Il viaggio in Scozia e Irlanda è stato il primo vero mio viaggio, che poi mi ha messo addosso quella voglia di viaggiare che spero non mi abbandonerà mai. Questo viaggio l'ho fatto in compagnia del mio amico Carlo, autore di alcune foto apparse in questo sito.
Partenza in una serata afosa di un luglio milanese
Partiamo un sabato sera da Milano, su un treno diretto a Bruxelles: è la nostra
prima esperienza in Inter-rail, non sappiamo come dobbiamo comportarci, ci consoliamo
dicendoci che in fondo, dopo tutto quello che abbiamo speso per il biglietto,
nessuno ci farà menate.
Il viaggio è lungo, staremo impegnati circa quaranta ore prima di giungere
a destinazione: fortunatamente tramite Internet è ora possibile avere dei riferimenti
temporali sull'impegno da affrontare. Nostro compagno di scompartimento è un signore
proveniente da Messina, diretto a Mons, in Belgio, anche lui impegno in una ventiquattrore
non stop.
La notte non permette di apprezzare le bellezze del paesaggio svizzero, sul
cui suolo siamo rimasti a lungo, a causa del percorso a zig-zag fstto dal treno.
In alcuni momenti, le luci dei paesi e di qualche castello rompono l'oscurità
spesso impenetrabile della notte montanara.
Viaggiare in treno di notte è un buon mezzo per rimanere svegli: è molto difficile
riuscire ad addormentarsi, a causa delle posizioni da contorsionista da dover+
prendere per riuscire a rilassarsi un po'. Qualche ora di sonno è veramente ristoratrice:
la mattina sembra non finire mai dopo una notte insonne, e il giorno assume una
veste tutta particolare; si vorrebbe fermarsi in un parco a dormire, ma bisogna
proseguire verso la propria meta.
Arriviamo a Bruxelles in mattinata: subito cambiamo treno diretti a Bruges.
E' ormai domenica, e il treno per Bruges è colmo di belgi diretti ad una gita fuori
porta, sembra di essere su un treno di pendolari della tratta Milano-Torino, in
più ci sono gli zaini pesanti ad ingolfare ancor di più lo stretto spazio a nostra
disposizione. Il viaggio non dura molto però, e verso mezzogiorno arriviamo alla stazione
di Bruges; da qui dovremo proseguire per Zeebrugge, dove ci imbarcheremo per l'Inghilterra.
Vorremo fermarci in un parco a mangiarci i panini che ci siamo portati, ma siamo
provati dalla nottataccia e da un bagaglio sempre troppo pesante e a cui non siamo
ancora abituati. Decidiamo di fermarci in stazione, aspettando la prossima coincidenza,
e pranzando su una panchina d'attesa sui binari.
Dopo poche ore siamo finalmente a Zeebrugge, in anticipo di circa sei ore dall'imbarco;
cercando il porto ci perdiamo, e così visitiamo un po' la città: il caldo è veramente
torrido, e quando troviamo la strada giusta dobbiamo fermarci per prendere fiato.
Passiamo il resto del tempo al terminal portuale, dove ne approfitto per ascoltarmi
i CSI.
Sulla nave
Sulla nave cerchiamo subito le nostre poltrone, che vi sconsiglio vivamente: prendetevi
un cabina, o, dove possibile, il solo passaggio ponte: quest'ultimo vi permette di
risparmiare un bel po' di soldi e di dormire all'aperto o al chiuso nel vostro
sacco a pelo.
Dentro fa un freddo boia, appena possiamo usciamo all'aperto, dove almeno non
c'è l'aria condizionata e fa leggermente più caldo.
La notte è ancora perlopiù insonne: come detto le poltrone sono scomode, non
si riesce a dormire, ed io mi riprometto, per il ritorno, di imitare alcune persone
e dormire per terra, almeno ci si può stendere...
