SCIROCCO
Ricordi? Le strade erano piene di quel lucido scirocco
che trasforma una realtà abusata e la
rende irreale,
sembravano alzarsi le Torri in un largo
gesto barocco
e in via dei Giudei volavano velieri,
come in un porto canale.
Tu, dietro al vetro di un bar
impersonale,
seduto a un tavolo da poeta francese,
con la tua solita faccia aperta ai dubbi
e un po’ di rosso “routine” dentro
al bicchiere;
pensai d’entrare, per stare assieme a
bere e a chiacchierare di nubi.
Ma lei arrivò affrettata, danzando nella
rosa
di un abito di percalle che le fasciava i
fianchi,
e cominciò a parlare, ed ordinò
qualcosa,
mentre nel cielo rinnovato correvano le
nubi a branchi
e le lacrime si aggiunsero al latte di
quel tè
e le mani disegnavano sogni e certezze,
ma io sapevo come ti sentivi schiacciato
tra lei e quell’altra che non sapevi
lasciare,
tra i tuoi due figli e l’una e
l’altra morale;
e sembravi inchiodato.
Lei si alzò, con un gesto finale,
poi andò via, senza voltarsi indietro
mentre quel vento la riempiva
di ricordi impossibili, di confusione e
immagini.
Lui restò come chi non sa proprio cosa
fare,
cercando ancora chissà quale soluzione,
ma è meglio, poi, un giorno solo da
ricordare
che ricadere in una nuova realtà sempre
identica.
Ora non so davvero dove lei sia finita,
se ha partorito un figlio o come inventa
le sere;
lui abita da solo, e divide la vita
tra il lavoro, versi inutili e la
“routine” di un bicchiere.
Soffiasse davvero quel vento di scirocco
e arrivasse ogni giorno per spingerci a
guardare
dietro la faccia abusata delle cose,
nei labirinti oscuri delle case,
dentro lo specchio segreto di ogni viso,
dentro di noi.