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Questo mese prendiamo spunto, attingendo dalla stampa, da:
La sottile differenza tra sanità e salute
una breve analisi della questione sui rapporti tra medico e paziente e sul modo di considerare la sofferenza altrui da parte di chi, per ragioni di lavoro, è costretto ad affrontarla ogni giorno.
di V. Andreoli
psichiatra e scrittore
 
"...Occorre innanzitutto distinguere tra il dolore fisico che può provare un malato e il suo dolore psichico, esistenziale. Quest'ultimo, nella maggior parte dei casi, non è preso in considerazione da medici e infermieri. Riguardo alla sofferenza fisica, gli atteggiamenti sono due: quello di chi, in qualche modo, partecipa al dolore del pazienti e quello di chi lo considera solo un sintomo da rilevare, un'informazione in più per diagnosticare lo stato della malattia. In genere in malati danno un giudizio di merito in base a questi due atteggiamenti: è un bravo medico quello che si mostra partecipe, non lo è chi si comporta in modo freddo e distaccato.
D'altra parte il contatto quotidiano con il dolore cui sono sottoposti gli operatori sanitari porta quasi inevitabilmente all'assuefazione. L'effetto delle dosi giornaliere di sofferenza è analogo a quello di una droga. Per continuare a provare emozioni ne occorrerebbe, nel tempo, una quantità crescente. Medici e infermieri, quindi, tendono a diventare insensibili e a non percepire più la sofferenza dell'altro. D'altra parte sarebbe impossibile il contrario: come pretendere che si facciano carico del dolore di tutti? Il distacco, tra l'altro, veniva addirittura insegnato ai giovani medici: le emozioni aumentano la possibilità di errore, si diceva. Meglio la freddezza, che dovrebbe almeno garantire una maggiore lucidità.
In realtà il problema non è tanto la solidarietà o la distanza affettiva, quanto un modo di affrontare la malattia che ignora o trascura il disagio psichico. E' necessario passare dal concetto di sanità a quello di salute. Sanità significa più o meno "aggiustare ciò che non funziona". La salute, invece, viene definita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità come "stato di benessere fisico, psichico e sociale". Nella pratica medica, di solito, non solo non si tiene conto delle parole "psichico" e "sociale", ma si cura la malattia con un taglio iperspecialistico che la maggior parte degli addetti ai lavori considera ormai scientificamente sbagliato. In realtà un approccio specialistico non può non tenere conto della totalità della persona. ...Non si tratta di trasformare il medico in un buon samaritano. Ma di rendere il suo lavoro il più efficace possibile."
 
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