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  Le Malattie Parassitarie

 

Le malattie parassitarie sono molte diffuse e, di conseguenza, di grande importanza veterinaria; in genere i parassiti sono biologicamente intelligenti poiché, le forme che colpiscono gli animali, non provocano danni apparenti. I sintomi clinici che si percepiscono per diagnosticare la malattia, sono in genere molto pochi o assenti; in questo modo, i parassiti possono sopravvivere nell’organismo animale per lungo tempo. Un altro aspetto da considerare è che spesso i proprietari dei cani non si accorgono che gli stessi sono malati (a causa della mancanza di sintomatologia), così i proprietari sopportano i danni per tutta la vita di questi. Il veterinario deve cambiare la propria visione professionale e deve diventare un consulente andando in allevamento anche quando non ci sono problemi, tenendo presente che ci possono essere danni non apparenti. Il veterinario deve controllare le feci per valutare lo stato parassitario del cane.

Le malattie parassitarie sono più d’importanza zootecnica rispetto alla clinica incidendo sulla produttività (quindi nel caso di animali da reddito latte, lana, uova, carne, ecc.) ma questo discorso vale anche per gli animali da lavoro quale il cane da caccia che rende meno sotto il profilo atletico.

All’esterno o all’interno del cane ci sono rapporti tra tessuti, organi ed apparati: tutti gli organi degli animali possono perciò essere coinvolti da forme parassitarie. Ci sono parassiti (ad es. gli Ascaridi) che vivono da adulti nell’intestino tenue senza avere grossi contatti con i tessuti dell’animale. Non si attaccano alla parete intestinale e non provocano lesioni interne. Invece ci sono altri parassiti (ad es. i Coccidi), che si attaccano alla mucosa intestinale e provocano danni alle cellule interessate. Esiste apparato che preveda parassiti. Ci sono malattie parassitarie che interessano l’apparato circolatorio come, per esempio, la Filariosi (probabilmente la più importante malattia che interessa il cane da lavoro) che colpisce il cuore.Sulla cute si possono trovare la Rogne o la Scabbia.

 

Recettività

 

Un animale recettivo ad una malattia trasmissibile è quell’animale che permette al parassita di entrare all’interno dell’organismo, di aggredirlo, di moltiplicarsi e di causare malattia. Ci sono animali recettivi verso alcuni parassiti e non verso altri. La recettività è inoltre legata all’età dell’animale. I cuccioli sono, infatti, più recettivi degli adulti poiché, con l’età si acquista una cosiddetta resistenza naturale contro i parassiti che aumenta con la crescita. Esiste anche una resistenza acquisita che è invece la formazione di anticorpi verso gli antigeni parassitari. Anche l’animale adulto, in ogni caso, può ospitare il parassita. L’adulto, infatti, soffre poco o meno del giovane, ma è un elemento a rischio perché può diffondere la malattia agli animali più giovani o, comunque, più deboli con i quali si trova a contatto. L’elemento in questione si chiama portatore sano.

La recettività varia anche in rapporto all’alimentazione: se l’alimentazione è corretta si sviluppano tutte le difese normali e si ha una resistenza maggiore al parassita.

Anche l’ambiente è importante: spesso non si tiene conto delle esigenze degli animali e si dà loro un ambiente consono all’utilità dell’uomo.

Il veterinario deve prevenire prima che curare.

 

Rapporti tra parassiti e ambiente

 

L’ambiente è importante per la trasmissione di malattie parassitarie. Studiando le caratteristiche ambientali di cui necessitano i parassiti, il veterinario può prevenire l’insorgenza delle malattie parassitarie. La prevenzione serve a limitare i danni. Le parassitosi non sono malattie contagiose, cioè non si trasmettono attraverso il contatto diretto tra individui, ma c’è la necessità di un tramite. L’unica eccezione è rappresentata dalle Rogne che sono malattie cutanee sostenute da acari che con l’ambiente hanno scarso rapporto e si affidano alla trasmissione per contatto. La maggior parte dei parassiti presenta un ciclo biologico molto complesso che prevede una o più trasformazioni del parassita nell’ambiente.

Per es. i Coccidi (che sono abbastanza tipici nell’intestino del cane):

- sono emessi con le feci,

- devono maturare in due stadi di forme infettanti.

La permanenza nel terreno dura da due a sei giorni e per questo l’infezione è condizionata da fattori ambientali.

L’ambiente è inteso come un insieme di situazioni diverse che intervengono nel processo parassitario; può essere rappresentato dal terreno ma per ambiente s’intende anche l’insieme delle operazioni che eseguiamo nell’allevare il nostro cane: l’alimentazione può comportare dei rischi per la trasmissione di malattie parassitarie (per es. se diamo da mangiare al nostro cane delle frattaglie crude parassite da tenie).

Vi sono poi insetti che possono “trasportare” il parassita: è il caso delle zanzare che trasmettono la filaria, malattia da prevenire tutti gli anni attraverso un trattamento specifico; infine il cane può essere attaccato direttamente da parassiti esterni quali le zecche o le pulci.

Diagnosi

 

Si basa su tre punti:

  - Anamnesi,

  - Esame clinico,

  - Esame di laboratorio.

 

- Si studia l'ambiente per vedere quali possono essere i parassiti che vivono in quelle condizioni (diversi sono i parassiti per i cani che vivono al chiuso rispetto a quelli che vivono o, comunque, stanno spesso all'aperto). Pochi parassiti si sviluppano negli ambienti interni per via della temperatura e dell’umidità inadatte. Nell’ambiente chiuso è facile riscontrare parassiti intestinali oppure tutte quelle parassitosi favorite dal contatto stretto come le Rogne. Nell’ambiente esterno sono diffuse quasi tutte le possibili malattie parassitarie.

