Prendo su il mitragliatore! di Gino Malvestio

Prendo su il mitragliatore, mi allaccio il giubbotto antiproiettile, butto nello zaino i sei caricatori disponibili. Clak! Clak! Clak! Non devo dimenticarmi della scatola dei medicinali, mi sarà indispensabile. Bene, sono pronto, è ora di andare.

Do un calcio alla porta, lei si spalanca immediatamente e sbatte addosso al muro. Stan! Della polvere cade dal soffitto. E’ buio, sono costretto ad estrarre dallo zaino la torcia elettrica, ma voglio fare in fretta, le pile non dureranno molto, e so già che mi servirà più tardi. Ci sono delle scale, le discendo a tutta velocità. Ton, ton, ton. In fondo c’è una un’altra porta, appena me ne accorgo spengo subito la luce. Nuova pedata e anche questa porta si spalanca. Ancora polvere dal soffitto. Ok, ora devo girare a destra, conosco a memoria la strada, per forza. Comunque è meglio stare in campana, le disgrazie non aspettano altro che di capitare, non è mai la stessa cosa. Svolto a destra e corro veloce, il corridoio dorme nella penombra. Schizzo per un trenta secondi circa e poi rallento, sento che sta per nascere qualcosa. Ci sono alcune porte aperte sui lati, le devo oltrepassare necessariamente, è indispensabile per arrivare dove voglio arrivare. Carico il mitra e mi fermo alla prima porta. Ci sbircio dentro per una frazione di secondo, il dito che suda contro il grilletto. Vuota. Passo alla seconda, non faccio neanche in tempo a voltarmi che esce un tipo in jeans e giacca nera. Schiaccio il grilletto con arroganza e il mio mitra vomita fuoco a tutta volontà. Ta-ta-ta-ta-ta! L’ho spezzato in due quel tipo, mi sono fatto prendere dal panico, ho sprecato preziose pallottole mentre ne bastavano due o tre, spedite nei punti giusti. Cazzo, devo stare più attento! Proseguo, promettendomi di non commettere altri stupidate. Non è il caso. La terza e la quarta porta sono vuote, nessun pericolo. Dalla quinta sbuca fuori una figura strana. E’ una suora, e per poco non la falcio con una raffica. Mi guarda con un ghigno inorridito e io passo oltre. Adesso c’è un pozzo e so che mi devo gettare dentro. E’ sufficientemente largo e senz’acqua. L’ho scoperto da poco. Una bella rogna comunque, quel pozzo. Mi lascio precipitare dentro, woooshhh, e mentre piombo giù mi preparo al peggio tenendo stretto il mitra. Tonf! Sono caduto al centro di una stanza con poca luce, ci si vede male, e il soffitto è talmente basso che non posso stare in piedi. Sssiiinng! Alcuni pallettoni di lupara mi sfiorano di poco la testa, imitati subito da colpi di mitra che giungono da ogni direzione. L’unica mossa che posso fare è quella di rotolare per terra e di premere il grilletto, sparando all’impazzata, disegnando un cerchio intorno a me. E lo faccio. E ne esco fuori vivo. Li ho ammazzati tutti e quattro, fulminati. Loro mi hanno colpito solo di striscio, niente di importante. Mi sento bene. Vado avanti, verso un’altra stanza, più ampia e luminosa, piena di colonne alle quali sono appesi dei neon dalla luce abbagliante. Percorro una decina di metri a zig zag, velocissimo, e mi riparo dietro ad una di quelle colonne. E aspetto. In questi casi bisogna essere pazienti, è solo questione di tempo. Ed ho ragione. Eccoli arrivare, sono in tre, ognuno con un lancia fiamme spaventoso. Sono lunghissime quelle lingue di fuoco, e pericolosissime. Io me ne resto sempre nascosto e li seguo con un occhio. Ho già in mente cosa fare. Devo riuscire a trovare il tempo per mirare alle bombole di gas che hanno alle spalle, e sparare, una sola pallottola a testa. Basta e avanza, purchè le colpisca. So di non avere molte altre alternative. Ci riesco solo in parte. I primi due li faccio esplodere in mille pezzi, mentre il terzo mi sfugge e me lo ritrovo a pochi metri di distanza. Bang, bang, bang, lascio sfogare il mitra, lo colpisco ripetutamente, ma prima di schiattare riesce a beccarmi. Una piccola fiammata, per fortuna, ma perdo sangue. Merda, non ci voleva.

Esco all’aperto, una piazzola in cemento con un campo da basket sopra, malridotto. Al di là del campo ci sono degli uffici, e là devo entrare io, per fare quello che devo fare. E’ più facile a dirlo che a farlo, so perfettamente che c’è qualcuno che non aspetta altro, che non attende altro che un mio passo, che esca finalmente allo scoperto. Sanno che sto per arrivare. E sanno che sono ferito. Sanno tutto di me! Ma non mi posso tirare indietro ormai, e soprattutto non lo voglio. Al diavolo il sangue che mi sta uscendo dalla spalla sinistra! Farò una strage!

Estraggo dallo zaino tre lacrimogeni, li lancio uno dietro all’altro, sotto i due canestri e al centro. Zoonn! Zoonn! Zoonn! Un fumo denso e bianco copre in un battibaleno tutta la zona, non si vede quasi niente. All’improvviso scoppia il finimondo, spari e esplosioni dappertutto, un caos incredibile. Mi metto in faccia la maschera antigas e mi getto a terra, passo del leopardo, e avanzo verso gli uffici. A quanto pare nessuno mi vede. Ma neanche io vedo loro. E non finisco di fare queste considerazioni, che mi beccano in una gamba. Stuck! Me l’hanno quasi portata via, colpita in pieno. Per qualche secondo resto paralizzato, non so più che fare, le mie energie stanno esaurendosi paurosamente. Ma stringo i denti e continuo, la porta che da agli uffici non è più lontana, con un po’ di fortuna...

Ci arrivo, tra il fumo scorgo anche l’insegna: Union Corp. Ci mollo davanti una bomba a mano e mi riparo immediatamente appiattendomi al muro. Sblan! La porta si disintegra. Subito dopo escono tre guardie giurate e non ho pietà di loro, le sego tutt’e tre con una raffica. Nessun rancore. Ora non ho più molte munizioni. Mi alzo ed entro, cercando di camminare il più velocemente possibile, con la gamba a pezzi e il sangue che mi esce a fiotti...

Ci sono, sono giunto alla meta, l’obbiettivo è dietro a quella porta, è l’ora della resa dei conti, finalmente. Il mitra lo posso buttare tranquillamente, le pallottole sono finite qualche secondo fa. Ora devo contare solo sul mio coltellaccio. Raccolgo tutte le mie forze restanti ed entro, spalancando la fatidica porta.

Il Direttore è seduto al suo posto, dietro la pesante scrivania di legno pregiato. Mi guarda impassibile, non un segno di terrore. E invece dovrebbe averne!

Tiro fuori la lama e mi getto, lo voglio sgozzare subito.

Spicco il volo...

Bang! Bang! Bang!

Tre pistolettate, tre colpi precisi, sparati dalla segretaria del Direttore, nascosta sotto la scrivania!

Mi ha fatto secco, morto stecchito!

 

Maledico il mondo, mentre sullo schermo violaceo compare l’odiata scritta: Game Over.