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Un racconto del Soggettista Stefano Fini

 

Capitolo I - LA FONDAZIONE

Era l’anno 1990, una serata un po’ umida e nebbiosa di un ottobre quasi ormai calato in un inverno che stava per arrivare. Al Circolo le solite cose, partitina a  biliardo, si beve qualche cosa, le solite cazzate di Bega Liscia sparate in un dialetto quasi indecifrabile, quattro fighette acerbe che ti guardano giocare e una gran voglia di evadere dal tram tram quotidiano.

Eppure ci si divertiva.

Avevamo tutti vent’anni chi più chi meno e quando la Iena rumorosamente entrava facendosi largo tra le selve di culi , era uno spettacolo vederlo e ascoltarlo raccontare delle sue storie di donne, mai belle … ma porche, che chiaramente non erano mai vere, ma a noi piaceva così.

Lui era un fabbro, il migliore della zona ed era anche forte e cattivo; nessuno osava mai contraddirlo, nemmeno il Bega Liscia che anche lui di chiavate ne raccontava tante.

Poi ad un tratto un tonfo secco percuoteva l’aria fumosa, seguito da un sibilo frusciante: erano i tre birillini del filotto che inesorabili cadevano a terra. Dalla tribunetta traballante si alzava un’ovazione: “Vai Bice, sei grande! “, e poi ancora: “Non ce n’e’ per nessuno Bice!” .

Bice aveva tre specialità : il biliardo, il calcio e marcare le fidanzate degli altri, ma indubbiamente quella che gli riusciva meglio era la terza. Una volta con Sandrino Piva rischiò grosso, lo minacciò di tagliarli i gambini, lui alla sua donna ci teneva molto.

Sandrino Piva aggiustava le macchine, era un genio della meccanica e lavorava in un’officina insieme a Cesco, un omaccione grande ma buono come il pane e sempre incazzato con il mondo.

Cesco e Marcone andavano sempre in coppia, sembravano Stanlio e Olio ma chi comandava era sempre Marcone, forse perchè era molto autoritario e quando serviva menava anche.

Quella sera Marcone era stranamente calmo, si stava tracannando una Moretti da un litro seduto al tavolino del bar e discuteva animatamente di politica con Bigno: figuratevi, Bigno, un comunista incallito che cercava di spiegare come la teoria marxista avrebbe cambiato il mondo ad uno come Marcone, che l’unica cosa che poteva cambiare era l’acqua al suo pisello!

Ma in fondo si capivano uno sarebbe diventato un ottimo disegnatore e l’altro un grande pittore: due artisti insomma.

Improvvisamente la sala si ammutolì e gli sguardi confluirono tutti verso la porta d'ingresso; erano già le dieci e mezza, un'ora ormai tarda per arrivare, ma non per lui. Lo invidiavano tutti, pieno di donne, un viveur, un vero biassanot, nel suo impeccabile completo nero entrava e puntava diritto verso il bancone dove la barista cadendo ai suoi piedi gli aveva già preparato un'atroce gin-lemon.

Era il Nino, mago dell'informatica con una grande passione per la meccanica e l'idraulica, non cagava nessuno ma dopo un pò di riscaldamento ruttava e scorreggiava come noi.

Era ormai giunta l'ora dei fighetti e non poteva mancare Lovvi.

Anche lui arrivava tardi ma aveva un'aria molto più familiare, era amico di tutti, rispettato ed invidiato molto probabilmente per le sue doti nascoste: 30 cm e 400 grammi da morto!

Una leggenda vivente.

Tutte le donne erano combattute tra la curiosità, la paura e la voglia di provare: ma non gliene toccava mezza.

A proposito di sesso, nella saletta adiacente era in atto una specie di discussione.

Si trattava più che altro di una lezione tenuta da un esperto in materia, un professore, che rovesciava tutta la sua esperienza vissuta addosso ai malcapitati.

Era il Pat.

Credo che di cazzate ne abbia raccontate talmente tante che ad un certo punto non era più possibile stabilire quali erano vere e quali inventate. Era riuscito a fare innervosire anche Tubo, che se ne stava seduto in disparte tentando di ascoltare e di capire se a vent'anni fosse possibile ridursi in questo modo.

Tubo era il nostro filosofo, cercava di capire perchè eravamo così pazzi, ma dopo un pò scossando la testa ci rinunciava, forse perchè da giovane lo era più di noi.

Tubo e Bigiani potevano essere i nostri padri, ma con noi si divertivano molto ed erano diventati ormai dei nostri. Provenivano da una vecchia società carnevalesca ormai sciolta, ma avevano mantenuto lo spirito carnevalesco puro, proprio quello che a noi serviva, soprattutto come esempio.

Bigiani diceva di essere un pittore, noi ci credevamo: eravamo proprio degli allocchi. In realtà imbiancava solo le case sotto la diretta sorveglianza di suo fratello che non si fidava neanche a fargli schiacciare i ragni da solo.

Il Pat nel frattempo continuava a zavagliare con la bocca e stava farneticando su una sua teoria che lui usava chiamare del "DOMOPACK" come metodo anticoncezionale, quando dalla platea Perizio alzò la mano, quasi volesse intervenire, e sparò questa domanda: "Scusa Pat, a che ora ci si trova domani per andare a pescare?".

Come al solito Perizio aveva sbagliato i tempi, praticamente pensava si stesse ancora parlando dell'argomento del giorno prima.

Gallo e Zambo scoppiarono a ridere.

Gallo era uno dei pochi ad avere già la morosa, credo che ce l'avesse dalla nascita. La

Credo che fosse un mercoledì sera perchè c'era anche Cicci .........

............. SEGUE

    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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