Diario di viaggio a Patmos - di Matteo Olivieri



Venerdì 12 settembre 2003 - ore 9:49

È il mio penultimo giorno in Grecia. La notte è stata travagliata da quegli ottimi ma strani cannelloni ripieni di pollo di ieri sera, che probabilmente non erano freschissimi. Ora, come da programma, andrò a Patmos, l'isola dell'Apocalisse. L'ho già osservata da lontano qualche giorno fa, inconfondibilmente sovrastata dal borgo biancheggiante e dalla grigia fortezza, mentre me ne stavo seduto sul molo solitario di Moschato. Le possibilità per andare da Lipsi a Patmos sono quattro: - Il "Black Beauty" (il caicco concorrente del Margarita, che fa questa tratta nei giorni liberi dal tour), - in aliscafo, - con la nave leggera "Patmos Express", che lavora in orari e giorni poco pratici, - con la nave grande "Kalimnos", che parte alle 10.00 un paio di giorni alla settimana, e torna verso sera. Il biglietto costa appena 5 €. Questa nave fa giornalmente la spola fra un buon numero di isole.
Trattandosi di una tratta brevissima, meno di un'ora anche con il mezzo più lento, e visto che la nave grande ha il ponte scoperto con le panche per godersi il sole, scelgo quest'ultima soluzione. Adesso sono a scrivere proprio sul ponte della "Kalimnos" ormeggiata, e insieme incremento l'abbronzatura comodamente seduto. Ogni tanto guardo giù verso l'imbarcadero, con l'aliscafo per Kos che va riempiendosi di tante persone che ho conosciuto in questa vacanza e non rivedrò mai più. Deve partire prima di noi, e finalmente accende i motori: tra grandi schizzi di spuma esce dal golfo di Lipsi per virare a sinistra verso Lero e l'orizzonte.

