando perché volevo andare al Louvre nel pomeriggio.
Mi faccio la strada a piedi fino a Place de la Concorde, un po' mi spiace perchè come prima non c'è nulla di interessante sulla strada, ma gli autobus non ci arrivano per via di alcuni lavori stradali. Poi scopro che sono chiuse pure i giardini delle Tuileries, oltre all'omonima fermata della metro a causa di personalità importanti che alloggiano in un hotel lì vicino e che devono essere protette, una cosa che non concepisco, mi sembra tanto ipocrita, ogni personaggio pubblico non dovrebbe avere nulla da temere e dovrebbe avere il coraggio di girare senza scorte, come ognuno di noi.
Vedo di non pensarci e mi visito la chiesa de la Madeleine, di fronte alla quale c'è un traffico mostruoso, poi vado alla vicina Place Vendome, e quindi torno a Place de la Concorde, e mi prendo la metro per il Louvre.
Prima di entrare al museo vero e proprio mi perdo un po' nel suo centro commerciale e non posso fare a meno di entrare al Virgin megastore dove prendo un paio di cd, uno di Jay-Jay Johanson, un cantante svedese sconosciuto in Italia, e uno di Yann Tiersen, un bretone che pensavo fosse più famoso in Francia, dato che ha fatto la colonna sonora de "Il favoloso mondo di Amelie".
All'ingresso del museo ho visto che se si entra dopo le tre si paga meno, e dato che oggi è aperto fino alle nove di sera, decido di aspettare, così ho tempo di andare a pranzo in uno dei tanti ristoranti etnici del museo che sono piuttosto convenienti e interessanti data la varietà; decido per il libico, che ha sapori molto mediterranei, un riso basmathi in bianco e pollo in salsa di pomodoro, oltre a degli stuzzichini d'antipasto, simili a quelli greci. Dopo pranzo esco a fare delle foto: alla piramide, all'archetto di trionfo, al vicino Palais Royal e all'originale scultura collocata sul suo cortile e poi rientro.
Prendo il biglietto e perdo qualche minuto a studiare la mappa che mi hanno dato per decidere cosa vedere e concludo che me lo girerò almeno per metà circa: ho ammirato le sculture romane e greche, oltre a quelle italiane, incantandomi di fronte ad "Amore e Psiche" del Canova, parte della sezione egizia, che però non amo molto, ma per la quale sono di passaggio per andare verso la parte dedicata alla pittura italiana e all'immancabile Monna Lisa. E' piccola, ma ha indubiamente un grande fascino, i suoi occhi sembrano seguirti mentre le giri attorno, è una sensazione unica: fortunatamente ci sono poche persone qui e ho tempo di fermarmi un po' e di fare anche qualche foto.
Prima di uscire scopro che ci sono alcuni quadri nella sezione francese che avevo visto sui libri di scuola e che vorrei vedere, così anche se sono stanco vado a vedermeli. Ho scattato ancora un po' di foto anche all'interno del museo visto che si poteva, spero siano uscite bene; è stato un bel pomeriggio, vedere che le opere studiate a scuola esistono veramente e sentire le emozioni che ti danno, come la Venere di Milo, o come quel capolavoro etrusco che è il Sarcofago degli Sposi, di fronte al quale non c'era proprio nessuno: forse proprio questa è stata l'opera che più ho amato, lì sola, senza che nessuno si accorgesse o capisse fino in fondo il suo valore storico ed artistico, forse perchè gli etruschi sono meno famosi? Tra una considerazione e l'altra mi accorgo che questo giretto è durato quelle quattro ore da far strusciare i piedi, così torno a casa.
Alla sera, dopo cena, con Marco pentito, anche se non lo dice, della sera prima, decidiamo di uscire a vedere un film: "21 grammi". Però arriviamo che è già iniziato e allora optiamo per "massacre à la tronconneuse" tratto da una storia vera, un thriller, vabbè, deve ancora iniziare... a parte il fatto che mi pelano ben 9,30 euro il film è una cosa peggio di vacanze di Natale dei fratelli vanzina: è infatti il classico film con squartamenti americano, tronconneuse non era infatti una località come pensavamo ma significa motosega, e scoprirò solo in seguito che si tratta del remake di "non aprite quella porta", un classico tra i film splatter. La cosa interessante è che in Francia proiettano anche film in lingua originale con sottotitoli in francese, così uno si può studiare altre lingue, capita anche di vedere film italiani, che torna più comodo.
