TEORIE DI BARRABINI

La maniera in cui Barrabini narra il destarsi in lui dell’interesse per la teoria dell’origine trapanese dell’Odissea ricorda molto da vicino quello che Pietro Sugameli racconta a proposito del proprio entusiasmo per le teorie butleriane; e come Sugameli, anche Barrabini vuole correggere l’inglese sul lato topografico.

Su questo terreno bisogna dire che le ricerche di Barrabini erano condotte con minuzia e si appoggiavano ad un attento esame delle carte topografiche e di quelle nautiche; la loro resa tipografica era inoltre esaltata mediante numerose cartine con dei lucidi sovrapposti che illustravano le modifiche ai siti create dal passare dei secoli. Può darsi che con i veri siti dell’Odissea non c’entrino niente, ma comunque le descrizioni topografiche di Barrabini sono interessanti quantomeno per chi si occupa della storia antica di Trapani.

Barrabini però non si vuole fermare alle corrispondenze topografiche e cerca di arrivare a conclusioni più solide. La prima riguarda il nome di Scheria: se come dice Plinio (N.H. IV, 19) Corfù aveva presso Omero il nome di Scheria e di Feacia, e presso Callimaco quello di Drepane, ciò significa che Drepane e Scheria indicassero la stessa città, e che Scheria quindi fosse un sinonimo di Drepane, che come è noto in greco vuol dire ‘falce’: ergo, ‘sicuramente la città di Scheria aveva la forma di una falce’. Corfù ha una forma assolutamente diversa, e Trapani, secondo Barrabini, più che ad una falce assomiglia ad una scimitarra; il mistero è però risolto se si traccia sul lucido il tracciato corrispondente alle secche intorno alla città siciliana: ecco emergere chiaramente la falce.

Barrabini fa di più: con la falce fa emergere anche il doppio porto di Scheria ed individua l’urbanistica della città antica, contandone gli abitanti in circa 12.000, esattamente quanti sarebbero stati quelli feaci, che consistevano in 2000 famiglie abitanti altrettante case, parte con giardino. Avvalendosi delle testimonianze di piante topografiche dell’Ottocento e di Vedute Prospettiche del Settecento, Barrabini individua poi quell’altro porto che secondo Butler sarebbe servito come modello di altri tre porti itacensi descritti nell’Odissea: in questa circostanza mi sembra che la sua ricostruzione della topografia arcaica trapanese sia più convincente della volta precedente, ma ciò naturalmente non significa che i luoghi dell’Odissea fossero realmente questi.

Altri riscontri topografici riguardano la descrizione delle isole Ionie dei versi 21-27 del IX libro dell’Odissea, l’individuazione dell’isola di Asteride, quella di Dulichio, i riferimenti all’Elide, la rocca del Corvo, la fontana Aretusa, e via di seguito. Per tutti Barrabini trova dei riscontri a volte abbastanza convincenti e non tralascia di evidenziare quei punti sui quali Butler avrebbe glissato, dando più credito alle individuazioni operate da Pocock. Barrabini ha personalmente esplorato tutti i luoghi, e la sua esperienza di tenente colonnello dell’Esercito sicuramente lo avrà aiutato nei riscontri topografici; come grecista non era poi tanto male (come abbiamo già visto esaminando i suoi studi, per quanto poi avesse scelto una carriera completamente diversa da quella delle lettere), ma ogni tanto si lasciava andare a rapsodiche etimologie, fra le quali quella di ‘mafia’ dal verbo greco ‘miaiphoneo’ (=macchiarsi di omicidio).

Il nostro autore si applica anche all’esame combinato delle fonti storiche e di quelle mitologiche, arrivando alla conclusione che il racconto dell’Odissea è una sorta di ‘versione poetica’ della genealogia di Erice (il figlio dell’eroe Bute e della nobile Licasta) e che leggendo bene le fonti si ha una chiara luce sulla fondazione tanto di Erice che di Trapani.

Tra le correzioni che Barrabini apporta alla topografia butleriana notevoli sono quella della Grotta di Polifemo (che secondo il trapanese sarebbe quella di Pizzolungo, mentre quella di Emiliana, individuata da Butler, sarebbe invece solo la grotta di uno dei Ciclopi poi accorsi alle grida di Polifemo accecato) e quella relativa al sito dell’antica città di Ypereia. Mentre che c’è, Barrabini corregge pure il sito dei ludi in onore di Anchise, di cui parla il V libro dell’Eneide, sostenendo che esso va cercato dalle parti di Castellammare.

Nel capitolo finale del libro, Barrabini individua ‘una corrente doppia, scambievole di merci, passeggeri e notizie’ dall’Anatolia a Trapani via Creta: ‘un mondo nuovo…che Butler non considerò neppure’, ma la cui individuazione va egualmente ascritta a merito dell’inglese.