Ore 11.23

Mi trovo davanti alla grotta dell'Apocalisse. La navigazione è stata molto piacevole, prima sotto la costa di Lipsi, passando davanti a Kimissi, poi in mare aperto a partire da Moschato, con di nuovo la visione dell'abitato arroccato di Chora, a sua volta sormontato dal monastero-castello di Agios Ioannis Theologos.
Prima di arrivare si costeggia una bellissima isoletta di forma conica, con un piccolo approdo e l'immancabile chiesina coi muri bianchi di calce.
Incrociamo la "Black Beauty" che torna dalla sua corsa, ed infine attracchiamo nella città bassa di Patmos, Skala. L'aspetto è quello a misura d'uomo di tutti i porti delle piccole isole greche… luce abbacinante, proprietari di camere in affitto che senza insistenze si propongono ai potenziali clienti, noleggi di scooter, taxisti. Lassù i bastioni del monastero di San Giovanni Teologo, a Chora, tremolano nella calura contro il cielo chiaro. È l'obiettivo più lontano della mia camminata di oggi.
Sulle spalle il solito zainetto militare con dentro la macchina fotografica, il taccuino, i jeans da mettermi sopra i pantaloncini per entrare nei luoghi sacri, un po' d'acqua. Mi trovo all'estrema sinistra dell'abitato di Skala, dove le case si affastellano sulla striscia litoranea: in due passi sono già sulla strada asfaltata per Chora. Un rettilineo di mezzo chilometro tra alti eucalipti, poi la strada gira a destra e comincia a salire. Vengo superato dai taxi e dalle motorette dei turisti sbarcati con me. La salita è ripida e costante. Ancora qualche tornante e mi compare davanti il cartello dell'ingresso al monastero con la grotta dell'Apocalisse.
Questo sorge a mezza costa tra i due centri abitati. C'è già una comitiva di anziani inglesi, ed io mi accosto ad ascoltare qualche informazione dalla loro guida. L'ingresso vero e proprio del complesso monastico, un agglomerato di basse strutture calcinate, sorge in fondo a un bel viale lastricato immerso negli oleandri. L'atmosfera è quella particolare e mistica che si respira nei luoghi dell'ortodossia, sempre eguale, la stessa delle chiesette sul lago di Kastoria o dei monasteri affrescati nel verde primigeno della Bucovina, tra i Carpazi come nei Balcani. È un'atmosfera raccolta, profumata d'incenso e di candele sottili, in singolare contrappunto con questo panorama inondato di sole e salsedine. Mi siedo sul muretto, e attendo un minuto che si dissipi il calore della marcia compiuta. Mi infilo i jeans sopra il costume e sono pronto ad accedere al monastero.
L'ingresso è rappresentato da un edificio molto basso e modesto. Non v'è guardiano, né biglietteria. Per le donne si impone di indossare le solite gonne di fortuna, ampie, in tessuto scuro stampato a fiorellini o vecchi pois.
Il complesso si rivela subito assai più grande di quanto possa apparire dall'esterno, e si articola digradante aggrappato alla roccia. Subito un bel chiostro verde, ed una scalinata che scende ripida tra le celle sfalsate dei monaci fino all'ingresso della Grotta dell'Apocalisse, dove secondo la tradizione il vecchio Giovanni avrebbe ricevuto la Rivelazione. Non si può fotografare, e l'interno è buio, salvo le candele e la poca luce che entra dalla porta e da una finestra. La metà destra è una grotta vera e propria, la metà sinistra è chiusa con una muratura.
Mentre scrivo queste note vedo mettere gentilmente alla porta tre ragazzoni molto gay, agghindati con imbarazzanti hot pants che nulla lasciano all'immaginazione.
Ora sto qui ad inebriarmi dell'atmosfera umida e fresca della "grotta", in attesa di ascoltare le spiegazioni in inglese di qualche guida, e sono pronto a stenografare i miei appunti. Eccoci, traduco in simultanea:
"Qui il tempo si è fermato, l'unica differenza dai tempi del Santo è la costruzione di una parte in mattoni verso l'esterno. Giovanni sente il terremoto, crolla la parete della grotta, si forma questa fenditura tripartita, che ci rappresenta il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e un leggio naturale. Ci sono poi nella parete un buco per la testa ed uno per la mano del vecchio Giovanni. Nell'icona maggiore c'è dipinta la prima visione: Gesù con una cintura d'oro, le chiavi, la spada, la gloria di sette angeli e sotto sette lampade. Giovanni giace come morto, sopra di lui le sette stelle delle sette città sante e cristiane dopo la distruzione di Gerusalemme: Smirne, Efeso, Pergamo, Sardi, Tiatira, Laodicea, Filadelfia (che sono tutte state greche fino all'ottavo secolo). Il 7 è un numero santo e perfetto. Nella stessa icona Gesù ha un piede sulla testa di Ade, e libera Adamo ed Eva. Di là c'è un'altra bella icona con la Vergine che tiene il bambino, assisa su un albero in compagnia di tutti i profeti della prima venuta di Cristo. Nel punto dello scavo della testa di Giovanni vi sono le offerte votive, vino e pane. A sinistra c'è il passaggio verso la chiesa di Santa Anna, cioè la parte in muratura della grotta. Nel 1453 avvenne l'invasione ottomana e fu un miracolo che il monaco fondatore, Cristodulos, di cui qui c'è il ritratto, riuscisse a mantenere la lingua Greca e la religione cristiano-ortodossa".
Tra qualche minuto ripartirò verso Chora.