Quando usciamo nevica di brutto, una vera tempesta, comincia a restare giù e rientriamo a casa bianchicci continuando a fare battute sull'ottimo film visto.

Giovedì 29 gennaio
Oggi non sapevo bene che fare, però visto c'era molta neve in giro, sono andato ai giardini del Luxembourg perché stava uscendo il sole e ho pensato che sarebbe stato bello fotografarli sotto la neve. Sì, vabbè. C'è infatti una bellissima regola per la quale in caso di maltempo i parchi vengono chiusi al fine di garantire l'incolumità dei visitatori. Insomma me li sono visti dall'esterno, dove c'era esposta una mostra fotografica organizzata da un settimanale francese, che ripercorreva la seconda metà del XX secolo: era bello rivedere fotografie storiche come quella di Martin Luther King che dice "I have a dream", oppure Yuri Gagarin, primo uomo in orbita, o il ragazzo di fronte al carro armato in piazza Tien An Men a Pechino, e poi la stupenda Marylin, gli atleti cubani con il pugno alzato alla premiazione delle olimpiadi, per arrivare alle recenti Twin Towers in fiamme, su cui sorvolo.
Mi dirigo verso il centro dopo aver fatto due chiacchiere con il custode del parco che mi ha spiegato quella regola e detto di riprovare nel pomeriggio; visito le chiese di St-Sulpice e di St-Germain des Prés poi l'Ecole des Beaux Arts, e ritorno al quartiere latino dove pranzo, questa volta in un altro ristorante.
Per il pomeriggio decido di andare alle serre del jardin des plantes, sperando che nel frattempo abbiano deciso di riaprire i parchi, ma mi va male: allora faccio un giro del quartiere, trovo un negozio di dischi e mi c'infilo, è bellissimo, trovo un cd usato di Yann Tiersen che diventa subito mio. Passo dalle arenes ma pure quelle sono chiuse, così decido di fare un salto alla Defense, anche se dovrò fare un po' in fretta perché alla sera dovremmo avere la raclette con Eric: è un piatto tipico francese, tipo fonduta che si mangia con patate, formaggio e prosciutto.
E' ancora presto e vorrei arrivarci per il tramonto, per vedere com'è con una luce diversa, ma che fare per ingannare il tempo? Se vado da un'altra parte rischio di perdere troppo tempo. La risposta mi arriva in metropolitana, dove un gruppo di ragazzi si sta preparando per dare un piccolo concerto di musica classica: mi fermo ad ascoltarli e sono davvero bravi, resto lì affascinato per più di un'ora e mezza, vedo gente che arriva e se ne va, i più stoici siamo io e due signori che nel frattempo si scolano non so cosa, nascondendo la bottiglia nel vicino bidone della spazzatura. Mi alzo un po' di controvoglia, sono davvero in gamba questi giovani, ma devo andare, la Defense mi aspetta.
La defense è Stupenda, io non amo i grattacieli, ma qui le cose sono fatte più che alla grande, aspetto che cali il sole per vedere le luci accendersi, ed è uno spettacolo unico: il palazzo dell'EDF, l'enel francese è quello più bello, a base ellittica, con un lato che sale a triangolo, tutto di vetri verdi. Poi in fondo c'è la Grand Arche della Defense tutto illuminato, e dall'altra parte gli Champs, con una fila di luci gialle e un'altra di luci rosse, di auto incolonnate. E' davvero magnifico e mi complimento con me stesso per la scelta dell'orario, le foto saranno sicuramente fantastiche, come le volevo io: lascio la Defense quando ormai il sole è calato del tutto, ormai è buio e gli impiegati degli uffici corrono a prendere la metropolitana.
Tornato a casa scopro che la raclette è saltata, ma in cuor mio me lo aspettavo, così decidiamo di riprovarci con "21 grammi", usciamo presto, andiamo in un altro cinema e stavolta ce la facciamo: il film è molto bello, la sala mezza vuota, la sceneggiatura è particolare, apparentemente difficile da seguire ma in realtà molto facile ed intrigante. Sean Penn e Benicio del Toro poi sono veramente grandiosi, ed averli visti recitare in inglese è stato ancora più emozionante. Usciamo soddisfatti e ci rifacciamo il pezzo di strada a piedi verso la metropolitana, fa freddo ancora ma stasera niente neve.