Con Didier fino a Edimburgo
La mattina, aspettando che la nave attracchi al porto di Hull conosciamo un
ragazzo francese di nome Didier, che stava andando all'isola di Skye, e che ci dà
alcune informazioni sui luoghi da visitare in Scozia. Parlando, scopriamo che lui
quasi non parla inglese, e che ha ricevuto un sacco di informazioni sbagliate sugli
orari dei treni scozzesi, così decidiamo di unirci almeno fino ad Edimburgo, dove
le nostre strade si divideranno. Durante il percorso abbiamo così modo di sperimentare
il nostro francese, e ci stupiamo di riuscire a capirlo e a parlarlo nonostante
fosse molto arrugginito.
Del fatto che il nostro compagno di viaggio non parlasse inglese ce sne siamo resi
conto prendendo l'autobus diretto alla stazione ferroviaria di Hull, quando ha chiesto
della giusta direzione in francese, con l'autista che gli ha lanciato un'occhiata come
quasi avesse visto un marziano.
Comunque proseguiamo, e al momento di salitarci io e Carlo ci chiediamo se mai
riuscirà a tornare a casa, o si perderà nella brughiera scozzese.
Cambiamo a York e poi a Edimburgo; nel tragitto tra queste due città finiamo
gli ultimi viveri, e cominciamo a sognare il letto che ci aspetta all'ostello di
Perth.
nel primo pomeriggio di un lunedì nuvoloso arriviamo finalmente a Perth: siamo
praticamente distrutti, ma abbiamo un sorriso sui nostri volti che mezzo basta; non
riusciamo ancora a credere di star realizzando un sogno agognato da tre anni a questa
parte, e vissuto sempre come un desiderio astratto. Siamo anche felici per aver
incontrato in questa città delle persone molto disponibili, che ci hanno indicato
la strada giusta.
Gli scozzesi hanno un carattere molto allegro e spiritoso, sono dei piccoli cabarettisti,
peccato che non sempre si intuisca il senso delle loro battute, ma questo è dovuto in
parte alla scarsa conoscenza che avevamo della loro lingua.
Il forno a microonde
Ci sistemiamo subito, dopo aver capito che il guardiano dell'ostello non è molto
normale, nel senso buono del termine ovviamente. Ci appare come d'incanto una doccia,
che pur essendo scozzese è molto calda e rilassante: ci riposiamo fissando il soffitto
e sparando vaccate in continuazione, facendo considerazioni su quello che avevamo
passato fino a quel momento. La fame si fa però sentire,e così decidiamo che dobbiamo
muoverci a comprare qualcosa prima che i negozi chiudano: il buon guardiano ci aveva
dato anche qualche indicazione sulla città e su dove fare compere, così decidiamo che
l'Italia non ci manca, ma che una bella lasagna surgelata quella sera ci sta davvero
bene.
Nessuno di noi due aveva mai usato un forno a microonde, non io perlomeno; cerchiamo
di capire come funziona quello dell'ostello, e l'unica cosa che ci ricordiamo è che non
dobbiamo metterci dentro della carta stagnola, altrimenti esplode. Evitata la catastrofe
cerchiamo di rendere commestibile la lasagna, am purtroppo il primo tentativo va
male, e così quella sera ce la mangiamo ancora mezza congelata, ma la fame è fame, e
ci ripromettiamo di rifarci il giorno dopo, o comunque entro le tre settimane di viaggio
che ci vedranno insieme praticamente ventiquattr'ore su ventiquattro.
La sera scende presto e finalmente abbiamo un letto dove dormire, dopo due notti
insonni.
Ritorno a Edimburgo
Il martedì è dedicato alla visita di Edimburgo; torniamo perciò alla stazione
e in poco tempo siamo nella capitale scozzese. Facciamo colazione in un bar della
stazione edimburghese con un thè bollentissimo, a rischio ustione, e io ci vado molto
vicino, visto che il bicchiere è colmo.
Una volta rifocillati ci incamminiamo lungo il Golden Mile, la strada che porta
al castello, e cosa troviamo proprio lungo la strada? Un bell'acquazzone. Cerchiamo
di ripararci con i nostri piccoli ombrelli, ma poco dopo dobbiamo desistere, e
ripararci sotto i portici di un negozio, mentre l'acqua scorre in rivoli lungo
i lati della strada. L'inizio della nostra avventura non è per nulla esaltante:
in meno di mezz'ora dal suo inizio abbiamo già le scarpe e i piedi fradici, e ancora
non abbiamo fatto nemmeno mezzo chilometro.
