Non si può parlare di falconeria
senza dare una rilevante importanza a come, questa, si è evoluta e diffusa nel
corso della storia, con una massiccia diffusione soprattutto nel periodo
medioevale. La falconeria ha, infatti, origini antichissime: le prime notizie su
quest'arte risalgono ad almeno 4000 anni fa, dai popoli nomadi dell’Asia
centrale, per poi estendersi alla Cina, India, Medio Oriente ed Europa. La
documentazione più antica riguardante con certezza la falconeria risale in ogni
modo al 1700 a.C. ed è un bassorilievo raffigurante un falconiere, scoperto tra
le rovine della città di Khorsbad, in Mesopotamia. Informazioni più
dettagliate ci giungono dal Giappone dove i primi rapaci addestrati furono
alcuni astori importati dalla Cina nel 244 d. C. Per molti secoli, i falchi
furono costantemente tenuti in altissima considerazione, tanto che una singolare
legge giapponese del 1487 obbligava i proprietari dei rapaci a nutrirli con
carne di mammiferi e uccelli proibendo esplicitamente l'uso di carne di serpenti
o tartarughe. Per chi non avesse rispettato la legge era prevista una pena che
variava secondo al ceto sociale: per i samurai era previsto il dimezzamento
dello stipendio mentre per la gente comune si arrivava alla pena di morte.
Nei
primi secoli dopo Cristo, la falconeria si diffuse sempre più verso ovest e,
probabilmente, fu proprio con l'espansione degli arabi verso Occidente che essa
prese piede in Europa. Fu, ad ogni modo, durante il Medioevo (tra il 476 d.c.
anno della caduta dell’impero Romano d’Occidente e il 1492 anno della
scoperta dell’America) che la falconeria ebbe la maggior diffusione.
Nell’ottavo secolo d.C. la caccia col falco era già ampiamente diffusa
in Inghilterra e, nel dodicesimo secolo, annoverava tra i suoi cultori
l'imperatore Federico Barbarossa in Germania.
Bisogna
però far riferimento alla personalità di Federico II di Svevia (1194-1250),
nipote del Barbarossa, perché l’arte della falconeria trovi la sua massima
espressione: si
racconta che avesse ben centocinquanta falconi a corte.
Alla sua corte convocò i più abili falconieri d’oriente, traducendone gli
scritti. Fu anche grazie alla loro tecnica ed esperienza, che riuscì a scrivere
il famoso trattato "De arte venandi cum avibus", (elaborata e
pubblicata nella prima meta del secolo XIII) che, ancora oggi, fa testo per chi
vuole intraprendere questa nobile arte. Il trattato era composto da sei libri
dedicati alla caccia, ma anche all’ornitologia ed in particolare alla
descrizione delle abitudini di caccia dei rapaci; le nozioni in esso contenute
divennero, nel medioevo e nel rinascimento, veicolo di socializzazione tra le
varie corti d’Italia e d’Europa. Nel suo trattato l’Imperatore elenca e
descrive minuziosamente le tecniche ed i procedimenti della falconeria,
rendendoli validi e tuttora applicabibili alla falconeria moderna.
Fu
un periodo aureo: nessun altro sport stava a confronto con quest’arte che
nobili e papi praticavano con passione. Il rapporto uomo-rapaci, dal dodicesimo
al quindicesimo secolo, era proporzionato al grande valore attribuito a questi
volatili. Questi uccelli furono diversamente classificati a seconda delle loro
capacità nella caccia e di conseguenza variamente accoppiati ai diversi ranghi
della società: dall’aquila che era appannaggio dell’Imperatore, si passava
ai conti per poter possedere un pellegrino o cavaliere per un falco sacro. Dame,
giovani, preti e servi non potevano andare, rispettivamente, oltre lo smeriglio,
il lodolaio, lo sparviero e il gheppio. Le dame, pur apprezzando la caccia,
consideravano il falco nobile, anziché un arma, un ornamento o meglio un
"gioiello vivente". Non a caso, un classico della narrativa italiana
come il Decamerone, scritto da Boccaccio attorno al 1350, narrava, tra le tante
novelle, di un falconiere che come pegno d’amore sacrificò per la sua amata
(una nobile dell’epoca) il suo falco da caccia e per questo la ottenne in
sposa nonostante fosse avesse perduto ogni altro bene.
