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Oreste Del Buono

Prefazione a "Le straordinarie avventure di Pentothal"

Oreste del Buono - 1982.

Da che epoca lontana vengono queste strisce, queste tavole, queste storie di Pentothal, prima, splendida e forse insuperata prova dell'arte di Andrea Pazienza? Ora il comitato centrale del Pci, affrontando il tema  della cultura, dice che occorre tener conto dei nuovi soggetti sociali, dei diversi se si vuole essere veramente diversi come partito, ma allora nel 1977, l'anno della rivelazione e della lacerazione per me e tanti  altri, parte del Pci non sosteneva a affatto questo . . .

Procediamo con ordine. Ma ordine è una parola sospetta. Procediamo, dunque, con disordine. Pazienza capitò in redazione a Linus con molta irruenza, ma anche con molta timidezza agli inizi del 1977. Più tardi, nelle varie dichiarazioni ribalde che ha fatto, Pazienza ha sostenuto che, per penetrare nella cittadella linusiana, mi aveva consegnato una falsa lettera di raccomandazione di Eco. Non so se sia vera una simile falsificazione, suppongo che si tratti di una balla retrospettiva, di quelle con cui un personaggio arrivato movimenta un passato che gli appare meno disinvolto del presente. Quello che so di sicuro è che, una simile lettera, io non l'ho mai letta, perché è difficile, o almeno non mi è ancora riuscito, leggere le lettere che non mi sono state scritte. Lo ammetto, è un limite, mi sforzerò di rimediare, ma questo è quanto per la lettera di raccomandazione che Pazienza millanta di aver falsificata.

Comunque, Pazienza, di persona, l'ho conosciuto solo dopo l'uscita della prima puntata di Pentothal su Alter, solo,

insomma, dopo il marzo 1977 a Bologna... Prima, avevo visto le sue tavole, presentatemi dalle  ragazze della redazione, restate intrigate e mica male emozionate dall'irruzione di Pazienza, saltellante e balbettante, dal suo totale nervosismo, oltre che dai risultati psicoartistici. Essendo io per così dire un  uomo non soggetto al fascino virile e soprattutto non essendomi trovato in redazione al momento della visita carismatica, avevo avuto a che fare solo con la prima puntata de «Le straordinarie avventure di Pentothal». E  mi era bastato per esserne scombussolato e avvinto. In uno stile misto in cui parevano scontrarsi e misteriosamente accordarsi gli opposti più opposti, tipo Fremura e Moebius, in cui le parole tendevano a scardinare il  senso del disegno, e i disegni ad alterare definitivamente il senso della parola, erano contemporaneamente, ingordamente, insolubilmente affrontati l'autobiografismo narcisistico e il ritratto politico di una città, il  privato sfacciato e il pubblico scandaloso, i mostri che se ne fregavano di distinguere tra sonno e sogno della ragione per sconfinare nella mostruosità del risveglio. Eccolo lì, appunto, che si risvegliava Andrea,  giovane artista a Bologna...

A colpirmi soprattutto era stato proprio lo sfondo: Bologna, la civilissima Bologna, la Città Bologna così diversa da tutte o quasi le altre città d'Italia perché da tanto tempo rossa, il  modello addirittura di Città in anticipo sull'utopia che figurava nel mio bagaglio di vecchio comunista e che nelle tavole del giovane Andrea era, invece, rappresentata come nucleo caotico di uno sfascio a venire presto  o magari già in corso. Un intrico di tensioni e ingiustizie, di abusi e di attese di vendette. Il mio essere un vecchio comunista, per anagrafe ancor più che per ideologia, non implicava un eccesso

di ingenuità. Che  tante cose stessero mutando me ne accorgevo pure da Milano, ma non avevo mai pensato prima di allora, prima, insomma, di trovarmi davanti alle tavole del giovane Andrea, che certi scazzi potessero verificarsi allo  stesso modo in un qualsiasi futuro a Bologna. A Milano, Roma, sì, ma Bologna no. Le tavole del giovane Andrea mi avevano dunque suggerito il brivido di una sua Bologna che volevo ostinarmi a credere solo sua, solo  fantastica...

Dunque, avevamo deciso di pubblicare « Le straordinarie avventure di Pentothal » su Alter, anzi si chiamava ancora Alterlinus, il fratello minore di Linus, dedicato alla  fantascienza, alla fantasy, alla fantasia in tutte le salse. Nel numero 4 di Alter, per la precisione, ovvero nel numero datato aprile, ma in uscita verso la fine di marzo secondo i capricci del nostro abituale  calendario e, quindi, in lavorazione tra gli ultimi giorni di febbraio e i primi di marzo. Ebbene, in mezzo esplose il marzo 1977 a Bologna. Il giovane Andrea fece appena a tempo ad aggiungere un'ultima tavola. La sua  crapa scapigliata, un suo occhio, un pezzo di naso, una riflessione d'artista: « Tagliato fuori... sono completamente tagliato fuori... ». Una radio Alice vociferante non disperdiamoci, troviamoci tutti, la torretta di  un'autoblindo puntata verso il lettore, un brandello di bandiera con Francesco è vivo e lotta insieme a noi. E una nota: « Mentre lavoravo a queste tavole nel mese di febbraio '77, ero convinto di disegnare uno sprazzo,  sbagliando clamorosamente perché era invece un inizio. Ne avessi avuto il sentore, avrei aspettato e disegnato questo bel marzo. Così mi trovo di colpo a non sapere più bene che fare.

