INUTILE

A Rimini la spiaggia com’è vuota,

quasi inutile di Marzo

deserta dell’estate, in ogni simbolo

imbecille e vacanziera

e noi, senza nemmeno un poco d’ironia,

fra gusci e quarzo

ad inventare insieme

primavera.

Era piovuto piano e senza pause

quasi fino a quel momento,

picchiando sopra ai pali della spiaggia

il mare si spezzava in lembi;

nel ristorante vuoto

il cameriere, assorto e lento,

cifrava il rebus

dei cumulonembi.

Compiendo poi quel rito,

inevitabile e abusato,

corremmo coraggiosi e scalzi lungo la battigia,

di un verde di bottiglia

era quel mare affaticato

l’aria una stanza grigia.

Scoprimmo che oggi il mare lascia un povero relitto,

naufragi di catrame e di lattine arrugginite;

parlare era soltanto un altro inutile delitto

contro le nostre vite.

Parlare poi di cosa?

Di quel vino, troppo freddo e un poco andato?

O di quel fritto misto,

dato lì con malagrazia naturale?

A chi è triste di suo,

come un limone già adoperato,

da ancora più tristezza mangiar male.

E dire che volevo regalarti

un compleanno un po’ diverso,

ma in noi turisti fuori di stagione

c’era tutto di sbagliato,

la notte, già una cosa andata via,

il mattino perso,

e il pomeriggio forse già sciupato.

Però malgrado tutto

si era stati bene assieme,

così senza un futuro,

in incertezza intenerita.

Pensavo: “Farlo o no?

Parlare o no? Restare assieme,

e poi cambiarsi vita?”

Ma se fossimo stati

un’altra coppia fra le tante,

avremmo trasformato tutto

in quella poca gioia,

o avremmo litigato,

per sfogare ad ogni istante

l’urlare della noia?

Domanda forse inutile,

com’era forse inutile quel giorno

da prendere così come veniva,

senza calcolare il resto;

ci salutammo in fretta

e in fretta anch’io feci ritorno;

di Marzo si fa sera ancora presto.