GULLIVER
Nelle lunghe ore di inattività e di ieri
(che solo certa età può regalare)
Lemuele Gulliver tornava coi pensieri
ai tempi in cui correva per il mare,
e sorridendo come sa sorridere soltanto
chi non ha più paura del domani,
parlava coi nipoti, che ascoltavano
l’incanto
di spiagge e odori, di giganti e nani
scienziati ed equipaggi e di cavalli
saggi
riempiendo il cielo inglese di miraggi.
Ma se i desideri sono solo nostalgia
o malinconia di innumeri altre vite
nei vecchi amici che incontrava per la
via
in quelle loro anime smarrite
sentiva la balbuzie intellettuale e
l’afasia
di chi gli domandava per capire,
ma confondendo i viaggi con la loro
parodia
i sogni con l’azione del partire;
di tutte le sue vite vagabondate al sole
restavan vuoti gusci di parole.
Poi dopo ripensando a quell’incedere
incalzante
dei viaggi persi nella sua memoria
intuiva con la mente disattenta del
gigante
il senso grossolano della storia
e nelle precisioni antiche del progetto
umano
o nel mondo suo illusorio e limitato
sentiva la crudele solitudine del nano
nell’universo quasi esagerato;
due facce di medaglia che gli urlavano in
mente