Ore 14:08

Riprendo i miei appunti accoccolato una panchina al porto Skala, lo zaino come cuscino.
Dopo essermi trastullato con la suggestione della Grotta, esco di nuovo sulla strada, e ricomincio l'ascesa. Il percorso è lunghissimo, svariati chilometri, ma mi permette si spaziare con lo sguardo sulla costa di Patmos sotto di me, tutta scogli e ed istmi. Intorno, nell'aria tersa, l'Egeo punteggiato di isole, con la quinta scenica del massiccio costiero dell'Asia Minore.
Una volta giunta in quota, la strada dirige dritta a Chora. In alto davanti a me l'immagine del monastero fortificato tende a sparire tra le case basse e fittissime del borgo. Alla sinistra, su un crinale ventoso, una bella infilata di mulini diroccati.
Mi accorgo di una strada selciata che provenendo dal basso congiunge Chora al monastero dell'Apocalisse per una via molto più rapida e diretta di quella da me percorsa. Fra l'altro questa scorciatoia è esclusivamente pedonale, e mi riprometto di percorrerla al ritorno.
Dalle mura assediate dai torpedoni, il Monastero si raggiunge molto velocemente, attraverso le vie strette dalle pietre lucide. Davanti all'ingresso del Monastero fortificato incrocio un pope, ha sicuramente il rango ecclesiastico più elevato che io abbia mai visto!
Entro e mi inerpico per una scalinata: anche qui non c'è biglietteria, solo un cortese guardiano che distribuisce le ampie gonne per chi ha le gambe scoperte. In cima si apre una corte angusta, sovrastata da archi aerei, con il più veloce accesso veloce a chiese e servizi del monastero. Nella chiesa principale, naturalmente dedicata a San Giovanni Teologo, proprio al mio arrivo è in corso una visita in italiano, e come al solito mi ci intrufolo. La chiesa è adornata da affreschi di splendida fattura appartenenti a diverse epoche, XVI secolo in particolare.
L'iconostasi scolpita in legno è magnifica. Fra le icone risalta quella di San Giovanni Teologo, regalata dall'Imperatore Alessio I Comneno, e il mosaico con l'icona di San Nicola. La chiesa ha due cappelle. La cappella di destra è dedicata a San Cristodulos, il fondatore. La cappella di sinistra è dedicata alla Vergine Maria. È adornata con affreschi del XVI - XVII secolo. L'Altare Maggiore della chiesa è di pietra massiccia proveniente dal tempio della dea Artemide. La guida spiega come i profeti raffigurati in tutte le chiese ortodosse stiano nel giro più basso perché sono esseri umani come noi.
In alto l'Assunzione, che rappresenta anche la festa più importante per gli ortodossi: poiché questi ritengono che l'anima di Maria fosse già in cielo durante la dormizione, nell'affresco Gesù è raffigurato in compagnia di un bimbo, allegoria dell'anima, mentre dall'alto guarda il corpo della Madonna morta.
La chiesetta adiacente è ricoperta di bellissimi affreschi del XII secolo, venuti fortunosamente in luce in occasione del terremoto di Santorini del 1956! Prima erano ricoperti da posteriori affreschi del secolo XVI, che sono caduti. Nessuno di questi turisti italiani si dimostra interessato alla visita del museo. Entro da solo, e trovo un bigliettaio intento a chiacchierare con un pope vecchissimo e ossuto. L'ingresso costa 6 € ed è l'unica tappa a pagamento delle visite di oggi.
Molte e belle opere di argenteria liturgica, ma la cosa eccezionale sono i documenti cartacei in esposizione: si parte da incunaboli di Manuzio e Giunti, poi un frammento del Vangelo di Marco risalente al V secolo, e infine, appesa in un quadro, la strabiliante bolla autografa con cui Alessio Comneno donava l'isola di Patmos ai monaci.
Salgo ad ammirare il curioso campanile a vela ed infine esco dal complesso. Mi lascio guidare da segnali turistici artigianali fino ad una chiesetta vicina, al momento non visitabile. Fa molto caldo, e dietro la chiesa mi sfilo i jeans e rimango in boxer da spiaggia. Poi continuo ad aggirarmi senza meta tra le case basse, tutte imbiancate a calce, tra le tante minuscole chiese e le scalinate dove i gatti di Chora si godono il sole.
Quando sono sazio di tutte queste impressioni me ne ridiscendo al porto, passando per la scorciatoia che avevo notato prima. Che bella sensazione! Si passa tra pini odorosi di resina, accanto ad un'università ortodossa, si arriva al teatro all'aperto costruito vicino al monastero dell'Apocalisse e da qui si prende un sentiero ombroso e lontano dal rumore delle auto e degli onnipresenti scooter. Esco sull'asfalto proprio alle spalle del centro Skala. Mi immergo fra le botteghe di paccottiglie per turisti, fra i souvenir dei giochi olimpici di Atene del prossimo anno... e subito voglio solo arrivare al porto, alla salsedine e a qualcosa da mangiare.
La nave ripassa alle 17.00, ma posso sempre mettermi in un angolo a dormire al sole. Compro un po' d'acqua nella baracchina di un vecchietto mutilato: questi, un gentilissimo reduce di tempi lontani, mi segnala che il Dolphin (l'aliscafo) parte alle 15.00.
Faccio di corsa il biglietto in agenzia e poi compro una tiròpita assolutamente deliziosa da un forno accogliente e pulito. La ragazza me la scalda al microonde, ma forse fredda sarebbe stata ancor più buona.

Sono quasi le 15:00

Qui accanto a dove sto scrivendo c'è una Mini Moke… nell'isola circolano tante di queste simpatiche e rare vetturette scoperte.
Davanti ai miei occhi passa un fuoristrada militare che accompagna un graduato al molo degli aliscafi, dove da alcuni minuti si sta raccogliendo una piccola folla.
Ecco comparire tra gli schizzi di spuma il Dolphin che mi riporterà a Lipsi.


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