Venerdì 30 gennaio
Oggi è giorno di mercato. Da mesi che è qua e Marco non è mai riuscito ad andare ad un mercato di arabi che vorrebbe vedere, così gli dico di svegliarsi presto che ci andiamo insieme e finalmente se lo visita. Per raggiungerlo dobbiamo andiare dall'altra parte di Parigi, il mercato è quello di Belleville, un mercato rionale, dove si effettivamente si trovano praticamente tutte bancarelle di arabi, ma la roba è buona e costa poco. Ci compriamo un polipo e un paio di pesci, anche se Marco si è fatto tagliare una fetta di tonno che risulterà di 3kg e mezzo, dalla modica cifra di euro 51 e spicci, che dopo aver litigato con il pescivendolo riesce a lasciargli là senza pagare: conferma per me, il mio amico non ha il senso della misura, ma è proprio questo il suo bello. Prendiamo anche un sacco di verdura e frutta. Pranziamo a casa, abbiamo un sacco di borse e lo accompagno, tanto ormai è tardi, ci facciamo i due pesci con della verdura.
Nel pomeriggio mentre Marco rimane a casa a studiare, riesco a vedere il parco del Luxembourg, finalmente, poi decido di andare a Montmartre.
Montmartre mi rilassa, è bella, piccola, raccolta, la chiesa del Sacro Cuore è impregnata di fede, la vicina chiesa di St-Pierre anch'essa piccola e accogliente: arrivo verso la fine di una messa per cui decido di fermarmi ad ascoltare le ultime preghiere. Mi piace il modo di fare del prete, è calmo ed intenso, così decido di tornarci la sera dopo per ascoltare la messa del sabato e vedermi meglio il quartiere. Scendo a piedi fino alla fermata di Abbesses, ritratta in un pezzo de "il favoloso mondo di Amelie" un film che amo alla follia: cerco altri scorci del film ma non si trovano, però l'entrata in metropolitana merita: le scale a chiocciola sono interamente coperte di murale, uno dietro l'altro, bellissimi, non ho mai visto nulla del genere, in così grande quantità e così ben fatti.
Alla sera doveva esserci la raclette rimandata ma salta di nuovo: ci troviamo per una birra in un locale dove suonano degli amici di Eric, la birra costa una cifra, non è granché, come al solito, dove sei mia amata Guinness? Il gruppo spacciato per rock alternativo, suona un punk fatto pure male, insomma, una mezza delusione, torniamo a casa a dormire delusi che è meglio; per strada ci fermiamo a comprare una crepes alla nutella, poi via in metropolitana, dove, ridendo e scherzando, saliamo proprio sull'ultimo treno.

sabato 31 gennaio
Decido di riprovare con le serre, ma sono chiuse, il parco è aperto ma le serre tropicali no: belle informazioni che mi avevano dato l'altro giorno. Inizia pure a piovere, l'umore non è granché, decido di andare a trovare Jim Morrison al cimitero di Père Lachaise. Pioggia, vento, tempo da lupi per visitare una tomba, ma ci sono diversi ragazzi laggiù; cercandola mi ferma anche una signora sulla sessantina anche lei alla sua ricerca: ci arriviamo poco dopo, insieme, ma ognuno sta da solo; la tomba è ricoperta di fiori, e non ci sono solo giovani a cercarlo. Faccio la foto di rito alla tomba e me ne vado.
Fa riflettere, fa riflettere come un cantante possa richiamare sulla sua tomba ancora tante persone dopo quasi quarant'anni dalla sua morte. Mentre cammino fuori dal cimitero mi tornano in mente le canzoni dei Doors e le leggende lette su guide e giornali, che vorrebbero in estate che gruppi di ragazzi suonino sulla sua tomba, con la chitarra, e lascino una bottiglia di Jack Daniels per Jim, mah, forse è proprio meglio andarci in questo periodo per evitare possibili scene da baraccone.
Fa freddo, è mezzogiorno, non so che fare, per cui mi fermo in un ristorante proprio fuori dal cimitero, dove mi rigenero un po': mi mangio anche una mousse al cioccolato che è la fine del mondo, la più buona mai mangiata.