Oggi,
la falconeria ha ancora diversi appassionati nei paesi arabi, dove la si pratica
con grande ricchezza di mezzi. Altrove è generalmente rappresentata da poche
decine d’appassionati che, tuttavia, sono disposti ad affrontare enormi
sacrifici per continuare a praticare questa nobile arte. Un'eccezione è
rappresentata dalla Germania e dal Regno Unito, dove i proprietari di falchi si
contano a migliaia. In alcune zone dell’Inghilterra è addirittura possibile
praticare una forma di turismo venatorio singolare ma allo stesso tempo
interessante: per chi fosse interessato a praticare la caccia col falco viene
“noleggiato” un falco di Harris, una specie di falco facilmente governabile,
per una o più uscite….Resta da ricordare ad ogni modo che questa non è
falconeria!
Attualmente
i falchi utilizzati a scopo venatorio sono tutti nati in cattività da almeno
due generazioni (condizione necessaria per ottenere l’indispensabile
certificato C.I.T.E.S.). I falchi vengono utilizzati anche per servizi utili
alla società; negli ultimi anni molte compagnie aeree li utilizzano per
allontanare stormi d’uccelli (generalmente gabbiani o cornacchie) dalle piste
di degli aeroporti; infatti, è facile che questi animali, che si spostano in
stormi, diano problemi soprattutto durante il decollo degli aerei, venendo
risucchiati dalle turbine, con conseguente pericolo per il mezzo ed i
passeggeri, e la sicura morte di questi uccelli. L'aeroporto di Caselle, che è
stato il primo in Italia a adottare questa particolare tecnica, ha potuto
verificare che questa soluzione è di gran lunga migliore rispetto a quelle
utilizzate in passato, ed ancora largamente in uso in altri aeroporti. I sistemi
tradizionali per far allontanare gli uccelli dalle piste di volo sono costituiti
da apparecchiature in grado di causare disturbo: sirene, cannoncini, pistole a
salve. Tuttavia questi mezzi non sono sufficienti per allontanare dalle piste
uccelli invadenti ed intelligenti come i corvidi, che spesso si limitano a
spostarsi, ma questo rinvia soltanto il problema e di certo non garantisce la
sicurezza dei voli in aeroporto. Questo sistema funziona così bene che anche in
America si è optato in breve tempo per questa soluzione.
Da quanto letto, possiamo dedurre che chi esercita l’arte della falconeria ha un’innata predilezione per il medioevo che gli ricorda un periodo aureo della caccia col falco. Non c’è, dunque, miglior contesto per un raduno di falconeria di dove esiste in loco un castello, meglio se del 1200-1300 e se di matrice ghibellina come quello di Rovasenda, una tranquilla cittadina di 1000 abitanti in provincia di Vercelli, dove si è svolto il primo raduno internazionale di Caccia col Falco l’11 e 12 Novembre 2000 organizzato dall’Associazione Italiana Falconieri con sede in Via Belvedere 11 di San Fermo della Battaglia (CO), con il patrocinio della F.I.F. (federarazione italiana falconieri) e della pro-loco di Rovasenda. Proprio nei terreni delle riserva di caccia “La Ghiandaia” di Rovasenda e “La Baraggia” di Masserano, in provincia di Biella, si sono radunati più di quaranta falconieri con un totale di settanta falchi d’alto e basso volo. Mai si era nel Nord-Ovest d’Italia una così numerosa concentrazione di falconieri e di falchi.
La
pioggia, così insistente nel corso della settimana, ha risparmiato i due giorni
di caccia permettendo così il regolare svolgimento della manifestazione, appena
in tempo da lasciare i terreni, praticamente tutti risaie, sufficientemente
praticabili anche se un po’ fangosi.