- L'alimentazione è importante perché il cibo può essere veicolo di parassiti (per es. nel caso di animali che si nutrono con carne fresca cruda).

- Ambienti in cui siano presenti molte zanzare o topi sono da considerare a rischio.

- Bisogna considerare inoltre gli animali di nuova introduzione come possibili portatori facendo particolare attenzione al luogo di provenienza.

 

 

 

Può occorrere portare le feci entro poche ore al laboratorio veterinario dove si eseguono le analisi perché alcuni parassiti da ricercare sono molto sensibili al variare della temperatura, dell’umidità, ecc.

 

Se si sospetta Rogna, in genere, viene fatto un raschiato cutaneo o del pelo oppure l'esame delle croste nel caso delle Rogne superficiali poiché il parassita che causa la Rogna risiede sulla cute e sul pelo del cane. Può capitare che, dall’esame al microscopio non risulti presente il parassita che causa Rogna ma, nonostante ciò, essere consigliato dal veterinario un trattamento, perché non sempre questa è visibile al microscopio. E’ bene separare il cane colpito da Rogna dagli altri cani che abitualmente ne stanno in contatto perché è una malattia abbastanza pericolosa e, nonostante la Rogna sia causata da parassiti, viene trattata come una malattia contagiosa, poiché, tramite il semplice contatto, può passare da un animale ad un altro.

 

Annualmente, nel mese di Aprile, sarebbe bene fare un esame preventivo del sangue per assicurarci che il nostro cane non abbia la Filaria. Questo esame è fatto sul sangue fresco, non coagulato, prelevato dal veterinario in ambulatorio, l’esito è immediato. Successivamente, nei mesi in cui sono presenti zanzare viene fatto un trattamento preventivo mensile per evitare che queste trasmettano il parassita. Il trattamento viene terminato un mese dopo la scomparsa delle zanzare.

 

 

Tipologie di parassiti

 

Fondamentalmente, possiamo suddividere le tipologie malattie parassitarie in tre gruppi:

1.        Malattie sostenute da Protozoi: microrganismi

2.        Malattie sostenute da Elminti: vermi piatti (Tenie) e vermi tondi (x es. Filaria)

3.        Malattie sostenute da Artropodi: zecche, rogne, pulci

 

 

 

Malattie parassitarie sostenute da

PROTOZOI

 

I Protozoi sono organismi microscopici di grande importanza per le malattie parassitarie poiché piuttosto diffusi su tutto il territorio nazionale. La forma di maggiore importanza per la specie canina è la coccidiosi che è un parassita localizzato a livello intestinale.

 

COCCIDIOSI

Per Coccidiosi si intende una malattia sostenuta da microrganismi chiamati Coccidi appartenenti a più generi, che colpiscono gli animali a livello intestinale determinando gravi danni. Non esiste specie animale che non abbia i propri Coccidi. Questa parassitosi è comune a tutti gli animali domestici ed ha una diffusione enorme. Non sempre la presenza di parassiti determina malattia ma bisogna considerare la recettività dei soggetti colpiti ed il numero dei parassiti, che deve essere elevato per provocare danni evidenti. Si trasmette da un animale infetto ad uno recettivo attraverso l’eliminazione fecale ed è presente soprattutto in animali giovani recettivi. Gli adulti resistono sia mediante resistenza naturale che acquisita e quindi non presentano alcun danno, però permettono la loro moltiplicazione.

Rappresentano per questo un grosso rischio poiché sono serbatoi d’infezione.

Quando il veterinario sospetta la possibile presenza di Coccidi deve ricorrere immediatamente all’analisi delle feci. Fattori ottimali per lo sviluppo di tali parassiti sono:

- temperatura tra 25 e 27 °C,

- umidità 95 %,

- buona ossigenazione del terreno

A condizioni ottimali lo sviluppo del parassita è più rapido e si può avere in 2 - 5 giorni.

Altra caratteristica è che le oocisti, da cui si sviluppa il parassita adulto, sono molto resistenti e si possono mantenere vitali nell’ambiente anche per mesi. La condizione avversa che distrugge le oocisti è, in particolar modo, la mancanza d’umidità con conseguente essiccamento.

L’azione patogena più importante è di tipo traumatico con distruzione delle cellule della mucosa intestinale ed infiammazione della mucosa stessa. L’azione traumatica è proporzionale al numero di parassiti entrati inizialmente ed al grado di resistenza a quest'ultimi. Quando si ha una notevole moltiplicazione del parassita avremo come conseguenza maggiore distruzione di mucosa. La mucosa quando è integra oppone resistenza ai patogeni, soprattutto agli enterobatteri, e quando avviene una notevole distruzione delle cellule della mucosa si ha il passaggio dei germi patogeni che possono moltiplicarsi e svolgere la loro azione che può anche essere tossica.

La Coccidiosi non è mai una malattia a sé stante ma è un insieme di malattie per l’azione combinata di diverse componenti patogene. Quindi si ha:

- azione traumatica da Coccidi,

- azione che favorisce l’infezione da agenti secondari.

Per la diagnosi si può ricorrere all’esame delle feci ed all’esame microscopico.

Per la Coccidiosi occorre porsi il concetto di operare profilassi contemporaneamente alla terapia.

Vista la diffusione della malattia bisognerebbe fare profilassi anche in assenza di questa.

Occorre prevedere i fattori di rischio per mettere in atto misure preventive.