Pomeriggio destinazione Montmartre, così rendo questa giornata una giornata completamente dedicata all'arte, in qualche modo. Arrivo prima a Pigalle per vedere il quartiere che è piuttosto squallido, così come lo è il famoso Moulin Rouge, meglio lasciar perdere; salgo verso il piccolo quartiere e vado a visitare il museo di Dalì, il mio pittore preferito, di cui avevo visto la pubblicità in metropolitana il giorno prima: è ottimo perché fa ancora molto freddo, così ci passo qualche ora al caldo a vedere qualcosa di interessante. Ci sono diverse opere che non ho mai visto, mentre altre, come le riproduzioni di illustrazioni di libri, le avevo già viste ad una mostra a Bruges anni prima. Alla fine faccio un salto al negozio dove compro un paio di stampe di due suoi quadri: uno è "le tentazioni di Sant'Agostino" (che è il mio preferito), e poi un'altro che ho visto nel museo, si chiama "Rosa surrealista", è una rosa sospesa in cielo, sullo sfondo in basso un paese piccolo piccolo, e infine una locandina del museo. Chiedo anche il prezzo di una statua originale tra quelle in vendita per vedere se posso fare un investimento, ma mi sa che ho scelto la più cara, comunque mi sparano 6.500 euro più spese! Vado a bermi un tè in un bar poco lontano dalla piazzetta degli artisti e aspetto le 18 per la messa: inganno il tempo scrivendo cartoline e andando avanti a leggere "Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta".
Alla sera facciamo un salto in una birreria del centro dove fanno una birra artigianale, di cui Marco mi decanta le lodi. Altra delusione. Il fatto è che io sono appassionato di birra, mi piacciono soprattutto quelle robuste, specialmente quelle belga perchè là c'è una grossa tradizione, soprattutto nei monasteri, poi mi piace che venga servita a modo, spillata nel modo giusto, con la giusta quantità di schiuma che non deve svanire subito, altrimenti si altera il sapore della birra, e tutte queste belle cose, insomma, lì era tutta un'altra cosa: una birra scialba, chiara chiara, e servita in un caraffone. Assassini! Del resto, il locale era pieno di ragazzini e ragazzine americani, mi chiedo cosa ne capiscano loro di birra.

domenica 1 febbraio
Finalmente riesco a portare Marco in un museo; si convince a venire al centre Pompidou, il museo d'arte moderna. Abbiamo deciso di andarci nel pomeriggio, così passiamo la mattinata a fare, lui le pulizie in casa, ed io la spesa nel quartiere; ne approfitto, tanto in due a far le pulizie saremmo solo d'intralcio l'un l'altro, e me ne vado un po' a spasso a visitare il quartiere: oggi scatto foto a gente comune, negozianti, venditori di ostriche, un impagliatore di sedie, gente che fa la spesa, mi diverte, mi fa sentire un fotoreporte in erba.
Pranziamo, quindi andiamo al Pompidou. A dir la verità Marco non è molto convinto, ma caso vuole che quel giorno tutti i musei fossero ad ingresso gratuito, quindi all'ingresso perde tutte le sue remore ed entra con me. Devo lasciare lo zaino al guardaroba, però mi tengo la macchina fotografica che mimetizzo sotto la mia grande sciarpa grigia, e passa inosservata, forse riesco a fare qualche foto. E' molto grande: il primo piano espone opere molto recenti, anche multimediali, come video che sono consultabili su computer, il secondo opere più datate, di Picasso, Matisse, Bracque, Gris, il mio amico Dalì, Magritte, vari autori tedeschi bauhaus, insomma tanta roba interessante. Ci restiamo quasi tre ore, anche se Marco perde colpi, ringalluzzito solo dall'aver infine visto Dalì e Magritte, la seconda parte me la sono vista un po' di corsa, ma poco male. Anche qui riesco a faer molte foto visto che si poteva; ne facciamo una insieme che poi farà diventare matto chi la vedrà: siamo io e Marco di fronte ad un'opera d'arte che nient'altro è se non uno specchio con dipinta una donna chinata di fronte a una tomba; al primo impatto tutti restano di stucco senza capire come posso essere ritratto io che faccio una foto, mentre la foto è sulla macchina usata per la foto e che si vede sulla foto. Bel lavoro.
Usciamo e ci facciamo la strada a piedi fino al quartiere di st-Germain per andare a mangiare giapponese. Per strada, com'è nostra abitudine continuiamo a parlare di tutto e di più.
