L'attivita'


Il giornalista

L'inviato è un po' un giramondo.
Ho fatto "servizi" in Giappone, Corea, Africa, Centro e Sudamerica, ma per la mia formazione di slavista l'ambito privilegiato erano i Paesi dell'Est.

Ho seguito da vicino la lunga stagione del dissenso dando voce in interviste ed incontri a chi non poteva parlare: Sacharov e Solzhenitzin, poi insigniti entrambi del Nobel, Sinjavskij e Daniel, Maksimov, Zinoviev, Timofeev e altri nell'Urss.
Ho incontrato e tradotto Milovan Djilas quando mi riusciva di trovarlo a Belgrado nel suo entrare ed uscire dalle carceri di Tito.

Sono riuscito a portare in Occidente e pubblicare i memoriali di Wladislaw Gomulka e di Gustav Husak, il primo segretario del Partito comunista polacco, il secondo a capo di quello cecoslovacco e successivamente presidente della repubblica. Due uomini con storie simili: al potere nel ruolo di stalinisti, in galera al minimo accenno di ribellione al verbo di Mosca. I memoriali erano il frutto (proibito) dei lunghi anni d'ozio forzato dietro le sbarre.

Dal mondo dell'Est ricordo in particolare due "servizi" con protagonisti un uomo e una donna eccezionali, anzi impossibili.
Lui, Ivan Bushilo, è un uomo-lupo che sono andato a trovare in uno sperduto villaggio della Bjelorussia.
La sua storia comincia con qualche bicchiere di vodka di troppo nello spaccio della cooperativa locale.
Smobilitato di fresco, Ivan brinda al suo comandante maresciallo Zhukov e non sa che il leggendario conquistatore di Berlino è ormai caduto in disgrazia presso Stalin che ne teme la popolarità.
In breve, Bushilo deve scappare nella foresta per sfuggire ai miliziani venuti ad arrestarlo.
Vi rimane 43 anni, coprendosi con pellicce di lupo e nutrendosi di selvaggina e radici.
Rientra a casa soltanto alla morte del dittatore.

L'altra vicenda che titolai Può vivere solo fuori dal mondo riguarda Agafia Lukov, 44 anni all'epoca del mio "pezzo".
La donna e la sua famiglia (i genitori, alcuni fratelli e sorelle) discendevano da un gruppo religioso, i Vecchi credenti, che tre secoli prima si era dato alla macchia per sfuggire alle persecuzioni dell'ortodossia riformata.
Conducevano vita primitiva nel profondo della tajga siberiana senza sapere niente del mondo.
A scoprirne l'esistenza furono dei geologi che sorvolavano la zona in elicottero e videro il fumo che si levava dalla capanna dei Lukov.
Trasferiti a Mosca e mostrati alla comunità scientifica come un fenomeno, in breve tutti i componenti della famiglia si ammalarono e morirono perché il loro fisico non aveva sufficienti anticorpi per adattarsi all'inquinamento.
Soltanto Agafia, riportata in fretta e furia nella foresta siberiana, è sopravvissuta. Vive da sola nella tajga e un apposito comitato di medici vigila su di lei come si fa con gli animali rari che rischiano l'estinzione.

Tra le tante collaborazioni avviate negli anni ricordo Abc, Panorama, Il giornale d'Italia, Vie Nuove, La Fiera Letteraria.

A metà degli anni Sessanta sono stato per un breve periodo corrispondente dall'Italia della Borba di Belgrado e del Vjesnik di Zagabria.
Nei Paesi slavi coglievo argomenti che potessero interessare il lettore occidentale, ma a mia volta ho anche dato qualche apporto.
Ad esempio, ho fatto conoscere Franz Kafka in Jugoslavia.
Le opere dell'ebreo praghese erano all'indice nei regimi dell'Est.
A rompere il ghiaccio fu un mio saggio pubblicato a Zagabria, che segnò l'inizio di una "scoperta" che in effetti tale non era perché gli intellettuali già leggevano Kafka abbondantemente senza farlo sapere.
Reputo che la censura lasciò correre: a uno straniero era consentito sbilanciarsi più che a uno di casa, e del resto già maturavano altri tempi.