Abbiamo due casi:

- ambiente infetto,

- malattia non conclamata.

I focolai di Coccidiosi vengono trattati e poi si usano misure profilattiche nei confronti di portatori sani e del terreno. Bisogna quindi cercare di ridurre la carica parassitaria negli animali trattati, nel senso che la terapia fa anche da profilassi perché si interrompe il ciclo. Il fattore di maggior rischio è l’ambiente: la pulizia accompagnata da norme igienico sanitarie, prima di disinfestazione o disinfezione, sono i metodi più efficaci.

La cosa migliore da fare è quindi quella di attuare pulizia di tutto ciò che si presta a tale opera attraverso idropulitrici o, comunque, acqua bollente che deterge profondamente e toglie la sporcizia in maniera rapida e semplice senza eccessiva necessità di manodopera. Il calore, infatti, ha capacità di disinfezione poiché, ad elevate temperature, otteniamo devitalizzazione.

Possibile veicolo è l’animale o gruppo di animali della stessa specie allevata che vengono introdotti nell’allevamento da altri ambienti. Bisogna considerare che gli animali che subiscono uno spostamento sono debilitati e la moltiplicazione del parassita è favorita da questi elementi. Gli animali introdotti vanno quindi messi in quarantena in ambienti creati appositamente per i nuovi animali. In questi 40 giorni si fa l’indagine clinica e parassitaria per curare e trattare gli animali riducendo il rischio d’infezione.

 

 

Malattie parassitarie sostenute da  

ELMINTI

 

Sono parassiti che interessano l’apparato intestinale; si differenziano morfologicamente in due distinte categorie: cestodi o “vermi piatti” e nematodi o “vermi tondi”.

 
 
MALATTIE SOSTENUTE DA CESTODI (vermi piatti):

 

I Cestodi sono vermi piatti e lunghi che per questo sono comunemente definiti “vermi piatti”.

Per i Cestodi si possono avere due tipi di malattia:

- malattia sostenuta da Cestode adulto,

- malattia sostenuta da Cestode larvale.

I Cestodi adulti sono comunemente denominati Tenie e le malattie che portano Teniasi. Le Tenie parassitano l’intestino dell’ospite definitivo e le malattie che portano interessano appunto quest’organo. Il ciclo biologico dei Cestodi ne prevede un altro (indiretto), all’interno di ospiti intermedi, nei quali determinano malattie molto importanti sostenute dalle forme larvali. Spesso le tenie possono essere trasmesse al cane dopo il consumo di carne cruda o, comunque, mal cotta. Le malattie sostenute dagli stadi larvali dei parassiti sono di notevole importanza dal punto di vista patologico ed epidemiologico.

Le forme larvali di maggiore importanza per la specie canina sono due:

- Cisti idatidea,

- Cisticercoide.

La cisti idatidea è la forma larvale di Echinococco, l’agente eziologico di una Teniasi canina. Il cane è l’ospite definitivo mentre gli altri animali, compreso l’uomo, possono essere ospiti intermedi nei quali la malattia è l’Idatidosi. Le cisti idatidee hanno un tropismo per il fegato e per i polmoni ed hanno potenzialità patogena elevata. La membrana interna germinativa determina la formazione di numerosi protoscolici e di cisti figlie ognuna delle quali contiene numerosi protoscolici. Queste cisti figlie possono essere endogene o esogene, in altre parole, si possono staccare dalla cisti madre e dare luogo ad una moltitudine di "figlie" diffuse nell’organismo dell’ospite intermedio con gravi complicazioni patogenetiche. Ci sono condizioni ambientali come la pastorizia che favoriscono la diffusione della parassitosi. Da una sola cisti idatidea la parassitosi può essere trasmesse a diversi cani. Il cane poi dissemina le uova di Echinococco in numero veramente elevato.

Il cisticercoide ha importanza dal punto di vista epidemiologico. E’ una forma larvale piuttosto piccola che parassita artropodi di dimensioni ridotte. Il Dipylidium caninum è un parassita che ha come ospite intermedio la Pulce. La pulce è un parassita esterno dei cani che può venire a contatto con le loro feci ed ingerire uova di Dipylidium. Dalle uova si libera una piccola larva che parassita la pulce dalla quale avviene la trasmissione della malattia agli animali. A questo punto, il cane, infastidito dalla pulce, può schiacciarle facendo uscire la larva che successivamente lo infetta.

 

ECHINOCOCCOSI

 

E’ estremamente importante per molte ragioni ed è legata particolarmente all’ambiente della pastorizia anche se può entrare tramite il cane in ambiente urbano. Fattore che favorisce la diffusione è la convivenza fra l’uomo, la pecora e cane. Il cane è l’ospite definito mentre la pecora, nelle zone mediterranee, è l’ospite intermedio più recettivo nei confronti delle forme larvali. In questo ambiente se la malattia non è presa in considerazione diffonde facilmente. In Italia è diffusa nel centro-sud ed in Sardegna ma è una malattia diffusa a livello mondiale. Comporta problemi per la sanità pubblica perché è trasmissibile all’uomo che, se infettato, va incontro a gravi malattie. L’unica terapia possibile è di tipo chirurgico ma consiste nell’asportazione di una parte dell’organo interessato. In Italia l’ospite definitivo di questo parassita è il cane, anche se, per le sue ridotte dimensioni, è poco patogeno e, nella maggior parte dei casi, i proprietari dei cani non si accorgono di avere i loro animali parassitati e sopportano la parassitosi, anche perché, nel cane, non presenta elevata sintomatologia. I proprietari corrono il rischio di mantenere i cani parassitati che rappresentano anche un pericolo per le persone che vivono con i cani: la diffusione della malattia è favorita da questa assenza di sintomi.