Per fortuna il tempo, nonostante la sua volubilità, ci ha arriso durante il
resto del viaggio, con una piccola doccia solo negli ultimi giorni.
Saliamo tranquilli al castello, e mano a mano che ci avviciniamo troviamo sempre
più gente; la lunga coda all'entrate ci fa abbandonare l'idea di una visita. Restiamo
per qualche minuto ad osservarlo dall'esterno, mentre degli operai stanno installando
le tribune per il Festival di Edimburgo che si sarebbe svolto proprio in quel fine
settimana. L'atmosfera in questa zona è molto particolare, sembra di fare effettivamente
un salto indietro nel tempo: tanta gente a piedi, un angolo ben conservato e
tanta musica suonata da cornamuse diffusa nelle strade. Da queste parti non è
difficile imbattersi in suonatori nei tipici kilt, ognuno con i colori del proprio
clan, alcuni però palesemente vestito alla bell'e meglio solo per fare un po'
di scena per i turisti.
Viaggiare secondo me non è solo visitare una città e si suoi luoghi più significativi,
ma è anche lasciarsi trasportare dal proprio istinto in angoli isolati e poco
frequentati, conoscendo piano piano una città, anche senza l'ausilio di una guida
che indichi ciò che in una città è considerato imperdibile. Così forse mi sarò
perso cose importanti, ma ne ho osservate altre che mi hanno lasciato un ricordo
piacevole, come l'immenso parco, di cui ignoro il nome e la locazione precisa,
da cui si potevano osservare i monti attorno Edimburgo, e le strade larghe e alberate
che lo precedevano; questi luoghi sono sconosciuti, sono forse insignificanti,
ma riescono a farci sentire più vicina una città, per il fatto di averli scoperti.
Questo giro ci ha impegnati per circa tre ore, e la fame ci riporta verso il
centro, alla ricerca di un posto dove pranzare: visto che non siamo ancora molto
pratici finiamo in un fast food, ripromettendoci però di limitare l'utilizzo di
questa via, per conoscere ancora di più il paese che ci ospita, e per assaporarne
anche i sapori.
Nel pomeriggio risaliamo attraverso il parco vicino alla stazione, e ci incamminiamo
sulla collina dove è situato l'osservatorio. Sulla strada si può vedere anche il
palazzo del Parlamento, piuttosto sporco e poco invitante. La vista dalla collina
dell'osservatorio è invece molto bella: si domina praticamente tutta la città, e,
anche se il tempo è nuvoloso, è possibile vedere, ad ovest, il mare. Il luogo è molto
tranquillo e poco frequentato, adatto per un momento di relax; su questa collina
però tira un vento piuttosto sostenuto, per cui è meglio avere a portata di mano un
maglione per ripararsi.
La giornata finisce sempre troppo presto, limitata anche dagli orari da rispettare
per non perdere il treno che ci riporterà al nostro campo base a Perth; Edimburgo è
comunque una città affascinante, una città aperta, che si lascia vivere e scoprire,
e che sa ospitare i suoi visitatori lasciandoli liberi da vincoli. Anche il tempo
poco clemente sa regalare dei momenti intensi, quando tra le nuvole appare un timido
sole, utilissimo per asciugarsi un po', e che riesce a dare un colore tutto particolare
al cielo che traspare tra le grosse nuvole bianche e grigie: uno spettacolo unico.
Gli amici spagnoli
Alla sera nell'ostello facciamo la conoscenza di tre ragazzi spagnoli: ci raccontano
di essere in giro da due settimane o più, e che la notte prima l'avevano trascorsa
sulle panchine della stazione di Perth, perchè non avevano trovato posto in ostello,
e i B&B erano troppo cari, visto che i loro soldi stavano finendo. Parliamo del
nostro e del loro viaggio, di cosa facciamo nella vita, e inevitabilmente si finisce
a parlare anche dello sport più famoso d'Italia: il calcio; per fortuna questa parentesi
si chiude presto, visto che l'argomento non mi interessa molto. Parliamo per tutta
la sera, seduti sui nostri letti a castello, facendo progetti per i giorni successivi;
ma il bello di tutta questa conversazione è che dopo aver tentato a parlare inglese,
e visto che loro lo parlavano pochissimo, la cosa è proseguita con noi che parlavamo
italiano e loro spagnolo, e ci capivamo senza problemi.
