TEORIE DI POCOCK

 

Gli studi di L. G. Pocock si svilupparono dagli anni ’50 alla metà del decennio successivo in diverse pubblicazioni, la prima delle quali fu "The Landfalls of Odysseus" (1955), seguita da "The Sicilian Origin of the Odyssey" (1957), da "Reality and Allegory in the Odyssey" (1959), da "Odyssean Essays" (1965) e da una serie di articoli minori che qui non riporto.

Il suo primo libro, "The Landfalls of Odysseus: Clue and Detection in the Odyssey" si muove ancora sul piano delle ipotesi: partendo dall’intuizione di Butler che Scheria sia Trapani, Pocock vuole correggerne gli errori topografici e rintracciare i ‘luoghi reali’, ma arriva ad una serie di conclusioni che sostanzialmente manterrà invariate o quasi negli scritti successivi. Esse sono:

  1. Il poema fu scritto a Trapani, principale porto degli Elimi, ‘comunità mista di discendenti Focesi greci e fuggitivi troiani’, intorno al 650 a.C.;

  2. L’autore mostra di conoscere male il Mediterraneo Orientale ed assai meglio quello Occidentale;

  3. Tutto lo scenario del poema è costiero, e quasi tutti gli sbarchi di Odisseo avvengono in acque fenicie, ma i Fenici non vengono mai menzionati;

  4. Il poema si impernia su fatti, che però vengono esposti allegoricamente ed anonimamente per celare il contrasto dell’autore col mondo fenicio: "è un racconto di fazioni tra le comunità elime e delle relazioni delicate esistenti tra questi ed i dominatori, i Fenici".

Nel terzo libro, "Reality and Allegory in the Odissey"(1959), Pocock si dichiara convinto di aver fatto, grazie a Butler, una reale scoperta della verità, e pertanto si basa soltanto sulla sua testimonianza ed argomentazione, visto che la critica omerica, in più di duemila anni, si è retta ‘su fondamenta interamente false’: del resto, le identificazioni topografiche ‘non sono teorie, ma fatti’. La forza di questo volume sta – secondo me - soprattutto nella maniera con cui viene trattato il concetto di Allegoria, che Pocock aveva già introdotto sin dall’inizio ma non sviluppato con questo approfondimento.

Le tesi del volume sono quelle già esposte in precedenza:

  1. Il poeta era un Elimo e viveva a Trapani;

  2. Il poema si basa su fatti e luoghi reali (la topografia è la ‘spina dorsale’ del poema), ma ‘camuffati’ ed arricchiti, ‘per intrattenimento’, da racconti mitologici;

  3. Il poema è il lavoro di un uomo solo (la teoria butleriana della poetessa è una ‘congettura’, basata su indizi assolutamente deboli), scritto nel VII sec. a.C., nato da un nucleo iniziale (probabilmente l’episodio di Polifemo), il cui successo fece balenare subito nella mente del poeta l’idea di un grande poema, che però fu composto ‘episodio dopo episodio per la recitazione in un circolo di amici’;

  4. Il poeta stesso era un marinaio (Pocock ritiene ammissibile in linea ipotetica la collaborazione di un vecchio marinaio cieco con una signorina trapanese, ma gli sembra però estremamente improbabile);

  5. Le numerose citazioni dall’Iliade sono un ‘importante ingrediente d’intrattenimento’ e non l’indizio di una ‘deliberata tecnica orale’ (cui Pocock non crede); l’allegoria serve a distrarre l’attenzione del pubblico dalla nuda realtà;

  6. Il poeta non ama i Fenici ma per prudenza non ne parla male apertamente;

  7. L’Odissea è ricca di umorismo, che invece è del tutto assente nell’Iliade.