Le uova, molto resistenti alla disidratazione ed al calore, possono essere veicolate da pioggia, vento, calpestio, uccelli che si imbrattano, insetti coprofagi, ecc...

La pecora, oltre ad essere l’animale più recettivo, è anche quello più a rischio, poiché, al pascolo, si trova in promiscuità con i cani. Spesso gli allevatori di pecore hanno l’abitudine di effettuare la macellazione familiare e possono capitare organi infetti in pasto al cane. Questa circostanza rappresenta una grossa situazione a rischio ed il trinomio, uomo-cane e pecora, fa sì che l’ambiente rurale sia il più a rischio. Nell’ospite intermedio le uova si liberano della parete grazie a succhi enzimatici e la larva migra a livello vascolare raggiungendo prima il fegato, poi il cuore, fino a giungere ai polmoni.

Il fegato ed i polmoni sono gli organi più colpiti.  Il 70-75 % delle cisti (da cui si svilupperà in seguito il parassita adulto) si trova nel fegato ed il 25 % nei polmoni; un 5 % si distribuisce tra cervello, reni e cuore e difficilmente a livello muscolare.

I fattori che favoriscono la diffusione sono:

1- grossa produzione di uova non evidenti nelle feci,

2- mancanza di sintomatologia clinica,

3- moltiplicazione asessuata delle cisti.

L’uomo si infetta ingerendo le uova: le verdure degli orti non ben lavate costituiscono un fattore a rischio come lo è la convivenza fra uomo e cane. Questa parassitosi è presente nell’ambiente della pastorizia, ma anche in quello urbano, perché non è raro che i proprietari portino cani a fare passeggiate in campagna. Un altro momento di rischio è quello dell’abitudine, da parte dei pastori, di abbandonare carcasse di animali morti nel pascolo, perché possono essere preda di cani inselvatichiti o di proprietà vicine. Il consumo di verdure crude poco lavate può rappresentare un rischio.

 

TENIASI DA Dipylidium caninum

 

La più comune teniasi nel cane è provocata da Dipylidium caninum che prevede, come ospite intermedio, la Pulce, che viene parassitata dalla forma larvale di tale parassita. La diffusione di questa teniasi è facile e frequente perché le pulci sono presenti in tutti gli ambienti; specialmente i cuccioli con questa parassitosi sono numerosi. Il cane subisce un’aggressione dalla forma larvale con sviluppo della tenia adulta piuttosto patogena. Il veterinario deve tenere presente anche l’ambiente in cui vive l’animale. Generalmente quando il veterinario riceve come paziente un carnivoro controlla lo stato parassitario con l’esame delle feci. E’ frequente il reperimento di parti del parassita visibili “ad occhio” nelle feci e, con l’esame al microscopio, si evidenziano facilmente le tenie. Nei carnivori le uova di tenie sono molto simili tra loro e la diagnosi è quindi, in generale, di teniasi.

Le tenie devono assorbire alimenti già digeriti sfruttando la digestione degli animali ospiti.

L’azione patogena è detta spogliatrice perché debilita gravemente l’ospite; questo avviene poiché vengono assorbiti dal parassita alimenti già digeriti ed è così sfruttato anche il consumo energetico dell’ospite. In genere le tenie necessitano di oligoelementi (vitamine e sali minerali) in proporzioni elevate rispetto alle necessità dell’ospite e, per questo, l’animale cade in carenza alimentare.

Le tenie parassitano individui giovani che si presentano quindi magri, stentati, depressi ed il loro accrescimento è lento, tutte caratteristiche cliniche valide per sospettare la presenza di Teniasi. E’ una malattia intestinale di tipo digerente che si manifesta con la diminuzione di emissione delle feci che si presentano secche mentre, in genere, le infezioni del tratto digerente evolvono con diarree. L’animale reagisce al depauperamento trattenendo, il più possibile, elementi dalle feci.

L’esame delle feci risulta dunque la diagnosi più semplice da fare. Il Dipylidium ha la caratteristica di permettere l’uscita delle proglottidi (segmenti del corpo caratteristici dei cestodi che racchiudono le uova) una per volta. Queste hanno forma caratteristica di seme di melone e quando si spremono fuoriescono le uova.

Molto spesso, quando c’è Teniasi in atto in cuccioli sono presenti anche altre parassitosi per opera di nematodi e perciò molti prodotti terapeutici sono polivalenti. Occorre che il veterinario informi i proprietari sui rischi per gli animali di reinfettarsi, se l’ambiente in cui vivono è idoneo alla proliferazione del parassita. Se l’animale per esempio è infestato da pulci può reinfettarsi e sviluppare di nuovo la malattia. Bisogna seguire le norme igieniche generali, si può ricorrere ad insetticidi attivi anche contro parassiti esterni come le zecche. Se la diagnosi risulta positiva si esegue la terapia ma bisogna mettere in atto tutte le misure necessarie per ovviare al problema, non solo far fronte alla malattia. Spesso basta osservare il cane per fare la diagnosi di Teniasi: questo si presenta depresso e lo stato di crescita è poco sviluppato. Le Teniasi non sviluppano forme di resistenza contro successive infezioni nel cane che si può quindi reinfettare con la stessa facilità della prima volta.