La serata ci vede tutti stanchi, così ci mettiamo a letto, non senza qualche rimpianto
per aver dovuto smettere.
Verso il mostro
Mercoledì prendiamo il treno diretti verso nord, in un viaggio lungo un paio
d'ore circa, verso Inverness. La giornata è ancora molto coperta, ma per fortuna
la pioggia non ci farà visita oggi.
Il viaggio in treno è già di per sè molto interessante: abbiamo infatti la possibilità
di osservare le Highlands passandoci in mezzo, e di vedere molti borghi spersi
nella brughiera, molto caratteristici. Qua è là si vedeono moltissime pecore e
mucche, e anche tante piccole cascate e ruscelli, il tutto contornato da montagne
scure e nubi minacciose, che rendono l'atmosfera ancora più suggestiva.
Arriviamo ad Inverness quasi a mezzogiorno, e subito ci prende un po' di sconforto:
la città infatti è molto turistica, inflazionata dal mito del mostro del lago, che
imperversa ovunque in città. Inverness è molto diversa da Edimburgo: se quest'ultima
si lasciava visitare indisturbata, Inverness tende a soffocare il visitatore,
soprattutto nel suo centro, dove sono localizzati il maggior numero di negozi.
Non sappiamo quindi se fermarci qui tutto il giorno oppure se proseguire più
a nord ancora, fino a Thurso: alla fine rimaniamo qui, ma ci spostiamo, come nostro
solito, verso le zone meno frequentate, verso quelle più periferiche.
Saliamo quindi al castello, e poi, dopo aver attraversato il fiume Ness, raggiungiamo
una zona ricchissima di chiese: da questo lato del fiume si trovano infatti la
cattedrale e una miriade di altre chiese, di ogni tipo di confessione immaginabile,
tutte di ispirazione cristiana, ma alcune delle quali completamente sconosciuta.
E' interessante osservare come queste chiese non siano sempre delle vere e proprie
chiese, ma siano dei locali di palazzi adibiti a luogo di culto, senza apparire
tali. Essendo abituato a vedere un campanile per ogni chiesa rimango molto stupito
dal fatto di trovare una situazione così diversa da quella italiana, ma mi rendo conto
che non è l'abito a fare il monaco, e che non conta il luogo dove uno vuole pregare,
ma lo spirito con cui lo fa.
Alla fine, nonostante il primo attimo di repulsione, ho trovato Inverness
interessante: è una città che mi ha fatto riflettere, e che ho slegato per un momento
dall'idea di un mostro che ha reso famoso un lago e la sua città.
Il ritorno è ancora piacevole, perchè abbiamo modo di osservare nuovamente il
panorama delle Highlands, un panorama che apre lo spirito e lo rinnova.
Verso il mito e verso il buio
Giovedì è praticamente l'ultimo giorno di visita in Scozia, il giorno successivo
infatti ci sposteremo verso il paese dove ci imbarcheremo per l'Irlanda. Decidiamo
di visitare quindi una città importante per la storia scozzese: Stirling.
Stirling è veramente una città che vale la pena di visitare: non è molto grande,
e soprattutto non è molto frequentata dai turisti. Il luogo principe è il castello,
che domina la città, mentre un altro luogo importante è il monumento a William Wallace,
patriota scozzese, al cui interno mi hanno detto trovarsi la sua spada, segnata
dalle battaglie che ha affrontato: purtroppo me la sono persa, sarà una buona scusa per
tornarci in futuro.
