PICCOLA CITTÀ
Piccola città, bastardo posto,
piccola città, io ti conosco,
Piccola città, io poi rividi
mia nemica strana, sei lontana coi
peccati
fra macerie, e fra giochi consumati
dentro al Florida;
cento finestre, un cortile, le voci,
le liti e la miseria; io, la montagna nel
cuore,
scoprivo l’odore del dopoguerra.
Piccola città, vetrate viola,
odore di religione;
vecchie suore nere con che fede in quelle
sere
avete dato a noi il senso di peccato,
e di espiazione;
gli occhi guardavano voi, ma sognavan gli
eroi,
correva la fantasia verso la prateria
fra la via Emilia e il West.
Sciocca adolescenza, falsa e stupida
innocenza,
di terza mano;
pubertà infelice, spesso urlata a mezza
voce,
a toni acuti, casti affetti denigrati,
cercati invano;
se penso a un giorno o a un momento
ritrovo soltanto malinconia;
è tutto un incubo scuro,
un periodo di buio gettato via.
Piccola città, vecchia bambina
tre lunghi mesi;
angoli di strada, testimoni di erotici
miei sogni frustrazioni e amori a vuoto,
mai compresi;
dove sei ora, che fai, neghi ancora o ti
dai
sabato sera?
Quelle di adesso disprezzi, o invidi e
singhiozzi
se passano davanti a te?
Piccola città, vecchi cortili, sogni e
dei primaverili,
rime e fedi giovanili bimbe ora vecchie;
piango e non rimpiango la tua polvere
e il tuo fango, le tue vite,
le tue pietre, l’oro e il marmo, le
catapecchie;
così diversa sei adesso, io son sempre
lo stesso,
sempre diverso
cerco le notti ed il fiasco, se muoio
rinasco,
finchè non finirà.