 Ho già consegnato tutto il materiale a Linus venti giorni fa, ma, Cristo, sono cambiate tante cose nel frattempo e tante altre cambieranno sino al giorno in cui il fumetto sarà pubblicato che mi sento male e mi do del coglione per non averci pensato. Cioè disegnare fumetti non è come scrivere per un quotidiano. Se capite cosa intendo. Allora disegno questa tavola qui e provo a portarla a Linus in sostituzione dell'ultima pagina originale, sperando di fare in tempo.

L'ultima tavola originale aveva al posto del "fine" di prassi in basso a destra un "allora è la fine", che  suona decisamente

male. Madonna, vi giuro, credevo fosse uno sprazzo, era invece un inizio. Evviva! Andrea Pazienza, 16 marzo '77 »...

Era un inizio, certo. Ma di cosa? Lo sappiamo, ormai . Il bel marzo non poteva  restare bello a lungo. Perché risultasse bello davvero, l'inizio di qualcosa di utile, ci sarebbe voluta comprensione, solidarietà. E ci sarebbe voluta solidarietà proprio e soprattutto a Bologna. Non ci fu e qualche  mese più tardi Pazienza scrisse una lettera a Fulvia, a Fulvia Serra, allora a capo della redazione di Linus e Alter, ora direttore a pieno merito al mio posto, una lettera che mi pare giusto ricordare in  questa introduzione: « Cara Fulvia, come sai qui a Bologna l'aria è sempre più stretta. Il clima sempre più inquietante: siamo sul filo sottile del delirio. Sembra che tutti noi che viviamo in questa città assediata, da  assediati, non paghiamo abbastanza, mai. E così La città futura, il settimanale dei giovani berlingueristi, esce nel numero 9 con un servizio su Bologna (la città presente). Non è un servizio sensazionale: da  mesi in prima fila questi nostri coetanei con la testa sulle spalle plaudono, incitano, promuovono e collaborano a reticolare Bologna, ricordandoci settimanalmente la città futura, ammanendoci settimanalmente la città  futura. Non è un servizio sensazionale: anche questa volta il diavolo rivive nella rievocazione delle giornate di marzo. Pubblicano una registrazione "inedita" di Radio Alice dove parlano voci del movimento,  voci che parlano di polizia armata e di compagni da difendere: sono le voci di quei giorni, Francesco ucciso da qualche ora... ma i berlingueristi con uso abile del contesto del neretto delle titolazioni (allievi  prediletti di Eco) confermano Alice è il diavolo, Bifo un seduttore, un agitatore, un provocatore (ma ragazzi di questi tempi basta dire Bifo e hai detto tutto), i compagni del movimento cannibali, gli studenti  stranieri la peste, la malapianta da estirpare, gli autonomi potete immaginarlo. Il complotto internazionale contro Bologna deve essere annientato, non bastano compagni e amici in carcere da quattro mesi in venti per  cella... ».

Pazienza non scriveva, però, per lamentarsi genericamente del mondo in cui gli toccava vivere, scriveva per protestare per un motivo specifico, proprio inerente alle sue tavole: « Non è niente di  eccezionale, lo sappiamo, i mostri si riproducono all'infinito. Mi sono incazzato (mi vergogno di essermi stupito) perché tutti quei discorsi stampati su piombo erano impaginati in maniera egregia, e per come si dice  alleggerirli Adornato e gli altri hanno pensato bene di schiaffare in alto a destra il mio amico Pentothal di aprile. Non voglio commentare ancora, io credo che tu non li abbia autorizzati, ne sono sicuro, e allora  pretendo che si scusino, loro che sono educati, che precisino, loro che sono precisi, e che paghino, loro che non hanno mai pagato. Io sto da un'altra parte. Che trovino tra le loro fila gli illustratori, gli scrittori,  i musicisti, i poeti, i cantori del compromesso storico, dei carri armati, del lavoro, della Siberia. Ti saluto con molto affetto. Andrea (che ha perso la pazienza)... ».

Gli risposi io su Linus, non solo  perché, dato che una legge fascista impone l'istituto del direttore responsabile, era logico che, le responsabilità, me le prendessi allora io invece della Fulvia, ma anche perché l'unico comunista tesserato, e vecchio  per di più, in redazione ero io, e, dunque, una risposta gliela dovevo al giovane Andrea. Nessuno di noi aveva autorizzato la ripubblicazione, e stavamo con lui, aveva ragione lui e quelli come lui che testimoniavano lo  scompenso per l'abbandono subito dalla politica ufficiale, e insieme il bisogno non di distruggere tutto come giudicavano i loro avversari ma di ricreare qualcosa, qualcosa, tra l'altro, di ricreativo, di spettacolare,  di fecondo. La Bologna che fa da sfondo a « Le

straordinarie avventure di Pentothal » non è una Bologna fantastica, ma una Bologna storica fantasticamente immaginata da Andrea Pazienza prima che la Storia accadesse,  mentre la Storia si avviava a essere. Questo mi preme segnalare qui invece di discettare sull'arte del giovane Andrea, che ora, di sicuro un poco meno giovane, è probabilmente più bravo, più padrone dei suoi mezzi, ma  la Storia ha smesso di prevederla inconsapevolmente, per consapevolmente pedinarla, commentarla e sconciarla con atroce disperazione e disperata suggestione. La speranza, la sua capacità di sperare in un futuro diverso,  è restata a quel bel marzo diverso di circa cinque anni fa. Circa cinque anni-luce, almeno...

 

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