La salita verso il castello diventa dura soprattutto quando si è in dirittura
d'arrivo: dall'alto della rupe si gode di una vista bellissima, la giornata è serena,
e le Highlands fanno da cornice alla valle in cui siamo immersi. Non eravamo molto
convinti della visita al castello, ma ci decidiamo e varchiamo il ponte levatoio
sotto il quale si snoda il classico fossato delle favole. Entriamo, e subito siamo
immersi negli stupendi giardini, mentre attorno a noi vagano guide, che narrano le
vicende di secoli fa per i visitatori assorti nell'ascolto.
Ci avventuriamo nei meandri del castello, nelle cantine e nelle cucine, accanto
ai cannoni e ai pozzi da cui si attingeva l'acqua; all'interno del castello è presente
anche un museo, nel quale sono raccolti cimeli della storia scozzese e dei suoi clan.
Tra questi scopriamo anche la presenza di truppe scozzesi in Italia durante la seconda
guerra mondiale, e delle cartine ci mostravano le strade che avevano battuto nel
nostro paese. Usciamo di nuovo all'aria aperta per vedere le prigioni e gli ultimi
giardini, quelli rivolti a nord, dove l'ombra regna incontrastata.
La fame si fa sentire, e così decidiamo di tornare in città, dove pranziamo
finalmente in un pub: una birra fresca è l'ideale per ritemprarsi, e per accompagnare
dell'agnello che in realtà è pesce! Capiamo che dobbiamo migliorare il nostro inglese.
La città grigia
Nel pomeriggio avevamo in programma di visitare Glasgow; la scelta
è stata un po' azzardata, anche perchè da più parti ci era stata sconsigliata come
meta, ma decidiamo di andarci ugualmente.
Torniamo così alla stazione di Stirling e facciamo un breve viaggio verso l'altra
grande città scozzese. Arriviamo nel primo pomeriggio e fa caldo, stranamente.
Visitiamo subito George Square, la piazza del municipio, e subito ci stupiamo perchè
è davvero un bel posto, sfortunato, perchè scattiamo una foto a testa e poi non
ce ne uscirà nemmeno una. Ci incamminiamo verso la cattedrale, che si erge leggermente
fuori dal centro, e per raggiungerla dobbiamo camminare un po' nel traffico.
La vista della cattedrale è veramente inqiuetante: piccola, affiancata da un
cimitero con grandi alberi, tutta annerita dallo smog, gotica. Vaghiamo un po' per
il cimitero, e ci rendiamo presto conto come non si provi la sensazione di tristezza
che si prova nei nostri cimiteri, ma piuttosto una sensazione di pace, di calma.
Le tombe sono delle lastre di pietra adagiate per terra, levigate dal vento, dalla
pioggia, e forse anche dai piedi di chi le scambia per un percorso di sassi.
Passiamo sopra un ponticello e ci dirigiamo nella Necropolis, il cimitero della
città, dove sono seppellitti anche personaggi importanti della città. Il sentiero
che ci porta sulla collina dove è situata la Necropolis è affiancato da tombe
e cappelle di famiglia, rifugio spesso di senzatetto, alcune con le inferriate divelte
e con sacchi a pelo o rifiuti lasciari al loro interno, altre con nuove sbarre,
per evitare la loro profanazione. La salita è dura, specialmente dopo essersi
messi nelle gambe quella al castello di Stirling durante la mattinata: piano piano
arriviamo in cima ed è un tripudio di croci celtiche, ognuna scolpita in forme e
con fregi differenti, propri di questa arte sacra e funeraria.
Restiamo un po' al suo interno, perchè non c'è molta gente, e perchè non c'è
il caos che regna in città. Dobbiamo però tornare alla stazione, e per farlo allunghiamo
la strada passando da una zona periferica: scopriamo così una città molto decadente,
con strade piene di locali e negozi sgomberi e polverosi, palazzi deprimenti, e
qua e là alcuni ragazzi seduti sui gradini delle loro case. Mano alla cartina cerchiamo
di dirigerci di nuovo verso il centro, dove si affollano persone e negozi luccicanti,
dove la nuova maglia dei Celtic e dei Rangers è venduta per qualche decina di sterline.