I
falconieri, suddivisi in cinque gruppi con due o tre cani (pointer e setter)
ciascuno hanno cacciato in cinque campi diversi; tra i molti voli eseguiti in
ogni campo alcuni sono stati davvero spettacolari: lanciati dal pugno del
falconiere i falchi sono saliti con facilità, avvantaggiati dall’aria calda,
seguendo con attenzione il lavoro di cerca del cane. Trovata la preda, bloccato
il cane in ferma, non appena il falconiere riteneva che il suo falco avesse
raggiunto l’altezza ottimale faceva frullare la preda. Come un bolide, con le
ali chiuse, il falco dall’alto scendeva a goccia per stoccare la starna o il
fagiano. Alla fine, l’ottanta per cento dei voli erano stati risolutivi sulle
prede. Questo per quanto riguarda l’alto volo che si svolgeva su quattro
campi. Al secondo campo, con territorio boschivo, sono invece stati concentrati
i falchi di basso volo, circa sette, tutti falchi di Harris, un tipo di falco
nuovo per la falconeria tradizionale, un falco che segue il falconiere da un
albero all’altro come fosse un cane volante e che per la cattura della preda
sfrutta l’altezza degli alberi. E’ un tipo di falco non molto veloce, che
sopperisce con l’intelligenza alla mancanza di scatto.
Per chi si stesse chiedendo cosa si
intende con i termini alto e basso volo cercherò, brevemente di sintetizzarne
il significato. La falconeria d'alto volo è senza dubbio spettacolare perché
permette di vedere falchi scendere sulle prede in picchiata verticale ad ali
chiuse fino a velocità di 160 Km/h. (secondo alcuni in natura raggiungono fino
a 300/350Km./h.): sicuramente, un’esperienza unica. Dopo aver liberato i cani
sul territorio di caccia con il falco incappucciato sul pugno, quando il cane è
in ferma, si scappuccia il falco il quale con un volo circolare prende quota
sulla testa del falconiere. In
breve tempo raggiungerà un'altezza idonea per l'azione di caccia. Raggiunta la
sua quota abituale, al frullo della selvaggina, il falcone scenderà in
picchiata sulla preda. Di norma le
prede vengono raggiunte in volo, con una picchiata rapidissima che si conclude
con un violento colpo d’artigli alla vittima, che precipita. In altri casi il
falco insegue la preda poco al di sotto di essa, sfruttando il suo angolo morto
di visuale, cosicché quando la raggiunge, la sorprende e l'afferra con gli
artigli in volo. I sistemi d'azione sono due, il primo si chiama "falco a
monte, e cane in ferma" mentre per il secondo "cane in ferma, e falco
a monte". Queste azioni sono scelte dal falconiere valutando di volta in
volta la preparazione del falcone. Nella prima si lascia il falcone libero
mentre il cane cerca la preda; potrebbero passare diversi minuti prima che il
cane trovi la preda, in questo caso il falcone deve restare in attesa sopra il
falconiere sino a quando il cane non avrà trovato la preda; mentre nella
seconda azione, si lascia il cane alla ricerca della selvaggina, individuata la
preda si lascia libero il falcone e, raggiunta la posizione ideale, si farà
frullare la selvaggina. I falchi d’alto volo sono: il girifalco, il
pellegrino, il lanario, il sacro, lo smeriglio, il falco della prateria. In
altri paesi vengono incrociati falchi d'alto volo con stazza, carattere,
aggressività, qualità del volo diversi fra loro in modo da generare un ibrido
con caratteristiche intermedie al fine di ottenere falchi
"specializzati" per compiti specialistici: quello che ha ottenuto
maggior successo è l'incrocio girifalco x pellegrino.
La falconeria di basso volo è, invece, completamente diversa e viene generalmente praticata in territorio boschivo. Il falco, infatti, insegue la preda tra gli alberi che sono l’habitat naturale del predatore e della preda e qui avvengono inseguimenti in mezzo ai rami che fanno rimanere a bocca aperta: per mezzo di cabrate, virate, accelerazioni di velocità in mezzo alla vegetazione i falchi di basso volo raggiungono la preda dimostrando di avere un’agilità senza pari.