 

MALATTIE SOSTENUTE DA NEMATODI (vermi tondi):

 

I Cestodi sono vermi tondi e lunghi che per questo sono comunemente definiti “vermi tondi”. Rappresentano un gruppo di parassiti cospicuo che può determinare patologie di interesse per la sanità pubblica. Nelle malattie da nematodi si ha un ciclo biologico diretto, in altre parole, non c’è l’intervento di ospiti intermedi ma si hanno ospiti paratenici che possono mantenere questo stato di parassitosi e trasmetterlo ad altri animali. L’ospite paratenico ha importanza per i cani perché ingerendo le carni degli ospiti paratenici si possono infettare. I nematodi possono raggiungere fino a 30-40 cm. di lunghezza ma hanno dimensioni differenti secondo l’animale parassitato. Vivono nell’intestino tenue dove maschi e femmine si accoppiano e producono un’enorme quantità di uova. Una femmina produce fino a 200.000 uova al giorno e queste sono importanti poiché nelle feci si mettono in evidenza con maggior facilità: sono rotondeggianti o leggermente ovali, scure e provviste di una parete molto spessa spesso ricoperta da muco. Sia la parete che la sostanza aggiunta rendono le uova resistentissime rispetto ad altri elminti. Le forme di maggiore importanza per la specie canina sono tre: ancilostomiasi, ascaridiosi e filariasi.

ANCILOSTOMIASI

 

Gli Ancilostomi sono nematodi relativamente piccoli (da due a tre cm.), provvisti di un apparato boccale molto sviluppato rispetto al corpo che è fornito di denti con i quali si attaccano alla mucosa intestinale. Sono parassiti che si nutrono di sangue (ematofagi), ogni Ancilostoma ne sottrae 0,05 ml al giorno, quantità che moltiplicata per tutti il numero complessivo dei parassiti presenti diventa notevole.

Il ciclo biologico degli Ancilostomi è molto semplice; gli adulti si trovano nel primo tratto dell’apparato intestinale e le femmine fanno le uova, pronte per essere espulse con le feci all’esterno. Le uova cadono nel terreno ed hanno bisogno di prati perché l’erba dà una sufficiente umidità, essenziale per lo sviluppo delle larve. L’umidità ideale è intorno all’ottanta per cento e nei giardini questi valori sono facilmente raggiungibili; per questo un potenziale ambiente a rischio è quello dei parchi pubblici: in questi luoghi vengono portati molti cani e tale promiscuità rende la parassitosi più diffondibile. Le larve escono dall’uovo e vanno nel terreno: libere nell’ambiente sono molto labili e sensibili a fattori chimici e fisici; anche queste, per il loro mantenimento, hanno bisogno di umidità. La disidratazione e l’essiccamento sfavoriscono la diffusione delle larve che possono penetrare nell’ospite o per via digerente o attraverso la cute.

Un soggetto recettivo che passa nell’erba con larve può subito subire l’aggressione da parte di Anchilostomi oppure può infettarsi mangiando erba: le larve, una volta ingerite, diventano infettanti in circa una settimana. Tali soggetti recettivi sono i giovani però anche gli adulti rischiano il contagio. Il ciclo continua all’interno dell’organismo; le larve, entrate attraverso la cute, raggiungono tramite l’apparato circolatorio il fegato ed i polmoni in cui causano irritazioni e quindi tosse nell’animale con la quale vengono poi portate alla bocca e reingerite nell’intestino dove diventano adulte.

Dal punto di vista diagnostico le uova non sono molto numerose: viene effettuato un esame delle feci dopo centrifugazione del materiale fecale per concentrare gli eventuali parassiti. Questo esame è provante solo quando positivo: quando è negativo va rieffettuato dopo alcuni giorni.

La migrazione delle larve non provoca danni rilevanti: il cane non risente dell’azione patogena delle larve ma di quella degli adulti. Le azioni patogene sono numerose e possono diventare gravi:

1- azione traumatica dovuta a lesioni dell’apparato boccale dei parassiti che si attaccano e staccano continuamente dalla mucosa per succhiare sangue,

2- azione sottrattiva di sangue perché i parassiti sono ematofagi,

3- azione favorente l’impianto di batteri e agenti secondari facendo trasformare la malattia in infettiva,

4- azione tossica non grave ma da considerare a causa delle escrezioni dei parassiti nel fegato, polmoni ed intestino.

Un cane infestato da Ancilostomi è fortemente debilitato e presenta diarrea con emissione di feci molto liquide e con presenza di muco, che si presentano molto scure perché i parassiti secernono anche parte del sangue succhiato che fuori. Come tutte le malattie parassitarie intestinali ricorre spesso la febbre che non si verifica nelle parassitarie semplici. Negli stadi avanzati è caratteristico il pallore delle mucose e la disidratazione; si può arrivare fino a morte dell’animale.

La stretta promiscuità con altri cani può essere pericolosa: per quanto possibile sarebbe meglio evitare contatti eccessivi con altri animali. Bisogna ricorrere alla quarantena per i cani da reintrodurre in allevamento, non solo per i giovani ma anche per gli adulti. Bisogna pulire gli ambienti e disinfettarli oppure tagliare bene e spesso l’erba dei prati ed esporla al sole. Si possono trattare i terreni con larvicidi o provare a vaccinare i soggetti che ci interessano ma, in questo caso, spesso non danno risposte sufficienti a determinare una certa sicurezza di immunità.