Resto un po' deluso da questo pomeriggio, ma in fondo mi dico che è bene vedere
anche le cose non propriamente più belle, solo così si possono apprezzare le bellezze
di un luogo, e anche Glasgow possiede qualche piccola perla. Salutiamo la città,
dandogli l'arrivederci a domani, visto che qui prenderemo la coincidenza per Stranraer,
e sperando che possa vedere giorni migliori.
La sciùra Fiona
Torniamo presto a Perth perchè non abbiamo ancora visitato Kinnoul
Hill, da cui, ci è stato detto, si gode di una bellissima vista. Ci incamminiamo
quindi verso questa collina poco fuori dal paese mentre delle nubi minacciano il
nostro ritorno all'ostello; passiamo sopra il fiume Tay, su di un ponte veramente lungo,
destinato solo al passaggio pedonale. Siamo troppo stanchi della giornata per apprezzare
fino in fondo la bellezza del luogo, ma da qui si domina proprio tutta Perth, e
siamo anche un bel po' lontani dal nostro rifugio, non abbiamo proprio più forze.
Ci restano ancora due cose da fare: informarci sui mezzi per raggiungere Cairnryan
e prenotarci una camera in ostello ad Ayr.
Per il primo problema parlo per un po' con una signora gentilissima dell'ufficio
turistico di Perth: la "sciùra Fiona". Non so come ma riesco a farle capire che
dobbiamo raggingere questa località dove non arriva il treno, e da cui dovremo prendere
la nave per l'Irlanda. Lei non conosce tutte le informazioni, e si sbatte letteralmente
per darci tutte le informazioni che ci servono, chiama altri uffici e così via.
Riusciamo ad ottenere le informazioni che ci servono, facciamo qualche acquisto,
qualche cartolina, e per Carlo un'immensa bandiera della Scozia che andrà a coprire
una parete della sua camera.
Dobbiamo ancora risolvere il problema dell'alloggio per la sera dopo e per l'Irlanda:
meglio premunirsi. Ad Ayr è tutto pieno all'ostello, così decidiamo che tenteremo la
sorte in qualche posto a Stranraer o direttamente a Cairnryan, poco male. I problemi
nascono invece per dopodomani: nell'ordine Killarney, Dublino e Galway sono pieni,
lo sconforto e la preoccupazione cominciano ad assalirci, ma finalmente troviamo un
buco a Limerick, chissà come sarà?!
Torniamo in ostello per una bella doccia e una "serata Funari": abbiamo infatti
trovato della mortadella italiana (per noi milanesi "La bologna"): festeggiamo così
l'addio a questo paese tanto ospitale. Alla sera usciamo per telefonare a casa, visto
che dal telefono dell'ostello non riusciamo a chiamare: troviamo poche persone per
strada, fa fresco, ma sono tutti gentili, ad uno addirittura, forse, potevamo
scroccare una fetta di torta, visto che fuori da casa sua aveva uno striscione con scritto
"Happy Birthday", ed aveva l'aria del festeggiato. Chiamiamo e ce ne andiamo a
dormire, finora tutto bene.
Farewell Scotland
E'l'ultimo giorno in terra scozzese: venerdì 23 luglio 1999. Alla
mattina prendiamo il treno verso Stranraer, via Glasgow, dove dobbiamo trasferirci da
una stazione ad un'altra, per fortuna sono poco distanti.
Ci godiamo il bellissimo spettacolo della costa atlantica della Scozia, dove
tra sabbia e spiagge spuntano una miriade di campi da golf, tutti affollati. Scorgiamo
per poco Ayr, dove avremmo voluto andare, abbiamo qualche rammarico per non essere
riusciti ad andare ad Oban o sul'isola di Skye come ci aveva suggerito Didier, ma
bisogna fare delle scelte, e poi ci eravamo già stabiliti un itinerario con prenotazioni
su navi, è troppo un casino...
Arriviamo a Strabraer nel pomeriggio, ci siamo fatti qualcosa come cinque o sei
ore di treno, pranzando a panini con prosciutto cotto e maionese, fatti in casa, o
meglio, in vagone ferroviario. Ci informiamo all'ufficio informazioni se c'è un posto
dove dormire quella sera, purtroppo ci dicono che non hanno posti diponibili, andiamo bene.