L'astore é considerato nella Falconeria antica e moderna, insieme con lo sparviero e, solo recentemente, il falco di Harris, un falco di "basso volo": infatti, entrambe questi uccelli non volano mai a grandi altezze durante la caccia anzi, preferiscono cacciare in agguato partendo da un posatoio per raggiungere a grande velocità con un breve volo la preda fuggitiva. La Falconeria sfrutta quindi questa loro naturale abitudine di caccia; il rapace è portato sul pugno del falconiere con i guanti preposti per questo sport, mentre il cane cerca la selvaggina, il falconiere con il rapace segue i movimenti del loro collaboratore, quando quest’ultimo individua la preda, il falconiere si mette in coda al cane e al momento opportuno farà frullare la selvaggina; immediatamente il rapace si lancerà all'inseguimento della preda: a quel punto si può assistere con il cuore in gola ad un fulmineo inseguimento che termina o con la cattura della selvaggina o con il richiamo al pugno del falco. L'addestramento quotidiano, soprattutto nel caso dell’Astore, è importantissimo per questi animali poiché se non vengono abbastanza maneggiati tendono a reinselvatichirsi al tal punto da spaventarsi per nulla e scappare. Afferrata la preda, il rapace si poserà sul terreno, in questo caso il falconiere, lo raggiungerà, e con diligenza e cortesia toglierà la preda al rapace, dandogli la "cortesia" (un pezzo di carne o la testa dell’animale catturato). Se il rapace non riuscisse a catturare la preda, si poserà su un posatoio a lui ideale, il falconiere richiamerà sul pugno il rapace dandogli cortesia per aver risposto correttamente al richiamo e riprendendo la cerca della preda. Gli accipitrini (ordine a cui appartiene questo tipo di falchi) di basso volo sono caratterizzati dall'avere ali larghe, corte e arrotondate, iride dell'occhio giallo o arancio, coda lunga e barrata e sottocopritrici caudali bianche, zampe lunghe con piede potente e ben armato. Questi uccelli sono in grado grazie alla loro morfologia di catturare anche prede a terra quali conigli o lepri o mini-lepri: ali larghe e coda lunga sono, infatti, requisiti indispensabili per voli radenti e rapide virate.
Per comprendere come mai la
falconeria si sia nel tempo distinta in queste due branche dobbiamo far
riferimento alla biologia di questi animali.
L’ordine dei falconiformi è
definito da alcuni tratti caratteristici che le specie hanno in comune a
prescindere dal tipo di dieta: tra i più evidenti vi sono il becco ad uncino e
gli artigli molto sviluppati con cui afferrano ed uccidono la preda.
La testa dei rapaci è compatta e
aerodinamica. Il becco, appiattito alla base, è caratterizzato dalla mandibola
superiore molto ricurva e appuntita. Essa, nei Falconidi, è provvista di una
protuberanza, chiamata "dente", che serve a spezzare le vertebre
cervicali delle prede. Tuttavia, come norma generale vengono utilizzati gli
artigli che variano di lunghezza, curvatura e spessore secondo le prede abituali
dell’animale. Il becco serve soprattutto per spezzettare, pulire e mangiare
gli animali presi. Gli occhi dei rapaci sono assai sviluppati rispetto alle
dimensioni del corpo: quelli dell’Aquila reale sono più grandi di quelli
dell’uomo. Le strutture ossee attorno agli occhi forniscono un saldo attacco
ai muscoli che regolano l’apertura della pupilla, la curvatura delle lenti e i
piccoli movimenti oculari e tutti contribuiscono a localizzare velocemente, a
mettere a fuoco con precisione e a adattarsi bene alle diverse intensità
luminose. L’iride può essere scura e brillante come nei Falconi, o più in
generale, vivacemente colorata, variando dal marrone al giallo ambra od al rosso
aranciato. Nel complesso, mostrano un’espressione selvaggia e fiera. Tutti
questi caratteri denotano anche una grande acutezza visiva. Gli uccelli da preda
sono, infatti, capaci di distinguere una forma in movimento a grandissima
distanza ed il potere di risoluzione dei loro occhi è probabilmente superiore a
quello di tutti gli altri vertebrati. E’ molto probabile che possano anche
apprezzare i colori. L’insieme di queste proprietà deriva dalla particolare
struttura del cristallino e dal gran numero di cellule sensoriali (coni e
bastoncelli) di cui è provvista la retina. In esse vi sono inoltre due fovoee,
una rivolta di lato ed una in avanti, dando un campo visivo di 250°, di cui 50°
a visione binoculare fondamentale per calcolare le distanze della preda. Gli
occhi sono protetti e puliti sia dalle normali palpebre sia da una terza
palpebra trasparente a scorrimento orizzontale, chiamata membrana nittitante.