 

ASCARIDIOSI

 

Per l’Ascaridiosi si può avere facilmente una diagnosi certa di animale sano; gli Ascaridi producono tantissime uova ed il fatto che non siano presenti è tranquillizzante. Questa è una parassitosi da ambienti chiusi. Nella fase esogena si ha uno sviluppo larvale all’interno dell’uovo fino a raggiungere lo stadio di larva infettante: diversamente dagli altri elminti quelle degli Ascaridi si sviluppano nell’uovo senza uscire all’esterno. In genere le larve di nematodi, nel terreno, sono molto labili mentre, quelle di Ascaridi, essendo chiuse nel guscio dell’uovo rimangono vive e vegete per tantissimo tempo: le larve rimangono infettanti per un lungo periodo (circa due anni). Il cane s’infetta quando ingerisce le uova larvate: bisogna tenere presente che, dal punto di vista epidemiologico, c’è la possibilità di trasmissione dalla madre al cucciolo attraverso la placenta. Gli adulti sono in genere poco recettivi però se ingeriscono le uova larvate si comportano da portatori sani. Le uova raggiungono l’intestino, si schiudono e le larve vanno a migrare nei muscoli dove sono bloccate ma non uccise dalle difese naturali. Nelle femmine, nel periodo di gravidanza, si ha un abbassamento delle difese acquisite e naturali e le larve vengono liberate e proseguono la migrazione attraverso il sangue fino a raggiungere l’apparato riproduttore. La placenta dei cani è molto permeabile; le larve possono arrivare al feto attraverso l’imponente vascolarizzazione che si forma tra madre e figlio. Le larve infettano il feto ed il neonato nasce già infetto con le larve che giunte all’intestino diventano adulte.

Si hanno pertanto tre possibilità d’infezione:

  1. Per via transplacentare, il cucciolo nasce già infetto
  2. Per predazione, l’ospite intermedio viene mangiato da un carnivoro e si ha la trasmissione all’ospite definitivo;
  3. Per ingestione diretta di uova larvate.

Il ciclo continua con la fase endogena: il cane s’infetta ingerendo uova larvate e le larve si liberano a livello intestinale divenendo migranti. Le larve migranti attraverso il sangue arrivano al fegato e da questo al cuore ed al polmone dove provocano microlesioni ed irritazioni nei bronchi con tosse del cane: le larve vengono ingoiate tornando nell’intestino dove diventano adulti. Le larve, nella loro migrazione, determinano lesioni al fegato, che è il primo filtro del sangue proveniente dall’intestino e dove si apprezzano le lesioni più gravi, ed ai polmoni: l’azione parassitaria è di tipo traumatico.

Il veterinario deve tenere in considerazione questa parassitosi poiché, prima di vaccinare un cucciolo, bisogna considerare se il cane è in grado di reagire con anticorpi e non sia invece debilitato. In questi, infatti, provocano depauperamento delle componenti nutritive. Quando s’interviene a livello terapeutico bisogna considerare una terapia collaterale di integrazione alimentare con oligoelementi. I soggetti colpiti quindi possono presentare: stentata crescita, diarrea, stipsi, addome gonfio ed anemia, inappetenza e disappetenza o molto appetito.

Per la diagnosi bisogna tenere presente il comportamento del cane e fare uno studio del tipo di ambiente in cui vive. In un allevamento si deve considerare se si sono verificati in precedenza serbatoi d’infezione o se c’è la possibilità che siano introdotti cani da altri allevamenti. Per i cuccioli infestati, in previsione della vaccinazione, anche se tali soggetti non presentano sintomatologia da Ascaridi, devono essere trattati e dopo 15-20 giorni possono essere vaccinati.

Quando si parla di prevenzione nei cani bisogna considerare i diversi modi di trasmissione della malattia. Le femmine gravide vanno trattate perché possono presentare forme larvali che possono passare attraverso la placenta. Si deve supporre che le femmine gravide siano portatrici; il trattamento può ridurre drasticamente il numero di larve che generalmente non è mai elevato. Se con il trattamento si elimina il 70-80 % di larve si può considerare di aver attuato una buona profilassi. Le poche larve rimaste che passano dalla madre ai figli sono trattate poi nei cuccioli neonati e, ad ogni modo, non determinano gravi danni. Per una buona prevenzione bisognerebbe intervenire con la disinfestazione tramite l’uso di calore molto intenso. In molti casi si ottengono buoni risultati mediante lavaggi accurati meglio se con idropulitrici: il getto d’acqua a forte pressione ed a elevate temperature può distruggere molte uova. Dato che le uova sono piccole possono essere eliminate solo con la pulizia che è l’unica norma profilattica attuabile; questo discorso è anche valido per gli allevamenti in caso di precedenti infezioni. Per gli allevamenti che dispongono di parchetti esterni, se in precedenza ci sono stati altri animali infetti, questi non vanno utilizzati per un certo periodo, durante il quale sarebbe opportuno ararli per sotterrare le uova in modo che non vengano a contatto con i cani.

L’alimentazione è un fattore di trasmissione ed è importante accertarsi che la carne somministrata ai cani sia ben cotta: se si somministrano carni poco cotte di animali parassitati si corre, infatti, il rischio di far contrarre al nostro cane la malattia. Bisogna attuare anche la derattizzazione negli allevamenti poiché anche questi sono potenziali portatori del parassita. Bisogna poi prestare attenzione agli uccelli che si nutrono di feci poiché possono veicolare le uova dei parassiti così come le mosche ed altri insetti coprofagi.

FILARIOSI DEL CANE

 

Le Filariosi costituiscono un grosso capitolo della patologia veterinaria e umana.

Quelle del cane hanno notevole importanza nel nostro Paese.

Sono sostenute dal parassita Dirofilaria che è un nematode e precisamente:

- Dirofilaria immitis

- Dirofilaria repens

 

La Dirofilaria immitis provoca una malattia cardiorespiratoria e cardiocircolatoria.