Arriviamo al ristorante che Marco conosce, in una via piena di ristoranti giapponesi; per me è la prima volta, come lo era stato il cinese, ed è stato bellissimo e buonissimo: a parte il fatto che, modestia a parte, le bacchette andavano che era un piacere, anche Marco è rimasto stupito dal fatto che riuscissi ad usarle così bene già la prima volta, e poi il cibo era buonissimo: sushi e sashimi li ho trovati molto buoni, conditi poi con la salsa di soia, oppure anche da soli: poi c'era il maki, i rotolini di riso con dentro il pesce ed avvolti nelle alghe, poi un'alga o altro, aveva il sapore dei crauti, molto buona anche lei. Infine quattro spiedini di vario tipo, grigliati, e il classico sake, che a me non piace molto, anzi è stata l'unica delusione: aveva un sapore ed un profumo di rosa, anche se è distillato di riso, mah, inutile, anche se mi ha fatto fare il ruttino.

lunedì 2 febbraio
Oggi ho fatto poco: la stanchezza iniziava a farsi sentire, sempre in giro, e far tardi la sera, non avevo molta voglia di girare. Ho visto l'Opera, che ancora mi mancava e poi ho girato un po' nel centro, ho comprato ancora un paio di cd alla Virgin del Louvre, ma ho visto anche una chiesa bellissima, quella di St-Louis d'Antin, dietro alle gallerie Lafayette, è stata la sopresa del giorno: c'era anche Messa e mi sono fermato a sentirla, tanta era la gente presente e il calore con cui veniva celebrata.
Nient'altro di interessante per oggi; cena a casa, relax, sonno, tanto.

martedì 3 febbraio
Oggi è l'ultimo giorno, Marco ha lezione nel mattino, così decidiamo di aspettarci e di pranzare insieme a casa. Io faccio un giro nell'Auteuil, poco lontano dal quartiere di Passy, dove c'è la radio francese, la statua della libertà, il parco Citroen, molto bello, e la chiesa di Notre-Dame D'Auteuil, dove ho trovato anche un funerale verso la fine, e hanno un rituale diverso dal nostro, come molte altre cose: anche qui, mi sono fermato ad osservare, quella bara con poche persone vicino, chissà forse solo i parenti, niente amici, o forse solo amici e nessun parente, in ogni caso troppo poche.
Strada facendo compro un pollo arrosto, arrivo a casa e preparo patate, carote, cipolle e peperoncino arrosto, una ricetta che ogni tanto fa mia mamma e che piace anche a Marco: si mette patate, carote e cipolle tagliate a pezzettoni, tipo 3 patate, 4 carote, una cipolla, un po' di peperoncino se piace, olio, e si fa tutto ben arrostito. è un contorno diverso, ma può essere anche un piatto alternativo unico, se ne fai un po' di più sazia molto.
Nel pomeriggio restiamo perlopiù a casa, io ne approfitto per preparare lo zaino, poi usciamo a fare la spesa per la cena dell'arrivederci, mangiamo e beviamo, poi Marco mi accompagna alla fermata di Passy per andare a prendere il treno, ci salutiamo lì, perchè in effetti andare e tornare da Bercy è lunga.
Nonostante noi due ci conosciamo da quando eravamo bambini finisce sempre che discutiamo su tutto e su tutti, non è raro che si resti alzati quasi tutta notte a discutere come abbiamo fatto anni prima ad Utrecht; prima di partire però mi ha detto che gli spiaceva che me ne andavo perché quella stanza non gli piace, e neanche le persone che sono con lui al corso, quindi ogni tanto si sente solo perché vorrebbe farsi una bella chiacchierata e non può, spero però che con me abbia fatto una buona scorta, sinceramente non riuscirei a sostenere gli stessi ritmi per altri giorni, mi chiedo come faccia lui? Anche a me in fondo spiaceva ripartire, a parte le cose ancora da vedere, ho vissuto una settimana diversa dal solito e anche diversa dalle solite vacanze.
Salgo sul treno, sistemo le mie cose in cuccetta, questa è da sei posti ed è piena: arriva un poliziotto dell'antidroga e fa salire il suo cane sul letto della ragazza argentina che è vicino a me, ci lanciamo uno sguardo che dice tutto sulla vicenda. Bentornato alla realtà Walter.

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