Essa durante il volo è calata sugli occhi impedendone un’eccessiva
disidratazione ed è anche abbassata durante le lotte. Il forte sviluppo delle
arcate sopracciliari, che accentua l’espressione feroce di alcuni Accipitridi
ha funzioni protettive. L’udito è ben sviluppato, soprattutto nelle specie
che cacciano "d’ascolto" nel fitto della boscaglia come lo Sparviero
e l’Astore. Un Astore ben addestrato trova il suo maestro nascosto tramite il
suono del suo fischietto. Le femmine sono, generalmente, di dimensioni superiori
rispetto al maschi tanto più la specie in questione è grande: nelle specie con
dimorfismo sessuale più elevato le femmine sono circa il doppio per dimensioni
rispetto al maschio.
Prendiamo due tra i maggiori
rappresentanti tra le specie da caccia dei falchi di alto e basso volo,
rispettivamente il Falco Pellegrino e l’Astore.
Falco Pellegrino: occupa un habitat
molto vario; vive in buona parte dell’Europa Occidentale, dell’Asia e
dell’Africa oltre che in alcune regioni dell’America, dell’Australia e del
Cile. E’ uno dei falchi preferiti dai falconieri data la sua abilità e
precisione nella caccia; è uno dei falchi più spettacolari, capace di tuffarsi
in caduta verticale sulla preda ad altezza e velocità davvero notevoli
Astore: in natura dimora
prevalentemente nei boschi dove caccia uccelli e piccoli mammiferi. Misura da
quarantotto a sessantadue centimetri secondo la sottospecie ed ha una
colorazione che varia tra il grigio ed il marrone nella parte superiore mentre
in quella inferiore è bianco a strisce grigie.
Come si può intuire da tipi ed
abitudini di vita diversa ne derivano metodologie e tipi di caccia del tutto
diversi da una specie all’altra.
Ritornando al raduno nei due giorni
sono stati eseguiti circa 180 voli, i falconieri partecipanti sono stati circa
cinquanta.
Al
sabato il ritrovo è stato alle nove; al terzo suono di corno da caccia i cinque
capigruppo, perfettamente all’altezza del proprio compito, seguiti dai
falconieri e da un pubblico interessato, si sono diretti ai rispettivi campi di
volo per cominciare a cacciare: la giornata è stata splendida, con un sole ed
una leggera brezza quasi primaverili tanto da far inebriare qualche falco che si
è allontanato, ma che, comunque, è stato subito recuperato con l’ausilio
della radio sintonizzata al trasmettitore che ogni falco in volo porta
obbligatoriamente legato al tarso o alle timoniere (penne della coda).
La
Domenica ritrovo alla solita ora di tutti i quarantadue falconieri (se ne erano
aggiunti una decina a quelli del sabato) nel piazzale del castello per la
rituale foto di gruppo con i falchi in pugno, il simpatico discorso di benvenuto
del sindaco di Rovasenda e la benedizione di Don Mario, il parroco del paese. La
giornata di caccia si preannunciava nuvolosa ma senza pioggia. Ciononostante i
falchi d’alto volo si sono dimostrati molto brillanti, in particolar modo
alcuni pellegrini maschi che sono saliti talmente in alto da scomparire alla
vista per brevi istanti per ricomparire all’improvviso precipitando come
piccole meteore sulla preda in volo. Anche gli astori, accomunati nei campi
d’alto volo, si sono dimostrati formidabili cacciatori a vista quale la loro
natura esige.
A
detta dei falconieri presenti questo raduno di Rovasenda può essere collocato
tra i migliori sino ad oggi svoltisi in Italia, se non addirittura il migliore.
Basti pensare che non si è verificato alcun incidente salvo un abboccamento di
una fagiana da parte di un cane sfuggito al controllo del proprietario. Dei
centoottanta voli effettuati non vi è stata la perdita di alcun falco, cosa che
accade più spesso di quanto non si pensi: la selvaggina è stata abbondante, il
clima temperato e l’atmosfera tra i membri dei vari gruppi serena e cordiale.