La Dirofilaria repens interessa invece la cute.

 

Sono malattie molto importanti perché sono trasmesse da un ospite intermedio, la zanzara, molto diffuso. Spesso i cani sono infettati da entrambi i tipi di Filaria. Nei cani che non compiono notevoli sforzi non si nota la presenza del parassita mentre, in quelli da caccia o da lavoro, si hanno sintomi clinici e si può arrivare alla morte.

I vermi adulti di Dirofilaria immitis sono nematodi lunghi venti centimetri e vivono nel ventricolo destro del cuore e, in parte, nell’arteria polmonare. In queste sedi ci sono sia maschi sia femmine e quest’ultime, essendo vivipare, permettono la schiusa delle uova al loro interno con liberazione di microfilarie. Queste forme embrionali vivono nel sangue. Gli adulti di Dirofilaria repens hanno come localizzazione il sottocute e producono microfilarie che vanno in circolo. Negli insetti le microfilarie si sviluppano dagli stadi larvali che sono i veri elementi infettanti per l’ospite recettivo. Nel giro di 10-11 giorni si ha lo sviluppo delle forme larvali infettanti. Il cane s’infetta quando le zanzare femmine con un secondo pasto inoculano le larve. Le larve maturano nell’addome della zanzara poi avviene la migrazione della larva fino al pungiglione. Quando la zanzara inocula nel cane l’anticoagulante salivare inserisce con questo anche la larva. E’ molto importante tenere presente la quantità di zanzare nell’ambiente in cui vivono i cani. A livello pratico è fondamentale considerare che se ci sono molte zanzare c’è anche la presenza di Filariosi e quindi di cani infetti. Il rischio maggiore lo corrono i cani che vivono all’aperto.

La recettività è uguale per tutti i soggetti indipendentemente dall’età.

La presenza di microfilarie (stadio larvale) è importante per la diagnosi.

La diagnosi può essere clinica ed in rapporto all’ambiente ma si ricorre anche all’analisi di laboratorio.

L’analisi si attua utilizzando prelievi di sangue. Il sangue prelevato viene spedito in laboratorio con il sospetto diagnostico basato anche solo sullo studio dell’ambiente. Oggi ci sono dei kit con filtri per la diagnosi dopo aver reso il sangue non coagulabile. Bisogna determinare la lisi dei globuli rossi per poter meglio apprezzare le microfilarie.

Importanza epidemica della malattia per vettore molto comune e diffuso.

La patologia è legata agli adulti del parassita. Infatti, i cani sopportano bene le microfilarie e male l’evoluzione all’adulto soprattutto quando questo è presente in quantità eccessive. Nel cuore si possono trovare matasse di Filarie che provocano squilibri intuibili. L’azione patogena principale è, infatti, quella di tipo meccanico per ostruzione e disturbo funzionale delle valvole cardiache. Quando il ventricolo si contrae il sangue non va solo nell’arteria ma torna anche nell’atrio. Quindi il sangue che arriva ai polmoni è minore e, in seguito a questo squilibrio, si hanno manifestazioni di tipo respiratorio come l’aumento degli atti respiratori, tosse, ecc... I sintomi sono evidenziabili, soprattutto se l’infezione è notevole e se tale soggetto è posto sotto sforzo (quindi i cani da caccia sono particolarmente soggetti a questi disturbi).

Per la terapia viene utilizzato un prodotto che uccide i parassiti. Questi, in questo modo, non sono in grado di resistere agli enzimi che li attaccano e così parti di parassiti vanno in circolo arrivando ai polmoni dove causano infarti polmonari.Vengono inoltre ostruiti piccoli vasi arteriosi e viene a mancare l’irrorazione dei tessuti con conseguente necrosi degli stessi. Generalmente vengono somministrati prodotti disintossicanti per aiutare il cane che corre in questo modo gravi rischi.

 

Malattie parassitarie sostenute da

ARTROPODI

 

Gli artropodi rivestono una notevole importanza nelle malattie parassitarie. Questi non sono soltanto causa di malattie come le Rogne ma entrano nell’epidemiologia di altre malattie parassitarie, sia nelle vesti di parassiti, sia di vettori. Sono parassiti che determinano una leggera patogenicità. C’è inoltre un gruppo di artropodi che permettono lo sviluppo del parassita al loro interno e che diventano, in questo modo, ospiti intermedi. Sono pertanto da tenere seriamente presenti per la profilassi. Ad esempio, la tenia, nel cane, ha come ospite intermedio la pulce. Altri esempi della relazione che può intercorrere fra artropode e parassita sono dati dalle zanzare che sono ospiti intermedi della Dirofilaria. Le zecche a loro volta possono essere decisamente pericolose se presenti in numero eccessivo fino a provocare le morte del soggetto. Gli artropodi determinano malattie di importanza rilevante nel nostro Paese: le Rogne.

 

ROGNE

 

Le Rogne hanno delle caratteristiche particolari:

- interessano l’apparato cutaneo,

- sono sostenute da piccoli acari più o meno visibili,

- hanno uno spiccato tropismo per i diversi organi cutanei.

Sono le uniche malattie che si trasmettono per contatto, in altre parole, sono contagiose e non necessitano del passaggio nell’ambiente. Si trasmettono quindi da un cane malato o portatore sano ad uno sano recettivo.

Si dividono in due categorie:

- superficiali,

- profonde.

Le più superficiali sono facilmente trasmissibili ma meno patogene delle profonde.