Comunque non c'è da disperarsi, girando un po' si sarebbe potuto trovare qualcosa,
soprattutto a Cairnryan.
Allora vada per il trasferimento, ci siamo persi l'autobus prima, ma oggi abbiamo
tempo da perdere, peccato che gli zaini diano fastidio. Aspettiamo circa un'ora e
poi finalmente arrica il bus per la metropoli.
Tempo cinque minuti e giungiamo a destinazione, forse facevamo prima a piedi;
vediamo subito il porto e un alberghetto, ma non ci piace, per cui andiamo più avanti
a cercare una stanza. Tra una cosa e un'altra decidiamo di fermarci in una bella
casa di sassi. Chiediamo ad un anziano signore se ha posto e quanto costa, e
quello insiste perchè entriamo a vedere, e poi se ci piace si discute: accettiamo.
Il posto è veramente carino, moquette dappertutto, anche in bagno, tipico.
Ci spiace rifiutare visto che è un tipo simpatico, così decidiamo di restare qui
anche se è un po' caro. Il nostro ci invita a berci una tazza di thè o caffè, nel
rispetto delle sue tradizioni, e visto che il pranzo non è stato granchè accettiamo
anche questo invito, e dopo esserci rimessi, scendiamo in sala per spazzolare thè
biscotti e tutto quello che ci aveva portato.
Rifocillati, andiamo a farci un giro per il paese, che non è altro che una strada
lunga forse un chilometro lungo cui si trovano delle villette, un albergo, un
benzinaio e un pub, oltre a un po' di B&B. Arriviamo fino al punto più a nord
dove si trova il faro, poi torniamo indietro e ci sdraiamo sulla spiaggia d'erba del lago.
Io cerco qualche conchiglia e la trovo, ma nel frattempo passa un traghetto
veloce e spande un sacco d'onde che m'inzuppano le scarpe. Torno a sdraiarmi e,
da perfetto gentleman, mi tolgo i calzini per farli asciugare, ricoperto dagli insulti
del mio compagno di viaggio.
Una bella serata
Torniamo in camera per un bagno immersi nella grande vasca, e la
sera giriamo ancora per il paese (non che ci voglia molto) per cercare dove cenare.
Decidiamo di andare nel pub che abbiamo visto, dove provo il famoso salmone scozzese
e una buonissima birra all'erica.
All'uscita ci aspetta un bellissimo tramonto sul lago, immortalato dalla mia
macchina fotografica.
Colazione all'inglese
E' sabato 24 luglio 1999, il sole di ieri si nasconde dietro grosse
nubi grigie, ci svegliamo presto come succede negli ultimi giorni, con tanta voglia
di raggiungere nuove mete. Prima però ci aspettano i nostri ospiti con una "large
breakfast", che scopriremo presto cosa sarà.
Mentre aspettiamo di fare colazione prepariamo i nostri zaini e scendiamo nella
stanza-bar della casa; firmiamo il libro degli ospiti, e scopriamo che altri italiani
sono passati di lì, e che tutti hanno lasciato due parole per ringraziare dell'ospitalità
di questa gente.
Finalmente arriva la colazione, all'inizio è normale, continentale, nulla di strano,
senonchè prima di terminare ci arrivano due piatti con: salsiccia, uova in camicia,
bacon, pomodori, funghi trifolati. Subito ci guardiamo in faccia e promettiamo di
non mangiare tutto, dai i funghi in prima mattina non esistono, ma si sa, l'appetito
vien mangiando, e ci sbraniamo tutto, quasi stessimo morendo di fame, e senza sapere
che continueremo a ruttare fino alle tre del pomeriggio per digerire questo malloppo di roba.
Salutiamo il padrone di casa, paghiamo, Carlo si prende una tonnellata di sterline
in monete come resto e andiamo verso il porto; è ancora presto,
però ci sono già molte persone in attesa, e noi con loro. Alle 11 circa salpiamo,
attraversiamo il lago Ryan e poi il mare d'Irlanda, verso Larne una cittadina
poco distante da Belfast.
La Scozia ci ha regalato dei bei momenti, speriamo ora nell'isola di smeraldo.
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