Piccolo Buddha di Gino Malvestio

I led luminosi dello stereo all’angolo della stanza si riflettono ritmici sull’enorme vetrata del mio appartamento - 11° piano di un grattacielo dei Docks, Docks di notte, sottili strisce rosse che pulsano orizzontali, una più lunga dell’altra, e che sul vetro perfettamente pulito diventano larghe spade infuocate. Troppo larghe, nascondono alla mia vista un altro appartamento, sempre 11° piano, grattacielo di fronte. Finisce la n. 7 di Adore, pochi secondi prima di Appels+Oranjes, spariscono per un attimo i led riflessi, rivedo le luci accese di quell’appartamento. Parte la n. 8. Io sono al buio, sdraiato sul divano. Una lattina di Guiness è stretta dalla mia mano sinistra. La destra schiaccia il tasto "repeat" sul telecomando dello stereo. Rivoglio la 8, ancora. "What if the sun refused to shine?...". La posizione delle lancette luminose dell’orologio a muro richiama la mia attenzione. Non c’è altro da aspettare. Prendo su il walkman. E la pistola. Non me ne separo mai. E’ così piccola. La infilo all’interno dell’anfibio sinistro. Esco.

L’ascensore è vuoto, ma la luce dentro è accesa, per forza. Cerco di non guardare lo stupido specchio appeso ad una parete. Il ronzio in discesa è sommesso e mi mette a mio agio. Ora non ho più dubbi...

Ora un altro ronzio, in salita, sempre sommesso. Tutto tace quando arrivo all’11° piano. Questo grattacielo è il gemello del mio. E’ tutto identico. Mi scappa un sorriso, che subito maledico.

E’ come ritornare a casa, non c’è quasi nessuna differenza. Quasi.

La porta mi si para davanti, immensa, il mio indice va a schiacciare il tasto del campanello. Apre subito. Ansiosa...

 

 

Amore, massiccia dose di LSD

Amore, misteriosa formula chimica

Amore, spaventosa botta alle tempie

Amore, caldissima colata di non senso

Amore, incredibile accelerazione estatica

 

Mi accorgo di aver la bocca semi aperta e gli occhi sbarrati, fissi da minuti sulla statua del Buddha sopra al mobile in fondo. Anche il suo sguardo è perso nel vuoto, privo di distrazioni, assente. Lui è di pietra, marmo pregiatissimo con bellissime venature contorte. Io non sono di pietra. Assolutamente. Anche se non riesco a chiudere la bocca e a distogliere lo sguardo dalla statuetta. Sono semplicemente strafatto. Di amore. Il mio corpo è come colpito da una paralisi, vorrei restare così per sempre, per sempre. Forse anche quel piccola Buddha ha provato quello che sto provando io. Ora. Forse continua a provarlo. Ho il terrore di svegliarmi improvvisamente, di rendermi conto della mia pelle, dei miei capelli, delle mie mani. Di dove sono. Lei sta dormendo. Ora. Ho anche il terrore di guardarla. Potrebbe succedere di tutto. Il Buddha potrebbe svegliarsi. So di aver raggiunto la cima questa notte. Sono seduto sulla punta più alta di questa cima. Da qui vedo ogni cosa. Non c’è niente più in alto di me. Neanche alla mia altezza. Sono in cima e non posso salire ancora. Non è possibile. Non è possibile essere più felici di così. Posso solo scendere. E’ una cosa che sento.

Appoggio la mano sull’anfibio appoggiato alla parte sinistra del letto ed estraggo piano piano la pistola. Così minuscola. Così perfetta. Ha un solo colpo. Non puoi mancare il bersaglio, con lei. Non ti da un’altra possibilità. Solo un’unica occasione. Il metallo è molto freddo a contatto con la mia epidermide, ma questo non mi distrae dalla mia beatitudine. La faccio scivolare lungo sull’esterno della mia gamba, su su fino al torace, poi il collo. Il ferro è leggermente meno freddo di prima. Il Buddha è sempre lì, sprofondato nel suo nirvana.

Appoggio la canna alla tempia. Non posso salire più di così. Non più felice di ora. Ora avvolgo il grilletto con l’indice. Che piccolo. Sembra un artiglio. Comincio a premere...

"Jok! Dormi?". E’ lei. Ma non si è voltata verso di me. Non mi vede.

"Dammi un bacio, Jok, ti voglio vicino...."

La osservo. Forse come non l’ho osservata mai. Solo adesso mi accorgo di alcune cose. Di quanto la amo, per esempio. E di quanto sia semplice e umile questo mio sentimento. Naturale. Genuino. Normale. Positivo. Reale. Terreno.

Mi alzo e vado in terrazza.

"Dove vai, Jok?"

"Solo un attimo..."

La notte fuori non è per niente buia. Le luci della città si fanno vedere dappertutto. E nemmeno è silenziosa. Suoni di tutti i tipi rimbalzano da una parte all’altra. Solo un po’ ovattati. Solo quello. Lancio forte la pistola. Dall’undicesimo piano.

"Eccomi, cara..."

"Lo rifacciamo?".