Aimar associazione           2/1999

Come insegnare al mio bambino a fare le feci in bagno.

Dott.ssa Silvia Mignani
Ospedale Pediatrico "Bambino Gesù"
Sede di Palidoro

 Seconda parte.

Nel numero di ottobre 1998 dell'AimarNews erano stati trattati alcuni
argomenti riguardanti questo tema così ampio e complesso. 
I messaggi da inviare al bambino che ha difficoltà a contenere le sue feci o
le urine devono essere , come abbiamo già detto, volti ad aumentare la
fiducia che il bambino ha di sè, ad esempio "la prossima volta andrà meglio"
e contemporaneamente tali messaggi devono essere inviati con convinzione e
fermezza. Richiedere al proprio figlio di utilizzare il water presuppone la
convinzione che lui lo possa fare.
Ma come si fa con un bambino affetto da atresia ano rettale?
Il chirurgo che ha seguito il bambino saprà, con una buona approssimazione,
stabilire quali sono le difficoltà oggettive del piccolo e quindi il primo
passo da fare sarà consultarlo anche perchè saprà consigliare anche tutta
una serie di accorgimenti per limitare al massimo gli inconvenienti
dell'incontinenza. 
Successivamente i genitori dovranno fare i conti con la propria ansia; la
paura che il figlio possa andare incontro ad un insuccesso che sarà,
probabilmente, vissuto come proprio;la fretta di ottenere un buon risultato
perchè il confronto con i coetanei nella scuola è vicino o è già in atto; la
paura che un fallimento potrà rendere difficile o penosa la socializzazione
esponendo il bambino a scherzi, derisioni o isolamento.
Non ultimo sarà importante per i genitori analizzare il proprio rapporto
con le feci e lo sporco che può rappresentare, a volte, un vero e proprio
handicap nell'affrontare con il bambino il suo problema. 
Molte persone, a fronte di una storia personale di un certo tipo, possono
aver sviluppato un'avversione particolare per tutto ciò che è sporco tanto
da indurle a pulire più del necessario la casa o a disinfettare più del
dovuto i giochi del figlio. Come si può immaginare il bambino potrebbe
facilmente avere la fantasia di essere anche lui, con le sue feci, parte di
tutto ciò che non è apprezzato e che è anzi avversato dalle persone che sono
più importanti per lui.
Tutte queste emozioni e vissuti dei genitori, che sarebbe opportuno
confrontare con uno psicologo, vengono empaticamente comprese dai figli che
molto spesso reagiscono "mettendo il coltello nella piaga".
Il bambino, facendo leva sui sensi di colpa, purtroppo mai risolti del
tutto, dei genitori per la sua condizione non si impegna per contenere le
sue feci, ma anzi può usarle per esprimere la sua rabbia e per sottolineare
che sono un problema non suo, ma dei genitori: e lui rimane sempre piccolo!
Esiste anche un altro problema legato in prevalenza agli interventi
chirurgici subiti ed alle terapie riabilitative intrusive ed è l'
allontanamento da sè della zona malata. In qualche modo e per difendersi a
livello affettivo il bambino (come anche l'adulto in condizioni simili) può
escludere dal vissuto di sè e del proprio corpo quella parte che gli ha
creato, e che ha creato ai genitori, tanti problemi. La sintesi di
tutto questo è comunque che il bambino rimane incontinente o che, a periodi
alterni, è più o meno continente non facendo più capire agli adulti dove
finisce il problema del suo corpo e dove inizia quello delle sue emozioni.
I genitori molto spesso colludono, cioè vivono le stesse emozioni del
figlio, con queste problematiche. Spesso fanno in modo di allontanare il
momento dell'educazione al controllo sfinterico,o provano e non insistono, o
si demoralizzano, prendono su di sè la responsabilità delle feci del bambino.
Spesso i bambini con atresie ano rettali non si sentono coinvolti o
responsabilizzati per le loro feci anche a 5 o 6 anni. Passivamente si fanno
pulire, lavare, preparare dai genitori, il più delle volte dalla madre, come
se la cosa non li interessasse e non fosse loro.
Tenendo presente tutto quanto esposto in queste pagine e prevalentemente il
dolore dei genitori ed il loro desiderio di proteggere il figlio dal suo
problema è importante sottolineare che fino dai due/tre anni di vita occorre
iniziare a responsabilizzare, non colpevolizzare, il bambino rispetto alle
sue feci. Se il bambino è già più grande vale la stessa strategia, iniziare
dalle piccole cose, richiedendo in maniera ferma ed accogliente che il
bambino partecipi alla sua igiene. I genitori così faranno in modo tale da
"ri-consegnargli il suo corpo", il suo funzionamento ed il suo difetto. 
Anche se non può trattenere le feci in maniera efficace può fare tutta una
serie di atti che riguardano l'igiene ed il suo mantenimento: buttare il
pannolino, iniziare a lavarsi, iniziare a sciacquare le mutandine ecc. Può
essere un gioco...se sarà vissuto come un'avventura di scoperta e di crescita.

 
                                          Precedente Indice generale Successiva