Tutti gli animali domestici sono interessati dalle Rogne.La più importante è senza dubbio la Rogna Sarcoptica sostenuta dal genere Sarcoptes scabei (Scabbia) che colpisce tutte le specie animali. Si trasmette in maniera interspecifica, ad esempio dal cane all’uomo, anche se quella adattata ad un determinato animale non è in grado di riprodursi in altri. Non è, ad ogni modo, eccessivamente grave.

La Rogna Demodettica colpisce diversi animali e diventa particolarmente grave nei cani in cui è detta Rogna Rossa. Si localizza nei peli e nelle ghiandole a livello cutaneo.

Le Rogne sono malattie condizionate dallo stato psico-fisico dell’animale. Fattori stressanti o debilitanti possono permettere al parassita di manifestare la malattia. Spostamenti, cambiamento dell’ambiente, variazioni di temperatura o altre malattie in atto possono essere fattori scatenanti la parassitosi.

Un ambiente in cui hanno albergato animali malati è da considerare infetto dai 6-7 ai 10-15 giorni successivi poiché questo è il periodo di resistenza del parassita della Rogna profonda e superficiale rispettivamente. Senza dubbio è ancora più probabile la trasmissione indiretta attraverso oggetti o attrezzi infetti come può succedere in un ambulatorio poco curato o in un negozio di toelettatura. Le Rogne profonde sono più patogene perché traumatizzano in maniera grave i tessuti ed hanno azione traumatica che favorisce l’attecchimento di germi di irruzione secondaria. La cute è un apparato esposto al mondo esterno ed è ricca di germi che sono una componente normale della patogenesi della Rogna. La cute è inoltre un organo sensibilissimo a fenomeni di tipo allergico e l’apparato risente moltissimo dell’azione di sostanze eterogenee prima sensibilizzanti e poi scatenanti. Nelle Rogne non è difficile trovare una sintomatologia clinica che presenta punti in comune con le allergie.

Le Rogne profonde colpiscono prima le parti del corpo con meno pelo e pelle morbida (muso, inguine ed addome). Le lesioni poi si presentano piccole con arrossamento della cute e caduta del pelo cui segue la formazione di un piccolo edema. Queste lesioni non sono molto evidenti perché sono puntiformi e non sono pruriginose. Se passa un po' di tempo le lesioni aumentano ed all’interno della lesione, che si è allargata, si forma una crosta. A questo punto inizia a comparire l’insopportabile prurito a carico dell’animale.Il cane, con il trattamento, tende inoltre a spargere il materiale parassitario in altre parti del corpo delocalizzando la lesione. Se il proprietario non porta il cane dal veterinario le lesioni aumentano e l’enorme fastidio patito da questo può portare, oltre che a formazione di grosse croste ispessite, anche ad una perdita di appetito fino alla morte. Il veterinario deve attuare l’anamnesi per sapere se il cane è venuto a contatto con altri animali e deve esaminare gli aspetti clinici, che comprendono anche caratteri che vanno al di là delle lesioni. Generalmente viene effettuato un raschio cutaneo con una lametta. Per le Rogne superficiali la diagnosi può essere fatta con una normale lente di ingrandimento perché gli acari sono grossi e mobili.

 

PULCI E ZECCHE NEL CANE

 

Pulci e zecche sono parassiti esterni che hanno una grande importanza veterinaria in quanto sono molto diffusi e colpiscono un numero molto elevato di animali domestici tra cui, appunto, il cane.

Le pulci sono insetti di piccole dimensioni (da uno a quattro millimetri) con corpo molto complesso: le zampe sono ben sviluppate, specialmente il terzo paio, atto al salto; l’apparato boccale è di tipo pungente e succhiante. Si nutrono di sangue pungendo l’animale parassitato che presenta irritazioni cutanee causate appunto dal parassita. Gli animali possono infestarsi o per contatto diretto con soggetti già parassitati oppure venendo a contatto con le uova presenti sul terreno. L’importanza principale di tale parassita è data, soprattutto, dal fatto che molte specie possono essere vettori biologici di malattie infettive e parassitarie di cui la più importante per il cane è quella da Dipylidium caninum: la più comune teniasi nel cane.Le zecche sono parassiti di piccole dimensioni che presentano, nella parte anteriore del corpo, una struttura chiamata rostro nel quale sboccano le ghiandole salivari utili allo scopo di succhiare il sangue dell’animale parassitato. Le zecche di interesse per la specie canina hanno il corpo rivestito da un esoscheletro dorsale indurito e per questo sono chiamate “zecche dure”. Si possono riconoscere i maschi dalle femmine poiché le loro dimensioni sono decisamente inferiori. Hanno bisogno di temperatura molto alta (per questo cominciamo a notarle verso l’inizio dell’estate) e umidità elevata (attorno al 70%). Nei periodi in cui la temperatura scende tendono a rifugiarsi in ambienti riparati quali per esempio le strutture in cui sono alloggiati i cani. Sono parassiti provvisti di un apparato succhiatore tramite il quale inocula una sostanza a triplice azione: anestetica antinfiammatoria e anticoagulante. In questo modo l’ospite non si accorge di essere parassitato. Questi parassiti si nutrono di sangue e, se presenti in quantità elevate, possono essere pericolosi, soprattutto nel caso in cui l’animale parassitato sia particolarmente sensibile o debilitato. Possono causare anche problemi dermatologici e trasmettere agenti patogeni che possono portare (anche se raramente) a morte. Va inoltre ricordato che sono trasmissibili all’uomo nel quale possono provocare una malattia che, nel peggiore dei casi, può portare alla morte dell’individuo.

 

Emanuele Peghetti