A
degno coronamento delle due piacevolissime giornate il cenone al castello,
gestito con competenza dall’equipe della pro-loco di Rovasenda che ha fatto
gustare ai conviviali i genuini piatti tipici locali cucinati con gran maestria
su ricette di un tempo che fu. Tra falconieri ed invitati più di settanta
persone hanno gremito il salone centrale pervaso da tanta buona allegria.
La
giornata era finita e, anche se a malincuore, ognuno ha fatto ritorno alla
propria casa. Probabilmente questo incontro sarà servito ad alcuni spettatori
per avvicinarsi di più a questo tipo di caccia anche se molti di quelli che
desiderano avvicinarsi al mondo della falconeria possono trovare, più spesso di
quanto possiamo immaginare, ostacoli burocratico legislativi che, come in tutte
le cose, spesso tendono ad ostacolare le nostre giornate.
Ma
quali sono le norme per chi volesse avvicinarsi a questo sport (anche se, come
già detto più che di sport possiamo parlare di arte)? Per praticare la
falconeria, in Italia, bisogna essere muniti di licenza di caccia, stessa
licenza che serve per il fucile, poiché il falco viene considerato dalla legge
sulla caccia un mezzo per l’abbattimento della selvaggina. Il falco, infatti,
è uno dei tre mezzi consentiti dalla Legge quadro sulla caccia quindi deve
rispettare esattamente i tempi della Legge. Il falco deve essere considerato
alla stregua di un fucile ad un colpo, quindi i falconieri possono cacciare
negli stessi giorni negli stessi luoghi dei cacciatori.
L'ultima stesura permette alle province di identificare delle aree d’addestramento specifiche per i rapaci oppure si possono usare le aree destinate all'addestramento cani (i quagliodromi) per far volare i falchi fuori dal calendario venatorio. Capita talvolta che alcune Regioni cerchino di limitare l'uso del falco, proprio perché i falconieri sono pochi o poco presenti, ma è un diritto dei falconieri poter cacciare. Ritengo, infatti, che non esistano che la caccia, se praticata con disciplina, interesse e rispetto per la natura sia degna di rispetto e di considerazione in ogni sua forma.
Questa
è la priorità assoluta per essere in regola con le leggi italiane.
Sarà altresì indispensabile un attrezzatura di base che ogni falconiere deve avere: una buona attrezzatura è, infatti, indispensabile per una corretta pratica della falconeria. Gli oggetti indispensabili ad ogni falconiere sono: getti, girella, lunga, sonagli, radio, guantone, cappuccio, logoro, borsa e blocchi.
I getti, in pelle morbida e resistente, sono i primi a cui sarà applicato, tramite un nodo al tarso, il rapace; hanno la funzione di contenere il rapace sui posatoi su cui viene posizionato. Nella parte finale i getti sono uniti insieme con la girella, attrezzo costituito da due anelli uniti con un corpo girevole per evitare che i getti si attorciglino. Se invece il rapace lo si mette sui blocchi (“giardinare”: quando si mette il falco a prendere il sole o fare il bagno e prima di andare a caccia )si usa la lunga: pezzo di corda in materiale antistrappo o pelle, della lunghezza di un metro circa.
Oltre
i getti sono facoltativi applicare un paio di sonagli, studiati per la
falconeria. Il ruolo dei sonagli è importante per individuare il rapace quando
catturata la preda, e posandosi a terra con vegetazione alta, non si vede; ad
ogni movimento del rapace i sonagli emettono dei suoni caratteristici, dando
approssimativamente la posizione del rapace.
La prima cosa che un buon falconiere deve acquistare è, infatti, una radio. La radio è composta da' un ricevitore e da uno o più trasmettitori e diventa indispensabile in caso che il rapace si allontani dal campo visivo del falconiere, cosa che accade più spesso di quanto uno possa immaginare. Il trasmettitore del peso di dieci grammi circa è applicato su una timoniera centrale del rapace con delle apposite clips, oppure sul tarso. Questo emette un bit ogni sec.. Con la ricevente, dotata di un'antenna direzionale, il falconiere, al bisogno, cercherà la provenienza del segnale su 360 gradi e, individuato il bit, andrà in quella direzione da dove arriverà il segnale sino a che non si vedrà il rapace. Individuato il rapace si richiamerà con i metodi tradizionali.
