Lettera di Gino Malvestio

Cara Carla,

ora ti racconto un po’ alla volta tutti i pensieri che ho avuto qualche centinaio di minuti fa, quand’ero ancora in mezzo a tutta quella gente in festa, a quella incredibile festa della birra. Ti sto scrivendo con l’ansia e il terrore di perdere qualcosa per strada, di dimenticare qualche faccia e qualche occhiata, di smarrire note preziose e importantissime, di non dirti tutto quello che è successo nella mia testa in quegli attimi...vedi, ero seduto insieme ad un amico - vecchio compagno di viaggi fedele e silenzioso - sotto un immenso e caldissimo capannone di plastica montato su robusti tralicci in acciaio inossidabile, solo un uragano lo avrebbe potuto abbattere!, ti stavo dicendo, ero seduto con davanti una bionda di birra un po’ pallida, però fresca, l’aria appena sopra di me vaporosa di luppolo e di polvere - polvere alzata da mandrie incredibili di ragazzi e ragazze che fuori camminavano avanti e indietro con tanta voglia di incontri & di amori, beh, la nostra panca era a pochi metri dal palco dove una piccola e stramba band suonava del buon e vecchio rock - rock nostalgico di certi anni 70 - eravamo vicini, pochi metri, ma dalla parte sbagliata, le casse e gli altoparlanti davano da un’altra parte, si, in poche parole stavamo a lato del palco, ma questo non aveva nessunissima importanza, perché capivamo entrambi tutto bene e perfettamente... il tipo che cantava in jeans slavati & T-shirt nera & stivali neri, cantava cattivo e con i capelli davvero corti e si, davvero stempiati, non come il bassista, che sembrava più donna di una donna, chinato sul suo strumento in una specie di intimo raccoglimento, esile e dalla figura elegante, i capelli giù a scendere fino a metà schiena... anche lui aveva jeans smarriti forte ma senza cintura, il che gli dava un’aria così cispadana... il cantante ogni tanto urlava al cielo nascosto dal tetto del capannone e poi salutava alcuni amici sistemati in mezzo alla gente-pubblico che beveva davanti a lui - compagni di scuola - compagni d’università allegramente riuniti insieme a far baldoria e, in mezzo al gruppuscolo, una ragazza mi sa proprio ubriaca tanto, che ballava sguaiata con il bicchiere di plastica pieno di birra - Festa della Birra 1998 diceva la targhetta stampata sul bicchiere -, dando spettacolo a destra e a manca, tutto il seno fiorente che voleva uscirsene da quella specie di body succhiato che aveva addosso, e lo stesso volevano fare i suoi occhiali di osso, che scivolavano testardi sul sudore del suo naso rosso rosso, già, molto più bella la scenetta della bambina che scappava dalla mano sicura del papà e andava a piazzarsi proprio davanti alla band suonante, e si scatenava a ballare muovendo tutti i suoi bei riccioli d’oro - il papà, se lo avessi visto, aveva accennato un passo verso la bimba ma, ma poi si fermava, avvertiva anche lui che era troppo bella la sua figliola in mezzo alla gente danzante... vidi invece un ragazzone enorme e grosso, una montagna di carne surreale, vestito con una mimetica beige oceanica, pure il berretto militare aveva, sembrava quasi il cantante delle 99 Posse, ma ancora più grande e, e faceva strano sentirlo sbraitare in trevigiano! In fondo in fondo, molto lontana dal mio tavolo, non mi ero fatto sfuggire l’atmosfera strana e statica di una coppia di vecchi coniugi, non si sa come capitati là ad ascoltare & vivere quel concerto rock di campagna, si tenevano per mano si tenevano, ma si guardavano raramente negli occhi, forse anche loro erano indaffarati ad osservare la gente... e non ti dico delle due ragazze, bada bene che erano tutt’e due elegantissime, abbronzatissime e proprio niente male, anzi, che si incontravano per caso sotto quel gran tendone pieno zeppo di folla - sembrava tutto un enorme e strombazzante Titanic, sprizzante pazzia da ogni oblò, ancora con i passeggeri felici e ignari del vicino destino - che si incontravano all’improvviso e che, lo intendevi benissimo cavolo, si abbracciavano e si baciavano sulle guance con la più grande falsità di questo furbo mondo - dopo due secondi ecco che arrivavano anche i rispettivi fidanzati pure loro con la pelle scura - si facevano migliaia di complimenti a vicenda e poi, in un battibaleno, si salutavano e se ne andavano senza più alcun sorriso addosso, già dimenticata l’amica.... la tipa che spinnava birra come una macchinetta laggiù al banco, vestita in blu da capo ai piedi, lo sponsor appiccicato alla meglio sul cappellino messo alla rovescia, miodddio che occhi aveva, neri come il petrolio ancora da estrarre, non un istante fermi su un punto, sempre a girare e a controllare, a scrutare e a salutare con un lampo, siii, salutava con quegli occhi inauditi senza bisogno di far gesti e, e non smetteva di far cadere birra, senza guardare la spina, se non per metterci sotto un altro bicchiere, uuhhhh, che macchinetta di ragazza! E il manipolo di ragazzini entrati in quel putiferio ad un certo punto? Che personaggi! Cinque o sei, vedi che non mi ricordo proprio tutto, in testa il più robusto con mezza cicca in bocca - il più "uomo" di tutti senz’altro! - l’orecchino penzolante sul lobo sinistro, la rasatura alla Ronaldo da brivido e, a seguire, il resto della piccola ciurma, tutti con lo sguardo basso a terra e duri, molto duri - davvero! - si siedono finalmente e poi il più sveglio manda il piccolo della banda a prendere le birre e quest’ultimo parte subito e immediatamente, va a prendersi le birre proprio da quella ragazza veloce di prima, prende le birre senza neanche essere degnato di uno di quegli strani sguardi e torna indietro dai suoi amici, fiero, con le birre grandi e bagnate, si, molto umide, eppoi fanno tutti insieme un grandioso brindisi a quella cosa che fa impazzire noi uomini, un fragoroso brindisi seguito dopo poco da una caterva di bestemmie e oscenità... piccoli uomini che crescono... ci fossi stata anche tu, Carla, ti saresti resa conto di che fiume di espressioni & di pensieri & di facce i miei occhi stralunati si ubriacavano, seduto com’ero zitto zitto, in semplice ascolto, già, ti rendi conto?, sarei rimasto lì per ore a bocca aperta, come se avessi avuto un incredibile film davanti a me, una bellissima pellicola dai colori sfolgoranti e accesi, con un audio perfettamente avvolgente, uno strabiliante effetto surround, caspita, che gioia poter assistere a tutta quella vita in atto, a tutte quelle infinite e meravigliose espressioni di vita, siii, il povero campagnolo abbigliato in malo modo che si da arie da latin lover, toccandosi ripetutamente in quel posto per poi accarezzarsi dolcemente la barba lunga di tre giorni, eh?, non è splendido anche lui, non trovi?, pensa che peccato se non ci fosse, no?, e che peccato sarebbe se non esistesse nemmeno la ragazza dai capelli tinti di blu - blu elettrico - dai percing sul labbro, sul sopracciglio, sul naso, dalla cintura piena di borchie di tutti i tipi - che donna di ferro quella!, ti pare?, non saremmo più poveri se non esistesse quella ragazza? Così come per il tipo che sembra uscito proprio adesso da una banca, elegante e severo, con la sua donna sotto braccio, che si siede schifato su una panca sporca sozza di stinco di maiale, dico sul serio, che bello vedere uno come lui!

Ciao Carla!