Il guantone da falconiere è indispensabile come protezione per la mano: secondo la grandezza del rapace, varia, dunque, la grossezza del pellame che lo ricopre. Il rapace sul guantone deve sentirsi a suo agio, per lui deve essere uno dei migliori posatoi. Il pellame con cui è costituito è per la maggior parte di bovino ed ha un moschettone con attaccata una striscia di cuoio lunga venti centimetri, circa, cucita al guantone, che serve per assicurare il rapace mentre sta' sul pugno. L'importanza del cappuccio è di addestrare il rapace a conoscere gradualmente i suoni che lo circondano, senza creargli dei traumi. Inizialmente ha un compito importante nell'addestramento, per abituare il falco ai suoni che lo circondano e per gli spostamenti. Il logoro è un’effige di volatile che serve per richiamare il rapace; sembra un uccello, è fatto di cuoio, con attaccate delle piume di selvaggina per simulare al meglio la preda, il peso varia secondo la dimensione del rapace. Nella parte più alta vi è attaccata una corda. Può essere usato per allenare il rapace, facendogli portare degli attacchi sul logoro, in volo oppure può servire solo per richiamare il rapace. Il logoro, è sempre fatto roteare nel senso d'allontanamento rispetto l'attacco del rapace, per esempio, se il rapace proviene da destra, sarà fatto roteare in senso antiorario. La borsa del falconiere, generalmente portata con un attacco sulla fibbia dei pantaloni, deve essere pratica, efficace, non ingombrante; l'interno deve essere foderato con materiale lavabile, possibilmente con una tasca dove poter mettere la carne cruda per il vostro rapace, e che si possa staccare dalla borsa per lavaggi giornalieri per mantenere un’accurata igiene.
I blocchi sono le basi dove il rapace si poserà per ore: devono quindi essere fatti ad arte in quanto potrebbero essere causa di gravi malattie ai piedi, se non fatti con dovute precauzioni.
Le associazioni di falconieri, potranno poi dare utili informazioni per iniziare a praticare la falconeria con serietà, per scegliere l'attrezzatura e il tipo di caccia, di alto volo con i falconi, oppure di basso volo con gli accipitrini. Coloro che volessero iniziare senza essere seguiti da una persona esperta nel campo della falconeria, possono andare incontro a spiacevoli conseguenze, come la perdita dell’animale o danni fisici al rapace. Se il falcone si allontana dal falconiere e non è stato addestrato abbastanza per procacciarsi il cibo da solo, in breve tempo va incontro alla morte. Questo è contro i principi della falconeria, che cerca di mantenere con orgoglio questa antichissima arte nel pieno rispetto dei falconi. Per praticare la falconeria con i canoni dovuti, bisogna in primo luogo conoscere la natura e rispettarla. Il rapace deve svolgere le stesse mansioni che gli spettano in natura, con un vantaggio in termini di longevità. Infatti, in natura raramente raggiungono i 10/15 anni, mentre in cattività possono vivere fino a dieci anni in più.
L'intervento di alcuni falconieri che hanno riprodotto in cattività per poi reintrodurre alcuni soggetti in natura, ha contribuito al ripopolamento di alcune specie a rischio di estinzione.
Personalmente vorrei ringraziare per la collaborazione alla stesura di questo articolo il sig. Amedeo Arpa presidente della Federazione Italiana Falconieri con le sue associazioni ed i suoi club: Associazione Italiana Falconeria di Como (031/212344); Associazione Falconieri per la tutela dei rapaci della Toscana (055/8070022); Associazione per la Falconeria dell’Emilia Romagna (0536/893330); Yarak club di Falconeria di Alessandria (0131/222202), Associazione falconieri del Melfese (0979/23056); Falcuc Circolo di falconieri di Udine (0432/940465). Speriamo che in futuro il castello di Rovasenda possa diventare un appuntamento annuale per i falconieri così che per due giorni nelle riserve di caccia “La Ghiandaia” e “La Baraggia”, alzando lo sguardo al cielo si intraveda un falco che a forma di piccola ancora, col suo volo, disegna arabeschi nello spazio per poi precipitare a 300 km/h/h. donando una restituzione visiva indimenticabile agli spettatori.
Emanuele Peghetti